ATTO
UNICO
Parte Prima.
Sinfonia
Scena Prima
(Parte amenissima di picciola e disabitata isoletta a
vista del mare, ornata distintamente dalla natura di
strane piante, di capricciose grotte e di fioriti cespugli.
Gran sasso molto innanzi dal destro lato, sul quale
si legge impressa un'iscrizione non finita in caratteri
europei. Costanza, vestita a capriccio di pelli, di fronde
e di fiori, con elsa e parte di spada logora alla mano,
in atto di terminare l'imperfetta iscrizione)
Recitativo
COSTANZA
Qual contrasto non vince l'indefesso sudor!
Duro è quel sasso,
l'istromento è mal atto, inesperta la mano;
e pur dell'opra eccomi al fin vicina.
Ah sol concedi ch'io la vegga compita,
e da sì acerba vita poi mi libera, o ciel.
Se mai la sorte
ne' dì futuri alcun trasporta a questo
incognito terreno, dirà quel marmo almeno
il mio caso funesto e memorando.
(legge l'iscrizione)
«Dal traditor Gernando Costanza abbandonata,
i giorni suoi in questo terminò lido straniero.
Amico passeggero, se una tigre non sei
o vendica o compiangi... i casi miei.»
Questo sol manca. A terminar s'attenda
dunque l'opra che avanza
(torna al lavoro)
Scena Seconda
(Silvia frettolosa ed allegra, e detta)
SILVIA
Ah germana! Ah Costanza!
COSTANZA
Che avvenne, o Silvia? Onde la gioia?
SILVIA
Io sono fuor di me di piacer.
COSTANZA
Perché?
SILVIA
La mia amabile cervetta,
in van per tanti dì pianta e cercata,
da sé stessa è tornata.
COSTANZA
E ciò ti rende lieta così?
SILVIA
Poco ti pare? È quella la mia cura,
il sai pur, la mia compagna,
la dolce amica mia. M'ama, m'intende,
mi dorme in sen, mi chiede i baci, è sempre
dal mio fianco indivisa in ogni loco:
la perdei; la ritrovo; e ti par poco?
COSTANZA
Che felice innocenza!
(torna al lavoro)
SILVIA
E ho da vederti
sempre in pianti, o germana?
COSTANZA
E come il ciglio mai rasciugar potrei?
Già sette volte e sei
l'anno si rinnovò da che lasciata
in sì barbara guisa, da' viventi divisa,
di tutto priva e senza speme, oh dio!
Di mai tornar su la paterna arena,
vivo morendo: e tu mi vuoi serena?
SILVIA
Ma per esser felici che manca a noi?
Qui siam sovrane. È questa
isoletta ridente il nostro regno;
sono i sudditi nostri
le mansuete fiere. A noi produce
la terra, il mar. Dalla stagione ardente
ci difendon le piante, i cavi sassi
dalla fredda stagion; né forza o legge
qui col nostro desio mai non contrasta.
Or di', che basterà, se ciò non basta?
COSTANZA
Ah tu del ben, che ignori,
la mancanza non senti. Atta del labbro
a far uso non eri,
o del pensiero,
quando qui si approdò;
né d'altro oggetto
che di ciò che hai presente
serbi le tracce in mente. Io, ch'era allora
quale or tu sei, paragonar ben posso,
Oh memoria molesta!
con quel ben che perdei, quel che mi resta.
SILVIA
Spesso esaltar t'intesi
le ricchezze, il saper, l'arti, i costumi,
le delizie europee; ma con tua pace
questa assai più tranquillità mi piace.
COSTANZA
Silvia, v'è gran distanza
dall'udire al veder.
SILVIA
Ma pur le belle contrade che tu vanti
d'uomini son feconde; e questi sono
la specie de' viventi
nemica a noi. Tu mille volte e mille
non mi dicesti...
COSTANZA
Ah sì, tel dissi, e mai
non te 'l dissi abbastanza. Empii, crudeli,
perfidi, ingannatori, d'ogni fiera peggiori,
che sia pietà non sanno;
non conoscon, non hanno
né amor, né fé, né umanità nel seno.
(piange)
SILVIA
E ben, da lor qui siam sicure almeno.
Ma... tu piangi di nuovo! Ah no, se m'ami,
non t'affligger così. Che far poss'io,
cara, per consolarti?
(la prende per mano)
Brami la mia cervetta? Asciuga il pianto,
e in tuo poter rimanga.
COSTANZA
Ah troppo, o Silvia mia, giusto è ch'io pianga.
(abbracciandola)
COSTANZA
Se non piange un'infelice,
da' viventi separata,
dallo sposo abbandonata,
dimmi, oh dio, chi piangerà?
Chi può dir ch'io pianga a torto,
se né men sperar mi lice
questo misero conforto d'ottener l'altrui pietà.
(parte)
(Alla replica dell'aria si vede passar di lontano a vele
gonfie una nave, dalla quale scendono sul palischermo
Gernando ed Enrico in abito indiano che sbarcan poi
sul lido)
Scena Terza
(Silvia sola)
Recitativo
SILVIA
Che ostinato dolor!
Quel pianger sempre mi fa sdegno e pietà.
Prego, consiglio,
sgrido, accarezzo, ed ogni sforzo è vano.
Ma l'enigma più strano è che, qualora
consolarla desio,
il suo pianto s'accresce, e piango anch'io.
Seguiamo almeno i passi suoi...
(nel voler partire s'avvede della nave)
Ma... quale
sorge colà sul mar mole improvvisa?
Uno scoglio non è. Cangiar di loco
un sasso non potrebbe.
E
un sì gran mostro come va sì legger!
L'acqua divisa fa dietro biancheggiar!
Quasi nel corso allo sguardo s'invola:
porta l'ali sul dorso, e nuota, e vola!
A Costanza si vada:
ella saprà se un conosciuto è questo
abitator dell'elemento infido; e almen...
(nel partire vede non veduta Gernando ed Enrico)
Misera me! Gente è sul lido.
Che fo? Chi mi soccorre?
Ah... di spavento così... son io ripiena...
che a fuggir... che a celarmi... ho forza appena.
