ATTO II


Scena Prima

(Grottesco con fontane, contiguo al bosco)

ARGENE
Ed ancor della pugna l’esito non si sa?

ARISTEA
No, bella Argene.
È pur dura la legge, onde n’è tolto
d’esserne spettatrici!

ARGENE
Ah, che sarebbe
forse pena maggior veder chi s’ama
in cimento si grande, e non potergli
porger soccorso: esser presente...

ARISTEA
Io sono
presente ancor lontana: anzi mi fingo
forse quel che non è. Se tu vedessi
come stà questo cor! Qui dentro, amica,
qui dentro si combatte; e più che altrove
qui la pugna è crudele.
Oh, come io tremo!
Come palpito adesso!

ARGENE
E la cagione?

ARISTEA
È deciso il mio fato:
vedi Alcandro, che arriva.

ARGENE
Alcandro, ah corri;

(verso la scena)

consolane. Che rechi?

Scena Seconda

ALCANDRO
Fortunate novelle. Il re m’invia
nunzio felice, o principessa. Ed io...

ARISTEA
La pugna terminò?

ALCANDRO
Sì; ascolta. Intorno già impazienti...

ARGENE
(ad Alcandro)
Il vincitor si chiede.

ALCANDRO
Tutto dirò. Già impazienti intorno
le turbe spettatrici...

ARISTEA
(con impazienza)
Eh ch’io non cerco questo da te.

ALCANDRO
Ma in ordine distinto...

ARISTEA
(con isdegno)
Chi vinse dimmi sol.

ALCANDRO
Licida ha vinto.

ARISTEA
Licida!

ALCANDRO
Appunto.

ARGENE
Il principe di Creta!

ALCANDRO
Sì, che giunse poc’anzi a queste arena.

ARISTEA
(fra sé)
Sventurata Aristea!

ARGENE
(fra sé)
Povera Argene!

ALCANDRO
(ad Aristea)
Oh, te felice!
Oh quale sposo ti diè la sorte!

ARISTEA
Alcandro, parti.

ALCANDRO
T’attende il re.

ARISTEA
Parti. Verrò.

ALCANDRO
T’attende nel gran tempio adunata...

ARISTEA
(con isdegno)
Nè parti ancor?

ALCANDRO
(fra sé)
Che ricompensa ingrata!

(Ad Aristea)

Se tu sprezzar pretendi
la mia sincera fede,
ingiusta è la mercede,
hai troppo ingrato il cor.
Un sì felice aviso
par che ti renda sdegno;
qual fosse il tuo disegno
non se veder ancor.

Scena Terza

ARGENE
Ah, dimmi, o principessa,
v’è sotto il ciel chi possa dirsi, oh Dio,
più misera di me?

ARISTEA
Sì, vi so io.

ARGENE
Ah, non ti faccia amore
provar mai la mia pene! Ah tu non sai
quai perdita è la mia! Quanto mi costa
quel cor che tu m’involi!

ARISTEA
E tu non senti,
non comprendi abbastanza i miei tormenti.

Sta piangendo la tortorella
finché vedova e smarrita;
ma se torna il suo diletto,
entro il nido o nel boschetto,
dolce canta, e si consola.
Ma per me che non v’è speme,
viver sempre dovrò in pene
sventurata, afflitta, e sola.

Scena Quarta

ARGENE

E trovar non poss’io né pietà, né soccorso?

AMINTA
(a parte nell’uscire)
Eterni dei! Parmi Argene costei.

ARGENE
Vendetta almeno, vendetta si procuri.

(vuol partire)

AMINTA
Argene, e come tu in Elide!
Tu sola! Tu in sì ruvide spoglie!

ARGENE
I neri inganni a secondar del prence
dunque ancor tu venisti?

AMINTA
(fra sé)
Tutto già sa.

(Ad Argene)

Non da’ consigli miei...

ARGENE
Basta... Chi sa: nel cielo
v’è giustizia per tutti; e si ritrova
talvolta anche nel mondo. Io chiederolla
agli uomini, agli dei. S’ei non ha fede,
ritegni io non avrò. Vuo’ che Clistene,
vuo’ che la Grecia, il mondo
sappia ch’è un traditor, acciò per tutto
questa infamia ‘lo siegua; acciò che ognuno
‘l’aborrisca, l’eviti,
e con orrore, a chi nol sa, l’additi.

AMINTA
Non son questi pensieri
degni d’Argene.
È sempre meglio
il riacquistarlo amante
che opprimerlo nemico.

ARGENE
E credi, Aminta, ch’ei tornerebbe a me?

AMINTA
Lo spero. Al fine
fosti l’idolo suo. Per te languiva,
delirava per te. Non ti sovviene,
che cento volte e cento...

ARGENE
Tutto, per pena mia, tutto rammento.

Per que’ tanti suoi sospiri,
al giurarsi ogn’or costante,
ha perduto il cor amante
la sua cara libertà.
Le promesse ed i martiri,
mi raccordo con mia pena:
da quei nacque la catena
onde avvinta l’alma sta.

Scena Quinta

AMINTA
Fra le folle diverse,
de’ qual ripieno è il mondo,
chi può negar che la folla maggiore
in ciascuno non sia quella d’amore?

Siam navi all’onde algenti
lasciate in abbandono:
impetuosi venti
i nostri affetti sono:
ogni diletto è scoglio:
tutta la vita è mar.
Ben, qual nocchiero, in noi
veglia ragion; ma poi
pur dall’ondoso orgoglio
si lascia trasportar.

(parte)

Scena Sesta

(Luogo magnifico. Clistene, preceduto da Licida: 
Alcandro, Megacle coronato d’ulivo, guardie
e Popolo)

CLISTENE
Giovane valoroso,
che in mezzo a tanta gloria umil ti stai,
quell’onorata fronte
lascia ch’io baci e che ti stringa al seno.
Felice il re di Creta,
che un tal figlio sorti! Se avessi anch’io
serbato il mio Filinto,
chi sa, sarebbe tal.

