HÉRCULES EN EL TERMODONTE
Personajes
HÉRCULES
|
Héroe Griego
|
Tenor
|
La acción se desarrolla en el país de las amazonas, en la orilla oriental del Mar Negro, en época mitológica.
ATTO I Scena Prima (Folta selva in riva al Termodonte. Antiope. Martesia e schiera d'Amazzoni cacciatrici) ANTIOPE Itene, o mie compagni ite, e di fere spopolate la selva; In cor guerriero fan languire il valor l'ozio e la pace; or che, mercè d'Orizia, il nostro impero dane guerre straniere respira alquanto, e addormentato giace all'ombra degli ulivi il nostro Marte, nell'ozio e nel riposo non si perda dell'armi e l'uso e l'arte. Dea di Delo, che nel Cielo sai tra l'ombre balenar, tu ammaestra la mia destra qui le belve a saettar. Dunque che più si tarda? Diasi l'usato segno, sciolgansi i veltri, ogni sentier più fosco si penetri del bosco. ANTIOPE, MARTESIA Sereno il cielo, d'ogni stelo l'erba indora, e già con Flora. Zefiro amante scherzando va: già dalle fronde, già dall'onde, l'augelletto, il ruscelletto di nobil preda speme a noi dà. MARTESIA Antiope, genitrice. io dovrò dunque tra domestiche mura far sempre vita neghittosa e oscura? Né mai verrà quel giorno che di spade guerriere al chiaro lampo a pugnar contro l'Uomo io vada in campo? ANTIOPE Troppo tenero ancora per vestirti l'usbergo è quel tuo petto, troppo grave è l'elmetto per la tua fronte, o figlia, e la tua destra per brandir l'asta e per ruotar la spada non è quanto conviensi ancor maestra. MARTESIA Son dunque più feroci gl'Uomini delle fere a nostri danni? ANTIOPE Per domar i tiranni del nostro sesso è d'uopo d'altre forze e d'altr'armi. MARTESIA Orribil forse più d'orso, o di cignal l'Uomo ha l'aspetto? ANTIOPE Anziché orror, diletto reca agli sguardi; ma nel crudo seno egli nasconde poi, odio contro di noi, rabbia e veleno. MARTESIA Dimmi: rugge, mugisce, latra, freme, nitrisce questa fera rabbiosa insieme e bella? ANTIOPE Anzi al pari di noi ride e favella. MARTESIA Che portentosa fera! E da qual mostro nasce questo tiranno, e nemico crudel del sesso nostro? ANTIOPE Troppo brami sapere, ancor non hai mente capace a intender ciò; ma un giorno, Martesia, lo saprai. MARTESIA Nel petto mio di veder questa fera con la curiosità cresce il desio. ANTIOPE Con aspetto lusinghiero l'Uom minaccia allora che ride. Quando scherza è allor più fiero; quando alletta allora uccide. (parte) MARTESIA Mostro di tal natura, che vago alletta e che allettando uccide, se incontro mai, da sue lusinghe infide, or che note mi sono, saprò schermirmi, e in parte io deluder saprò l'arte con l'arte. Certo pensier ch'ho in petto, e un aura che volando parte, ritorna, e va. E quell'istesso oggetto, che ha da fuggir bramando, tema e piacer mi dà. Scena Seconda (Spiaggia Delle Amazzoni. Al suono di Trombe si accostano al lido alquante navi; sbarca no molti soldati greci al fine. Alceste, Teseo, Ercole, poi Telamone, e poi Ippolita) ERCOLE Amici, eccoci ornai su quel barbaro lido ave la Donna, ad onta delle leggi di natura, le ragioni dell'Uomo usurpa e fura. Qui sol nasce alla vita il debol sesso, e qui legge inumana ordina che ogni madre parricida, appena nati, i maschi parti uccida: più che per ubbidire agli alti cenni del regnante Euristeo venni, amico Teseo, affin di spegner queste, queste al sesso viril femmine infeste. TESEO Ad Euristeo basta aver per trofeo l'arme d'Antiope. ERCOLE A Ercole non basta; io voglio un campo esangue di femmine mirar. TESEO Io per l'imbelle sesso, amico, te'l confesso, sento gentil pietà nascermi al core. ALCESTE Sovente e la pietà madre d'amore. TESEO Amor non é viltade in cor guerriero. ERCOLE Non e viltade, e vero, ma remora ben spesso e del valore. TELAMONE (entrando) Signor, per quarto intesi da fido esplorator per queste selve Antiope la regina scorre in traccia di belve; di cacciatrici Amazzoni una schiera la siegue armata sol d'arco, e di strali. ERCOLE Telamon, pria che il di giunga alla sera spero l'armi fatali rapire alla superba: Amici, intanto circondate la selva, e a me lasciate di disarmar colei l'impresa e il vanto. Vedrà l'empia, vedrà, che qual soglio domar suo orgoglio e abbatter sull'erba ogn'alma superba col braccio mio forte. Caderà, se non cede quell'armi; se vuol contrastarmi vedrà con orrore, che indarno al valore si oppone la sorte. (partono tranme Teseo) Scena Terza (Selva Delle Amazzoni. Ippolita arriva perseguita per un orso) IPPOLITA Compagne, Aita, aita! TESEO Che miro, o ciel Da fiero orribil orso nobil donna assalita, indarno si schernisce; al suo soccorso Mi sprona il genio, e la pietà mi porta IPPOLITA Che dio mi difenderà? TESEO Bella, respira ormai, la belva è morta IPPOLITA (Fra sè) Un uomo in mia difesa. TESEO (Fra sè) Ahi, che bel volto! IPPOLITA (Fra sè) Debi, Ippolita, la vita ad un tuo nemico? TESEO (Fra sè) E pur m’ha tolto Ogni vigor quel ciglio, e vinto io sono. IPPOLITA (Fra sè) E come posso, o dio, odiare il donatore e amare il dono? TESEO (Fra sè) Ah no, che non posso’io togliere la vita a chi pur resi il giorno! IPPOLITA Straniero, e quale mia sorte e quale la tua sventura, qui intorno dove è pena la morte a ciascun del tuo sesso? Ancor non sai, che qui regnan l'Amazzoni? TESEO Pur troppo, bella nemica, il tuo rigor