(si nasconde fra' cespugli)
Scena Quarta
(Gernando, Enrico in abito indiano dal palischermo,
e Silvia in disparte)
ENRICO
Ma sarà poi, Gernando,
questo il terren che cerchi?
GERNANDO
Ah sì; nell'alma
dipinto
mi restò per man d'Amore,
e co' palpiti suoi l'afferma il core.
SILVIA
(Fra sè)
Potessi almen veder quei volti.
ENRICO
È molto facile errar.
GERNANDO
No, caro Enrico; è desso:
riconosco ogni sasso. Ecco lo speco
dove in placido oblio con Silvia in braccio
lasciai l'ultima volta la mia sposa, il mio ben,
l'anima mia, e mai più non la vidi.
Ecco ove fui da' pirati assalito:
qua mi trovai ferito, là mi cadde l'acciaro.
Ah caro amico, ogn'indugio è delitto;
andiam. Tu da quel lato, da questo io cercherò.
L'isola è angusta; smarrirci non possiam.
Poca speranza ho di trovar Costanza;
ma l'istesso terreno ch'è tomba a lei,
sarà mia tomba almeno.
(parte)
Scena Quinta
(Enrico, e Silvia in disparte)
SILVIA
(Fra sè)
Nulla intender poss'io.
ENRICO
Tenero in vero
è il caso di Gernando. Appena è sposo,
dée con la sua diletta
fidarsi al mar. Fra gl'inquieti flutti
languir la vede; a ristorarla in questa
spiaggia discende; ella riposa, ed egli
da barbari rapito,
tratto a contrade ignote,
in servitù vive tant'anni, e senza
notizia più del sospirato oggetto.
SILVIA
(Fra sè)
Pur si rivolse al fin. Che dolce aspetto!
ENRICO
Parla a ciascun l'umanità per lui,
l'obbligo a me. La libertà gli deggio,
primo dono del ciel. Spietato ogni altro
sarebbe; ingrato io sono
se manco a lui. D'abborrimento è degna
ogni anima spietata;
ma l'orror de' viventi è un'alma ingrata.
ENRICO
Chi nel camin d'onore
stanco sudando il piede,
per riportar mercede
d'un nobil sudor,
non
palpita, non langue,
per lui spargendo il sangue,
e cento rischi, e cento
va lieto ad affrontar.
(parte)
Scena Sesta
(Silvia sola)
Recitativo
SILVIA
Che fu mai quel ch'io vidi!
Un uom non è: gli si vedrebbe in volto
la ferocia dell'alma. Empii, crudeli
gli uomini sono, e di ragione avranno
impresso nel sembiante il cor tiranno.
Una donna né pure: avvolto in gonna
non è come noi siam. Qualunque ei sia,
è un amabile oggetto. Alla germana
a dimandarne andrò... Ma il piè ricusa
d'allontanarsi. Oh stelle!
Chi mi fa sospirar? Perché sì spesso
mi batte il cor? Sarà timor. No; lieta
non sarei, se temessi. È un altro affetto
quel non so che, che mi ricerca il petto.
SILVIA
Fra un dolce deliro
son lieta e sospiro:
quel volto mi piace,
ma pace non ho.
Di belle speranze
ho pieno il pensiero;
e pur quel ch'io spero
conoscer non so.
(parte)
Parte Seconda.
Scena Settima
(Gernando solo affannato, indi Enrico)
Recitativo
GERNANDO
Ah presaga fu l'alma di sue sventure.
In van m'affretto; in vano cerco,
chiamo, m'affanno: un'orma, un segno
dell'idol mio non trovo. Ov'è l'amico?
Forse ei più fortunato... Enrico... Enrico?
Cerchisi... Oh dio, non posso:
oh
dio, m'opprime la stanchezza e il dolor!
Là su quel sasso si respiri e si attenda...
(nell'appressarsi Gernando vede l'iscrizione)
Come! Note europee? Stelle! Il mio nome!
Chi ve l'impresse e quando?
(legge)
«Dal traditor Gernando
Costanza abbandonata, i giorni suoi
in questo terminò lido straniero...»
Io manco.
(s'appoggia al sasso)
ENRICO
Ah mi conforta!
Sai Costanza ove sia?
GERNANDO
(appoggiato al sasso)
Costanza è morta.
ENRICO
Come!
GERNANDO
Leggi.
(accennando l'iscrizione)
ENRICO
Infelice!
(legge piano le prime parole, e poi esclama.)
«I giorni suoi in questo terminò lido straniero.
Amico passeggero, se una tigre non sei
o vendica o compiangi...» Appien compita
l'opra non è.
GERNANDO
Non le bastò la vita.
(cade piangendo sul sasso)
ENRICO
Oh tragedia funesta! Ah piangi, amico;
le lagrime son giuste. Io t'accompagno,
t'accompagnano i sassi.
Unico in tanto dolor, ma gran conforto,
è che rimorsi
almen non hai.
Facesti quanto da un uom richiede
e l'amore e la fede, e la ragione e l'onestà.
Non piacque al ciel di secondarti.
Or non ti resta che piegar,
come pio, la fronte umìle
ai decreti supremi; e, come saggio,
abbandonar questa crudel contrada.
GERNANDO
Abbandonarla! E dove vuoi ch'io vada?
Ove speri ch'io possa più riposo trovar!
Questo è il soggiorno che il ciel mi destinò.
ENRICO
Ma che pretendi?
GERNANDO
Respirar, fin ch'io viva,
sempre quell'aure istesse
che il mio ben respirò; di questi oggetti
nutrire il mio tormento;
tornare ogni momento
questo sasso a baciar; viver penando;
compire il mio destino
col suo nome fra' labbri, a lei vicino.
ENRICO
Ah Gernando, ah che dici!
E la patria? e gli amici?
E il vecchio genitor?...
GERNANDO
L'ucciderei,
se in questo stato io mi
mostrassi a lui.
Va'; per me tu l'assisti:
mi fido di te.
Se del mio caso ei chiede,
raddolcisci narrando il caso mio.
ENRICO
E tu speri ch'io possa...