(ad Alcandro)

Rammenti, Alcandro,
con qual dolor tel consegnai? Ma pure...

ALCANDRO
(a Clistene)
Tempo o no è di rammentar sventure.

CLISTENE
(fra sé)
È ver.

(a Megacle)

Premio Aristea sarà del tuo valor.
S’altro donarti Clistene può,
chiedilo pur, che mai
quanto dar ti vorrei non chiederai.

MEGACLE
(fra sé)
Coraggio, o mia virtù.

(A Clistene)

Signor, son figlio
e di tenero padre. Ogni contento,
che con lui non divido,
è insipido per me. Di mie venture
pria d’ogn’altro io vorrei
giungergli apportator: chieder l’assenso
per queste nozze; e lui presente, in Creta
legarmi ad Aristea.

CLISTENE
Giusta è la brama.

MEGACLE
Partirò, se’l concedi,
senz’altro indugio. In vece mia rimanga
questi, della mia sposa

(presentando Licida)

servo, compagno e condottier.

CLISTENE
(fra sé)
Che volto è quello mai!
Nel rimirarlo il sangue
mi si riscuote in ogni vena!

(A Megacle)

E questi
chi è? Come s’appella?

MEGACLE
Egisto ha nome,
Creta è sua patria. Egli deriva ancora
dalla stirpe real: ma più che ‘l sangue,
l’amicizia ne stringe; e son fra noi
si concordi i voleri,
comuni a segno, e l’allegrezza e’l duolo,
che Licida ed Egisto è un nome solo.

LICIDA
(fra sé)
Ingegnosa amicizia!

CLISTENE
E ben, la cura
di condurti la sposa
Egisto avrà. Ma Licida non debbe
partir senza vederla.

MEGACLE
Ah no, sarebbe
pena maggior. Mi sentirei morire
nell’atto di lasciarla. Ancor da lunge
tanta pena io ne provo...

CLISTENE
Ecco che giunge.

MEGACLE
(fra sé)
O me infelice!

Scena Settima

ARISTEA
(non vedendo Megacle, fra sé)
All’odiosa nozze
come vittima lo vengo all’ara avanti.

LICIDA
(fra sé)
Sarà mio quel volto in pochi istanti.

CLISTENE
Avvicinati, o figlia; ecco il tuo sposo.

(tenendo Megacle per mano)

MEGACLE
(fra sé)
Ah! Non è ver.

ARISTEA
Lo sposo mio!

(stupisce vedendo Megacle)

CLISTENE
Sì. Vedi
se giammai più bel nodo in Ciel si strinse.

ARISTEA
(fra sé)
Ma se Licida vinse,
come il mio bene?... Il genitor m’inganna?

LICIDA
(fra sé)
Crede Megacle sposo
e se ne affanna.

ARISTEA
E questi, o padre, è il vincitor?

(additando Megacle)

CLISTENE
Mel chiedi?
Non lo ravvisi al volto
di polve asperso? All’onorate stille,
che gli rigan la fronte? A quelle foglie,
che son di chi trionfa
l’ornamento primiero?

ARISTEA
Ma che dicesti, Alcandro?

ALCANDRO
Io dissi il vero.

CLISTENE
Non più dubbiezze. Ecco il consorte, a cui
il Ciel t’accoppia: e noi potea più degno
ottener dagli Dei l’amor paterno.

ARISTEA
(fra sé)
Che gioia!

MEGACLE
(fra sé)
Che martir!

LICIDA
(fra sé)
Che giorno eterno!

CLISTENE
(a Megacle ed Aristea)
E voi tacete? Onde il silenzio?

MEGACLE
(fra sé)
Oh Dio! Come comincerò?

ARISTEA
Parlar vorrei, ma...

CLISTENE
Intendo. Intempestiva
è la presenza mia. Severo ciglio,
rigida maestà, paterno impero
incomodi compagni
sono agli amanti. Io mi sovvengo ancora
quanto increbbero a me. Restate. Io lodo
quel modesto rossor, che vi trattiene.

MEGACLE
(fra sé)
Sempre lo stato mio peggior diviene.

CLISTENE
Qual serpe tortuosa
s’avvolge a tronco, e il stringe,
cosi lega, e recinge
amore, i vostri cor.
Ma quanto è dolce cosa
esserne avvinto, e stretto,
non sa che sia diletto
chi non intende amor.

Scena Ottava

MEGACLE
(fra sé)
Fra l’amico e l’amante
che farò sventurato!
Ardir mio core:
finiamo di morir.

(a parte a Licida)

Per pochi istanti allontanati, o prence.

LICIDA
E qual ragione?...

MEGACLE
Va: fidati di me.
Tutto conviene ch’io spieghi ad Aristea.

LICIDA
Ma non poss’io esser presente?

MEGACLE
No: più che non credi delicato è l’impegno.

LICIDA
E ben, tu’l vuoi,
io lo farò. Poco mi scosto: un cenno
basterà perch’io torni. Ah! Pensa, amico,
di che parli, e per chi. Se nulla mai
feci per te, se mi sei grato e m’ami,
mostralo adesso. Alla tua fida alta
la mia pace io commetto e la mia vita.

Scena Nona

MEGACLE
(fra sé)
Oh ricordi crudeli!

ARISTEA
Alfin siam soli:
potrò senza ritegni
il mio contento esagerar; chiamarti
mia speme, mio diletto,
luci degli occhi miei...

MEGACLE
No, principessa,
questi soavi nomi
non so per me. Serbali pure ad altro
più fortunato amante.

ARISTEA
E il tempo è questo di parlami così?

MEGACLE
Tutto l’arcano
ecco ti svelo. Il principe di Creta
langue per te d’amor. Pietà mi chiede,
e la vita mi diede. Ah principessa,
se negarla poss’io, dillo tu stessa.

