PARIS Y ELENA

 

Personajes

PARIS

ELENA

AMOR

PALAS ATENEA
Príncipe troyano

Reina de Esparta

Dios disfrazado de Erasto

Diosa de la guerra
Soprano

Soprano

Soprano

Soprano

 

La acción se desarrolla en Esparta, en tiempos mitológicos.

 

ATTO PRIMO


Scena Prima
 
(Lido di mare terminato dalla veduta della vicina
città di Sparta. Navi in lontananza, e battelli alla
riva. Sul lido padiglioni troiani. Nel mezzo della
scena, sotto un pergolato di rose, formato a guisa
di tempietto, statua di Venere. Paride, suoi Seguaci,
e Marinari troiani coronati di fiori in atto di fare
un sacrificio alla dea. Le offerte son presentate
sull’ara: si fanno ardere i profumi; intanto,
alternato dal ballo si canta il seguente coro)

CORO
Non sdegnare, o bella Venere
queste rose, e questi fior:
e al tuo giudice, al tuo Paride
non negare il tuo favor.

UNA VOCE
Su queste sponde sfavilli un tremulo
soave raggio del tuo splendor:
nude vi scherzino teco le grazie,
e le sue fiaccole v’accenda Amor.

CORO
Non negargli, o bella Venere
il tuo nume, il tuo favor.

PARIDE
Oh del mio dolce ardor bramato oggetto!
L’aure che tu respiri, alfin respiro.
Ovunque il guardo io giro
le tue vaghe sembianze
Amore a me dipinge:
il mio pensier si finge
le più liete speranze;
e nel desio che così m’empie il petto
cerco te, chiamo te, spero, e sospiro.
Oh del mio dolce ardor bramato oggetto!
L’aure che tu respiri alfin respiro.

UNA VOCE
Dall’aurea sua stella
colombe amorose
di Venere bella,
co’ freni di rose
il volo spiegate:
e lei che al piacere
infiamma i viventi,
battendo su’ venti
le penne leggere
qui lieta guidate.

PARIDE
Spiagge amate, ove talora
l’idol mio lieto s’aggira:
ruscelletti ove si mira
quando infiora o il crine, o il sen;
chiare fonti ove si bagna,
erbe in cui posa le piante;
voi pietose a un cuore amante,
dite voi, che fa il mio ben.

UN TROIANO
Principe a te se n’ viene
di Sparta un messaggier.

PARIDE
Compagni, amici
ad incontrarlo andate,
conducetelo a me.

(Parte il ballo: rimangono
pochi troiani in disparte)

PARIDE
Con lui si taccia
il grande acquisto ove ho la mente intesa,
ma si cominci a preparar l’impresa.

Scena Seconda
 
(Amore in abito spartano, sotto nome
d’Erasto, con Séguito spartano,
che rimane in disparte, e detto)

AMORE
Stranier, la mia regina
a te m’invia: richiede
chi sei, donde venisti; e qual ti guidi
o fortuna, o consiglio a questi lidi.

PARIDE
Al venerato impero
ubbidirò. Paride io son: non cerco
tesori, o regno; al Simoenta (1) in riva
ha scettro il genitor. Giove mi scelse
giudice alla gran lite
del primo vanto di beltà che tutto
sconvolse il ciel; che non trovò fra’ numi
nella gara divisi, arbitro alcuno:
conteser Citerea, Pallade e Giuno.
Vidi, stupii, pensai, decisi: ottenne
il superbo trionfo
d’Amor la madre. Intanto
garrula fama a noi recò, che ingiusto
era il decreto, e un tanto onor dovuto
a spartana beltà. M’accese allora
nobil desio che qui a veder mi trasse
se le vinte rivali
la vostra Elena oscuri; e se di quella
che per me trionfò sia pur più bella.

AMORE
Dunque pace ci rechi: al mirto aspiri,
non vuoi mietere allori. E se l’impresa
che ti guida fra noi,
nascondi ad arte,
quest’impresa è d’amore, e non di Marte.

PARIDE
(fra sé)
Che ascolto!

AMORE
Io già conobbi
che le tue pompe, i preziosi arredi,
il tuo volto, i tuoi sguardi
non eran di guerrier. Scenda nel campo
chi non ha quel sembiante, e quell’accorto
dolce parlar: chi agli amorosi inviti
grazia, bellezza, e gioventù non chiama;
tu Paride gentil sospira, ed ama.

PARIDE
(fra sé)
Che dirò? Mi confondo!...
Tradito son!

AMORE
Mi guardi!...
Non parli!... Impallidisci!

PARIDE
Ah qual mistero
celano i detti tuoi!... Lasciami, o dio! ~
nell’estrema sorpresa...
spazio di respirar... fra poco al piede
della bella regina
verrò con te. Ma!... Chi sei tu che tanto
di me, de’ miei pensieri
penetri, sai?

AMORE
Non ti turbar se tutto
quel che ascondi nel sen scopro, e rimiro:
forse io son che ti guido, io che t’inspiro.

PARIDE
Ma chi sei?... Ma come intendi
i segreti del mio cor?

AMORE
Sconsigliato! E che pretendi,
che un segreto sia l’amor?

PARIDE
Mi sorprendi; e non so come...
di scusarmi, di sdegnarmi...
io con te non ho l’ardir.

AMORE
Di sedurmi, d’ingannarmi
non sperar; d’Elena al nome
t’ho veduto impallidir.

PARIDE
Dunque sai...

AMORE
Sì, che l’adori;
che celarlo invan credevi.

PARIDE
Dunque pensi...

AMORE
Che dovevi
tacer più, meno arrossir.

PARIDE
Se schernir così mi vuoi,
non tradire il mio disegno;
ah ti basti il mio rossor!

AMORE
Fida in me gli affetti tuoi:
ti prometto il mio sostegno
che può farti vincitor.

PARIDE
(partendo, e subito ritornando)
Ma chi sei?... Ma come intendi
i segreti del mio cor?

AMORE
Sei pur semplice! E pretendi
che un segreto sia l’amor?

(parte co’ troiani)

Scena Terza
 
(Amore solo
)

AMORE
Felice te! Che possessor sarai
di sì rara beltà. Con finte spoglie
in mentite sembianze al grande acquisto
in tuo soccorso un nume
prevenne il tuo cammin.
Godi, trionfa
Elena è tua. Tutto congiura il cielo
a’ tuoi contenti:
hai protettrice, amica
d’Amor la madre; hai teco Amor. ~ Ma tanto
dunque incauto è costui: tanto presume
di sua beltà, che in questi lidi accolto,
che scoperto in tal guisa
non vede l’arti mie, me non ravvisa!
 
Nell’idea ch’ei volge in mente
io l’inspiro, io lo consiglio:
non mi vede, e son presente;
non lo pensa, e seco è Amor.
Io gli muovo il labbro, e il ciglio;
per lui parlo, in lui ragiono:
e da me diretti sono
tutti i moti del suo cor.

(Parte Amore per dove entrò Paride.
Il Séguito spartano resta ad ammirare le
ricchezze, ed il lusso asiatico.
Escono allora i Troiani, e vanno
disponendo i doni da Paride ad Elena
destinati. Fattesi incontro ardite alcune
Spartane accorse a veder la gente, e la
pompa straniera; allettate dalle
accoglienze de’ Troiani s’adattano a
divertirsi con loro ballando, mentre si
prepara Paride per presentarsi ad Elena)
 
 

ATTO  SECONDO
 

Scena Prima

 
(Sala del real palazzo di Sparta
con trono da una parte. Elena con
Séguito, e Amore, e Guardie)

ELENA
(siede sul trono, ad una guardia)
Si presenti: mi vegga
di Priamo il figlio.

AMORE
Un così bel sembiante
fra noi non v’è. Gli occhi ha brillanti, e neri;
lunghi, e biondi i capelli,
rosee le labbra: un dolce
vibrar di sguardi, un ragionar soave,
un modesto arrossir. Tale, o regina
è forse il giovanetto
che in Ida (2) alle sue mense
Giove rapì: tal fingerebbe Amore
un industre pennello
in sembianze mortali
senz’ali, senza benda, e senza strali.

ELENA
Troppo sei pronto Erasto
a vantare, a stupir.

AMORE
Serbata a lui
oh, se t’avesse il ciel! Qual più bel nodo
stretto avrebbe Imeneo! Qual vi sarebbe
altra di te più fortunata, e lieta
nell’impero d’Amore!

ELENA
Ei vien: t’accheta.

Scena seconda
 
(Paride con numeroso séguito di
Troiani, e di Schiavi, che portano
i doni ad Elena destinati, e detti)

PARIDE
Regina...

(avanzandosi ardito. Fra sé)
 
Oh dèi!

(resta stupido)

ELENA
(Fra sé)
Che miro!

PARIDE
(Fra sé)
Che beltà!

ELENA
(Fra sé)
Che sembiante!

PARIDE
(Fra sé)
Ah, qual m’assale
stupidezza crudel, timor molesto!

AMORE
(parla a Paride)
Parla; non ti smarrir.

ELENA
(Fra sé)
Che incontro è questo!

PARIDE
Se in mirarti, o regina, ardisco appena...
fissare in te gli sguardi, il dolce lume
soffrir de’ tuoi... scioglier gli accenti, e i moti
che mi turbano il cor farti palesi...
maraviglia non è. Quando improvviso
delle altere rivali agli occhi miei
tutto s’offerse lo splendor, smarrito
non fui così. Forse perché, o regina
le bellezze celesti
che divise fra loro eran bastanti
per animarle
alla superba lite
in te ritrovo, in un compendio unite.

ELENA
(Fra sé)
Come accorto lusinga!

AMORE
(parla ad Elena)
E ben, son io
facile ad ammirar?

ELENA
(parla ad Amore)
No: questa volta
hai ragion di stupir; ma taci, e ascolta.

PARIDE
Errai, lo so, non mi discolpo: imploro
grazia, e pietà: l’involontario errore
pentito emenderò. Saprà la terra,
che rivoco il decreto, e che indecisa
fra te, bella regina, e Citerea
pende la lite ancor. Que’ pochi doni
che di Troia recai provo rossore
di presentare a te. L’oro, le gemme
sembrano al mio pensiero
per celeste beltà vili tributi:
son gli altari, e gl’incensi a te dovuti.

ELENA
Co’ detti lusinghieri,
principe assai finora
arrossir mi facesti. Io non m’innalzo
sopra il mortal: non è per me la palma
che ottenne Citerea: nelle sue glorie
per invidia non ho l’anima offesa;
né in beltà colle dèe vengo a contesa.
Benché dell’Asia il fasto
si disprezzi fra noi, que’ tuoi tesori
perché offerti
da te cari mi sono;

ELENA
Il donator mi fa gradire il dono.

(s’alza in piedi)
 
Il principe di Frigia, il fortunato
giudice delle dèe, quanto gli piaccia
a Sparta soggiornar, meco dimori;
e la mia reggia, e il regno mio l’onori.