GERNANDO
Amico, addio.
Non turbar quand'io mi lagno,
caro amico, il mio cordoglio:
io non voglio altro compagno
che il mio barbaro dolor.
Qual conforto in questa arena
un amico a me saria?
Ah la mia nella sua pena
renderebbesi maggior!
(parte)
Scena Ottava
(Enrico solo)
Recitativo
ENRICO
Non s'irriti fra' primi
impeti il suo dolor. Merita il caso
questo riguardo; e s'ei persiste, a forza
quindi svellerlo è d'uopo. Olà. Dovrebbe
colà sul palischermo alcun de' nostri
trovarsi pure.
(escono due marinari)
ENRICO
Olà. Conviene, amici, rapir Gernando.
Ei, di dolore insano,
non vuol con noi partir.
V'è noto il sito dove colà fra' sassi
scorre limpido un rio?
Selvoso è il loco, e all'insidie opportuno.
Ivi nascosti, ch'egli passi aspettate,
e alla nave il traete. Udiste? Andate.
(partono i marinari)
Scena Nona
(Enrico innanzi dalla sinistra, Silvia indietro dal
medesimo lato, avanzandosi verso la destra senza
vederlo)
SILVIA
Dov'è Costanza? Io non la trovo.
A lei tutto narrar vorrei.
ENRICO
(la sente e si rivolge)
Che miro! Ascolta, bella ninfa.
SILVIA
Ah di nuovo tu sei qui!
(in atto di fuggire)
ENRICO
Perché fuggi? Odi un momento.
SILVIA
(dalla scena)
Che vuoi da me?
ENRICO
Solo ammirarti, e solo teco parlar.
SILVIA
Prometti di parlarmi da lungi.
ENRICO
Io lo prometto.
(Fra sè)
Che sembiante gentil!
(scostandosi)
SILVIA
(avvicinandosi, fra sè)
Che dolce aspetto!
ENRICO
Ma di tanto spavento qual cagione in me trovi?
Al fin non sono un aspide, una fiera.
Un uomo al fine
render non ti dovria così smarrita.
SILVIA
(turbandosi)
Un uom sei dunque?
ENRICO
Un uom.
SILVIA
(fugge spaventata)
Soccorso! Aita!
ENRICO
Ferma.
(la raggiunge e la trattiene)
SILVIA
(inginocchiandosi)
Pietà, mercé! Nulla io ti feci:
non essermi crudel.
ENRICO
(la solleva)
Deh sorgi, o cara:
cara, ti rassicura. Ah mi trafigge
quell'ingiusto timore.
SILVIA
(Fra sè)
Ch'io mi fidi di lui mi dice il core.
ENRICO
Di', se cortese sei come sei bella:
la povera Costanza dove,
quando restò di vita priva?
SILVIA
Costanza?
Lode al ciel, Costanza è viva.
ENRICO
Viva!
Ah Silvia gentil, ché al sito, agli anni
certo Silvia tu sei, corri a Costanza.
A Gernando io frattanto...
SILVIA
Ah dunque è teco
quel crudel, quell'ingrato?
ENRICO
Chiamalo sventurato, ma non crudele.
Ah, non tardar:
sarebbe tirannia differir le gioie estreme
di due sposi sì fidi.
SILVIA
Andiamo insieme.
ENRICO
(in atto di partire)
No; se insieme ne andiam,
bisogna all'opra tempo maggior.
Va. Qui con lei ritorna;
con lui qui tornerò.
SILVIA
Senti: e il tuo nome?
ENRICO
(come sopra)
Enrico.
SILVIA
(con affetto)
Odimi. Ah troppo non trattenerti.
ENRICO
Onde la fretta, o cara?
SILVIA
Non so. Mesta io mi trovo
subito che mi lasci; e in un momento
poi rallegrar mi sento allor che torni.
ENRICO
Ed io teco vivrei tutti i miei giorni.
(parte)
Scena Decima
(Silvia sola)
SILVIA
Che mai m'avvenne!
Ei parte e mi resta presente?
Ei parte, ed io pur sempre
col pensier lo vo seguendo?
Perché tanto affannarmi? Io non m'intendo.
Come il vapor s'ascende
in aria a poco a poco,
così l'ardente foco
s'accresce nel mio cor.
Ohimè, che fuoco orribile,
che fiera smania è questa;
tiranno Amor, t'arresta,
non tanta crudeltà.
(parte)
Scena Undicesima
(Costanza sola)
COSTANZA
Ah che in van per me pietoso
fugge il tempo e affretta il passo:
cede agli anni il tronco, il sasso;
non invecchia il mio martir.
Non è vita una tal sorte;
ma sì lunga è questa morte,
ch'io son stanca di morir.
(finita la seconda parte dell'Aria, s'abbandona a
sedere sopra un tronco
alla sinistra, e ripete
sedendo la prima parte)
Recitativo
Giacché da me lontana l'innocente germana
mi lascia in pace, al doloroso impiego
torni la man.
(torna al lavoro)
Scena Dodicesima
(Gernando e detta)
GERNANDO
(senza veder Costanza)
Giacché il pietoso amico
lungi ha rivolto il passo,
quell'adorato sasso
si torni a ribaciar.
Recitativo
GERNANDO
(la vede)
Ma... Chi è colei?
Donde venne? Che fa?
COSTANZA
Tu sudi, e forse resterà sempre ignoto,
infelice Costanza, il tuo lavoro.
GERNANDO
Costanza! Ah sposa!
(l'abbraccia: Costanza si rivolge e lo riconosce)
COSTANZA
Ah traditore! Io moro.
(sviene sopra il sasso)
GERNANDO
Mio ben!... Non ode. Oh dio!
Perdé l'uso de' sensi. Ah qualche stilla
di fresco umor... dove potrei...
Sì; scorre non lungi un rio; poc'anzi il vidi...
E deggio l'idol mio così solo abbandonar?
Ritornerò di volo.
(parte in fretta)
Scena tredicesima
(Enrico, e Costanza svenuta)
ENRICO
Ignora il caro amico le sue felicità.
Da me s'asconde; rinvenirlo non so...
ma su quel sasso una ninfa riposa!