provai. IPPOLITA Come? TESEO Un sguardo appena verso di me volgesti. che mi apristi nel sen piaga mortale. IPPOLITA Se a te dunque funesti sono i miei sguardi, or che sarìa il mio strale! TESEO No, no, troppo gradite sono al cor le ferite ch'escon dagl'occhi tuoi. IPPOLITA Dimmi chi sei. TESEO Del regnante di Atene figlio, Teseo, son io. IPPOLITA A queste infauste arene che ti condusse mai? TESEO Nobil desio d'onor, di gloria. IPPOLITA E quale? TESEO Un commando reale del monarca Euristeo da noi richiede l'armi d'Antiope. IPPOLITA (Fra sè) O Ciel che intendo? (A Teseo) E crede sì facile l'impresa? TESEO Ove d'Alcide pugna la destra, ogni difesa è vana. IPPOLITA Di tal vanto si ride Antiope, a rne germana. TESEO Tu d'Antiope sorella? (Fra sè) Che senti, acceso cor? La fiamma ond'ardi, perché mai non s'estingua, è troppo bella. IPPOLITA (Fra sè) O Dio! sì dolci sguardi vibra costei, ch'io già mi sento al core nascere un certo affetto che non so se d'amore o pur di gratitudine sia figlio: ma convien del periglio avvertir la regina. (A Teseo) Addio, Teseo. TESEO Così mi lasci? IPPOLITA Ascrivi a .tuo trofeo che Ippolita salvasti. TESEO E tu, crudele, piagasti per mercé poscia il cor mio: Ippolita... IPPOLITA, TESEO (Fra sè) Che pena! (forte) Addio. IPPOLITA Un certo non so che mi punge e passa il cor, e pur dolor non è. Se questo è forse amor, già del suo dolce ardor mio sen esca si fe'. (parte) TESEO Da sì nobile sfera scese l'ardor che questo petto infiamma, che per più bella fiamma arder non posso. Occhio che il sol rimira, se altrove il guardo gira, non scorge altro che orror e del suo folle error s'affanna e duole. Tal, s'io mi volgo intorno, torbido e oscuro il giorno l'assembra a' mesti rai doppoi ch'io rimirai il mio bel sole. Scena Quarta (Cancello Del Palazzo Delle Amazzoni. Gabinetto reale vicino all'armeria) ANTIOPE La mia cara germana corre incontro al periglio ed io, codarda e vile, lascio la selva e fuggo in queste mura, quasi timida damma entro all'ovile! La cacciatrice schiera tosto all'esempio mio... IPPOLITA Germana, o dei! Martesia è prigioniera! ANTIOPE Ippolita, che narri? Ah, figlia! IPPOLITA Ascolta. Già scoperto il nemico di cacciatrici femmine lo stuolo, seguiva l'orme tue con piè veloce per ricoverarsi in Temiscira a volo, quando fuor della selva, ave sul ponte varcasi il Termodonte, fermò Martesia il piè sol per desio di rimirar qual volto, da lei non più veduto, ha il viril sesso: tanto compiacque in esso gli sguardi suoi, tanto fermassi e tanto s'avanzar l'altre, che alla fìn, sorpresa sola e senza difesa, di quella schiera ostil che ci seguiva, preda innocente, ella restò cattiva. ANTIOPE E vivo? E neghittosa qui mi trattengo, e al campo anch'io non volo? Triforme dea, se del nemico stuolo cade nelle mie forze alcun che sia di nobil sangue, ti prometto e giuro svenarlo di mia mano ai tuo gran nume e alla vendetta mia Scena Quinta (Confine Del Bosco Sacro. Campagna con ponte magnifico sul Termodonte. Veduta delle navi greche in lontananza, che poi si bruciano. Alceste, Martesia, Telamone, poi Ercole con soldati) ALCESTE Martesia è mia. TELAMONE Io l'arrestai primiero. ALCESTE Ma teco usò difese. TELAMONE Vana difesa e frale. ALCESTE A me cedè lo strale e a me si rese. TELAMONE Pur alfìn sarà mia. ALCESTE No, se la vita non mi togli prìa. MARTESIA Barbari: e tanta sete del mio sangue v'accende, che tra voi si contende di crudeltà? ALCESTE Non è, non è la brama del sangue tuo, sol del tuo bel sembiante l'alto possesso a duellar ci chiama. TELAMONE Crudeltà non temer da un core amante. MARTESIA Voi mi amate? ALCESTE Io t'adoro, bella Martesia. TELAMONE Ed io per te mi muoro. MARTESIA Che intendo? Ohimè! Son morta. ALCESTE E di che temi'? TELAMONE Ti spaventa l'amore? MARTESIA Eh, l'arti infide mi son note dell'Uomo; allor minaccia quando lusinga, e quando alletta uccide. ALCESTE Da chi l'udisti mai? TELAMONE Chi ciò ti dice? MARTESIA Della mia genitrice oggi pur io l'intesi, e so che l'Uomo è il nemico più fier del nostro sesso. ALCESTE Egli nutre per voi quell'odio istesso, che serba il capro all'agna, e il colombo amoroso alla candida sua dolce compagna. MARTESIA Fiera di tal natura non mi darìa terror, se dentro al seno non covasse maligna ira e veleno. ALCESTE Bella semplicità! TELAMONE Semplicetta beltà! MARTESIA Misera! Indietro. ALCESTE Che temi? TELAMONE Che paventi? MARTESIA I vostr'istessi favor tem'io. ALCESTE Perché? MARTESIA Perché con essi morte recate a noi. TELAMONE Alceste, in lei pongasi ogni ragion del nostro sdegno. ALCESTE Sì, Martesia, decidi chi di noi sia dell'amor tuo più degno. MARTESIA Più degno del mio amor? TELAMONE Sì, bella. MARTESIA O dei! Dite, dell'odio mio. ALCESTE Ancor di quello pronunzia la sentenza. MARTESIA Dirò, che te non voglio, e te detesto. TELAMONE Decida dunque il brando la nostra lite. ALCESTE Ecco ch'io già lo stringo. TELAMONE Ed io pronto, l'impugno. ERCOLE (entrando) Già, fermate. qual discordia civile rivolge, o prenci, a vostri danni il ferro a sparger destinato il sangue ostile? ALCESTE Pretende Telamone ragion sovra costei che fu mia preda. TELAMONE Anzi fu mia conquista. ERCOLE E chi non vede, se per me combattete, che son conquiste mie