(scende per partire)

PARIDE
(con impeto)
Come! Già t’allontani? E puoi, regina
così presto privarmi del piacer di mirarti
che mi trasse animoso a queste sponde
scherno di tanti venti, e di tant’onde!

ELENA
(parla ad Amore)
Senti: costui non ha rossor.

AMORE
(parla ad Elena)
Ne incolpa la tua bellezza.

ELENA
(Fra sè)
Il fasto suo deriso
vegga, e impari a frenarlo.

(A Paride)
 
Ospite illustre,
e ritiro, e riposo
chiede il lungo soggiorno
che facesti sul mar.

PARIDE
Riposo, e pace
perdei, non spero più.

ELENA
Del suol natio
della paterna reggia
le memorie, il costume
oblia, prence, fra noi. Dell’umil Sparta
gradisci l’accoglienze; e almen per poco
sgombra da’ tuoi pensieri
le bellezze dell’Asia, e i suoi piaceri.
 
Forse più d’una beltà
or per te sospira, e piange:
e se irato il mar si frange
geme, trema, e non ha pace,
e co’ voti assorda il ciel.

PARIDE
(parla ad Amore)
Mi deride.

AMORE
(parla a Paride)
E ti dispiace!

ELENA
(Fra sè)
Avvilito è già l’audace.

AMORE
(parla a Paride)
In que’ scherni odio io non credo,
e non vedo crudeltà.

ELENA
Forse più d’una beltà
mesta or corre a’ lidi intorno;
di te chiede, e te rammenta:
ma si lagna, e si sgomenta,
che ti finge al tuo ritorno
o più ingrato, o più crudel.

AMORE
(parla a Paride)
Ti conosce.

PARIDE
(parla ad Amore)
Ah taci!

ELENA
(E tanto
me disprezza, e in sé confida!)

PARIDE
(parla ad Amore)
Mi prometti aita, e guida,
poi tu ancor ti fai tiranno!

ELENA
È ben giusto il loro affanno;
che chi va così per l’onda
passeggier di sponda in sponda
si fa gioco usar l’inganno;
e diventa a poco a poco
incostante, ed infedel.

(parte, e seco Amore e
tutto il séguito spartano)

Scena Terza

 
(Paride e suo Séguito)

PARIDE
Tutto qui mi sorprende. Il piede appena
imprimo in questo lido, e v’è palese
il mio disegno: baldanzoso, audace
nella reggia m’inoltro, e il primo incontro
dell’amata regina turbato, irresoluto,
muto mi rende... Ah, già di me comincio
timido a diffidare! Sol la promessa
di Citerea va dissipando ancora
con lontane lusinghe i dubbi miei;
onde in lei spero, e m’abbandono a lei.

PARIDE
Le belle immagini d’un dolce amore
veggo fra’ palpiti del mio timore
tutte disperdersi, tutte sparir.
Che se nell’anima lieta speranza
fa poi risorgere la mia costanza,
solo da Venere mi vien l’ardir.

(parte col séguito)
 
 

ATTO  TERZO
 

Scena Prima

 
(Gran cortile del palazzo reale di Sparta
circondato da portici, e logge ad uso d’esercizi
ginnastici. Luogo eminente a forma di tribuna
per il trono da una parte. Al suono di marcia
guerriera, preceduti da personaggi Spartani,
da Troiani, da Popolo e Guardie, e da Atleti,
ed altri Combattenti ne’ giochi, uomini e donne
all’uso di Sparta. Elena, Paride, e Amore)

ELENA
Prence, la tua presenza
il popolo di Sparta
è accinto a festeggiar. Germe d’eroi,
nato al diadema, acceso
di bella gloria, e nel vigor degli anni;
negli atletici giochi
i travagli di Marte
pago sarai di ravvisar. Di questa,
eletta gioventù, qual nell’arena
la forza sia, l’arte, e l’ardire; assiso
al fianco mio, nel mio paterno soglio,
giudice, e spettator meco ti voglio.

PARIDE
Il più vago, o regina
spettacolo al mio sguardo
tu stessa sei. Un altro uguale in cielo
lo so, non l’hanno i numi.
In questo solo
m’appago, e mi compiaccio:
ma tu lo vuoi, servo al tuo cenno, e taccio.

(va in trono, e seco Paride)

CORO D’ATLETI
Dalla reggia rilucente
scendi a noi, bel dio di Delo; (3)
tu che al mondo, agli astri, al cielo
vita dài, moto e splendor.
Tu di luce ampia sorgente
col vigore de’ tuoi rai
a vicenda nascer fai
l’aurea messe, il frutto, e il fior.

PARTE DEL CORO
Negli strali, nell’arco possente
tu di Delpho, (4) fatidico nume:
tu di Pindo (5) armonioso, eloquente;
coronato di luce, e d’allor.
Vieni, assisti alla nobil palestra
biondo Apollo, e c’inspira nell’alma
bella brama di gloria, e di palma,
e d’Alcide la forza, e il valor.

CORO
Vieni, assisti alla nobil palestra
biondo Apollo, e c’inspira nell’alma
bella brama di gloria, e di palma,
e d’Alcide la forza, e il valor.

(Seguono i giochi eseguiti da’ Ballerini)

ELENA
Non più: l’eroe troiano, illustri atleti
il vigor vostro, e la destrezza ammira
ne’ ginnici studi. Ei che da’ numi
fu fra tutti prescelto
giudice di beltà, sarà fra noi
giudice di valor. Del vostro merto
dunque ei decida, e a suo voler dispensi
de’ nobili sudori
il premio, e la corona a’ vincitori.

(vengono portate a Paride le corone,
e da lui distribuite a’ vincitori, mentre
si canta il coro)

PARTE DEL CORO
Lodi al nume nell’arco possente,
dio di Delfo che legge nel fato:
dio di Pindo armonioso, eloquente,
coronato di raggi, e d’allor.

CORO
Lodi al nume nell’arco possente,
dio di Delfo che legge nel fato:
dio di Pindo armonioso, eloquente,
coronato di raggi, e d’allor.

PARTE DEL CORO
Che di luce inesausta sorgente,
misurando l’immenso sentiere,
alla terra, alle stelle, alle sfere
dà la vita, dà moto, e splendor.

(scendendo Elena e Paride dal trono partono,
rimanendo solamente Elena, Paride, e Amore)

CORO
Che di luce inesausta sorgente,
misurando l’immenso sentiere,
alla terra, alle stelle, alle sfere
dà la vita, dà moto, e splendor.

ELENA
Per te signor, sin da’ primi anni avvezzo
alle dolci dell’Asia
delicate armonie, saran le nostre
rozze, e noiose, aspro ed ingrato il canto:
or se teco di tanto
lusingarmi poss’io, della tua lira,
colla maestra mano
tempra le argute corde, e al dolce suono
delle tremule note unisci ancora
la modulata tua voce canora.

PARIDE
È mia gloria ubbidirti.

(a una guardia che ricevuto l’ordine parte)
 
Olà... Recate la cetra a me.

(Fra sè)
 
Questo felice incontro
la mia fiamma palesi, mi sveli a lei

(Ad Elena)
 
Regina, io non aspiro
dell’arte al primo onor,

se avessi il dono
di muovere gli affetti
pago sarei.

AMORE
Vano il desio non credo
per chi unisce all’incanto
dell’armonia quel tuo leggiadro aspetto,
le grazie, i vezzi tuoi.

PARIDE
L’augurio accetto.

AMORE
(prendendo la cetra dalla guardia che
la porta, e dandola a Paride)
Prendi.

PARIDE
Troppo m’onora
la tua cura gentile.

(Fra sé)
 
Ah voglia il cielo
che il mio canto addormenti
la ritrosa virtù del suo bel core!

ELENA
Siedi; t’ascolto.

AMORE
(Fra sé)
E ne’ suoi labbri è Amore

PARIDE
(con passione ad Elena)
Quegli occhi belli
quegli occhi neri,
perché severi
volgi così?
Ah, che se in quelli
scopre rigore
si sdegna Amore
che gli abbellì!

ELENA
(Fra sé)
Che ascolto!... Ah, me ne avvidi,
m’ama l’audace; e al primo
favorevol momento
a’ suoi folli pensieri ei s’abbandona!

(parla ad Amore)
 
Parla con me?

AMORE
(parla ad Elena)
Teco, cred’io ragiona.

PARIDE
(con passione ad Elena)
È sua la luce
che in lor s’accende:
solo ei ne prende
cura, e pensier.
Ei la conduce;
la sa sfuggire,
fissar, languire
a suo piacer.

ELENA
(Fra sé)
Troppo s’inoltra; e tali
preveggo i sensi suoi, che non dovrei
fermarmi ad ascoltarli

(parla ad Amore)
 
Ma... parla meco?

AMORE
(parla ad Elena)
E con chi vuoi che parli?

PARIDE
(con più passione)
Vi pose i chiari
raggi tremanti,
vezzi brillanti
della beltà.
V’accese i cari
lumi languenti,
segni eloquenti
della pietà.

ELENA
Basta così.

(s’alza come per partire)

AMORE
(parla ad Elena e trattenendola)
Se vuoi,
silenzio gl’imporrò. Ferma.

ELENA
No: parto.
Non lice al mio decoro
far più lunga dimora.

(in atto di partire)

PARIDE
Elena, ah per pietà!
Sentimi ancora.

(s’alza con impeto, e la trattiene;
e tornano a sedere)

PARIDE
(con somma passione)
Chi guarda alquanto
quel dolce fuoco,
tutto fra poco l’avrà nel sen...

ELENA
Non più.

(s’alza risoluta)

PARIDE
Misero!... Ahimè!

ELENA
Che fu?

AMORE
Che avvenne?

PARIDE
Un affanno crudele... Un improvviso
turbamento molesto... soccorso...

(sviene)

ELENA
Ah, vola Erasto!

AMORE
(Fra sé)
Il tempo è questo

(parte con fretta)

ELENA
Che fo!... Che penso!...
Ah quale di sconosciuti affetti
forza crudel qui mi trattiene!...
Appena me riconosco... Articolar gli accenti
non so, non posso... A mio dispetto in seno
nascer sento i sospiri... e mi riempie
di lagrime le ciglia un’inusata
tenerezza, o pietà...

PARIDE
(senza rinvenire)
Barbara!... Ingrata!

ELENA
Lode al cielo! Ei ripiglia
l’uso de’ sensi... Io partirò.

(in atto di partire e si ferma)
 
Ma... come...
l’abbandono così!... No, che farebbe
fierezza, tirannia... Restiam... ma... questa
qualunque sia soverchia cura, offende
la mia gloria, il mio nome...
Eh andiam... ma il mondo
a ragion poi dirà, che qui non regna
né umanità, né gentilezza... Oh stelle!...

(guardando per la scena)
 
Giungesse almeno Erasto
al suo soccorso... e al mio!... Io da me sola
che risolver non so... Restar... non voglio:
partir... non posso; e intanto
mille opposti pensieri
formo, e distruggo...