(s'appressa e l'osserva)
Silvia non è; dunque è Costanza.
Oh come ha pien di morte il volto!
COSTANZA
(comincia a rinvenire)
Ahimè!
ENRICO
Costanza?
COSTANZA
(senza guardarlo)
Lasciami.
ENRICO
Ah del tuo sposo vivi all'amor verace.
COSTANZA
(come sopra)
Lasciami, traditor, morire in pace.
ENRICO
Io traditor! Non mi conosci.
COSTANZA
Oh stelle!
(si rivolge e lo guarda con ammirazione e spavento)
Gernando ov'è? Tu non sei più l'istesso?
Ho sognato poc'anzi, o sogno adesso?
ENRICO
Non sognasti e non sogni.
Il tuo Gernando vedesti,
a quel che ascolto: di lui l'amico or vedi.
COSTANZA
E mi ritorna innanzi?
Ei che ha potuto lasciarmi in abbandono!
ENRICO
Ah l'infelice non ti lasciò, ma fu rapito.
COSTANZA
Quando?
ENRICO
(accennando la grotta)
Quando immersa nel sonno tu colà riposavi.
COSTANZA
Chi lo rapì?
ENRICO
Di barbari pirati un assalto improvviso.
Ei si difese, ma, nella man ferito, perdé l'acciaro;
il numero l'oppresse, e restò prigionier.
COSTANZA
Ma sino ad ora...
ENRICO
Ma sino ad or non ebbe libero che il pensiero;
e a te vicino col suo pensier fu sempre.
COSTANZA
Oh dio, qual torto, mio Gernando, io ti feci!
ENRICO
Eccolo al fine sciolto da' lacci: eccolo a te.
Ritorna fido e tenero sposo
a renderti il riposo, a calmare il tuo pianto,
a viver teco ed a morirti accanto.
COSTANZA
(incamminandosi alla sinistra)
Ah mio Gernando, ah dove sei?
Scena ultima
(Silvia dalla destra e detti; indi Gernando
dal lato medesimo)
SILVIA
(accennando alla destra)
Costanza, Costanza?
Il tuo Gernando in van cerchi colà.
Per te poc'anzi quinci al fonte affrettossi,
ed assalito ritornar non poté.
COSTANZA
Stelle! Assalito?
Da chi? Perché?
ENRICO
Perdona;
il fallo è mio. Perch'ei ti tenne estinta
e qui restar volea, rapirlo a forza
a' nostri imposi.
COSTANZA
(vuol partire)
Andiamo a toglierlo d'impaccio.
SILVIA
Aspetta: io tutto già lor spiegai.
COSTANZA
Che aspetti ancor? Tant'anni
non attesi abbastanza? È tempo, è tempo
che di mia sorte amara
io trovi il fine.
(rivolgendosi per partire si trova fra le braccia
di Gernando)
GERNANDO
In queste braccia, o cara.
COSTANZA
Ed è vero?
GERNANDO
E non sogno?
COSTANZA
Gernando è meco?
GERNANDO
Ho la mia sposa accanto?
ENRICO
Quegli amplessi, quel pianto,
quegli accenti interrotti mi fanno intenerir.
SILVIA
(va ad Enrico)
Che pensi, Enrico?
Di te Gernando è più gentile. Osserva
com'ei parla a Costanza:
e tu nulla mi dici.
ENRICO
Eccomi pronto, se pur caro io ti sono,
a dir ciò che tu vuoi.
SILVIA
(tenera e lieta molto)
Se mi sei caro?
Più della mia cervetta.
ENRICO
E ben, mi porgi dunque la man:
sarai mia sposa.
SILVIA
Io sposa?
Oh questo no! Sarei ben folle.
In qualche isola resterei
a passar solitaria i giorni miei.
COSTANZA
No, Silvia, il mio Gernando non mi lasciò:
tutto saprai. Non sono gli uomini,
come io dissi, inumani ed infidi.
SILVIA
Quando Enrico conobbi, io me ne avvidi.
COSTANZA
A torto gli accusai. Dell'error mio
or mi disdico.
SILVIA
(porgendo la mano ad Enrico)
E mi disdico anch'io.
Quartetto
COSTANZA
Sono contenta appieno,
appresso al caro bene
mi scordo le mie pene,
mi scordo il sospirar.
GERNANDO
Che più sperar poss'io
or che il mio ben trovai,
accanto a suoi bei rai
io resto a giubilar.
SILVIA
Se del mio core i moti,
caro, vedessi oh dio,
vedesti, idolo mio,
quanto ti sappia amar.
ENRICO
Prendi d'amore in pegno,
cara, la man di sposo;
più fido ed amoroso
di me non puoi trovar.
COSTANZA, GERNANDO
Di due cori innamorati
serba Amore i lacci amati.
SILVIA, ENRICO
Ne' soffrir ch'entri lo sdegno
il tuo regno a disturbar.
GERNANDO
Cari affanni...
COSTANZA
Dolci pene...
GERNANDO
Ah Costanza!...
COSTANZA
Caro bene!
ENRICO
Silvia cara!
SILVIA
Oh, quai contento.
ENRICO
Cara sposa.
SILVIA
Oh, bel momento.
TUTTI
Oh giorno fortunato,
oh giorno di contento!
Andiamo le vele al vento,
andiamo a giubilar.
|
ACTO
ÚNICO
Parte Primera.
Sinfonía
Escena Primera
(Un ameno lugar en una pequeña y desabitada
isla con vista al mar, dotada por la naturaleza
de extrañas plantas, caprichosas grutas y floridos
arbustos. Una gran piedra a la derecha de
la escena sobre la que se lee una inscripción
inconclusa en idioma italiano. Constanza, vestida
de pieles, hojas y flores, empuña una espada rota,
en actitud de estar terminando la inscripción)
Recitativo
CONSTANZA
¡Qué dificultad no vence el incansable esfuerzo!
Dura es esta piedra, la herramienta es inadecuada,
inexperta es la mano;
y sin embargo, la obra está casi acabada.
¡Ah, permite, oh cielo, que yo la vea terminada,
y luego libérame de tan amarga vida!