le vostre prede? ALCESTE A te cederla è gloria. TELAMONE Ed io mi pregio fartene un dono. ERCOLE Andate soldati, e alle mie tende la gentil prigioniera ora guidate. MARTESIA Signor, se ti dispiace, che per me questi sian venuti all'armi, pria di partir saprò ridurli in pace. ERCOLE Io vi consento: Alceste, Telamone, Ercole non pretende sulle vostre conquiste aver ragione, ma se amor per costei l'alma vi accende serva amor alla gloria: io la riserbo al più degno di voi; più bella impresa a chi di voi farà per premio e per mercede oggi sia resa. (parte) ALCESTE Premio del mio valore Oggi, bella, sarai. MARTESIA Anch'io lo spero. TELAMONE Dell'ardor mio la tua beltà mercede alfin sarà. MARTESIA Cosi l'alma lo crede. (I soldati portano a Martesia) TELAMONE Lascia di sospirar cessa di lacrimar; l'alma non teme, se fia premio al valor il bene amato. Gode del suo martir, e l'accresce l'ardir sì bella speme, ch'alla battaglia il cor fa più animato. (parte) ALCESTE Per si bella speranza Che non saprò tentar? Con alma forte sulla punta de' strali correrò lieto ad incontrar la morte. Sento con qual diletto mi dice un mio pensier, che speri di goder, che sia contento. Già 'l mio soave affetto discaccia ogni timor, e dolce rende al cor ogni tormento. Scena Sesta (Spiaggia Delle Amazzoni. Ercole, poi Teseo con quantità di soldati.; intanto si veggono ardere sul Termodonte le navi de' Greci) ERCOLE E qual astro maligno, invido di mia gloria, con la fuga d'Antiope alla mia destra involò la vittoria, o sommi dei? TESEO Ercole, ohimè! ERCOLE Teseo, di qual funesto avviso nunzio ne vieni? TESEO Ah, volgi indietro i lumi e d'incendio improvviso arder rimira già le nostre navi. ERCOLE All'armi: soldati, arse le navi, a noi si toglie ogni speme al ritorno, e qui conviene con generoso ardire o restar vincitori oppur morire. (Scena di ballo simulando combattimento tra greci ed amazzoni) ATTO II Scena Prima (Cortile Del Palazzo Delle Amazzoni Ippolita, poi Antiope) IPPOLITA Onde chiare che sussurrate, ruscelletti che mormorate, consolate il mio desio; dite almeno all'idol mio la mia pena e la mia brama. "Ama," risponde il rio, "Ama," la tortorella, "Ama," la rondinella. Vieni, vieni, o mio diletto, ch'il mio core tutto affetto già t'aspetta e già ti chiama. Quanto per me fatale fu la pietà di chi mi tolse al morso del fiero orribil orso: ah fosse almen presente, come al pensiero, anche agli sguardi miei! ANTIOPE (entrando) Germana: il Ciel, gli dei secondar le nostri armi. IPPOLITA Alla causa più giusta arrise il Ciel. ANTIOPE Ma la rapita prole io pur sospiro, e nel comun contento sola Antiope si duole. IPPOLITA Spera, chi sa? ANTIOPE Pur ora intesi esser tra i greci schiavi uno che al volto e alle belle armi molto sembra tra lor distinto. IPPOLITA (Fra sè) Ah fosse almeno l'idolo del mio cor. ANTIOPE E il destinai a placar il furor che ascondo in seno. IPPOLITA Si, ricomprar con esso vuoi la figlia diletta. ANTIOPE Anzi giurai svenarlo, vittima a Cinzia e alla mia vendetta. IPPOLITA Pensa al periglio a cui la figlia esponi. ANTIOPE A' greci ignoto è per anche il mio voto. Men vò; tra i prigionieri poi sceglierò chi più convien che fia vittima al mio furore. IPPOLITA (Fra sè) Non fate, o numi, che scelga mai chi adora l'alma mia. ANTIOPE Bel piacer ch'è la vendetta quando alletta un nobil core, se l'offesa con offesa giunger puote a vendicar. Di giust'ira un'alma accesa il suo vindice furore con ragione solo aspetta l'empio sangue dissetar. IPPOLITA Palpita per timore il core amante che riveder vorria l'amato bene, ma nol vorria veder fra le catene. Da due venti un mal' turbato sembra il misero mio seno: il veleno del timore, e la speme dell'amor. Ma sospirando vado cercando quel che più teme il cor che geme di due tiranni sotto gl'affanni speme e timor. Scena Seconda (Tempio Di Diana. Piazza avanti il regio palazzo. Antiope, Ippolita, Teseo ed altri schiavi e guardie) ANTIOPE Olà: doppie ritorte stringano il prigioniero. IPPOLITA Olà: togliete a quel piede gentile ogni laccio servil. ANTIOPE Traggasi a morte. IPPOLITA Rendasi in libertà. ANTIOPE Con quale orgoglio Ippolita s'oppone al cenno mio? IPPOLITA Con quello di regina. ANTIOPE Io sol dal soglio le leggi detto. IPPOLITA E qui commando anch'io. TESEO (Fra sè) O destino! In due cori gareggiano per me gl'odi e gl'amori. IPPOLITA Cieca, tu non rifletti di Martesia al periglio? ANTIOPE Di natura il consiglio luogo non ha ne' voti fatti al cielo. IPPOLITA A sì barbaro zelo io m'opporrò. ANTIOPE Vedrem chi avrà più forza. IPPOLITA Ugual teco mi diero la sorte e il natal possanza e impero. ANTIOPE Pur che appaghi un giusto sdegno la vendetta ancor mi piace, che tormenta e dà dolor. E alla mia fortuna ria offro lieta e vita e regno per dar pace al mio furor. (parte) IPPOLITA Prence, tu prigioniero? TESEO Bella, mi vedi trofeo d'Amor più che di Marte; io diedi il piede volontario alle ritorte sol per dar vita al core, ch'era, lungi da te, vicino a morte. IPPOLITA E quali arti infelici, prence, son mai le tue? Per conservare un cor perderne due? TESEO Perché? IPPOLITA Dunque non sai che Antiope irata giurò svenarti, vittima al suo sdegno? TESEO Sarà men disperata almen la morte mia quand'io