(guardando dentro la scena)
 
E ancora
non viene Erasto!... Ah forse
ei scoperse, e seconda
le debolezze mie!... Ah, questa guerra
di dubbi, di rimorsi, e di tormenti
si finisca una volta...

(risoluta, e s’incammina)

PARIDE
Ah ferma!... Ah senti!

(s’alza con impeto, la ferma,
e se le inginocchia avanti)

PARIDE
Fingere più non so...
vedi languisco, e moro.
T’amo... Ma no, t’adoro.
Sciolsi dal patrio lido,
scorsi sul mare infido,
venni, idol mio, per te.

ELENA
(Fra sé)
Dove io mi sia non so!
Un tanto ardir m’è nuovo;
gli sdegni miei non trovo,
solo è stupore in me

(dopo averlo guardato)
 
Sorgi...

PARIDE
Ma parla... Oh pena!

(s’alza)

ELENA
(Fra sé)
Che dissi!

PARIDE
Almen rispondi.

ELENA
Senti...

(Fra sé)
 
Ah parlar vorrei,
ma timorosa, e stupida
mi rende il mio rossor

PARIDE
Lo so, tacer dovrei,
ma il mio rispetto affrena,
e vuol che parli Amor.

ELENA
(Fra sè)
Mi perdo!

PARIDE
Ah, perché ascondi
quegli occhi agli occhi miei!
Guardami.

ELENA
(Fra sé)
In qual cimento
sono, se più l’ascolto!

PARIDE
Mi leggerai nel volto
il barbaro tormento
che mi sconvolge il cor.

ELENA
(Fra sé)
Ardir...

(con maestà)
 
Da me che vuoi?
Che temerari aspetti!
Taci: non voglio affetti.
Parti. Pretendi invano,
ch’a un finto amore, o insano
tutti i trionfi suoi ceda la mia virtù.

PARIDE
E il mio dolore?

ELENA
È vano.

PARIDE
E il pianto mio?

ELENA
M’irrita.
La mia presenza evita,
non mi parlar mai più.

(con sdegno, e parte)


PARIDE
Mi fugge spietata!...
Mi sdegna tiranna!...
E Venere ingrata
m’inganna così!
Mio solo ristoro
è adesso la morte,
se il ciel, se la sorte,
se Amor mi tradì.

(Con numeroso concorso di Spettatori
troiani, e spartani tornano gli Atleti
coronati d’ulivo a festeggiare i loro
compagni Vincitori)
 
 

ATTO  QUARTO
 

Scena Prima

 
(Gabinetti. Elena con una tavoletta
in mano piegata a forma di lettera)


ELENA
Temerario! E non basta
il rigore, il rifiuto
a raffrenar gl’impeti suoi!
Non pago di palesarsi,
 in uno scritto aggiunge
più gravi offese all’onor mio!

(legge)
 
«Mi guida
Venere al gran disegno... A me promessa
in premio sei... Regno, virtù, tesori
posposi a te... L’Asia t’aspetta... È questo
povero lido, orrido suolo indegno
delle bellezze tue... Fremo di sdegno...

(Forte)
 
Eh, vada infranta a terra
la cera infame, e sia
sua risposta il disprezzo!...»

(in atto di gettar la lettera, poi si trattiene)
 
E non potrebbe interpretar l’audace
a suo favor la mia prudenza!... Ah quando
giunge a schernire un mio divieto espresso;
poca pena è il silenzio a tanto eccesso!

(legge)
 
«Non contrastar col fato...
Non opporti agli dèi... Pronte nel porto
son le mie navi... O meco
alla patria verrai, o qui sepolto
esule io resterò... Così risolvo;
l’impone Amor...»

(Forte)
 
No, più tacer non giova;
troppo estremo è il periglio. A lui risponda
l’oltraggiata mia gloria, e lo confonda.

ELENA
(siede ad un tavolino, e scrive)
«Ignoto qui giungesti... ospite accolto
seduttor ti dichiari... All’onor mio
prepari insidie, e ardisci
degli uomini, e de’ numi
vilipender le leggi, ed i costumi...
Venere a te promesse
le nozze mie!... Sì, veramente il cielo
prende cura de’ tuoi
amorosi deliri... Io la mia mano
ad un altro impegnai... Cambiar non voglio...
Sdegno gli affetti tuoi... Non posso amarti,
lo tenti invan...
Cerca altri amori, e parti.»

(forte)
 
Olà... Dissi abbastanza;
intendermi dovrà.

(chiude la lettera)

Scena Seconda

 
(Amore, ed Elena, poi Paride)

AMORE
Vengo, o regina
a’ cenni tuoi.

ELENA
(gli dà la lettera)
Prendi: e di Priamo al figlio
reca questo mio scritto.

AMORE
Io!

ELENA
Sì.

AMORE
Ma tanto
inoltrarmi non bramo
ne’ segreti de’ re.

ELENA
Perché?

AMORE
Potrei, forse indegna mercede
ritrarne un dì.

ELENA
Meco il tuo dubbio è ingiusto.
Eseguisci.

AMORE
(s’avvede che sopravviene
Paride, Fra sè)
Opportuno s’avanza il prence

PARIDE
(fra sé)
Ah, dove sconsigliato m’inoltro!

AMORE
Il tuo comando adempirò...

(finge voler partire)

ELENA
Va’.

AMORE
Ma... lui stesso... appunto...

ELENA
(finge vedere allora Paride. Fra sè)
Oh dèi!

PARIDE
(Fra sé)
L’ultimo sforzo
d’un disperato amore il ciel secondi!

AMORE
Elena scrisse a te: leggi; rispondi.

(dà la lettera a Paride)

ELENA
(Fra sé)
Ah lo veggo! Ad ingannarmi
lusinghier costui congiura:
è infedele, è traditor

PARIDE
(leggendo, dopo avere
Frettolosamente aperta la lettera)
Ah che leggo! A tormentarmi
mille colpe in me figura;
reo mi finge, e mentitor.

AMORE
(fra sé)
Vane sono e l’arti, e l’armi
in cui fida, e s’assicura
contro il cielo, e contro Amor.

(parte)

ELENA, PARIDE
(fra sè)
Non lontana esser già parmi
qualche mia fatal sventura;
n’è presago il mesto cor.

Scena Terza
 
(Elena, e Paride)

PARIDE
(dopo breve pausa, e con sdegno)
Sì, spietata: s’accende
già il fulmine per me. Sorte funesta
minaccia i giorni miei: n’è tua la colpa;
pompa ne fai. Tutta comprendo adesso
la barbarie di questa inospita contrada
che t’educò, dove nascesti!... E vanti
d’esser figlia di Giove!
Ah, quando un nume
un’anima formò d’amor nemica,
tiranna di pietà che il più sincero,
il più tenero amante
sdegna, insulta, ricusa,
odia, aborre, vuol morto!

ELENA
(Fra sé)
E ancor m’accusa!

PARIDE
Che tardi! A che sospendi
le furie tue! Di sangue hai sete?... Appaga
il feroce desio...

(snuda un pugnale, e vuol darlo a Elena)
 
Prendi: trafiggi;
svenami... A chi languendo
vive infelice è sospirato acquisto
il termine de’ mali.

ELENA
(Fra sé)
Ah non resisto!

(A Paride)
 
Ma che brami da me?

PARIDE
Voglio il tuo core,
la tua man, le tue nozze.

ELENA
A un altro, il sai,
promessa io son.

PARIDE
L’ami!

ELENA
Rispetto in lui
il consiglio, il comando
del genitor. L’amarlo
se mia scelta non fu, già mi si rende
virtù, dover, necessità.

PARIDE
Non t’ama al par di me.

Chi greco nacque, avvezzo
nella dura dell’armi
barbara scuola; il pregio
o non cura, o non vede
delle bellezze tue.

ELENA
Giurai.

PARIDE
Son vani, se non li detta il core,
delle donzelle i giuramenti.

ELENA
Offesa, la Grecia che dirà?

PARIDE
Dirà che sei saggia, e incostante.

Ah sa la Grecia ancora
che van di rado insieme
la bellezza, e il rigor.

ELENA
N’abbia un esempio illustre in me.

PARIDE
Quel vanto
non ottenne la madre: alla sua gloria
è rimprovero, è offesa
della figlia il pensier.

ELENA
Scusa la madre
la sua semplicità: l’accorto inganno
dei maggiori degli dèi che la sorprese
che la tradì colle mentite piume:
non ha la figlia in sua discolpa un nume.

PARIDE
Sì, l’amor che m’accende
opra è d’un nume, è dono suo. T’amai
che ignoto ancor m’era il tuo volto. Appena
(e men bello del vero) alla mia mente
Citerea lo dipinse: appena offerse
il caro acquisto al mio pensier; che ogni altro
mio più tenero affetto
posi in oblio: che il padre,
e la patria, e i congiunti
abbandonai: che spinsi
il legno al mar, che venni a te. Ma quanto
è maggior della fama
la tua beltà, tanto mi crebbe in seno
al primo incontro tuo, al primo sguardo,
la dolce fiamma onde mi struggo, ed ardo.

ELENA
Ah, s’è vero che m’ami
con tant’arti, e tant’armi
la pace mia deh non turbar!
Contenta vissi finor; da che giungesti,
ho tutti in tumulto gli affetti.
Il mio decoro rispetta,
e il mio dolor.
Torna a’ tuoi regni:
cerca altro oggetto all’amor tuo.
La scelta fra mille avrai che brameranno
a gara esser teco felici.
Un mio comando questo non è:
supplice adesso imploro
grazia dal tuo bel cor.

PARIDE
No: prima io voglio
spirar sugli occhi tuoi, che a quell’ingiusta
legge ubbidir che a me, crudel prescrivi!

ELENA
Prence...

(Fra sé)
 
Oh dio!

(A Paris)
 
Per pietà!...
Scordami, e vivi.

PARIDE
Di te scordarmi, e vivere!...
facile a me lo credi!...
Ma guardati!... Ma vedi il tuo sembiante!
La tua celeste immagine
è il solo mio pensier;
è l’unico piacer
del core amante.
 
Fissa l’avrò nell’anima
così, finché vivrò:
fra l’ombre ancor l’avrò sempre davante.
Di te scordarmi! Oh dio!
Questo, crudel mi chiedi!
Ma guardati!...
Ma vedi il tuo sembiante!

Scena Quarta

 
(Elena sola)

ELENA
Lo temei: non mi sento
in faccia a lui valor che basti.

Appena frenar mi seppi.
Ero ridotta al punto
d’aprirgli, di svelargli
tutta l’anima mia... Ah la possiede,
vi regna, n’è tiranno; e lo conobbe
il barbaro, n’abusa!... Ove m’inoltro!
In qual pensier vaneggio,
in qual misero error! Si lasci omai
alla sola ragion tutto l’impero
che seco ha nel mio core Amor diviso:
lo potrò:
così voglio: ho già deciso.
 