Si el destino en el futuro hace llegar a alguien
hasta esta tierra desconocida,
este mármol le dirá al menos
cuál fue mi caso funesto y memorable.
(lee la inscripción)
"Por el traidor Gernando abandonada,
Constanza, sus días acabó en esta playa
extranjera. Amigo pasajero, si un tigre no eres,
venga o compadécete de mi caso"
Muy poco es lo que falta.
Dediquémonos a terminar la obra…
(vuelve a su labor)
Escena Segunda
(Llega Silvia, apresurada y alegre)
SILVIA
¡Ah, hermana! ¡Ah, Constanza!
CONSTANZA
¿Qué ocurre, Silvia? ¿Por qué tanta alegría?
SILVIA
¡De tanto placer no quepo en mí misma!
CONSTANZA
¿Por qué?
SILVIA
Mi querida cervatilla, a quien en vano
muchos días he extrañado y buscado,
por sí misma ha vuelto.
CONSTANZA
¿Y eso te hace tan feliz?
SILVIA
¿Te parece poco? Es ella quien me importa,
lo sabes bien, es mi compañera y mi dulce amiga.
Ella me quiere, me entiende,
duerme en mi regazo, me pide que la bese,
y siempre está a mi lado dondequiera que voy.
La perdí y la encontré; ¿te parece poco?
CONSTANZA
¡Qué feliz inocencia!
(vuelve a su labor)
SILVIA
Hermana,
¿acaso debo estar siempre llorando?
CONSTANZA
¿Y como podría secar mis lágrimas?
Ya siete años pasaron
desde que en tan salvaje mundo
fuimos abandonadas a una vida privadas de todo
y sin esperanza alguna... ¡Ay dios!
Vivo muriendo por no poder retornar a mi casa.
¿Y quieres que esté calmada?
SILVIA
Pero ¿qué nos falta para ser felices?
Aquí somos soberanas.
Esta alegre islita es nuestro reino.
Son nuestros súbditos, las mansas fieras.
Para nosotras produce la tierra y el mar.
De la estación cálida nos protegen las plantas,
y las cuevas de las rocas de la temporada fría.
No hay fuerza ni ley aquí que se opongan jamás
a nuestros deseos.
Ahora dime, ¿no alcanza eso, eso no basta?
CONSTANZA
¡Ah, tú del bien, que desconoces,
no sientes la falta!
No sabías todavía hablar,
ni tenías uso de razón,
cuando llegamos aquí.
En tu mente no hay otra cosa
que lo que aquí has conocido hasta ahora.
Yo era entonces como eres tú ahora,
y bien puedo comparar, ¡oh, memoria molesta!
aquellos bienes que perdí,
con estos que me quedan.
SILVIA
A menudo te he oído exaltar las riquezas,
el saber, el arte, las costumbres,
y los placeres europeos...
Pero con su paz, este lugar me gusta más.
CONSTANZA
Silvia, hay una gran diferencia
entre lo que se oye y lo que se ve.
SILVIA
Y sin embargo las hermosas regiones que añoras
están llenas de hombres,
y ellos son seres vivientes
a los que consideras enemigos nuestros.
Mil veces me lo dijiste y mil más lo repetiste.
CONSTANZA
¡Ay sí, eso dije,
y nunca te lo repetiré lo suficiente!
¡Impíos, crueles, pérfidos, engañadores,
peores que las fieras, no conocen la piedad;
no la conocen, no tiene ni amor, ni fe,
ni humanidad en su seno!
(llora)
SILVIA
Por lo menos aquí, estamos a salvo de ellos.
Pero... ¡lloras de nuevo!
¡Ay no, si me quieres, no te amargues así!
¿Qué puedo hacer, querida, para consolarte?
(la toma de la mano)
¿Deseas mi cervatilla?
Seca tu llanto, y confía en ti misma.
CONSTANZA
¡Ay, tengo razones, oh Silvia, para llorar!
(abrazándola)
CONSTANZA
¿Si no llora una infeliz,
separada de los vivos,
abandonada por su esposo,
entonces dime, oh dios, quién debe llorar?
Quien puede decir que lloro injustamente,
si ni esperar me es permitido
el pobre consuelo de lograr la piedad de otros.
(se marcha)
(Mientras se repite el aria, se ve pasar a lo lejos
las velas desplegadas de un barco, del que bajan
en un bote, Gernando y Enrique que poco después
desembarcan en la playa vestidos como indianos)
Escena Tercera
(Silvia sola)
Recitativo
SILVIA
¡Qué obstinado dolor!
Ese llanto siempre me causa desdén y piedad.
Ruego, aconsejo, regaño, acaricio,
y todo esfuerzo es en vano.
Pero el enigma más extraño es que,
cuando deseo consolarla,
su llanto se acrecienta... ¡y yo también lloro!
Sigamos al menos sus pasos...
(al querer marcharse ve el barco)
Pero... ¿qué aparece allá, sobre el mar,
en forma tan repentina?
Un risco no es...
Una piedra no podría cambiar de lugar.
¿Y un monstruo tan grande?... ¡Qué rápido va!
¡El agua dividida detrás de él se vuelve blanca!
Casi desaparece de la vista:
¡tiene alas sobre la espalda, y nada, y vuela!
A Constanza iré a contarle,
ella sabrá si esa cosa es algo peligroso.
Si al menos...
(al partir, ve sin ser vista a Gernando y Enrique)
¡Pobre de mí! ¡Hay gente en la playa!
¿Qué hacer? ¿Quién me socorrerá?
¡Ah!... estoy tan asustada... que para huir...
para esconderme... apenas tengo fuerzas.
(se esconde tras unas matas)
Escena Cuarta
(Gernando y Enrique vestidos como indianos
bajan del bote)
ENRIQUE
¿Pero será éste, Gernando,
el lugar que buscas?
GERNANDO
¡Ah sí; en el alma grabado me quedó
por obra del amor, y con su palpitar
me lo confirma el corazón!
SILVIA
(Para sí)
Si pudiera al menos verles la cara.
ENRIQUE
Es muy fácil equivocarse.