ARISTEA
E pugnasti...

MEGACLE
Per lui.

ARISTEA
Perder mi vuoi...

MEGACLE
Sì, per serbarmi sempre degno di te.

ARISTEA
Dunque lo dovrò...

MEGACLE
Tu dèi
coronar l’opra mia. Sì, generosa,
adorata Aristea, seconda i moti
d’un grato cor. Sia, qual io fui fin ora,
Licida in avvenire.

ARISTEA
Ah qual passaggio è questo! Io dalle stelle
precipito agli abissi. Eh no: si cerchi
miglior compensa. Ah senza te la vita
per me vita non è.

MEGACLE
Bella Aristea,
non congiurar tu ancora
contro la mia virtù.

ARISTEA
E di lasciarmi...

MEGACLE
Ho risoluto.

ARISTEA
Hai risoluto? E quando?

MEGACLE
Questo

(fra sé)

morir mi sento...

(Ad Aristea)

questo è l’ultimo addio.

ARISTEA
L’ultimo! Ingrato...
Soccorretemi, o numi! Il piè vacilla:
freddo sudor mi bagna il volto; e parmi
che una gelida man m’opprima il core.

(sviene sopra un sasso)

MEGACLE
Misero me, che veggo!

(rivolgendosi indietro)

Ah l’oppresse il dolor!

(tornando)

Cara mia speme,
bella Aristea, non avvilirti; ascolta:
Megacle è qui. Non partirò. Sarai...
Che parlo? Ella non m’ode. Avete, o stelle,
più sventure per me? No, questa sola
mi restava a provar. Chi mi consiglia?
Che risolvo? Che fo? Partir? Sarebbe
crudeltà, tirannia. Restar? Che giova?
Forse ad esserle sposo? E il re ingannato,
e l’amico tradito, e la mia fede,
e l’onor mio lo soffrirebbe? Almeno
partiam più tardi. Ah che sarem di nuovo
a quest’orrido passo! Ora è pietade
l’esser crudele. Addio, mia vita: addio,

(le prende la mano e la bacia)

mia perduta speranza. Il Ciel ti renda
più felice di me. Deh, conservate
questa bell’opra vostra, eterni dei;
e i dì, ch’io perderò, donate a lei.
Licida... Dove è mai? Licida.

(verso la scena)

Scena Decima

LICIDA
Intese tutto Aristea?

MEGACLE
Tutto. T’affretta, o prence;
soccorri la tua sposa.

(in atto di partire)

LICIDA
Ahimè, che miro!
Che fu?

(a Megacle)

MEGACLE
Doglia improvvisa
le oppresse i sensi.

(partendo, come sopra)

LICIDA
E tu mi lasci?

MEGACLE
Io vado...

(tornando indietro)

Deh pensa ad Aristea.

(partendo, fra se)

Che dirà mai quando in sè tornerà?

(si ferma)

Tutte ho presenti tutte le smanie sue.

(A Licida)

Licida, ah senti.

Se cerca, se dice:
"L’amico dov’è?"
"L’amico infelice..."
rispondi... "morì."
Ah no! Sì gran duolo
non darle per me:
rispondi ma solo:
"Piangendo partì".
Che abisso di pene
lasciare il suo bene,
lasciarlo per sempre,
lasciarlo così!

(parte)

Scena Undicesima

LICIDA
Che laberinto è questo! Io non l’intendo,
semiviva Aristea... Megacle afflitto...

ARISTEA
Oh Dio!

LICIDA
Ma già quell’alma
torna agli usati uffici. Apri i bei lumi,
principessa, ben mio...

ARISTEA
(senza vederlo)
Sposo infedele!

LICIDA
Ah! Non dirmi così. Di mia costanza
ecco in pegno la destra.

(la prende per la mano)

ARISTEA
Almeno... Oh stelle!

(s‘avvede non esser Megacle, e ritira la mano)

Megacle ov’è?

LICIDA
Partì.

ARISTEA
Partì l’ingrato?
Ebbe cor di lasciarmi in questo stato?

LICIDA
Il tuo sposo restò.

ARISTEA
(s’alza con impeto)
Dunque è perduta
l’umanità, la fede,
l’amore, la pietà! Se questi iniqui
incenerir non sanno,
numi, i fulmini vostri in ciel che fanno?

LICIDA
Son fuor di me!
Di, chi t’offese, o cara?
Parla. Brami vendetta? Ecco il tuo sposo,
ecco Licida...

ARISTEA
Oh Dei!
Tu quel Licida sei! Fuggi, t’invola,
nasconditi da me. Per tua cagione,
perfido, mi ritrovo a questo passo.

LICIDA
E qual colpa ho commessa? Io son di sasso!

ARISTEA
Tu da me dividi;
barbaro, tu m’uccidi:
tutto il dolor, ch’io sento,
tutto mi vien da te.
No, non sperar mai pace.
Odio quel cor fallace:
oggetto di spavento
sempre sarai per me.

(parte)

Scena Dodicesima

LICIDA
A me "barbaro"! Oh numi!
"Perfido" a me! Voglio seguirla; e voglio
sapere almen che strano enigma è questo.

ARGENE
Fermati, traditor.

LICIDA
(riconosce Argene)
Sogno, o son desto!

ARGENE
Non sogni no: son io,
l’abbandonata Argene. Anima ingrata,
riconosci quel volto,
che fu gran tempo il tuo piacer; se pure
in sorte si funesta
delle antiche sembianze orma vi resta.

LICIDA
(fra sé)
Donde viene; in qual punto
mi sorprende costei! Se più mi fermo,
Aristea non raggiungo.

(Ad Argene)

Io non intendo,
bella ninfa, i tuoi detti. Un’altra volta
potrai meglio spiegarti.

(vuol partire)

ARGENE
(trattenendolo)
Indegno, ascolta.

LICIDA
(fra sé)
Misero me!