Lo potrò!... Ma frattanto, oh infelice!
Odio, ed amo; risolvo, e mi pento:
pietà, sdegno, timore, contento
a vicenda mi fanno penar.
Così voglio!... Sì mentre è lontano
il tiranno che i ceppi mi diede;
ma se prega, se piange al mio piede
non so più che tacere, e tremar.
Lo potrò: così voglio: ho deciso!...
Ah così mi consolo, e lusingo!
Ma il mio core agitato, e diviso,
quel che penso, che sogno, che fingo
co’ suoi moti mi viene a turbar.
 
 

ATTO  QUINTO
 

Scena Prima
 
(Deliziosa. Amore, poi Elena)

AMORE
Elena a me s’asconde! Il prence evita,
e l’affretta a partire! Eh, che le giova!
se tutte ha già in seno
le smanie mie. La sua virtù s’offende,
s’irrita il suo dover; ma la contesa
breve sarà. L’inganno
che a lei preparo, avvamperà quel foco
che tiene oppresso in seno...

(guardando nella scena)
 
Eccola... Oh come
quel superbo suo fasto umiliato vedrò!...

(mesto)
 
Regina...

ELENA
Erasto!... Perché mesto così?

AMORE
Perché non sono
privo d’umanità: perché non credo
virtù, l’esser tiranno
agli altri, a me. Non so qual forza ignota
al principe di Frigia
m’unì per sempre; e nel vederlo accinto
i venti, e le procelle
di nuovo ad incontrar; frenar non seppi
il pianto, e la pietà.

ELENA
Del caro amico
agli ultimi congedi,
hai tempo ancora.

AMORE
A questi
teneri uffici ho già compito...
Appunto scioglie le vele.

ELENA
(Fra sè)
Ahimè, che sento!

AMORE
Al petto
mille volte mi strinse,
e in tal guisa s’espresse: amato Erasto,
Venere mi tradì. La tua regina
impon ch’io parta: ubbidirò con pena.
Ma pure ubbidirò. Fuggo, soggiunse,
questo barbaro suolo;
alla patria ritorno, e mi consolo.

ELENA
Come! Partì l’indegno!...

AMORE
Aura seconda...
già l’allontana...

ELENA
Onnipotenti numi!
Oh frode! Oh tradimento!
Oh nera infedeltà! Quanto mi disse!
Quanto giurò! Lo veddi
pallido, semivivo,
languente, immerso in pianto!... Amor si finge
dunque così! Dunque così per gioco
si trasforma il sembiante,
si mentisce il dolor!...
Sugli occhi miei,
l’empio! Non venne meno!
Non tentò di svenarsi!
Non mi chiese una morte!...
E poi!... Che inganno!
Che perfidia! Che orror!
Mi svelle appena un pietoso conforto:
appena intende che negli affari suoi
m’affanno anch’io;
fugge!... Mi lascia!... E non mi parla!... Oh dio!
 
Donzelle semplici
no, non credete,
a quelle lagrime
che voi vedrete,
sugli occhi spargersi
del traditor.
Più che son flebili
i suoi sospiri:
più par che s’agiti,
e che deliri;
meno quel perfido
commosso ha il cor.
Ah, per difendervi
contro quell’empio,
donzelle semplici
vi sian d’esempio,
e le mie smanie,
e il mio rossor!

AMORE
Consòlati, o regina: il ciel non manca
de’ spergiuri alla pena; a lui confida
le tue vendette.

ELENA
A lui!... Dunque tu ancora
congiuri a’ danni miei!... No, non ti credo
sì perverso il costume... Andiam: si segua,
si raggiunga il superbo. Ardano i legni;
ed i laceri avanzi
ludibrio sian del vasto mar. Lui stesso,
lui naufrago, e spirante
pietà domandi, e non l’ottenga. I numi
prendano pure altre vendette: io stessa
questa sarò; questa risolvo, e eleggo...

(in atto di partire)


AMORE
Non ti sdegnar, Paride è qui.

ELENA
(Fra sé)
Che veggo!

Scena Seconda
 
(Paride, e detti
)

AMORE
Opportuno giungesti. Elena t’ama,
prence, felice sei.

ELENA
Perfido servo!
M’hai tradita, e sedotta. Agli occhi miei
involati per sempre.

AMORE
È vano, è ingiusto
meco, bella regina, il tuo furore:
Erasto non son io.

ELENA, PARIDE
Chi dunque!

AMORE
Amore!

(parte)

ELENA
Stelle! Oh portento!

PARIDE
Ah, ti conosco a questo
sovrumano soccorso
Venere amica! In van sperasti, o cara
opporti a lei, negarti a me. Lo vedi;
m’assiste il ciel. Rispetta
i suoi decreti: accogli
gli affetti miei; seconda
i moti del tuo cor... Sospiri!
Oh dio! Ah, piuttosto rispondi!
Termina il mio penar. Da te dipende,
dal tuo labbro adorato
il viver mio, e il mio morir. Mi credi
con tanto amor di possederti indegno?

ELENA
Ah vincesti! Son tua. Prendine il pegno.

(in atto che Elena porge la mano a
Paride si sente un tuono)

ELENA
Or qual tuono improvviso!

PARIDE
Onde s’oscura a un tratto il giorno!

ELENA
Osserva...
Pallade in quella nube.

PARIDE
E ben, ti vegga
quella superba, e n’abbia
nuovo rossor.

ELENA
Minaccia! Torva ci guarda!

PARIDE
Il nostro amor l’offende
forse, e invidia la muove.

ELENA
E che pretende?

Scena Terza
 
(Pallade (6) in nuvola; i suoi Seguaci
che ingombrano la scena, e detti.
Elena e Paride si ritirano sbigottiti uno da
un lato, uno dall’altro della scena)

PALLADE
T’inganni: il tuo destino
folle garzon, giudice iniquo è degno
di pietà non d’invidia. Il premio ingiusto,
onde vai tanto altero è la sorgente
della mia pena, e della mia vendetta.
Il gran giorno t’aspetta
de’ sdegni miei. Non sono
vani gli auguri, io li pronunzio. A questo
giorno fatal l’offese mie riserbo:
evitarlo non puoi; trema, o superbo.
 
Va’ coll’amata in seno;
torna al paterno regno:
dietro al fatal tuo legno
il mio furor verrà.
Godi del caro acquisto:
spiegane altero il vanto;
presto cambiato in pianto
il tuo piacer farà.

CORO
Presto cambiato in pianto
il tuo piacer sarà.

PALLADE
Oh, da quante eccelse vele
adombrar veggo Anfitrite! (7)
Sotto mille prore unite
l’onda infranta fremerà.
Che a spezzar coll’infedele
le funeste tue catene,
tutto d’Argo, e Sparta, e Atene
il poter congiurerà.

CORO
Presto cambiato in pianto
il tuo piacer sarà.                   


PALLADE
La città d’Asia reina
vasto incendio avvampa, e involve:
fra faville, e fumo, e polve
greca fiamma striderà.
Sulla vasta sua ruina
fra la turba ignuda, estinta;
serva madre a’ figli avvinta
scarmigliata piangerà.

CORO
Presto cambiato in pianto
il tuo piacer sarà.

(parte la nuvolosa con Pallade,
e seco tutti i suoi seguaci)

Scena Quarta
 
(Paride, e Elena; indi Amore)

ELENA
(Fra sé)
Che udii!

PARIDE
(Fra sé)
Che presagì!

ELENA
(Fra sé)
Dunque sia vero
l’oracolo crudel che mi dichiara
di discordie, e di sangue
la misera cagion!

PARIDE
(Fra sé)
Dunque son io,
come Cassandra al genitor predisse,
la face, onde fra poco
l’Asia arderà!

ELENA
(Fra sé)
Ma che risolvo adesso!

PARIDE
(Fra sé)
Che delibero intanto!

ELENA
(Fra sé)
Abbandonarlo!... Ah, non ho cor!

PARIDE
(Fra sé)
Lasciarla!... Non sarà mai

ELENA
(Fra sé)
L’amo

PARIDE
(Fra sé)
L’adoro

ELENA, PARIDE
(Fra sé)
E seco,
a qualunque cimento
voglia espormi il destin, non mi sgomento.

AMORE
Le vostre gioie avventurosi amanti,
lo so, Pallade venne a disturbar.
Soffrite che con vani clamori
sfoghi gli sdegni suoi. S’ella è nemica,
io vi difendo: io che per mille prove
do leggi a’ numi,
e non la cedo a Giove.
Venite, io v’accompagno.
Ho già disposto quanto è d’uopo al cammino.
È cheto il mare, placido il vento,
ed a goder vi chiamo.

(Amore prende le mani ad
ambedue, e le unisce insieme)

PARIDE
Mia vita...

ELENA

Mio tesoro...        

PARIDE
Andiamo.

ELENA
Andiamo.

PARIDE
Sempre a te sarò fedele.

ELENA
Tua sarò per sempre anch’io.

ELENA, PARIDE
Te lo giuro idolo mio,
dolce affanno del mio cor.
Sorte placida, o crudele...

PARIDE
Non sarà che un altro oggetto...

ELENA
Non sarà che un altro affetto...

ELENA E PARIDE
Mai dia legge a questo cor.

ELENA, PARIDE, AMORE
Quella face che nell’anima

AMORE
Vi destò sì vivo ardor...

PARIDE E ELENA
Ci destò sì vivo ardor...

AMORE
Chiara ognor farà risplendere...

ELENA, PARIDE
Chiara ognor
faccia risplendere...

ELENA, PARIDE, AMORE
Fra’ contenti amico Amor.

Scena Ultima
 
(Seno di mare contiguo al recinto del real palazzo
di Sparta. Sul mare navi troiane illuminate;
alla riva diversi battelli. Notte. Al suono di allegra
sinfonia entrano ballando Marinai troiani, e
Domestici di Paride, e d’Elena, e dopo breve
introduzione Elena, Paride, e Amore; quali appena
entrati s’intona il seguente coro: (vanno Elena, e
Paride ad allogarsi davanti in un luogo distinto,
mentre tutto si dispone per l’imbarco)

CORO
Vieni al mar, tranquilla è l’onda
fortunato predator:
muove i legni aura seconda,
e nocchier vien teco Amor.

PARTE DEL CORO
Altri mai da ignota sponda
non recò tanto tesor.
Rose, e mirti al crin circonda;
lascia ad altri il vano allor.

CORO
Vieni al mar, tranquilla è l’onda
fortunato predator.

AMORE
Presto fugge la beltà:
la distrugge breve età;
seco vola ogni contento.
Di negletta gioventù che s’affretta,
né vien più;
non consola il pentimento.

(avvisati d’esser tutto pronto s’alzano)

PARIDE
Sempre a te sarò fedele...

ELENA
Sarò a te fedele anch’io...

PARIDE
Mia speranza...

ELENA
Idolo mio...

ELENA, PARIDE
Dolce affanno del mio cor.