GERNANDO
¡No, querido Enrique; es éste el lugar!
Reconozco cada piedra. He aquí la caverna
donde en plácido olvido y con Silvia en sus brazos
dejé la última vez a mi esposa, mi bien, mi alma...
¡y que jamás volví a ver!
Y ahí fue donde me atacaron los piratas...
Acá fui herido, allá se me cayó la espada...
Querido amigo toda demora es un delito, ¡vamos!
Tú por aquel lado, y yo por éste otro buscaré.
La isla es estrecha; no podemos perdernos.
Poca esperanza tengo de encontrar a Constanza;
pero si este suelo es su tumba,
será también la mía.
(parte)
Escena Quinta
(Enrique, Silvia escondida)
SILVIA
(Para sí)
No entiendo nada.
ENRIQUE
Conmovedor es realmente
el caso de Gernando. Apenas desposado,
tuvo que lanzarse al mar con su amada.
Entre las agitadas olas la vio languidecer;
y para confortarla, en esta playa desembarcó.
Mientras ella descansaba, él fue secuestrado
por unos bárbaros piratas que se lo llevaron
como esclavo a tierras extrañas.
Durante todos estos años no ha tenido
noticias de su amada esposa.
SILVIA
(Para sí)
Al fin se da vuelta... ¡Qué hermoso aspecto tiene!
ENRIQUE
A todos les habla la humanidad por él,
y a mí la obligación, pues le debo la libertad
como gran regalo del cielo.
Despiadado e ingrato sería yo, si no le ayudo.
Es digna de aborrecimiento un alma despiadada;
pero es aún es peor
un alma ingrata.
ENRIQUE
¿Quién en el camino del honor
cansado y sudoroso,
por obtener la recompensa
de un noble esfuerzo,
no palpita, no languidece,
esparciendo su sangre
y afrontando cien riesgos,
y cien más con placer?
(parte)
Escena Sexta
(Silvia sola.)
Recitativo
SILVIA
¡Qué fue lo que vi!... Un hombre no es,
pues en el rostro debería reflejarse su feroz alma.
Impíos y crueles son los hombres, y con razón
tendría impreso en el semblante el corazón tirano.
Una mujer tampoco es, pues no va vestido
como nosotras lo estamos.
Cualquier cosa que sea, es un objeto amable.
¡Iré a preguntarle a mi hermana!...
Pero mis pies rehúsan a alejarse de aquí.
¡Ah dioses! ¿Qué me hace suspirar?
¿Por qué tan rápido palpita mi corazón?
¿Será temor? No; encantada no estaría, si temiera.
Es otro afecto distinto que no sé que es
y que invade mi pecho.
SILVIA
Envuelta en un dulce delirio
me siento feliz y suspiro.
Ese rostro me agrada,
pero paz no tengo.
De bellas esperanzas
tengo lleno el pensamiento;
e incluso aquello que espero,
no logro entender.
(parte)
Parte Segunda
Escena Séptima
(Gernando sólo y afanoso, luego Enrique)
Recitativo
GERNANDO
¡Ah, ya presentía mi alma sus desdichas!
En vano me apresuro, en vano busco, llamo...
¡Una huella, una señal de mi ídolo no encuentro!
¿Dónde está mi amigo?
¿Quizás tuvo más suerte?... ¡Enrique! ¡Enrique!
Seguiré buscando... ¡Oh Dios, no puedo!
¡Oh Dios, me oprime el cansancio y el dolor!
Allá, sobre esa piedra, descansaré un poco...
(al acercarse, la inscripción hecha por su esposa)
¡Qué! ¿Escritura italiana? ¡Cielos! ¡Mi nombre!
¿Quién lo escribió y cuándo?
(lee)
"Abandonada por el traidor Gernando,
Constanza su días acabó
en esta playa extranjera"...
Me muero.
(se apoya en la piedra. Llega Enrique)
ENRIQUE
¡Al fin te encuentro!
¿Has encontrado a Constanza?
GERNANDO
(apoyado en la piedra)
Constanza ha muerto...
ENRIQUE
¡Cómo!
GERNANDO
Lee.
(señala la inscripción)
ENRIQUE
¡Desdichado!
(lee las primeras palabra)
"Sus días en ésta paya extranjera.
Amigo pasajero, si un tigre no eres
véngame o compadécete de..."
La inscripción no está totalmente terminada.
GERNANDO
No le alcanzó la vida.
(cae llorando sobre la piedra)
ENRIQUE
¡Ay, tragedia funesta! ¡Ay, llora, amigo!
Las lágrimas son justas. Yo te acompaño
y hasta las rocas te compadecen.
Lo único bueno entre tanto dolor,
es el gran consuelo de que al menos
no tienes remordimiento.
Hiciste cuanto de un hombre exige
el amor, la fe, la razón y la honestidad.
No quiso al cielo ayudarte.
Ahora, no te queda más que inclinar,
piadosamente, tu humilde frente
ante los designios divinos; y, como un sabio,
abandonar estos crueles parajes.
GERNANDO
¡Abandonarlos! ¿Y adónde quieres vaya?
¡Dónde esperas que pueda encontrar descanso!
Éste es el sitio que el cielo me ha destinado.
ENRIQUE
Pero ¿qué pretendes?
GERNANDO
Respirar, mientras viva,
el mismo aire
que mi bien amada respiró.
En estos parajes alimentar mi tormento;
besar a cada instante esta piedra;
vivir penando; cumplir con mi destino
con su nombre en mis labios,
y estar cerca de ella.
ENRIQUE
¡Ay, Gernando, ay! ¿Qué dices?
¿Y la patria? ¿Y los amigos?
¿Y tu anciano padre?...
GERNANDO
Lo mataría,
si en este estado me presentara ante él.
Ve; asístelo por mí,
confío en ti.
Si por mí pregunta, sutilmente consuélalo
contándole lo que me pasó.
ENRIQUE
¿Y tú esperas que yo pueda?...
GERNANDO
¡Amigo, adiós!
No me perturbes cuando me lamento,
querido amigo, de mi pesar.
No quiero otra compañía
que mi cruel dolor.