ARGENE
Tu non mi intendi? Intendo
ben io la tua perfidia. I nuovi amori,
le frodi tue tutte riseppi; e tutto
saprà da me Clistene
per tua vergogna.

(vuol partire)

LICIDA
(trattenendola)
Ah no! Sentimi, Argene.
Non sdegnarti: perdona,
se tardi ti ravviso. Io mi rammento
gli antichi affetti; e, se tacer saprai,
forse... chi sa.

ARGENE
Si può soffrir di questa
ingiuria più crudel? "Chi sa", mi dici?
In vero io son la rea. Picciole prove
di tua bontà non sono
le vie che m’offri a meritar perdono.

LICIDA
Ascolta. Io volli dir...

(vuol prenderla per mano)

ARGENE
(lo rigetta)
Lasciami ingrato: non ti voglio ascoltar.

LICIDA
(fra sé)
Son disperato.

Scena Tredicesima

LICIDA
In angustia più fiera
io non mi vidi mai. Tutto è in ruina,
se parla Argene. È forza
raggiungerla, placarla... E chi trattiene
la principessa intanto? Il solo amico
potria... Ma dove andò? Si cerchi. Almeno
e consiglio e conforto
Megacle mi darà.

(vuol partire)

AMINTA
Megacle è morto.

LICIDA
Che dici, Aminta!

AMINTA
Io dico pur troppo il ver.

LICIDA
Come! Perchè! Qual empio
sì bei giorni troncò? Trovisi: io voglio
ch’esempio di vendetta altrui ne resti.

AMINTA
Principe, noi cercar: tu l’uccidesti.

LICIDA
Io! Deliri?

AMINTA
Volesse
il Ciel ch’io delirassi. Odimi. In traccia
mentre or te venia, fra quelle piante
un gemito improvviso
sento: mi fermo: al suon mi volgo; e miro
uom, che sul nudo acciaro
prono già s’abbandona. Accorro. Al petto
fo d’una man sostegno;
con l’altra il ferro svio. Ma, quando al volto
Megacle ravvisai,
pensa com’ei restò, com’io restai!
Dopo un breve stupore: "Ah qual follia
bramar ti fa la morte!"
io volea dirgli. Ei mi prevenne: "Aminta,
ho vissuto abbastanza."
sospirando mi disse
dal profondo del cor. "Senza Aristea
non so viver, né voglio. Ah! Son due lustri
che non vivo che in lei. Licida, oh Dio!
m’uccide, e non lo sa; ma non m’offende:
suo dono è questa vita, ei la riprende."

LICIDA
Oh amico! E poi?

AMINTA
Fugge da me, ciò detto,
come partico stral. Vedi quel sasso,
signor, colà, che il sottoposto Alfeo
signoreggia ed adombra? Egli v’ascende
in men che non balena. Il mezzo al fiume
si scaglia: io grido in van. L’onda percossa
balzò, s’aperse, in frettolosi giri
si riunì, l’ascose. Il colpo, i gridi
replicaron le sponde; e più non vidi.

LICIDA
Ah qual orrida scena
or si scuopre al mio sguardo!

(rimane stupito)

AMINTA
Almen la spoglia,
che albergò si bell’alma,
vadasi a ricercar.
Da’ mesti amici
questi a lui son dovuti ultimi uffici.

(parte)

Scena Quattordicesima

LICIDA
Dove son! Che m’avvenne!
Ah dunque il cielo tutte sopra il mio capo
rovesciò l’ire sue! Megacle, oh Dio!
Megacle, dove sei? Che fo nel mondo
senza di te? Rendetemi l’amico,
ingiustissimi Dei.

ALCANDRO
Olà!

(Licida non l’ode)

LICIDA
Del guado estremo...

ALCANDRO
Olà!

LICIDA
Chi sei tu,
che audace interrompi le smanie mie?

ALCANDRO
Regio ministro io sono.

LICIDA
Che vuole il re?

ALCANDRO
Che in vergognoso esiglio
quindi lungi tu vada. Il sol candente
se in Elide ti lascia,
sei reo di morte.

LICIDA
A me tal cenno?

ALCANDRO
Impara a mentir nome, a violar la fede,
a deludere il re.

LICIDA
Come! Ed ardisci, temerario...

ALCANDRO
Non più.
Principe, è questo
mio dover; l’ho adempito: adempi il resto.

(parte)

Scena Quindicesima

LICIDA
(snuda la spada)
Con questo ferro indegno, il sen ti passerò...
Folle, che dico?
che fo? Con chi mi sdegno? Il reo son io,
io son lo scellerato. In queste vene
con più ragion l’immergerò. Sì, mori,
Licida sventurato... Ah perchè tremi,
timida man? Chi ti ritiene? Ah questa
è ben miseria estrema.
Ah chi mai vide
anima lacerata
da tanti affetti e sì contrari? Io stesso
non so come si possa
minacciando tremare, arder gelando,
piangere in mezzo all’ire
bramar la morte, e non saper morire.

Gemo in un punto e fremo:
fosco mi sembra il giomo:
ho cento larve intorno;
ho mille furie in sen.
Con la sanguigna face
m’arde Megera il petto;
m’empie ogni vena Aletto
del freddo suo velen.

(parte)
ACTO II


Escena Primera

(Cueva con manantiales, junto al bosque)

ARGENE
¿Y del combate aún no se conoce el resultado?

ARISTEA
No, bella Argene.
¡Dura es la norma, que no nos permite
ni ser espectadoras!

ARGENE
¡Ah, quizás sería una angustia mayor
ver a quien amas en tan gran acontecimiento
y no poder ayudarle siquiera!
Estar presente...

ARISTEA
Yo estoy presente, aunque lejana,
y así me imagino quizás, lo que no es.
¡Si pudieras ver dentro de mi corazón!
Aquí dentro, amiga,
aquí dentro se combate,
y más cruelmente incluso que en la palestra.
¡Oh, cómo tiemblo!
¡Cómo me estremezco!