(s’incamminano ad imbarcarsi con Amore)


TUTTI
Vieni al mar, tranquilla è l’onda
fortunato predator:
muove i legni aura seconda
e nocchier vien teco Amor.

(Ripigliandosi il ballo, finisce
correndo tutti ad imbarcarsi,
il che termina lo spettacolo)


   

ACTO PRIMERO
 

Escena Primera
 
(Orilla del mar cercana a la ciudad de
Esparta. Barcos a la distancia y en la
orilla. En medio de la escena, bajo una
pérgola con forma de templo, una estatua
de Venus. Paris y los marineros troyanos
coronados con flores se disponen a celebrar
un sacrificio a la diosa. Las ofrendas son
presentadas sobre el altar y los perfumes
quemados)

CORO
No desdeñes, hermosa Venus,
estas rosas y flores;
y a tu juez, a tu Paris,
no le niegues tu favor.

UNA VOZ
Que sobre estas orillas resplandezca
un rayo trémulo de tu esplendor.
Desnudas, deja que las gracias jueguen contigo,
y que Amor te ilumine con su luz.

CORO

No le niegues, ¡oh, hermosa Venus!
tu gracia y tu favor.

PARIS
¡Oh, eres de mi dulce ardor el objeto deseado!
El aire que respiras yo también, por fin, respiro.
Dondequiera que miro
veo tus bellas facciones.
El Amor me invade
y mis pensamientos albergan
las más felices esperanzas.
En el deseo que llena mi pecho
te busco, te llamo, espero y suspiro.
¡Oh, eres de mi dulce ardor el objeto deseado!
El aire que respiras yo también, por fin, respiro.

UNA VOZ
Desde el áurea estrellada,
amantes palomas
de la hermosa Venus,
con ramitas de rosas
desplegad vuestro vuelo.
Y a aquella, (Elena) que a los vivientes
incita al placer,
batiendo vuestras ligeras
plumas a los vientos,
guiadla feliz hasta aquí.

PARIS
Playas amadas, por donde a veces
camina mi ídolo feliz;
riachuelos donde se mira cuando sus cabellos
o su pecho están adornados con flores;
claros manantiales donde se baña,
hierbas en las que posa sus plantas;
vosotros, compasivos con los amantes,
decidme que hace mi bien amada.

UN TROYANO
Príncipe, llega para ti
un mensajero de Esparta.

PARIS
¡Compañeros, amigos
id a su encuentro,
traedlo hasta mí!

(Comienza la danza. Algunos
troyanos permanecen al margen)

PARIS
Ante él no hablemos de la gran conquista
que nuestra mente ha vislumbrado,
pero empecemos a preparar la empresa.

Escena Segunda

 
(Amor con traje espartano, bajo el
nombre de Erasto, con un séquito
espartano, permanece distante)

AMOR
Extranjero, mi reina me envía a ti.
Ella pregunta quién eres, de dónde vienes
y que te conduce a estas costas:
la suerte o el consejo.

PARIS
Obedezco el venerado mandato.
Soy Paris y no busco tesoros, o reinos.
En las orillas del río Simois mi padre reina.
Júpiter me eligió por juez
en el alarde de belleza que trastornó el cielo.
Él no encontró un árbitro adecuado
entre los dioses divididos por la disputa
entre Venus, Palas Atenea y Juno.

Miré, admiré, pensé y decidí:
la madre de Amor obtuvo el triunfo.
Mientras tanto, la Fama locuaz difundió
que el veredicto era injusto,
porque tanto honor correspondía a
la belleza espartana (Elena).
Entonces se encendió el noble deseo
que me trajo aquí para comprobar
si sus derrotadas rivales opacaban a Elena;
y si ella es aún más hermosa
que la que obtuvo el triunfo.

AMOR
Veo que eres portador de paz,
pues aspiras al mirto y no al laurel.
Lo que te trae hasta nosotros
es una empresa es de amor
y no de Marte.

PARIS
(Para sí)
¡Qué escucho!

AMOR
Ya veo que tu aspecto y rostro
no son los de un guerrero.
Que acudan al campo de batalla
los que no tienen esta apariencia
y dulce forma de hablar;
los que no poseen tu amorosa gracia,
ni hermosura y juventud.
Tú, gentil Paris, suspiras y amas.

PARIS
(Para sí)
¿Qué puedo decir? ¡Me confundo!...
¡Me han descubierto!

AMOR
¡Me miras!...
¿No hablas?... ¡Empalideces!

PARIS
¡Ay, qué misterio esconden tus palabras!
Déjame, ¡oh, dioses!
en la sorpresa extrema...
espacio para respirar... pronto a los pies
de la bella reina iré contigo.
Pero... ¿quién eres
que penetras tanto en mí,
que conoces mis pensamientos?

AMOR
No te angusties si todo lo que escondes
en tu pecho lo descubro y lo admiro:
tal vez sea yo quien te guíe y te inspire.

PARIS
Pero ¿quién eres?... Pero...
¿cómo conoces los secretos de mi corazón?

AMOR
¡Imprudente!
¿Esperas, que tu amor sea un secreto?

PARIS
Me sorprendes; pues no sé como...
no tengo valor para disculparme,
ni para indignarme... contigo.

AMOR
No esperes seducirme,
ni engañarme;
te he visto palidecer al nombre de Elena.

PARIS
Acaso tú sabes...

AMOR
Sí, que la adoras;
en vano creíste que podías ocultarlo.

PARIS
Entonces tú crees...

AMOR
Que debías callar más,
y sonrojarte menos.

PARIS
Si quieres burlarte de mí
no traiciones mi designio;
¡ah, que mi rubor sea suficiente para ti!

AMOR
Confíame tus afectos.
Te prometo mi apoyo
que puede hacerte triunfar.

PARIS
(saliendo y volviendo inmediatamente)
Pero ¿quién eres?... Pero
¿cómo conoces los secretos de mi corazón?

AMOR
¡Qué ingenuo!
¿Pretendes que el amor sea un secreto?

(se va con los troyanos)

Escena Tercera


(Amor a solas)

AMOR
¡Feliz de ti! Que dueño serás
de tan rara belleza.
Disfrazado, un dios guiará tu viaje
hacia la gran conquista.
Disfruta el triunfo,pues Elena es tuya.
Todo en el cielo conspira
para lograr vuestra felicidad.
Tenéis como protectora y amiga
a la m madre de Amor.
Amor está contigo.
Pero tan incauto es él:
tanto presume de su hermosura, que,
acogido en estas playas
no ve mis maquinaciones ni me reconoce.
 
Yo inspiro la idea que anida en su mente.
No me ve, pero lo aconsejo.
Siempre le acompaño
aunque él no sepa que Amor está con él.
Yo muevo sus labios y sus ojos;
hablo y razono por él
y todos los movimientos de su corazón
son dirigidos por mí.

(Amor sale por donde entró Paris.
El séquito espartano se queda para
admirar las riquezas y el lujo asiáticos.
Entonces se adelantan los troyanos y
van colocando los regalos destinados
por Paris a Elena. Llegan a su encuentro
algunos espartanos que acuden a ver a

los visitantes y la pompa extranjera.

Los troyanos se aprestan a divertirse
bailando con ellos, mientras Paris se
prepara para presentarse ante Elena)
 
 

ACTO  SEGUNDO
 

Escena Primera

 
(Salón del palacio real de Esparta
con trono a un lado. Elena con su
séquito, Amor y guardias)

ELENA
(Sentada en el trono, a un guardia)
¡Que se presente!:
¡Que venga a verme el hijo de Príamo!

AMOR
Un semblante tan bello no existe.
Los ojos son brillantes y negros;
el pelo largo y rubio,
los labios sonrosados: una dulce mirada,
un razonamiento mesurado,
un rubor modesto. Tal, ¡oh, reina!
es quizás el jovencito que Júpiter
raptó del monte Ida,
Tal quisiera parecerse el Amor
a este un laborioso joven,
con apariencia de mortal
sin alas, sin arco y sin flechas.

ELENA
Estás demasiado predispuesto Erasto
para alardear y para alabar.

AMOR
Si te hubiera el cielo
reservado para él
¡Qué unión más hermosa haría Himeneo!
¿Quién sería más feliz y afortunada que tú
en el imperio del amor?

ELENA
Ahí viene... Cálmate.

Escena Segunda
 
(Paris entra con un gran número
de troyanos y esclavos, que traen los
regalos destinado a Elena)

PARIS
Reina...

(Avanzando audazmente, para sí)
 
¡Oh, dioses!

(queda estupefacto)

ELENA

(Para sí)
¡Qué veo!

PARIS

(Para sí)
¡Qué belleza!

ELENA

(Para sí)
¡Qué semblante!

PARIS

(Para sí)
¡Ah, qué turbación,
el miedo me invade!

AMOR
(a Paris)
Habla; no te amedrentes.

ELENA

(Para sí)
¡Qué encuentro!

PARIS
Si a mirarte, ¡oh. reina! apenas me atrevo...
al fijar en ti mi mirada,
la dulce luz de tus ojos...
diluye las palabras y evidencian las emociones
que perturban mi corazón...
Cuando todo el esplendor
de las bellas rivales
se ofreció a mis ojos,
no me sentí tan perdido.
Las bellezas celestiales, ¡oh, reina!
que soberbias disputaban entre ellas,
no son suficientes comparadas
con la belleza que a ti te engalana.

ELENA

(Para sí)
¡Qué adulación tan galante!

AMOR
(hablándole a Elena)
Y bien,
¿soy yo acaso fácil de contentar?

ELENA
(a Amor)
No; esta vez tienes razón para sorprenderte.
Pero cállate y escucha.

PARIS
Me equivoco, lo sé, no pido disculpas:
imploro gracia, y misericordia:
el involuntario error enmendaré arrepentido.
La tierra sabrá que revoco el mandato,
y que aún está pendiente la disputa entre
tú, hermosa reina, y Afrodita.
Me sonroja presentarte estos pocos regalos
que he traído de Troya.
El oro y las gemas me parecen,
ante tu belleza celestial, viles tributos.
A ti se te debe ofrecer en los altares, incienso.

ELENA
Con tus palabras halagadoras, príncipe,
me has hecho sonrojar.
No me elevo sobre los mortales,
no es para mí la palma
que obtuvo Afrodita.
La envidia no invade mi alma
ni trato de contender con su belleza.
Si bien el esplendor de Asia
es despreciado entre nosotros,
estos tesoros tuyos me son gratos
porque tú me los ofreces.

ELENA
El donante hace que el regalo sea apreciado.

(se levanta)
 
Que el príncipe de Frigia,
el afortunado juez de las diosas,
si desea quedarse en Esparta,
que disponga de mi palacio y mi reino.

(desciende del trono como para irse)

PARIS
(impetuosamente)
¡Cómo! ¿Ya te vas? ¿Y tú puedes, reina,
privarme tan pronto del placer de mirarte,
motivo por el que llegué a estas playas
afrontando tantos vientos y olas?