¿Qué alivio en esta playa
sería un amigo para mí?
¡Ah, mi pena junto a la suya,
se haría aún mayor!
(sale)
Escena Octava
(Enrique solo)
Recitativo
ENRIQUE
Que no se deje llevar por el arrebato de la pena.
Merece su situación especial respeto,
pero si él persiste en quedarse,
será necesario llevarlo por la fuerza.
¡Hey! Ya deben de estar en el bote
alguno de nuestros hombres.
(vienen dos marineros)
ENRIQUE
¡Ea, amigos, conviene atrapar a Gernando!
Acosado por un dolor insano,
no quiere volver con nosotros.
¿Conocéis el sitio donde, allá, entre las piedras,
corre límpido un arroyo?
El lugar es selvático y apropiado para una trampa.
Allí escondidos, esperad a que él cruce.
¡Atrapadlo y llevadlo al barco! ¿Comprendéis?...
(los marineros sale)
Escena Novena
(Enrique, delante a la izquierda; Silvia atrás del
mismo lado, avanzando hacia la derecha sin
verlo)
SILVIA
¿Dónde estará Constanza? No la encuentro.
A ella todo le quiero contar.
ENRIQUE
(al oírla se da vuelta)
¡Qué veo! ¡Escucha, hermosa ninfa!
SILVIA
¡Ah, de nuevo estás tú aquí!
(intenta huir)
ENRIQUE
¿Por qué huyes? ¡Oye un momento!
SILVIA
(a cierta distancia)
¿Qué quieres de mí?
ENRIQUE
Sólo admirarte, sólo hablar contigo.
SILVIA
Prometes hablarme desde lejos.
ENRIQUE
Lo prometo.
(Para sí)
¡Qué semblante tan gentil!
(se aleja de ella)
SILVIA
(acercándose, para sí)
¡Qué dulce aspecto!
ENRIQUE
Pero ¿por qué te asustas de mí?
Al fin y al cabo no soy un áspid, ni una feria.
En definitiva un hombre
no debería espantarte de este modo.
SILVIA
(sobresaltada)
Entonces ¿eres un hombre?
ENRIQUE
Un hombre.
SILVIA
(huye asustada)
¡Socorro! ¡Auxilio!
ENRIQUE
¡Detente!
(corre tras ella y la alcanza)
SILVIA
(arrodillándose)
¡Piedad, merced! ¡No te hice nada!
¡No seas cruel conmigo!
ENRIQUE
(la levanta)
Vamos levántate, querida.
Querida, estás a salvo.
¡Ah, me preocupa ese temor injusto!
SILVIA
(Para sí)
El corazón me dice que me fíe de él.
ENRIQUE
Dime, si eres tan cortés como bella:
la pobre Constanza
¿dónde, y cuándo murió?
SILVIA
¿Constanza?
¡Alabado sea el cielo, Constanza vive!
ENRIQUE
¡Vive!
Entonces... por el lugar y por tus años ¡eres Silvia!
¡Corre y busca a Constanza!
Yo, mientras tanto, a Gernando...
SILVIA
¡Ah! Entonces
¿ese cruel, ese ingrato, está contigo?
ENRIQUE
Llámalo desdichado, pero no cruel.
No te demores,
sería una tiranía demorar la felicidad
de dos esposos tan fieles.
SILVIA
¡Vamos juntos!
ENRIQUE
(en actitud de partir)
No; si vamos juntos,
demoraremos más tiempo.
Ve y vuelve aquí con ella,
que yo con él aquí regresaré.
SILVIA
¿Y tu nombre?
ENRIQUE
(como antes)
Enrique.
SILVIA
(con afecto)
Óyeme... ¡Ah, no te demores demasiado!
ENRIQUE
¿Por qué tanta prisa, querida?
SILVIA
No sé. Triste me pongo si me dejas;
y en un instante me vuelvo a alegrar
cuando regresas.
ENRIQUE
¡Y yo contigo viviría todos mis días!
(parte)
Escena Décima
(Silvia sola)
SILVIA
¿Qué me ocurrió?
¿Él se ha marchado pero permanece presente?
¿Él desaparece y yo, sin embargo,
con el pensamiento lo sigo?
¿Por qué me aflijo tanto? No entiendo.
Como el vapor asciende
en el aire poco a poco,
así un ardiente fuego
se acrecienta en mi corazón.
¡Ay de mí!
¡Qué fuego horrible, qué feroz delirio es éste?
¡Amor tirano, detente,
no seas tan cruel!
(sale)
Escena Decimoprimera
(Constanza sola)
CONSTANZA
¡Ay, en vano por mí,
piadoso huye el tiempo y acelera su paso!
Cede con los años el árbol y la piedra,
pero no envejece mi martirio.
No es vida una suerte como ésta;
pero tan larga es esta muerte,
que estoy cansada de morir.
(acabada la segunda parte del aria, se sienta
abandonada sobre un tronco a la izquierda de
la escena, y repite sentada la primera parte)
Recitativo
Puesto que mi inocente hermana
me deja en paz,
retomaré el doloroso trabajo.
(vuelve al trabajo)
Escena Duodécima
(Gernando y la antedicha)
GERNANDO
(sin ver a Constanza)
Puesto que el piadoso amigo
lejos ha dirigido sus pasos,
aquella adorada roca
volveré a besar.
Recitativo
GERNANDO
(ve a Constanza)
Pero... ¿quién es aquella?
¿De donde vino? ¿Qué hace?
CONSTANZA
Te esfuerzas, y quizás siempre quedará ignorado,
desdichada Constanza, tu trabajo.
GERNANDO
¡Constanza! ¡Ah, esposa mía!
(la abraza. Constanza da vuelta y lo reconoce)
CONSTANZA
¡Ah, traidor! ¡Muero!
(se desmaya sobre la piedra)
GERNANDO
¡Mi bien!... ¿No me oyes?... ¡Oh, Dios!
Perdió el sentido.
Ah unas gotas de agua fresca... ¿Dónde podría?...
Sí; no lejos de aquí corre un río; hace poco lo vi...
¿Deberé a mi ídolo abandonar?