sia degno di spirar, bella mia, sugl'occhi tuoi. IPPOLITA Ingrato: e creder puoi, ch'io possa mai soffrire di vederti morire e non morire? TESEO No, vivi, e in te conserva di me la miglior parte; un tuo sospiro, una lacrima sola ch'esca dal petto tuo, da' tuoi bei lumi, tutto l'orrore alla mia morte invola. IPPOLITA No, no: vanne, Teseo, e a miglior sorte serba la vita tua, e in un la mia; ritorna in libertà. TESEO Che tirannia! È l'istesso che dir: "vanne a morire." IPPOLITA Crudel: dunque ricusi dalla mia man di libertade il dono? TESEO Ah, questo è un don che dà morte al cor mio, s'accettar nol poss'io, chieggio, o cara, perdono. IPPOLITA Che risolvi? TESEO Disponga, Amor, di me come gl’aggrada e piace; so che lungi da te l'amante core né viver sa, né sa trovar mai pace: ma tu, perché non m'ami? Vuoi, col falso pretesto di darmi libertà, che da te lungi porti le meste piante? IPPOLITA Non t'amo? TESEO No; che mai l'oggetto amato da sé non può bandire un core amante. IPPOLITA Sì, bel volto, che ti adoro, sì begl'occhi, per voi moro, né giammai vi lascierò. Credi a me, mio ben, per te il mio core è tutto amore e morir ancor saprò. Scena Terza (Spiaggia Delle Amazzoni. Padiglioni del esercito greco in veduta della città. Martesia, Alceste e soldati, e poi Telamone e guardie) ALCESTE Bella, di Sparta il trono è spregievol così che il tuo rifiuto meriti, allor ch'io tel presento in dono? MARTESIA Ma per farmi reina tu vuoi che a te mi renda schiava e il core cambi col tuo? ALCESTE Tu non l'intendi; Amore con invisibil mano fa questo cambio. Io degl'affetti tuoi divengo unico oggetto, e tu de' miei. MARTESIA Dunque allora non potrei amar'altri, che te? ALCESTE Sì d'Imeneo dispongono le leggi. MARTESIA E neppur lice amar la genitrice? ALCESTE La Madre amar si dee, ma questo affetto, non men che amor, si può chiamar rispetto: quel che unisce al consorte è un altro forte laccio, che tien gl’animi avvinti insino a morte. MARTESIA Se così fosse, io l'alma men ritrosa già sentirei di divenir tua sposa. ALCESTE Dunque mia tu sarai? MARTESIA Chi sa? Il mio core non vi ripugna. ALCESTE Io ti ringrazio, Amore, giacché sperar mi fai; bella non ingannar la mia speranza, ch'io spero si, mà temo, né so ancora se pari alla beltade hai la costanza. Io sembro appunto quell'augelletto ch'al fin scampò da quella rete, che ritrovò ascosa trà le fronde. Ché, se ben sciolto, solo soletto volando va; pur timido non sa dove rivolga il piè, sì del passato rischio ei si confonde. (parte) TELAMONE (entrando) Ad onta della sorte, che tanto arride al mio rivale, io spero, Martesia, alfi n di stringerti consorte. MARTESIA E Telamone ancora mi vuol sua sposa? E come, o Ciel, poss'io per render paghe ancor le brame tue, divider il mio cor e darlo a due? TELAMONE Chi altri mai lo pretende? MARTESIA Alceste, e se il mio core a lui dar voglio, mi fa regina in Sparta. TELAMONE Non ha pregio minor d'Itaca il soglio: tu meco regnerai lieta e felice. MARTESIA Ma se amare non lice allora altri che un solo, e come, o dei, due consorti in un tempo amar dovrei? TELAMONE Se a me t'unisce amore esser non puoi d'Alceste. MARTESIA E perché mai? TELAMONE Perché sono d'Imeneo queste le leggi: or tu di me o di lui, qual più ti piace, in tuo consorte eleggi. MARTESIA Qual più mi piace? TELAMONE Sì. MARTESIA Siete ambedue di grado e merto uguale, ma se non lice a me prenderne due, Alceste nel piacer mi a te prevale. Ei nel volto ha un non so che, che m'alletta e mi piace più di te. Mi diletta se lo miro, ma sospiro, né so dir come o perché. Scena Quarta (Tempio Di Diana. Tempio rotondo dedicato à Diana con simulacro della dea nel mezzo: tripode col fuoco, e lumiere ad uso di lampadari. Teseo condotto dall'Amazzoni sacerdotesse, e ministre del tempio, le quali portano urne, projumiere, bende, coltelli, bipenni e bacili, con sopravi una corona d'isopo e un'altra di cipresso Poi viene Antiope con le sue guardie, e poi lppolita) TESEO Almen foste presenti negli'ultimi momenti a dirmi addio cagion del morir mio, pupille care. ANTIOPE Alla suora del sole giurai svenar di propria mano un Greco nobil di sangue tanto che adegui in parte almeno quel che versai dal sen regio mio pianto. TESEO Antiope, il sangue mio adegua il pianto tuo; per queste vene del regnante d'Atene scorre il sangue real: Teseo san io. ANTIOPE Che intendo? O sorte! lo sceglier non potea vittima del mio duol più degna e accetta di Cinto alla gran dea, e all'ardente desio di mia vendetta. Or tu d'Apollo casta germana, al cui freddo splendore delle belle auree stelle il raggio langue gradisci l'olocausto il di cui sangue che or sparge il zelo mio più che il mio sdegno, pace renda al mio core e al mio regno. (Entra, Ippolita con spada nuda, con molte guerriere, all'arrivo delle quali fuggono le guardie d'Antiope. ) HIPPOLITA Il fiero colpo arresta, cruda germana, o che sei morta. TESEO O dei! Cosi opportuno in mio soccorso giunge il bel idolo mio? ANTIOPE Da te cosi tradita, fiera, ingiusta sorella, ora son io? IPPOLITA No, che non sei da me tradita; in questo prence io salvo Martesia, che prigioniera resta esposta de Greci al fiero sdegno; s'ella si perde, ah!, che si perde il regno. TESEO (Fra sè) O ingrata