ARGENE
¿Por qué motivo?

ARISTEA
Allí se decide mi destino...
¡Mira, es Alcandro aquel que llega!

ARGENE
¡Alcandro, ah, corre, consuélala!

(mirando al escenario)

¿Qué hay de nuevo?

Escena Segunda

ALCANDRO
¡Noticias alegres, oh princesa!
El rey me envía como mensajero feliz y yo...

ARISTEA
¿La lucha terminó?

ALCANDRO
¡Sí, escucha! Alrededor, ya impacientes...

ARGENE
(a Alcandro)
¡Queremos el nombre del vencedor!

ALCANDRO
Os lo diré todo. Ya impaciente alrededor
la multitud de espectadores...

ARISTEA
(con impaciencia)
¡No es eso lo que queremos de ti!

ALCANDRO
Sí, pero en distinto orden...

ARISTEA
(con enfado)
¡Dime sólo quién venció!

ALCANDRO
¡Licida ha vencido!

ARISTEA
¡Licida!

ALCANDRO
Exacto.

ARGENE
¡El príncipe de Creta!

ALCANDRO
Sí, el que llegó hace poco a esta costa.

ARISTEA
(para sí)
¡Desventurada Aristea!

ARGENE
(para sí)
¡Pobre Argene!

ALCANDRO
(a Aristea)
¡Oh, tú, feliz!
¡Oh, qué esposo te dio la suerte!

ARISTEA
¡Alcandro, márchate!

ALCANDRO
Te espera el rey.

ARISTEA
¡Márchate! Ya iré.

ALCANDRO
Te espera, ataviada, en el gran templo...

ARISTEA
(con enfado)
¿Aún no te vas?

ALCANDRO
(para sí)
¡Qué ingratitud!

(A Aristea)

Si pretendes despreciar
mi sincera fe,
injusta es tu recompensa
e ingrato tu corazón.
Una noticia tan feliz
parece que te molesta;
cuáles puedan ser tus intenciones,
no las comprendo.

Escena Tercera

ARGENE
¡Ah, dime, oh princesa, si puede haber
alguien bajo los cielos, oh dioses,
más desgraciada que yo!

ARISTEA
¡Sí, yo lo soy!

ARGENE
¡Ah, que no te haga el amor
probar nunca mis penas!
¡Ah, tú no sabes hasta dónde llega mi pérdida!
¡Cuánto me duele ese corazón que me arrebatas!

ARISTEA
Y tú no entiendes, no comprendes
suficientemente mis sufrimientos.

La alondra se lamenta
mientras está perdida y sola,
mas si vuelve su amado,
al nido o al bosquecillo,
canta dulcemente y se consuela.
No hay esperanza para mí,
deberé vivir siempre entre penas,
desventurada, afligida y sola.

Escena Cuarta

ARGENE
¿Y no podré encontrar ni piedad ni socorro?

AMINTA
(aparte, mientras entra)
¡Dioses eternos, creo reconocer a Argene!

ARGENE
¡Venganza al menos, que consiga venganza!

(intenta irse)

AMINTA
Argene, ¡tú aquí, en Hélade!
Y sola... ¡y con estas ropas!

ARGENE
¿Hasta aquí viniste a secundar
el oscuro engaño del príncipe?

AMINTA
(para sí)
Lo sabe todo.

(A Argene)

No por mi consejo...

ARGENE
¡Basta!... ¡Quién sabe!
En el cielo hay justicia para todos
e incluso se encuentra a veces en este mundo.
¡Yo la reclamaré a los hombres y a los dioses!
¡Si él no me es fiel, no me contendré!
Quiero que Clistene, Grecia y el mundo entero
sepan que es un traidor.
¡Haré que por todas partes lo persiga la infamia!
¡Todos los que no le conocen, lo aborrecerán,
lo evitarán y lo señalarán con horror!

AMINTA
Estos pensamientos
no son dignos de Argene.
Siempre es mejor
recobrar un amante
que aplastar a un enemigo.

ARGENE
¿Y crees, Aminta, que volverá a mí?

AMINTA
Eso creo.
Al fin y al cabo, tú fuiste su ídolo.
Por ti suspiraba y deliraba.
¿No recuerdas, tantas y tantas veces?...

ARGENE
¡Todo, para mi desgracia, todo lo recuerdo!

Porque de tanto suspirar,
al jurarme constancia eterna,
mi corazón amante ha perdido
su querida libertad.
Las promesas, las angustias,
las recuerdo para mi dolor,
de ahí nacen las cadenas
donde presa mi alma está.

Escena Quinta

AMINTA
De las diversas locuras
de las que el mundo anda lleno
¿quién podrá negar que la mayor
es la locura de amor?

Somos naves, entre ondas plateadas,
dejadas al azar;
vientos impetuosos
son nuestros afectos;
cada placer es un escollo;
toda la vida es un mar.
El bien, como un timonel, dentro de nosotros
busca su camino;
pero a veces,
por olas de orgullo se deja llevar.

(sale)

Escena Sexta

(Lugar magnífico. Clistene, precedido por Licida;
Alcandro, Megacle coronado de olivo, guardias y
gente del pueblo)

CLISTENE
Joven valeroso
que entre tanta gloria
te mantienes humilde,
déjame besar tu honrosa frente
y abrazar tu pecho.
¡Feliz el rey de Creta, que tiene tal hijo!
¡Si yo tuviese aún conmigo a mi Filinto,
quién sabe si sería como tú!

(a Alcandro)

¿Recuerdas, Alcandro,
con qué dolor te lo entregué? Pero quizás...

ALCANDRO
(a Clistene)
No es momento de recordar desdichas.

CLISTENE
(para sí)
Es verdad.

(a Megacle)

¡Aristea será el premio a tu valor!
Si algo más puede darte Clistene,
pídelo pues, que nunca llegarás a pedir
cuanto quiero yo darte.