¡Volveré enseguida!
(parte de prisa)
Escena Decimotercera
(Enrique y Constanza desmayada)
ENRIQUE
Mi querido amigo ignora su felicidad.
Pareciera que de mí se esconde...
Pero... ¡sobre aquella piedra una ninfa descansa!
(se acerca y la observa)
Silvia no es; entonces es Constanza.
¡Tan pálida... como si estuviera muerta!
CONSTANZA
(empieza a volver en sí)
¡Ay de mí!
ENRIQUE
¿Constanza?
CONSTANZA
(sin mirarlo)
¡Déjame!
ENRIQUE
¡Ah, vives en verdad por el amor de tu esposo!
CONSTANZA
(como antes)
¡Déjame morir en paz, traidor!
ENRIQUE
¿Yo traidor? Pero si no me conoces.
CONSTANZA
¡Ay, cielos!
(se da vuelta y lo mira con admiración y temor)
¿Gernando dónde está? ¡Tú no eres!
¿He soñado hace un rato, o sueño ahora?
ENRIQUE
No soñaste y no sueñas.
A tu Gernando viste,
y a quien ahora escuchas es a un amigo suyo.
CONSTANZA
¿Y tiene la desfachatez de venir a por mí?
¿Cómo ha pudo abandonarme?
ENRIQUE
¡El infeliz no te dejó, sino que fue secuestrado!
CONSTANZA
¿Cuándo?
ENRIQUE
(señalando la gruta)
Cuando inmersa en el sueño tú allá descansabas.
CONSTANZA
¿Quién lo secuestró?
ENRIQUE
Bárbaros piratas en un asalto sorpresivo.
Él se defendió pero, herido en la mano,
perdió la espada y cayó prisionero.
CONSTANZA
Pero ¿y hasta ahora?...
ENRIQUE
Pero él no dejó de pensar en ti;
y siempre estuvo junto a ti con su pensamiento.
CONSTANZA
¡Oh dios, qué error, Gernando, he cometido!
ENRIQUE
¡Aquí está al fin liberado! ¡Aquí está junto a ti!
Regresa el fiel y tierno esposo
para devolverte la paz, para calmar tu llanto,
para vivir contigo y morir a tu lado.
CONSTANZA
(encaminándose a la izquierda)
¡Ah, mi Gernando! ¿Dónde estás?
Escena Última
(Silvia sale por la derecha y los antedichos;
luego Gernando del mismo lado)
SILVIA
(señalando a la derecha)
¡Constanza! ¡Constanza!
En vano buscas a tu Gernando por allí.
Presuroso fue a buscar agua para ti al manantial,
y allí fue asaltado.
CONSTANZA
¡Cielos! ¿Asaltado?
¿Por quién? ¿Por qué?
ENRIQUE
Perdona, fue un error mío.
Él, creyéndote muerta,
quería quedarse aquí a toda costa,
yo ordené a mis hombres que lo raptaran.
CONSTANZA
(quiere salir corriendo)
¡Vamos a rescatarlo!
SILVIA
¡Espera, yo ya les expliqué todo!
CONSTANZA
¿A Qué esperamos?
¿No he esperado bastantes años?
Ya es hora, es hora de que mi amarga suerte
llegue a su fin.
(al avanzar para partir se encuentra entre los
brazos de Gernando)
GERNANDO
¡En estos brazos, oh querida!
CONSTANZA
¿Es cierto?
GERNANDO
¿Y no sueño?
CONSTANZA
¿Gernando está conmigo?
GERNANDO
¿Estoy junto a mi esposa?
ENRIQUE
Esos abrazos, ese llanto,
esas palabras entrecortadas, me hacen enternecer.
SILVIA
(acercándose a Enrique)
¿En qué piensas, Enrique?
Gernando es más gentil que tú.
Observa como le habla a Constanza,
y tú nada me dices.
ENRIQUE
Aquí estoy listo, si tú me quieres,
para decirte lo que quieras oír.
SILVIA
(muy tiernamente y encantada)
¿Si te quiero?
Más que a mi cervatilla.
ENRIQUE
Y bien, dame entonces tu mano:
¡serás mi esposa!
SILVIA
¿Yo tu esposa?
¡Ay, eso si que no! Debería estar totalmente loca.
Pues de ser así, en alguna isla debería quedarme
a pasar solitarios mis días.
CONSTANZA
No, Silvia, mi Gernando no me dejó.
Todo lo sabrás. No son los hombres,
como yo dije, inhumanos e infieles.
SILVIA
En cuanto a Enrique conocí, me enteré de todo.
CONSTANZA
Por error lo acusé.
Y de mi error ahora me retracto.
SILVIA
(entregando la mano a Enrique)
Y yo también me retracto.
Cuarteto
CONSTANZA
Soy completamente feliz.
Junto a mi amado,
olvido mis penas,
olvido mis angustias.
GERNANDO
¿Qué más puedo esperar?
Ahora que encontré a mi amada,
junto a sus hermosos ojos
soy completamente dichoso.
SILVIA
Si de mi corazón los latidos,
querido, oyeras, ¡ay, dios!
verías, ídolo mío,
cuánto te sabré amar.
ENRIQUE
Toma como prenda de mi amor,
querida, mi mano de esposo.
Más fiel y enamorado que yo
otro no lo podrás encontrar.
CONSTANZA, GERNANDO
Que de estos dos corazones enamorados
conserve el Amor los dulces lazos.
SILVIA, ENRIQUE
¡Y que en su reino no entre nunca
el desdén a perturbar!
GERNANDO
Ni grandes afanes...
CONSTANZA
Ni dulces penas...
GERNANDO
¡Ah, Constanza!...
CONSTANZA
¡Querido mío!
ENRIQUE
¡Silvia querida!
SILVIA
¡Ah, qué felicidad!
ENRIQUE
¡Querida esposa!
SILVIA
¡Qué hermoso momento!
TODOS
¡Qué día dichoso,
que día de felicidad!
¡Vayamos con las velas al viento,
vayamos disfrutar!
Digitalizado y Traducido por:
José Luis Roviaro 2010
|