ELENA
(a Amor)
Escucha: él no tiene vergüenza.

AMOR
(a Elena)
A causa de tu belleza.

ELENA

(Para sí)
Que considere su pompa ridícula
y aprenda a contenerla.

(A Paris)
 
Huésped ilustre,
reposo y descanso,
requiere la larga travesía
que hiciste en el mar.

PARIS
El descanso y la paz perdí,
ya no espero más nada.

ELENA
Olvida príncipe
los recuerdos de tu tierra natal,
y del palacio paterno.
De la humilde Esparta
disfruta la hospitalidad,
y al menos, por un momento,
aleja de tu mente las bellezas de Asia.
 
Quizá más de una hermosa mujer
suspira y llora por ti.
Por eso el mar iracundo se rompe,
gime, tiembla, y no tiene paz,
ensordeciendo con sus rugidos al cielo.

PARIS
(a Amor)
¿Se burla de mí?

AMOR
(a Paris)
¿Y te disgusta?

ELENA

(Para sí)
Desalentado ya está el audaz.

AMOR
(a Paris)
En esas burlas que crees odiosas,
no veo maldad.

ELENA
Quizás más de una triste y bella doncella
corre ahora por las playas;
preguntando por ti;
y te recuerda, y se queja,,
y se espanta de que a tu regreso
te muestres más ingrato y cruel.

AMOR
(a Paris)
Te conoce.

PARIS
(a Amor)
¡Calla!

ELENA

(Para sí)
¡Qué confianza en sí mismo!

PARIS
(a Amor)
Me prometiste ayuda
¡pero te comportas como un tirano!

ELENA
Su angustia está justificada,
pues el que va sobre las olas
recalando de playa en playa,
se acostumbra a usar el engaño;
y poco a poco se vuelve
voluble e infiel.

(Se va, y con ella Amor y toda
la comitiva espartana)


Escena Tercera
 
(Paris y su séquito)

PARIS
Apenas pisé esta playa,
puse en práctica mis planes:
Atrevido, audaz entré en el palacio,
y el primer encuentro con la amada reina
me dejó turbado, indeciso, mudo...
¡Ah, desconfío de mí mismo!
Sólo la promesa de Citerea
sigue disipando mis dudas,
por eso confío en ella
y me entrego a sus designios.

PARIS
Las imágenes de un dulce amor
veo dispersarse y desaparecer
en medio de mi temor,
Sólo Venus
puede hacer renacer la esperanza
en mi dubitativa alma

(sale con su séquito)
 
 

ACTO  TERCERO
 

Escena Primera
 
(Gran patio del palacio real de
Esparta rodeado de pórticos y
galerías. Lugar destacado en
forma de tribuna para el trono en
un lateral. Al son de una marcha
marcial, precedida por espartanos,
troyanos, gente del pueblo, guardias y
atletas Elena, Paris y Cupido)

ELENA
Príncipe, el pueblo de Esparta
está a punto de celebrar tu visita.
Podrás comprobar como
héroes nacidos para los laureles,
ansiosos por alcanzar la gloria
y en la plenitud de su fuerza,
se disponen a participar
en los juegos atléticos de Marte.
Verás de esta selecta juventud
su fuerza, su arte y audacia en la arena.
Como juez y espectador
quiero que te sientes junto a mí.

PARIS
¡Oh, reina!
El más precioso espectáculo,
que se ofrece a mi mirada, eres tú misma.
No conozco otro igual en el cielo,
los dioses no lo poseen.
Sólo con esto estoy satisfecho y contento,
pero tú lo quieres, obedezco y callo.

(Elena va al trono, y Paris la acompaña)

ATLETAS
Desde tu palacio resplandeciente desciende
hasta nosotros, hermoso dios de Delos.
Tú que das vida, movimiento y esplendor
al mundo, a las estrellas y al cielo.
Tú, fuente de luz,
que con el vigor de tus rayos
haces nacer y madurar
las doradas cosechas, frutos y flores.

PARTE DEL CORO
Con las flechas, con el poderoso arco
tú, dios de Delfos, deidad fatídica:
tú, dios del armonioso Pitio,
elocuente, coronado de luz, y laureles.
¡Ven, asiste a los nobles juegos!
Dorado Apolo, inspira en nuestras almas
el hermoso anhelo de gloria y palmas;
danos la fuerza y el valor de Hércules.

CORO
¡Ven, asiste a los nobles juegos!
Dorado Apolo, inspira en nuestras almas
el hermoso anhelo de gloria y palmas;
danos la fuerza y el valor de Hércules.

(los juegos son simulados por el ballet)

ELENA
¡Basta ya, ilustres atletas!
El héroe troyano admira vuestro vigor y destreza
en los esfuerzos gimnásticos.
Aquel que fue elegido por los dioses
como juez de belleza,
será juez entre nosotros.
Él decidirá vuestros méritos y,
conforme su criterio,
otorgará la corona a los vencedores.

(Paris distribuye las coronas de laurel
a los vencedores, mientras se canta el
siguiente coro)

PARTE DEL CORO
Alabado sea el dios del poderoso arco,
dios de Delfos, que lee el destino;
dios del Pitio, armonioso,
coronado de rayos y laureles.

CORO
Alabado sea el dios del poderoso arco,
dios de Delfos, que lee el destino;
dios del Pitio, armonioso,
coronado de rayos y laureles.

PARTE DEL CORO
Que con su manantial inagotable de luz,
señala el camino,
da vida, movimiento y esplendor
a la tierra, a las estrellas y a los astros.

(Elena y Paris descienden del trono y
quedan solos con Amor)

CORO
Que con su manantial inagotable de luz,
señala el camino,
da vida, movimiento y esplendor
a la tierra, a las estrellas y a los astros.

ELENA
Para ti señor,
acostumbrado desde niño
a las dulzuras y delicadas armonías del Asia,
nuestro canto rústico y aburrido
te parecerá áspero e ingrato:
Ahora bien, si tanto quieres halagarme,
con maestra mano
templa las arcanas cuerdas
y al dulce son de las trémulas notas,
une tu modulada voz.

PARIS
Es para mí un honor obedecerte.

(a un guardia)
 
Oye... ¡Tráeme la lira!

(Para sí)
 
Este feliz encuentro
enciende mi pasión

(A Elena)
 
Reina, yo no aspiro
al máximo honor en este arte;
si tan solo tuviera el don
de conmover los corazones,
estaría satisfecho.

AMOR
No creo que sea vano el deseo pues unes.
al encanto de la armonía,
tus gracias y el atractivo
de tu hermosa figura.

PARIS
Acepto el augurio.

AMOR
(toma la cítara que trae
el guardia y se la da a Paris)
Toma.

PARIS
Tus amables atenciones
me honran en demasía.

(Para sí)
 
¡Ah, quiera el cielo que mi canto
adormezca la virtud esquiva
de su hermoso corazón!

ELENA
Siéntate; te escucho.

AMOR
(Para sí)
Y por sus labios hablará Amor

PARIS
(con pasión, a Elena)
Esos ojos hermosos,
esos ojos negros,
¿por qué se muestran
tan severos?
¡Ah, si Amor
descubriera en ellos el rigor,
se indignaría,
pues él los ha embellecido!

ELENA
(Para sí)
¡Qué escucho!... Me doy cuenta
que el audaz me ama;
y en el primer momento favorable
a sus locos deseos me abandonaré

(hablándole a Amor)
 
¿Me habla a mí?

AMOR
(a Elena)
Creo que contigo dialoga.

PARIS
(con pasión, a Elena)
Es suya la luz
que en ellos se enciende:
sólo él la cuida
y piensa en ella.
Él la guía;
la hace huir,
la hace detenerse
y languidecer a su antojo.

ELENA
(Para sí)
Va demasiado lejos;
y de tal manera me anticipo a sus sentimientos,
que no debería detenerme a escucharlos.

(a Amor)
 
Pero... ¿me habla a mí?

AMOR
(a Elena)
¿Y con quién quieres que hable?

PARIS
(con más pasión)
Puso en ella brillantes
miradas temblorosas,
destellos brillantes
de la belleza.
En ella se encendieron
las miradas lánguidas,
signos elocuentes
de la piedad.

ELENA
¡Basta ya!

(se levanta como para irse)

AMOR
(a Elena, reteniéndola)
Si quieres, le impondré que se calle.
Detente.

ELENA
No, me voy.
Mi decoro no me permite
quedarme más tiempo.

(a punto de irse)

PARIS
Elena, ¡ay, por piedad!
óyeme un poco más.

(Se levanta impetuosamente y la
Retiene. Ambos vuelven a sus asientos)

PARIS
(con la mayor pasión)
Quien presencie lo suficiente
esa dulce pasión,
pronto la tendrá en su corazón...

ELENA
¡Basta!

(se levanta resuelta)

PARIS
¡Qué miserable soy!... ¡Ay de mí!

ELENA
¿Qué ocurre?

AMOR
¿Qué sucede?

PARIS
Una cruel angustia... una turbación
repentina y molesta... ¡ayuda!...

(se desmaya)

ELENA
¡Ah, corre Erasto!

AMOR
(Para sí)
Este es el momento

(sale apresuradamente)

ELENA
¡Qué hago!... ¡Qué debo pensar!...
¡Ay, qué fuerza cruel
de desconocidos afectos me retiene aquí!...
Apenas me reconozco... No sé articular
las palabras, no puedo... A pesar mío,
siento nacer en mi pecho entre suspiros...
una ternura o una piedad insólita
que llena mis ojos de lágrimas...

PARIS
(sin recuperarse)
¡Cruel!... ¡Ingrata!

ELENA
¡Alabado sea el cielo!
Recupera
el uso de sus sentidos... Me iré.

(en actitud de irse y se detiene)
 
Pero... ¿cómo voy a abandonarlo así?...
No, eso sería una cruel tiranía... Quedémonos...
Pero... cualquiera que sea el cuidado excesivo,
ofende mi gloria y mi nombre.
Venga, marchemos...
Pero con razón dirá el mundo que aquí no reina
ni la humanidad, ni la cortesía... ¡Ay cielos!...

(Mirando alrededor)
 
Si al menos Erasto
viniera en su ayuda... ¡y en mi ayuda!
Yo por mi parte no sé qué resolver.
Quedarme no quiero, irme no puedo;
elaboro y destruyo
mil pensamientos contradictorios...

(mirando la escena)
 
¡Y Erasto todavía no viene!...
¡Ah, tal vez él descubra
y secunde mis debilidades!...
Esta guerra de dudas,
de remordimientos y tormentos
¿terminará de una vez?...

(resuelta, se va)

PARIS
¡Ah, detente!... ¡Ah, escucha!

(Se levanta impetuosamente, la
detiene y se arrodilla ante ella)

PARIS
Ya no sé fingir...
ya ves, languidezco y me muero.
Te amo... pero no, te adoro.
Dejando mi patria,
navegué por el mar traicionero,
ídolo mío, sólo vine por ti.