liberta, che mi divide dalla mia bella! ANTIOPE Che sento, ohimè, che fa? Qual mi divide gran contrasto d'affetti il cor nel seno? o voto! o vendetta! o Cinzia! o giuramento! o figlia, o mal da me ricordata! Mal da me vendicata! Col vendicarti, ah! ch'io t'uccido e spargo il tuo col sangue altrui! O figlia! O figlia, ahi perché qui non sei! Io ti sento, io ti veggio, che mi chiedi pietà, ma sento ancora le voci degli dei; o dei troppo temuti e troppo avversi! Figlia, dei, che far deggio? Teseo, libero sei! (partono tranne Teseo) TESEO O libertà crudele! A qual funesto esiglio condanni il core amante; sol per allontanarmi dal mio bene tu mi sciogli le piante. O care mie catene! Deh, perché mi togliete i vostri nodi! I vostri nodi che tenean ristretto il piede sol, ma fean godere al ciglio vicini i rai dell'adorato oggetto. Scorre il fiume mormorando, urta in sassi e frange l'onda: ma, baciando la sua sponda, tutto lieto al mar sen va. Il mio cor godea penando, e correa lieto al periglio ché il veder quel vago ciglio val per vita e libertà. Scena Quinta (Parte del bosco sacro. Sobborghi di Temiscira rovinati da' Greci, con machine belliche. Ercole e Teseo) ERCOLE In libertà Teseo? Sogno? ave sono? TESEO Non sogni, no, libero io sono. Signor, di Temiscira quando tra poco espugnerai le mura, almen con la pietà tempera l'ira. ERCOLE Pietà mi chiedi? E per chi mai? TESEO Per quella a cui debbo la vita. ERCOLE La vita? E come! TESEO Avea, per la rapita figlia, Antiope giurato alla triforme dea di propria mano svenar un nobil Greco, sul collo mi pendea di già la scure, allor che fece Amore d'Ippolita nel seno nascer pietade; ella sen corse al tempio, e opportuna con l'armi trattenne il colpo e impedì lo scempio. ERCOLE Quest'atto generoso ad Ippolita Alcide amico render può, nonché pietoso; anzi ad Antiope istessa piu nemico non son, s'ella mi cede quell'armi che Euristeo per me le chiede. Non sia della vittoria giammai che oscuri il vanto ombra di crudeltà. Di vincere, la gloria mi basta e mia sarà. Scena Sesta (Tempio Di Diana. Atrio regio vicino al giardino con simulacro di Diana. Telamone con soldati e Ippolita, poi Teseo, poi Alceste e Martesia) TELAMONE Renditi, o che sei morta. IPPOLITA A caro prezzo, fin che armata ho la mano, spero vender la vita. TELAMONE Tu la difendi invano. TESEO (entrando) Telamon, ferma il brando, e a te piaccia cedermi, o bella, il tuo, ch'io ti assicuro d'ogni servile oltraggio. IPPOLITA A te, signor, io cedo, e a tuoi lacci consegno il piè, se m'hai già stretto il cuore. TELAMONE Mentre tu la disarmi, tua prigioniera sia; ch'io volgo altrove con questi miei seguaci i passi e l'armi. (parte) TESEO Ippolita, ecco il ferro che mi cedesti, al fianco tuo lo rendo: per salvarti lo presi, ma se in ciò pur t'offesi, umil perdono or ti chiedo. IPPOLITA Signor, tua serva sono. TESEO Il cor per sua regina t'elesse già, per tale anche d'Atene ti sta aspettando il trono. IPPOLITA No, mio caro Teseo, tua servo sono, e di tua serva il titolo mi basta per compensar la perdita d'un regno. Ti seguirò fedele ave tu vada, l'armi ti recherò nella battaglia, e da nemici strali riparo ti farò col petto ignudo; sarò qual più vorrai: scudier o scudo. TESEO Ippolita, non più; con tali accenti troppo tu mi tormenti. Forse pensi cosi provar s'io t'ami? Ah, piuttosto per prova della mia vera fede dimmi che far degg' io, da me che brami. IPPOLITA Se pur qualche mercede merita l'amor mio, solo ti prega per Antiope mia suora, a pro di lei il tuo favor, deh, con Alcide impiega. TESEO Va pur di ciò sicura: ma vanne intanto, e a lui già vincitore, ch'Antiope ceda l'armi tu procura. IPPOLITA Amato ben, tu sei la mia speranza e'l mio piacer. E quella speme che già s'avanza sento che l'alma chiama a goder. Scena Settima (Parte Del Bosco Sacro. Atrio regio vicino al giardino con simulacro di Diana. Alceste, e Martesia con guardie) ALCESTE Bella, rasciuga il pianto; misera quanto credi, ancor non sei: Ercole è generoso io sono amante. e giusti sono i dei. MARTESIA Ah, se è ver, che tu m'ami, ama ancor chi è di mè la miglior parte; fa che viva la madre, se pur brami, che non pera la figlia. ALCESTE Ogni tirnor discaccia amai dal seno; vanne, e partite voi; più custodita non sia, ché libertà le rendo a pieno. Vanne alla genitrice, dille, che l'armi ad Euristeo non sdegni per Alcide mandar, ma viva e regni. Duetto ALCESTE Spera bell'idol mio, spera e confida in me; teco morir so anch'io, non viver senza te. MARTESIA Spero, perché il desio mi fa sperar mercè: ma non so ancor, ben mio, se l'Uomo serba fè. Scena Ottava (Tempio Di Diana. Reggia, che corrisponde al tempio, dove si vede comparire sopra il suo globo lunare Diana. Antiope sola, poi Martesia, poi gl'altri) ANTIOPE Regio mio brando illustre e rea cagione di tutti i danni miei, giacché degg'io toglierti al fianco mio, ceder ti vuò per zelo e per pietade, ma non già per timore o per viltade. Casto nume di Cinto, dea tutelar del regno, questo acciaro fatal, questo mio cinto a te consacro, e al braccio tuo consegno. (Appende la cintura e le spada ad un braccio della statua.) E tu, fato crudel, che mi togliesti la figlia, la vendetta, il regno e l'armi, la vita vuoi lasciarmi non