MEGACLE
(para sí)
¡Coraje, oh virtud!

(A Clistene)

Señor, soy hijo de un padre cariñoso.
Cualquier felicidad que no comparta con él,
carece de valor para mí.
De mi fortuna antes que ningún otro
quisiera ser el mensajero;
pedir su permiso para esta boda y,
en su presencia, en Creta,
casarme con Aristea.

CLISTENE
Legítimo deseo.

MEGACLE
Partiré, si me lo permites, sin más retraso.
En mi lugar quedará este hombre,
para que sea el siervo de mi esposa,

(presentando a Licida)

compañero y protector.

CLISTENE
(para sí)
Pero... ¿Este rostro?
¡Sólo de mirarlo, la sangre se agita
en todas mis venas!

(A Megacle)

Y éste,
¿quién es?... ¿Cómo se llama?

MEGACLE
Egisto es su nombre y Creta su patria.
También desciende de la estirpe real,
pero más que la sangre, la amistad nos une.
Son nuestros deseos tan concordantes
y tan comunes nuestros
pensamientos, alegrías y penas
que Licida y Egisto son como un solo nombre.

LICIDA
(para sí)
¡Ingeniosa amistad!

CLISTENE
De acuerdo.
La responsabilidad de llevarte
a tu prometida será de Egisto.
Pero Licida no debe partir sin verla.

MEGACLE
¡Ah, no, pues sería una pena mayor!
Me sentiría morir al dejarla.
Incluso en la distancia
es grande el sufrimiento...

CLISTENE
¡Mira, aquí llega!

MEGACLE
(para sí)
¡Oh, infeliz de mí!

Escena Séptima

ARISTEA
(sin ver a Megacle, para sí)
A la odiosa boda vengo,
como víctima al altar.

LICIDA
(para sí)
Esta belleza será mía en pocos momentos.

CLISTENE
Acércate, hija. Aquí está tu esposo.

(tomando a Megacle por la mano)

MEGACLE
(para sí)
¡Ah, no es cierto!

ARISTEA
¿Mi esposo?

(asombrada de ver a Megacle)

CLISTENE
Sí. Piensa si puede haber boda más bella,
incluso en el cielo.

ARISTEA
(para sí)
Pero si venció Licida, ¿cómo mi amado?...
¿Me engaña mi padre?

LICIDA
(para sí)
Cree que Megacle será su esposo
y eso la angustia.

ARISTEA
Y éste, padre, ¿ha sido el vencedor?

(indicando a Megacle)

CLISTENE
¿Me lo preguntas?
¿No ves en su cara, cubierta de polvo
y las honorables lágrimas
que le riegan la frente?
¿Y esas hojas, que son del triunfador
el supremo ornamento?

ARISTEA
Pero tú dijiste, Alcandro...

ALCANDRO
Dije la verdad.

CLISTENE
¡No más dudas! Éste es el esposo,
con quien el cielo te empareja. Los dioses
no podrían satisfacer mejor mi amor paterno.

ARISTEA
(para sí)
¡Qué alegría!

MEGACLE
(para sí)
¡Qué tortura!

LICIDA
(para sí)
¡Qué día tan eterno!

CLISTENE
(a Megacle y Aristea)
¿Calláis?... ¿Por qué este silencio?

MEGACLE
(para sí)
¡Oh, dioses!...¿Qué digo?

ARISTEA
Hablar quisiera, pero...

CLISTENE
Comprendo.
Intempestiva es mi presencia.
Mirada severa, rígida majestad, dominio paterno,
incómoda compañía son de los amantes.
¡Ahora recuerdo cuánto me molestaban!
Quedaos.
Yo bendigo el modesto rubor que os retiene.

MEGACLE
(para sí)
Mi situación no hace más que empeorar.

CLISTENE
Igual que una sinuosa serpiente
envuelve un tronco y lo aprieta,
así une y abraza el amor
a vuestros corazones.
¡Y qué dulce resulta
ser abrazado y apretado!
Quien no entiende el amor
no sabe lo que es ser querido.

Escena Octava

MEGACLE
(para sí)
Entre el amigo y la amada,
¿qué harás, desventurado?
¡Coraje, corazón,
acabemos de morir!

(aparte, a Licida)

¡Déjanos unos instantes, príncipe!

LICIDA
¿Por qué motivo?...

MEGACLE
¡Ten confianza en mí!
Es conveniente que se lo explique todo a Aristea.

LICIDA
Pero ¿no puedo estar presente?

MEGACLE
No, el asunto es más delicado de lo que piensas.

LICIDA
Bien, si tú lo quieres, lo haré.
Me voy, pero bastará un gesto para que vuelva.
¡Ah, piensa, amigo, lo que dijiste y por quién!
Si alguna cosa hice por ti,
si me estás agradecido y me quieres,
muéstralo ahora.
En tu fidelidad confío mi tranquilidad y mi vida.

Escena Novena

MEGACLE
(para sí)
¡Oh, recuerdos crueles!

ARISTEA
¡Al fin estamos solos!
¡Ya puedo, sin contenerme,
dar rienda suelta a mi alegría!
¡Llamarte mi esperanza, mi deleite,
luz de mis ojos!...

MEGACLE
No, princesa,
estos dulces nombres no son para mí.
Guárdalos para otro amante
más afortunado.

ARISTEA
¿Y éste es el momento de decirme eso?

MEGACLE
Todo el secreto ahora te revelaré.
El príncipe de Creta se muere de amor por ti.
Yo debo prestarle ayuda, pues me salvó la vida.
¡Ah, princesa, si puedo negársela,
dilo tú misma!

ARISTEA
Y luchaste...

MEGACLE
Por él.

ARISTEA
Quieres abandonarme...

MEGACLE
Sí, para conservarme siempre digno de ti.

ARISTEA
Entonces debo...