ELENA
(Para sí)
¿Dónde estoy? No lo sé.
Tanta osadía es nueva para mí;
no siento indignación,
sólo asombro.

(después de mirarlo)
 
Levántate...

PARIS
Pero habla... ¡Oh, pena!

(se levanta)

ELENA
(Para sí)
¡Qué dije!

PARIS
Al menos responde.

ELENA
Escucha...

(Para sí)
 
Ah, quisiera hablar,
pero la vergüenza me vuelve
temerosa y tonta

PARIS
Lo sé, debería callar,
pero a pesar de mi respeto
el amor no puede refrenarse.

ELENA
(Para sí)
¡Me pierdo!

PARIS
¡Ah, por qué escondes
esos ojos a mi mirada!
¡Mírame!

ELENA
(Para sí)
¡En qué embrollo me meteré,
si lo escucho un poco más!

PARIS
Leerás en mi rostro
el cruel tormento
que trastorna mi corazón.

ELENA
(Para sí)
¡Que atrevido!

(con majestad, a Paris)
 
¿Qué quieres de mí?
¿Qué esperas, osado?
¡Cállate, no quiero afectos!
Vete. En vano pretendes
que mi virtud sea entregada
a un falso amor...

PARIS
¿Y mi dolor?

ELENA
Es en vano.

PARIS
¿Y mi llanto?

ELENA
Me fastidias.
Evita mi presencia,
nunca más me hables.

(Con desdén, se marcha)

PARIS
¡Huye de mí sin piedad!...
¡Me desprecia la tirana!...
¿Y la ingrata Venus
me engaña así?
Mi único consuelo ahora
es la muerte,
si el cielo, si el destino,
si el amor me abandonaron.

(Con un gran número de seguidores
troyanos y espartanos, los atletas
coronados con olivos regresan para
celebrar a sus compañeros triunfadores).
 
 

ACTO  CUARTO
 

Escena Primera


(Aposentos. Elena con unos folios
en la mano doblados en forma de carta)

ELENA
¡Imprudente!
¿Y no basta el rigor, el rechazo
para frenar su ímpetu?
No conforme con querer conquistarme,
¡en este escrito añade ofensas
más graves a mi honor!

(lee)
 
“Venus me guía hacia el gran designio...
Tú me has sido prometida como recompensa...
Reino, virtud y tesoros pospuse por ti...
Asia te espera... Estas pobres playas,
este horrible suelo, es indigno de tu belleza...
me estremezco de indignación...”

(En voz alta)
 
¡Ah, que caiga quebrantada en tierra
la propuesta infame,
y que el desprecio sea su respuesta! ...”

(en actitud de arrojar la carta, pero se detiene)
 
¡Y el audaz no supo interpretar en su favor
mi prudencia!...
¡Ah, cuánto se burla de mi expresa prohibición!
¡Poco dolor es el silencio para tanto exceso!

(Continúa leyendo)
 
“No compitas con el destino...
No te opongas a los dioses...
Mis naves están listas en el puerto...
O vienes conmigo a mi patria,
o aquí me quedo sepultado en el destierro...
Así lo he resuelto, pues Amor lo impone...”

(En voz alta)
 
No, ya no sirve callar;
Muy grande es el peligro. Que mi gloria ultrajada
le responda, y lo confunda.

ELENA
(se sienta ante una mesa y escribe)
«Desconocido aquí llegaste... seductor,
huésped bienvenido, te declaré...
Preparas trampas para mi honor
y desafías a hombres y dioses
vilipendiando leyes y costumbres...
¿Venus te prometió mi boda?...
Aunque el cielo secundara
tus delirios amorosos... debe saber que
yo he prometido mi mano a otro
y no quiero cambiar...
Desprecio tus afectos... No puedo amarte,
en vano lo intentas...
Busca otros amores y vete».

(En voz alta)
 
De esta manera le dejo bien claro
que lo detesto.

(cierra la carta)

Escena Segunda
 
(Cupido y Elena, luego Paris)

AMOR
Vengo ¡oh, reina!
cumpliendo tus órdenes.

ELENA

(le da la carta)
Toma: y llévale este escrito
al hijo de Príamo.

AMOR
¿Yo?

ELENA
Sí.

AMOR
Pero yo no anhelo
inmiscuirme
en los secretos de los reyes.

ELENA
¿Por qué?

AMOR
Pues acaso me retirarías
tu confianza algún día.

ELENA
Tu duda es injusta conmigo.
Procede.

AMOR
(percibe que llega
Paris. Para sí)
El príncipe se acerca oportunamente.

PARIS
(Para sí)
¿Dónde iré sin un consejo?

AMOR
Tu mandato cumpliré...

(pretende irse)

ELENA
Ve.

AMOR
Pero... aquí llega él.

ELENA
(finge ver Paris. Para sí
¡Oh, dioses!

PARIS
(Para sí)
¡Qué el último esfuerzo de un amor
desesperado secunde el cielo!

AMOR
Elena te escribió: lee; y responde.

(le da la carta a Paris)


ELENA
(Para sí)
¡Ah, lo veo claro!
Para engañarme conspira;
es un infiel y un traidor.

PARIS
(Leyendo, después de abrir
apresuradamente la carta)
¡Ah¡, qué leo! Para atormentarme
inventa faltas en mí;
me considera culpable y mentiroso.

AMOR
(Para sí)
En vano son las habilidades y las armas
en que confía y se resguarda
contra el cielo y contra el Amor.

(parte)

ELENA, PARIS
(Para sí)
Mi triste corazón presagia
que no está lejana
alguna fatal desgracia.

Escena Tercera
 
(Elena y Paris
)

PARIS
(Tras una breve pausa, con desdén)
Sí, el despiadado rayo ya se ha desatado
contra mí. Si el destino fatal amenaza mis días:
es tu culpa; y lo disfrutas.
¡Ahora comprendo perfectamente
la barbarie de este inhóspito país
que te educó, donde naciste!...
¡Y te jactas de ser hija de Júpiter!
¡Ay! ¿Cuándo un dios
formó un alma tan enemiga del amor,
tan tirana de piedad que, al más sincero,
al más tierno amante desdeña,
insulta, rechaza, odia, aborrece,
y quiere verle muerto?

ELENA
(Para sí)
¡Y todavía me acusa!

PARIS
¡Te demoras! ¡Por qué suspendes tus furias!
¿Tienes sed de sangre?...
Satisface ese deseo feroz…

(saca una daga e intenta dársela a Elena)
 
¡Toma hiéreme, mátame!...
Mata a quien, languideciendo,
vive infeliz y anhela
el fin de sus males.

ELENA
(Para sñi)
¡Oh, no puedo resistirlo!

(A Paris)
 
Pero ¿qué quieres de mí?

PARIS
Quiero tu corazón,
tu mano, casarme contigo.

ELENA
Sabes que estoy prometida
a otro hombre.

PARIS
¿Lo amas?

ELENA
Respeto en él
el consejo y el mandato de mi padre.
Amarlo no fue mi elección,
pero ya se me hace una virtud,
un deber, una necesidad.

PARIS
Él no te ama como yo.
Él nació griego,
acostumbrado a la dura escuela
de las armas.
Tus virtudes o no le importan
o no ve tu belleza.

ELENA
Yo juré.

PARIS
Los juramentos de las doncellas son vanos,
si el corazón no los dicta.

ELENA
¿Qué dirá Grecia?

PARIS
Dirá que eres sabia e inconstante.
¡Ah! Grecia también sabe
que la belleza y el rigor
rara vez van juntos.

ELENA
Que tenga un claro ejemplo en mí.

PARIS
Tu madre no se jactó de eso.
Su gloria es reprochada
y su pensamiento
es ofendido por la hija.

ELENA
Disculpa a mi madre por su simpleza.
El astuto engaño del mayor
de los dioses la sorprendió,
la traicionó con falsa apariencia.
Pero su hija no tiene un dios que la disculpe.

PARIS
Sí, el amor que me inflama
es obra de un dios, es su don.
Te amé cuando tu rostro aún me era desconocido.
Tan pronto (y menos bello que el verdadero)
tu rostro fue grabado en mi mente por Citerea,
apenas se ofreció la querida imagen a mi mente,
todos mis otros tiernos afectos los olvidé.
Así que abandoné a mi padre,
mi patria y mis parientes e,
impulsando mi nave por el mar,
vine hasta ti.
Pero, cómo será la fama es tu belleza,
que creció en mi pecho una dulce pasión
antes del primer encuentro contigo.
En ella me sumerjo y ardo.

ELENA
¡Ah1
Si es verdad que me amas
con tanta pasión y tantos afectos,
¡no turbes mi paz!
Feliz he vivido hasta ahora;
desde que llegaste,
mis afectos están convulsionados.
Respeta mi decoro y mi dolor.
Regresa a tus reinos y busca
otra destinataria para tu amor.
Tendrás la opción de elegir entre mil
que competirán para ser felices contigo.
Esta no es una orden, sino que suplicante
imploro la gracia de tu hermoso corazón.

PARIS
No: ¡primero prefiero morir ante tus ojos,
que obedecer este mandato injusto
que cruelmente me impones!

ELENA
Príncipe...

(Para sí)
 
¡Oh, dioses!

(A Paris)
 
¡Por piedad!...
Olvídame y vive.

PARIS
¿Olvídame de ti? ¿Vivir?...
Créeme, no es fácil para mí.
Pero ¡mírate!... ¡Mira tu semblante!
Tu imagen celestial
es mi único pensamiento;
es el único placer
de mi corazón amante.
 
Tendré fijada tu imagen
en mi alma mientras viva
y en las sombras aún la tendré
siempre presente en mí.
¿Olvidarme de ti? ¡Oh, dioses!
¡Qué cruel requerimiento!
Pero ¡mírate!... ¡Mira tu semblante!

Escena Cuarta
 
(Elena sola)

ELENA
Me lo temía.
No tengo frente a él suficiente valor.
Apenas pude contenerme.
Estuve a punto de abrirme a él,
de revelarle toda mi alma...
¡Ah, él la posee y reina sobre ella!
Es su tirano, que cruel reina y la maltrata...
¿Adónde iré?
¿En qué pensamientos divago,
en qué miserable error estoy?
Dejemos ahora en manos de la razón
toda la cuestión en que el amor ha dividido
mi corazón. ¡Lo conseguiré!
Así lo haré, ya lo he decidido.
 
¡Podré!... Pero mientras tanto, ¡oh, desdichada!
odio y amo; me decido y me arrepiento.
La piedad, la indignación, el temor y la dicha
por turno me hacen sufrir.
¡Así lo quiero!... Sí, así mientras esté lejos
el tirano que me encadenó.
Pero si suplica, si llora a mis pies,
no sé más qué callar y temblar.
¡Lo conseguiré! Así lo he decidido...
¡Ah, así me consuelo y me ilusiono!
Pero mi corazón agitado y dividido,
lo que pienso, lo que sueño, lo que simulo
con sus latidos viene a turbarme.
 