già per tua pietà, ma per mia pena, perché in servii catena, strascinata colà sul greco lito, dall'attiche donzelle illustre spoglia io sia mostrata a dito: ma t'inganni; infelice tanto non è chi può morir, mi resta anch'in man questo ferro, or nel mio petto l'immergo, e a tuo dispetto morir voglio regina, qual son io; figlia, io moro, e col cor ti dico - addio. (Si vuoi ferire collo stile. ) MARTESIA (entrando) Ah! Genitrice, il fiero colpo arresta. ANTIOPE Martesia, figlia, o Ciel! Sogno, o son desta? Pur ti riveggo, pur t'abbraccio, e pria di chiuder gl'occhi miei per sempre al giorno ti stringo al petto. Or quel che più gli piace faccia di me il destino, io chiudo i lumi in pace. MARTESIA Fermati. ANTIOPE No, lascia che m'apra il petto, onde l'alma dolente, se il Ciel la prende a scherno, corra a cercar pietà nel cieco Averno. Scenderò, volerò, griderò sulle sponde di Stige, di Lete risvegliando furori e vendette di Megera e d'Aletto nel cor. Rio destin, del mio sangue la sete sazia pur, che già Dite m'aspetta nuova furia del suo cieco orror. (parte, seguita da Martesia) (Entrano Ippolita, Ercole, ecc) IPPOLITA Invitto Alcide, al cui valor congiunto va' de regni il destino, il cui sol nome i tiranni spaventa, già trionfasti; il nostro braccio col braccio tuo più non contrasta, tu mostra a noi che il trionfar ti basta. ERCOLE Ippolita, il tuo amore, la tua pietà, per cui anche rispira il mio caro Teseo, vince il mio sdegno: per te salvo il tuo regno e Temiscira; tutto vi rendo, e l'armi più non chiedo; valor non chiamo il disprezzar i dei; non vuò tra i vanti miei l'aver tolto di mano a un nume il regio brando e l'aureo cinto. IPPOLITA Alcide, or sì trionfi, or sì ch'hai vinto: eccoti il cinto e'l brando, io te lo dono; or non temo che i dei possano avere a sdegno, se il dono a te, che un altro nume sei. ERCOLE Io lo ricevo, e d'amicizia e pace va che sia tra la Grecia e'l regno vostro nodo fermo e tenace: ma che vedo! Che prodigio è mai questo? IPPOLITA Cinzia, la nostra dea, pria del costume sorge piena di lume. ANTIOPE (entrando con Martesia) Ah se fosse ella offesa dal voto inosservato, d'ira accesa a noi si mostraria; amici, i vostri prieghi faccian che a perdonare ancor si pieghi. ERCOLE, ANTIOPE Di Latona illustre prole, figlia a Giove e suora al sole, splendi or tu propizia a noi. CORO Placa omai, placa lo sdegno, ché dar pace a questo regno, bella dea, sola tu puoi. (Qui comparisce Diana su'l globo lunare, e dice ad Antiope ) DIANA Antiope; troppo arditi i voti umani, che son figli dell'ira, e non del zelo. o rende vani, o non gradisce il Cielo: che sian d'Alcide l'armi tue; che resti Ippolita a Teseo, Martesia a Alceste d'Imeneo fortunato in dolci nodi oggi è voler del Fato. ERCOLE Prenci, regine, udiste quali siano del Ciel gl'alti decreti? ANTIOPE Io la mia fronte inchina al valer del destino. TESEO ad IPPOLITA ALCESTE a MARTESIA Il mio destino sta sol ne' tuoi bei lumi. IPPOLITA, MARTESlA Io fò mia voglia del valer de' numi. ERCOLE D'Ippolita la destra stringi, o Teseo; Martesia, ora ad Alceste porgi la bella man: sono di queste nozze si liete e care al vostro core pronubi Cinzia e Giove, il Fato, e Amore. CORO Cinzia e Giove, Amore e Fato s'han formato sì bel nodo e sì giocondo, dall'algente all'arsa riva canti il viva e goda il mondo. |
ACTO I Escena Primera (Denso bosque en la ribera del Termodonte. Antíope, Martesia y un grupo de amazonas) ANTÍOPE ¡Id, compañeras! Id y despoblad de fieras la selva, que en el corazón guerrero, hacen languidecer el valor, el ocio y la paz. Ahora, que gracias a mi hermana Orizia, nuestro reino está libre de la presión de los ejércitos extranjeros, y Marte duerme a la sombra de los olivos, que en el ocio y en el descanso no se pierda el arte y el uso de las armas. Diosa de Delos, que en el cielo sabes relampaguear entre las sombras, adiestra mi mano para asaetear a las fieras. ¿A qué tanto retraso? Dad la señal de costumbre: ¡soltad los galgos y penetremos en los más densos senderos del bosque! ANTÍOPE, MARTESIA Sereno está el cielo, las estrellas doran las hierbas y ya con Flora. su amante céfiro jugueteando va. Ya los bosques, ya las aguas, los pajarillos y el riachuelo, nos presagian excelentes presas. MARTESIA Antíope, madre, ¿deberé entre las paredes de esta casa llevar una vida aburrida y oscura? ¿Nunca llegará ese día en que con el fragor de las espadas guerreras, luche junto a los hombres contra los enemigos? ANTÍOPE Demasiado tierno es tu pecho aún como para vestir coraza ¡oh, hija! Demasiado pesado es el yelmo para tu frente; y tu mano, para blandir la lanza y o empuñar la espada no está aún suficientemente diestra. MARTESIA ¿Son, entonces, para nosotras más feroces los hombres que las fieras? ANTÍOPE Para domar a los tiranos del sexo opuesto hacen falta otras fuerzas y otras armas. MARTESIA ¿Acaso el hombre tiene un aspecto más feroz que el oso, o el jabalí? ANTÍOPE Más que horror, ofrece deleite a la mirada, pero en su cruel seno esconde odio, rabia y veneno contra nosotras. MARTESIA Dime: ruge, muge, ladra, brama, relincha, esa fiera rabiosa, ¿y al mismo tiempo es hermosa? ANTÍOPE Al igual que nosotras, ríe y habla. MARTESIA ¡Qué fiera tan portentosa! ¿Y