MEGACLE
¡Tú debes completar mi tarea!
Sí, generosa, adorada Aristea,
secunda los actos de un corazón agradecido.
Lo que yo he sido hasta ahora,
sea Licida en el porvenir.

ARISTEA
¡Ah, qué cambio es éste!
¡De las estrellas al abismo me precipito!
¡Ah, no: buscaré una mejor recompensa!
¡Ah, sin ti la vida no es vida para mí!

MEGACLE
Bella Aristea,
no atentes tú ahora
contra mi virtud.

ARISTEA
Y vas a dejarme...

MEGACLE
Está decidido.

ARISTEA
¿Decidido?... ¿Y cuándo?

MEGACLE
Éste...

(para sí)

me siento morir...

(a Aristea)

¡Éste es el último adiós!

ARISTEA
¡El último! ¡Ingrato!...
¡Socorredme, oh dioses!
Mi pie vacila y un sudor frío me baña el rostro.
¡Una mano gélida me oprime el corazón!

(se desmaya sobre una roca)

MEGACLE
¡Miserable, qué veo!

(revolviéndose)

¡Ah, la oprime el dolor!

(volviendo)

Mi querida esperanza, bella Aristea,
no desesperes; escucha: ¡Megacle está aquí!
No se fue. Seré... ¿Qué digo? Ella no me oye.
¿Tenéis, estrellas, más desgracias para mí?
No, ésta sola me quedaba por probar.
¿Quién me aconseja, qué decido, qué hago?
¿Partir?... Sería cruel. ¿Quedarme?...
¿Con qué objeto? ¿Quizás para ser su esposo?
¿Y el rey engañado? ¿Y el amigo traicionado?
¿Mi fidelidad y honor lo soportarían?
Partiré más tarde... ¡Ah, pero volvería a estar
en esta horrible situación!
Ahora lo piadoso es ser cruel.
¡Adiós, mi vida, adiós

(le toma la mano y la besa)

mi esperanza perdida!
Que el cielo te haga más feliz que a mí.
¡Cuidad esta bella obra vuestra, dioses eternos,
y los días que yo deba perder, dádselos a ella!
Licida... ¿Dónde está ahora? ¡Licida!

(mirando al escenario)

Escena Décima

LICIDA
¿Lo escuchó todo Aristea?

MEGACLE
Todo.
¡Apresúrate, príncipe, ayuda a tu esposa!

(en actitud de salir)

LICIDA
¡Ay, qué veo!
¿Qué ha ocurrido?

(a Megacle)

MEGACLE
¡Un dolor repentino
le ha hecho perder el sentido!

(marchándose, como antes)

LICIDA
¿Y me dejas?

MEGACLE
Me voy...

(volviéndose)

¡Ah, piensa en Aristea!

(saliendo, para sí)

¿Qué dirá cuando vuelva en sí?

(se detiene)

Me imagino toda su angustia.

(A Licida)

Licida, escucha.

Si ella busca, si pregunta:
"¿Dónde está el amigo?"
"Tu amigo infeliz..."
responde... "murió."
¡Ah, no! Tan gran dolor
no le des por mí:
responde tan solo:
"Se fue llorando".
¡Qué abismo de dolor
dejar nuestro amor,
dejarlo para siempre,
dejarlo así!

(sale)

Escena Undécima

LICIDA
¿Qué laberinto es éste? No entiendo...
Aristea, medio muerta... Megacle, afligido...

ARISTEA
¡Oh, dioses!

LICIDA
Pero ya este alma recupera los sentidos.
¡Abre los bellos ojos,
princesa, bien mío!...

ARISTEA
(sin verlo)
¡Esposo infiel!

LICIDA
¡Ah, no me digas eso!
De mi constancia doy en prenda mi diestra.

(la toma por la mano)

ARISTEA
Al menos... ¡Oh, estrellas!

(al ver que no es Megacle, retira la mano)

¿Dónde está Megacle?

LICIDA
Se marchó.

ARISTEA
¿Se marchó, el ingrato?
¿Tuvo el coraje de dejarme en estas condiciones?

LICIDA
Pero se quedó tu esposo.

ARISTEA
(se levanta con ímpetu)
¡Entonces se ha perdido
la humanidad, la fe,
el amor y la piedad!
¿Qué hacen en el cielo los rayos de los dioses
si a estos malvados no pueden incinerar?

LICIDA
¡Estoy fuera de mí!
Dime, ¿en qué te he ofendido, querida?
¡Habla! ¿Quieres venganza?
¡Aquí está tu esposo, aquí está Licida!...

ARISTEA
¡Oh, dioses!... ¡Tú eres ese tal Licida!
¡Vete, huye, escóndete de mí!
Por causa tuya, pérfido,
me encuentro en esta situación.

LICIDA
¿Y qué crimen he cometido? ¡Estoy petrificado!

ARISTEA
¡Tú me has partido el corazón, bárbaro!
¡Tú me has herido!
¡Todo el dolor que siento, todo,
proviene de ti!
¡No, no esperes paz!
¡Odio tu falso corazón!
¡Siempre serás para mí
objeto de espanto!

(sale)

Escena Duodécima

LICIDA
¡"Bárbaro"!...¿A mí?... ¡Oh, dioses!
¡"Pérfido"!...¿A mí?
Quiero seguirla y entender este extraño enigma...

ARGENE
¡Detente, traidor1

LICIDA
(reconoce a Argene)
¡Sueño, o estoy despierto!

ARGENE
No sueñas, no: ¡soy yo, la abandonada Argene!
¡Alma ingrata, reconoce el rostro que fue
durante mucho tiempo tu deleite!
¡Será pura casualidad si
de sus antiguas facciones
algo le queda!

LICIDA
(para sí)
¿De dónde viene?
¡En qué momento me ha sorprendido!
Si me quedo más tiempo, no alcanzaré a Aristea...

(A Argene)

No comprendo,
bella doncella, lo que quieres.
En otra ocasión podrás explicarte mejor.