 

ACTO  QUINTO
 

Escena Primera
 
(Paraje delicioso. Amor, luego Elena)

AMOR
¡Elena se esconde de mí!
¡El príncipe la evita y se apresura a partir!
¡Eh, qué importa, si ambos
ya tienen mis desvaríos en su corazón!
Se ofende su virtud, se atenta contra su deber,
pero el conflicto será breve.
El engaño que le preparo encenderá ese fuego
que tiene encerrado en su seno...

(mirando la escena)
 
Aquí está...
¡Oh, cómo humillaré su soberbia!...

(triste)
 
Reina...

ELENA
¡Erasto!... ¿Por qué tan triste?

AMOR
Porque no estoy desprovisto de humanidad;
porque no creo en la virtud,
en ser un tirano para los demás y para mí.
No sé qué fuerza desconocida
al príncipe de Frigia me unió para siempre;
y al verlo listo para enfrentar de nuevo
los vientos y las tormentas,
no sé cómo refrenar el llanto,
y sentir piedad.

ELENA
Aún estás a tiempo
de darle la última despedida
a tu querido amigo.

AMOR
Ya he cumplido
con esa noble tarea.
Justamente, ahora despliega las velas.

ELENA
(Para sí)
¡Ay de mí, qué escucho!

AMOR
Me estrechó mil veces
contra su pecho
y se expresó de este modo:
 “amado Erasto, Venus me traicionó.
Tu reina impone que me vaya:
obedeceré con pena. sin embargo, obedeceré.
Huyo, abandono, este suelo bárbaro,
regreso a mi patria y a busca consuelo”.

ELENA
¡Cómo! ¿El indigno se ha marchado?...

AMOR
El viento lo secunda...
ya se aleja...

ELENA
¡Dioses omnipotentes!
¡Oh, engaño! ¡Oh, traición!
¡Oh, oscura infidelidad!
¡Cuántas cosas dijo! ¡Cuánto juró!
¡Lo vi pálido, desfalleciente,
lánguido, inmerso en lágrimas!...
¿Acaso se puede fingir un amor así?
¿Se puede transformar el semblante
por diversión y fingir tanto dolor?...
¡Ante mis propios ojos
el malvado se ha desvanecido!
¡Él no trató de suicidarse!
¿No me pidió morir?...
Y luego... ¡Qué mentira!
¡Qué perfidia! ¡Qué horror!
Apenas me queda un piadoso consuelo;
apenas comprendió que yo también sufro
lo mismo que él.
¡Huye!... ¡Me abandona!... ¡Ay dioses!
 
Doncellas sencillas:
no, no creáis
en esas lágrimas
que veis correr
por los ojos
del traidor.
Cuanto más profundos
sean sus suspiros
y más parece agitado
y delirante,
menos se conmueve
su pérfido corazón.
¡Ay, para defenderos
de ese impío,
doncellas sencillas,
que sirva de ejemplo para vosotras,
mis angustias
y mi vergüenza.

AMOR
Consuélate, reina: desde el cielo
no faltan los castigos para los perjuros.
Encomiéndale a él tu venganza.

ELENA
¡A él!...
Tú aún no conspiras contra mí...
No, no creo que seas tan perverso...
¡Vamos, sigamos, alcancemos al soberbio!
Que arda su nave y los restos de ella
sean sepultados en el vasto mar.
Que él mismo, náufrago y expirando,
pida piedad y no la obtenga.
Que los dioses tomen otras venganzas:
yo misma seré esa venganza;

(a punto de irse)

AMOR
No te indignes, Paris está aquí.

ELENA
(Para sí)
¡Qué es lo que veo!

Escena Segunda
 
(Paris y los anteriores)

AMOR
Oportunamente llegaste.
Elena te ama, príncipe, eres feliz.

ELENA
¡Siervo pérfido!
Me traicionaste y me sedujiste.
¡Aléjate para siempre de mi presencia!

AMOR
Tu furor es en vano, es injusto conmigo,
hermosa reina:
Yo no soy Erasto.

ELENA,
PARIS
Entonces ¿quién eres?

AMOR
¡Amor!

(sale)

ELENA
¡Dioses! ¡Oh, qué maravilla!

PARIS
¡Ah, te reconozco Venus amiga,
en esta ayuda sobrehumana!
En vano esperabas, querida,
oponerte a ella, negarte a mí.
Lo ves; el cielo me asiste.
Respeta sus decretos:
acepta mis afectos;
conforme a los impulsos de tu corazón...
¿Suspiras? ¡Oh, dioses! ¡Ah, responde!
Acaba con mi pena.
Mi vida y mi muerte dependen de ti,
de tus labios adorados.
¿Me crees indigno de conquistarte con tanto amor?

ELENA
¡Ay, venciste! Soy tuya. Toma tu recompensa.

(Mientras Elena le tiende la mano
a Paris, se escucha un trueno)

ELENA
¡Oh, qué trueno repentino!

PARIS
¡El día se oscurece de repente!

ELENA
¡Observa...
a Pallas Atenea sobre esa nube!

PARIS
Pues bien,
que esa soberbia deidad te vea
y tenga más vergüenza aún.

ELENA
¡Nos amenaza! ¡Torva nos mira!

PARIS
Nuestro amor la ofende
y la envidia la agita.

ELENA
¿Y qué pretende?

Escena Tercera
 
/Palas Atenea sobre una nube; sus
seguidores abarrotan la escena. Elena
y Paris se retiran asombrados, Paris a un
lado del escenario, Elena al otro lado)

PALAS
Te engañas muchacho, injusto e inicuo juez,
tu loco destino es digno
de lástima no de envidia.
La injusta recompensa que tanto te halaga,
es la fuente de mi condena y de mi venganza.
El gran día de mi desdén te espera.
Mis deseos no son en vano,
y yo los anuncio.
Reservo mis afrentas hasta ese día fatal:
no puedes evitarlo; tiembla, soberbio.
 
Ve con tu amada en tu corazón.
Vuelve al reino paterno,
detrás de tu nave fatal
irá mi furor.
Disfruta de la apreciada conquista.
Despliegas orgulloso tu altivez,
pero pronto tu placer
cambiará en llanto.

CORO
Pronto tu placer
cambiará en llanto.

PALAS
¡Oh, con cuántas excelentes velas
veo a Anfitrite ensombrecida!
Bajo mil proas unidas
las olas rotas se estremecerán.
Que para romper
las cadenas funestas del infiel,
juntas Argos, Esparta y Atenas
sus fuerzas aunarán.

CORO
Pronto tu placer
cambiará en llanto.

PALAS
A la ciudad reina del Asia (Troya),
entre chispas, humo y polvo,
la llama griega la destruirá
entre un inmenso fuego.
Sobre sus vastas ruinas
la gente estará desnuda y moribunda
y las madres a sus hijos
llorarán desesperadas.

CORO
Pronto tu placer
cambiará en llanto.

(Palas se marcha, y todos
sus seguidores con ella)

Escena Cuarta
 
(Paris y Elena; luego Amor)

ELENA
(Para sí)
¡Qué escucho!

PARIS
(Para sí)
¡Qué presagio!

ELENA
(Para sí)
¡Entonces es cierto!
El oráculo cruel que me acusa
de ser la causa miserable
de la discordia y de sangre derramada.

PARIS
(Para sí)
¡Entonces soy yo,
como Casandra se lo predijo a su padre,
la llama por la que Asia
pronto arderá!

ELENA
(Para sí)
Pero ¿qué puedo decidir?

PARIS
(Para sí)
¿Qué resolución tomar?

ELENA
(Para sí)
¿Abandonarlo?... ¡Ay, no tengo coraje!

PARIS
(Para sí)
¿Dejarla?... Nunca lo haré

ELENA
(Para sí)
Lo amo

PARIS
(Para sí)
La adoro

ELENA,
PARIS
(Para sí)
Junto a él, sea cual fuere la prueba
a la que el destino quiera someterme,
no me amilanaré.

AMOR
Vuestra dicha, amantes venturosos,
lo sé bien, Palas vino a perturbar.
Soportad que con vanos clamores
descargue su indignación.
Si es vuestra enemiga, os defenderé:
pues a través mía,
Júpiter dicta leyes a los dioses.
Ven, te acompaño.
El viaje está preparado.
El mar está en calma y el viento plácido.
Todo os convoca a disfrutar.

(Amor toma ambas
manos y las une)

PARIS
Mi vida...

ELENA
Mi tesoro...

PARIS
Vamos.

ELENA
Vamos.

PARIS
Siempre te seré fiel.

ELENA
Siempre seré tuya.

ELENA. PARIS
Te lo juro ídolo mío,
dulce anhelo de mi corazón.
Destino plácido...

PARIS
No tendré otro objetivo...

ELENA
No tendré otro afecto...

ELENA,
PARIS
Que dicte leyes a mi corazón.

ELENA,
PARIS, AMOR
Esa llama que en el alma...

AMOR
… se despertó con tan viva pasión...

PARIS
, ELENA
… que nos excitó con un amor tan vivo...

AMOR
… siempre habrá de brillar...

ELENA, PARIS
Siempre resplandecerá
en nuestros rostros...

ELENA, PARIS, AMOR

Y entre las dichas, el amigo Amor.

Última Escena
 
(Playa cercana al palacio real de Esparta.
Barcos troyanos iluminados en el mar y otros
en la orilla. Es de noche. Al son de una alegre
sinfonía, entran bailando marineros troyanos y
sirvientes de Paris y Elena, Tras una breve
introducción, lo hacen Elena, Paris y Cupido.
Apenas llegan, todos entonan el siguiente coro.
Elena y Paris van a ubicarse frente a ellos,
mientras todo se dispone para el embarque)

CORO
Ven al mar, vencedor afortunado.
Las olas están en calma,
la brisa impulsa la nave y Amor
va contigo al timón.

PARTE DEL CORO
Otros, nunca de playas desconocidas,
no trajeron tantos tesoros.
Rosas y mirtos rodean sus cabellos;
deja entonces la vanidad para otros.

CORO
Ven al mar, vencedor afortunado.
Las olas están en calma,

AMOR
Pronto huye la belleza
frente al destructor tiempo.
Toda felicidad vuela con ella.
La descuidada juventud apresurada,
no volverá y ni la consolará  
el arrepentimiento.

(Todos se disponen a embarcar)

PARIS
Siempre te seré fiel...

ELENA
Yo también lo seré...

PARIS
Mi esperanza...

ELENA
Mi ídolo...

ELENA, PARIS
Dulce anhelo de mi corazón.

(Se embarcan acompañados por Amor)

TODOS
Ven al mar, vencedor afortunado.
Las olas están en calma,
la brisa impulsa la nave y Amor
va contigo al timón.

(Reanudando el baile, éste se termina
cuando todos suben a bordo,
con lo que concluye la ópera).

 

Digitalizado y traducido por;

José Luis Roviaro 2025