de que monstruo nace ese tirano y cruel enemigo de nuestro sexo? ANTÍOPE Demasiado deseas saber, aún no tienes la mente capaz de entender eso; pero un día, Martesia, lo sabrás. MARTESIA En mi pecho, con la curiosidad crece el deseo de ver a esa fiera. ANTÍOPE Con su aspecto lisonjero el hombre amenaza mientras ríe. Cuando bromea, es aún más fiero, y cuando más atrae... mata. (sale) MARTESIA Monstruo de tal naturaleza, que con la belleza atrae y que atrayendo mata, si lo encuentro, de sus peligrosas lisonjas, ahora que las conozco, sabré protegerme, y engañar sabré sus artes con las mías. Cierto pensamiento que hay en mi pecho y un aura que, volando, parte, regresa, y va. Y ese mismo objeto del que estoy deseando huir, temor y placer me da. Escena Segunda (Playa de las amazonas. Al sonido de trompetas se acercan a la ribera algunos barcos; de los que desembarcan soldados griegos, Alcestes, Teseo, Hércules, luego Telamón, y después Hipólita) HÉRCULES Amigos, aquí estamos sobre estas bárbaras playas donde la mujer, para deshonra de las leyes de la naturaleza, usurpa y arrebata los derechos del hombre. Aquí sólo nace a la vida el sexo débil, pues una ley inhumana ordena que cada madre parricida, apenas nacido, mate a los varones. Más que para obedecer a las altos designios del rey Euristeo vengo, amigo Teseo, a fin de exterminar éstas, estas hembras hostiles al sexo masculino. TESEO A Euristeo le basta con poseer como trofeo las armas de Antíope. HÉRCULES ¡Eso para Hércules no es suficiente! Quiero ver el campo libre de mujeres. TESEO Amigo, yo, por el bello sexo, lo confieso, siento nacer en mi corazón una gentil piedad. ALCESTES A menudo es la piedad la madre del amor. TESEO El amor no es vileza en el corazón del guerrero. HÉRCULES No es vileza, es verdad, pero a menudo es impedimento del valor. TELAMÓN (entrando) Señor, destacado en e bosque, como fiel explorador, he podido oír que Antíope, la reina amazona, corre tras las fieras. El ejército de amazonas la sigue armado sólo de arcos y flechas. HÉRCULES Telamón, antes de que llegue la noche, espero poder arrebatarle sus armas fatales a esa soberbia mujer. ¡Amigos, mientras tanto, circundad el bosque, y dejadme a mí el honor de desarmarla. Verá la impía, verá, cómo sabré domar su orgullo y abatir sobre la hierba, con mi fuerte brazo, su alma soberbia. Caerá, si no me cede sus armas. Si quiere enfrentarse a mí, verá con horror que la suerte es inútil frente al valor. (salen todos los griegos) Escena Tercera (Bosque de las amazonas. Hipólita llega perseguida por un oso) HIPÓLITA ¡Compañeras, ayuda, ayuda! TESEO ¡Qué veo, oh cielos! Una noble mujer, perseguida por un terrible oso, trata en vano de defenderse... ¡A ayudarla me impulsa la piedad y mi honor! HIPÓLITA ¿Qué dios me defenderá? TESEO ¡Bella, ya puedes respirar, la fiera está muerta! HIPÓLITA (Para sí) ¡Un hombre en mi defensa! TESEO (Para sí) ¡Qué hermoso rostro! HIPÓLITA (Para sí) ¿Debes, Hipólita, la vida a un enemigo? TESEO (Para sí) Su mirada me ha quitado todo el vigor... (Para sí) Estoy derrotado. HIPÓLITA (Para sí) ¿Cómo podría, oh dioses, odiar al donante y amar el regalo? TESEO (Para sí) ¡Ah, no podría quitarle la vida a quien acabo de dársela! HIPÓLITA Extranjero ¿cuál ha sido mi suerte y cual tu desventura, para venir a este lugar donde la muerte es el castigo para todos los de tu sexo? ¿Todavía no sabes, que aquí reinan las amazonas? TESEO En vano, bella enemiga, muestras tu rigor. HIPÓLITA ¿Como? TESEO Con la mirada que has vuelto hacia mí me has abierto en el pecho una herida mortal. HIPÓLITA Si tan funestas te resultan mis miradas, ¡cómo serán mis flechas! TESEO Tampoco son agradables para mi corazón, las heridas que provocan tus ojos. HIPÓLITA Dime ¿quién eres? TESEO Soy Teseo, el hijo del rey de Atenas. HIPÓLITA ¿Qué te condujo a estas infaustas playas? TESEO Un noble deseo de honor y gloria. HIPÓLITA ¿Y cuál? TESEO Una orden real del monarca Euristeo nos ha impuesto obtener las armas de Antíope. HIPÓLITA (Para sí) ¡Oh, cielos¡ ¿Qué oigo? (A Teseo) ¿Y crees tan fácil la empresa? TESEO Donde Alcides (Hércules) combate, toda defensa es vana. HIPÓLITA De tal jactancia se ríe Antíope, mi hermana. TESEO ¿Tú eres la hermana de Antíope? (Para sí) ¿Qué estás oyendo, ardiente corazón? ¡Que nunca se extinga tu llama por ella, es demasiado hermosa! HIPÓLITA (Para sí) ¡Oh, dioses! Lanza tan dulces miradas, que siento nacer en mi corazón un cierto afecto que no sé si es producto del amor o de la gratitud. Mas conviene advertir a la reina del peligro que corre. (A Teseo) ¡Adiós, Teseo! TESEO ¿Así me dejas? HIPÓLITA Añade a tus méritos, que salvaste a Hipólita. TESEO Y tú, cruel, como muestra de gratitud que has herido mi corazón... ¡Hipólita!... HIPÓLITA, TESEO... (Para sí) ¡Qué dolor! (en voz alta) ¡Adiós! HIPÓLITA Una cierta emoción desconocida impactó en mi corazón y me pesa, sin ser dolor. Si esto es quizás amor, su dulce ardor ha llegado a lo profundo de mi pecho. (parte) TESEO De tan noble entidad llegó el ardor que este pecho inflama, que por una llama más hermosa arder no puede. El ojo que contempla el sol, si vuelve a otro lado su mirada, no divisa otra cosa que oscuridad, y se lamenta con dolor