(intenta irse)

ARGENE
(reteniéndolo)
¡Hombre indigno, escucha!

LICIDA
(para sí)
¡Pobre de mí!

ARGENE
¿Tú no me entiendes?
Yo entiendo muy bien tu perfidia.
¡Del nuevo amor, de tus intrigas,
todo lo sé, y todo lo sabrá por mí Clistene
para tu vergüenza!

(intenta salir)

LICIDA
(reteniéndola)
¡Ah, no!... ¡Escúchame, Argene!
No te enfades; perdona que
no te haya reconocido.
Recuerdo nuestros antiguos amores y,
si sabes callar, quizás... ¿quién sabe?

ARGENE
¿Es posible sufrir un insulto más cruel?
¿"Quién sabe"?, me dices.
Parece que yo soy la culpable
y como prueba de tu bondad
tú eres el que me ofreces el perdón.

LICIDA
Escucha. Quería decir...

(intenta coger su mano)

ARGENE
(lo rechaza)
¡Déjame, ingrato, no te quiero escuchar!

LICIDA
(para sí)
Estoy desesperado.

Escena Decimotercera

LICIDA
En tan horrible angustia no me vi jamás.
Si habla Argene, todo está perdido.
Es necesario seguirla, tranquilizarla...
Pero ¿quién vigila en tanto a la princesa?
Sólo mi amigo podría... pero ¿dónde está?
¡Lo buscaré!
Al menos Megacle me dará
consejo y apoyo.

(intenta marcharse)

AMINTA
¡Megacle está muerto!

LICIDA
¿Qué dices, Aminta?

AMINTA
La pura verdad.

LICIDA
¿Cómo? ¿Por qué? ¿Qué impío sus días truncó?
¡Busquémosle, quiero que sirva como
ejemplo de venganza para otros!

AMINTA
Príncipe, no busques más: tú lo mataste.

LICIDA
¡Yo! ¿Deliras?

AMINTA
Quisiera el cielo que así fuera. ¡Óyeme!
Su pista iba yo siguiendo cuando,
entre aquellos árboles escuché un gemido.
Me detuve, me acerqué al sonido y... ¿qué vi?
A un hombre que estaba a punto de arrojarse
sobre la hoja desnuda de una espada.
Corrí... ¡Con una mano el pecho le sostuve y
con la otra desvié el hierro!
Pero, cuando la cara de Megacle reconocí,
¡imagina cómo se turbó, lo mismo que yo!
Después de un momento de estupor:
"Ah, ¿qué locura te hace desear la muerte?"
le dije.
Él me respondió, en medio de un suspiro,
desde lo más profundo de su corazón:
"Aminta, ya he vivido bastante. Sin Aristea
no sé vivir, ni quiero. ¡Ah, hace diez años
que no estoy con ella!
Licida, sin darse cuenta ¡oh dioses! me mata.
Pero no me ofende, pues mi vida
es un regalo suyo y ahora la recupera"

LICIDA
¡Oh, amigo!... ¿Y entonces?

AMINTA
Dicho esto, huyó de mí como una flecha.
¿Ves aquella roca, señor... allí...
que el río Alfeo domina y sombrea?
Allí subió más rápido de lo que tarda en decirse.
¡En medio del río se lanzó!... Yo grité en vano...
Las olas arremolinadas se alzaron, se abrieron
y en impetuoso giro se cerraron y lo rodearon.
Su golpe y mi grito replicaron las orillas.
Y no vi más...

LICIDA
¡Oh, qué horrible escena
se me presenta a la vista!

(se queda sin habla)

AMINTA
Al menos el cuerpo
que albergó esa bella alma
vayamos a buscar.
De sus amigos merece
ese último homenaje.

(sale)

Escena Decimocuarta

LICIDA
¿Dónde estoy?... ¿Qué me está ocurriendo?
¡Ah, parece que el cielo derramó
toda su ira sobre mi cabeza!
¡Megacle, oh dioses! ¿Megacle, dónde estás?
¿Qué haré en el mundo sin ti?
¡Devolvedme a mi amigo, injustísimos dioses!

ALCANDRO
¡Hola!

(Licida no le oye)

LICIDA
Desde el más lejano borde...

ALCANDRO
¡Hola!

LICIDA
¿Quién eres tú,
que interrumpes audazmente mis lamentos?

ALCANDRO
Soy el enviado del rey.

LICIDA
¿Qué quiere el rey?

ALCANDRO
Que hoy mismo partas
hacia un vergonzoso exilio.
Si al ponerse el sol estás aún en Hélade,
serás reo de muerte.

LICIDA
¿Para mí tal severidad?

ALCANDRO
Así aprenderás a no falsear tu nombre,
a respetar tu palabra y a no engañar al rey.

LICIDA
¡Cómo te atreves, temerario!...

ALCANDRO
No tengo nada más que decir.
Este es mi deber y lo he cumplido;
haz tú lo mismo, príncipe.

(sale)

Escena Decimoquinta

LICIDA
(desenvaina la espada)
¡Con este acero, indigno, te atravesaré!...
Pero loco, ¿qué dices?... ¿qué haces?...
¿con quién discutes?...
¡Yo soy el culpable, yo soy el maldito!
Es en estas venas donde
debo clavar la espada.
¡Sí, muere desventurado Licida!... ¡Ah!
¿Por qué tiemblas, cobarde? ¿Qué te retiene?
¡Ah, ésta es la más profunda miseria!
¿Quién vio alguna vez un alma atormentada
por tantas pasiones y tan contradictorias?
Incluso yo ignoro cómo es posible
temblar amenazando, arder y helarse,
llorar en pleno acceso de ira,
desear la muerte y no saber morir.

Gimo y tiemblo;
el día se me oscurece;
hay cien espectros en torno a mí
y mil furias en mi interior.
Con la cara sanguinolenta
Megara hace arder mi pecho
y Aleto me llena las venas
con su frío veneno.

(sale)

Acto III