de su loco error. Así, si ahora miro a mi alrededor, neblinoso y oscuro se presenta el día a mis tristes ojos, después de haber contemplado tan bello sol. Escena Cuarta (Portal del palacio de las amazonas. Sala real cerca de la armería) ANTÍOPE ¿Mi querida hermana corre al encuentro del peligro y yo, cobarde y vil, abandono el bosque y me refugio entre estos muros, como una tímida gacela en el redil!? El ejército de cazadoras ha seguido mi ejemplo... HIPÓLITA ¡Hermana, oh dioses, Martesia fue apresada! ANTÍOPE ¿Hipólita, qué dices? ¡Ay, mi hija! HIPÓLITA Escucha. Después de ser descubierto por enemigo, el ejército de mujeres cazadoras, dirigía sus pasos velozmente para refugiarse en Temiscira; cuando fuera del bosque, donde un puente cruza el Termodonte, Martesia detuvo su marcha por el deseo de volver a ver aquel rostro, pues ella nunca había visto a un hombre. Tanto le complació mirarlo, que mucho se detuvo, mientras las demás seguíamos la marcha y al final, sorprendida e indefensa, por aquél ejército hostil que nos perseguía fue hecha prisionera. ANTÍOPE ¿Y aún vivo? ¿Aún permanezco aquí, sin regresar al campo de batalla? Triforme diosa, si algún enemigo cae en mis garras, aunque sea de sangre noble, te prometo desgarrarlo con mis propias manos, como ofrenda a tu divinidad y a mi venganza. Escena Quinta (Confín del bosque sagrado. Puente sobre el Termodonte. En lo lejos se ve la flota griega. Alceste, Martesia, Telamón, luego Hércules con los soldados) ALCESTES ¡Martesia es mía! TELAMÓN ¡Yo la atrapé primero! ALCESTES Pero contigo se resistió. TELAMÓN Inútil y frágil resistencia. ALCESTES ¡A mí me entregó sus flechas y se rindió! TELAMÓN ¡Pero finalmente será mía! ALCESTES ¡No, antes tendrás que quitarme la vida! MARTESIA ¡Bárbaros! ¿Tenéis tanta sed de mi sangre, que disputáis para ver quién es el más cruel de vosotros? ALCESTES No, no es el deseo de tu sangre, sino la posesión de tu hermoso semblante lo que a pelear nos llama. TELAMÓN ¡No temas crueldad de un corazón amante! MARTESIA ¿Vos me amáis? ALCESTES ¡Te adoro, bella Martesia! TELAMÓN ¡Y yo por ti muero! MARTESIA ¿Qué oigo? ¡Ay de mí! Estoy perdida. ALCESTES ¿De qué tienes temor? TELAMÓN ¿Te asusta el amor? MARTESIA Conozco las aviesas artes de los hombres; que amenazan cuando lisonjean, y cuando atraen, matan. ALCESTES ¿De quién oíste eso? TELAMÓN ¿Quién te lo ha dicho? MARTESIA De mi madre, hoy mismo lo escuché, y sé que el hombre es el peor enemigo de nuestro sexo. ALCESTES Él siente por vosotras el mismo odio, que tiene el macho cabrío por la oveja, y el amoroso palomo por su cándida y dulce compañera. MARTESIA Una fiera de esa naturaleza no daría terror, si dentro de su pecho no guardase ira y veneno. ALCESTES ¡Qué hermosa sencillez! TELAMÓN ¡Qué simple belleza! MARTESIA ¡Miserables, atrás! ALCESTES ¿Qué temes? TELAMÓN ¿Qué te asusta? MARTESIA Temo vuestros favores. ALCESTES ¿Por qué? MARTESIA Porque con ellos nos conducís a la muerte. TELAMÓN Alcestes, admitamos que ella es la causa de nuestras diferencias. ALCESTES Sí, Martesia, decide quién que nosotros es más digno de tu amor. MARTESIA ¿Más digno de mi amor? TELAMÓN ¡Sí, hermosa mía! MARTESIA ¡Oh, dioses! Decid, mejor de mi odio. ALCESTES También de ello pronuncia la sentencia. MARTESIA Diré que, a ti no te quiero, y a ti te detesto. TELAMÓN Que la espada decida entonces nuestra puja. ALCESTES Yo ya la tengo en mi mano. TELAMÓN Y yo la estoy empuñando. HÉRCULES (entrando) ¡Deteneos! ¿Qué discordia os impulsa, oh príncipes, a desenvainar vuestras espadas, y a derramar la sangre? ALCESTES Telamón pretende tener derechos sobre ella, que fue mi presa. TELAMÓN ¡No, fue mi conquista! HÉRCULES ¿Y quién no sabe, que si vosotros bajo mis órdenes combatís, son mías vuestras conquistas? ALCESTES Cedértela a ti, es una gloria para mí. TELAMÓN Y considero un honor regalártela. HÉRCULES ¡Marchaos soldados, y conducid a mi tienda a la gentil prisionera! MARTESIA Señor, si te disgusta que por mí estos hombres se hayan enfrentado, antes de partir, déjame pacificarlos. HÉRCULES Te doy permiso: Alceste, Telarnone, Hércules no pretende imponer su derecho sobre vuestras conquistas, pero si el amor por ella enciende vuestras almas, ¡que sirva el amor a la gloria! Yo la reservaré para el más digno de vosotros. El que mejor me sirva, la recibirá como premio hoy mismo. (sale) ALCESTES ¡Hoy serás el premio de mi valor, bella mujer! MARTESIA También yo lo espero. TELAMÓN ¡De mi ardor será tu belleza el premio! MARTESIA Así lo cree mi alma. (Los soldados se llevan a Martesia) TELAMÓN Deja de suspirar, deja de llorar; mi alma no teme, si mi amada es el premio a mi valor. Goza su martirio y aumenta el deseo la bella esperanza que anima el corazón en la batalla. (parte) ALCESTES Por tan bella esperanza ¿qué no sabré intentar? Con el alma fuerte desafiaré las puntas de las flechas y correré ligero al encuentro de la muerte. Siento con qué placer me dice mi mente, que espere gozar, que esté contento. Ya mi dulce sentimiento ha alejado todo temor, y regresan a mi corazón los dulces tormentos. Escena Sexta (Playa de las amazonas. Hércules, luego Teseo y soldados; mientras tanto se ven arder en el Termodonte los barcos griegos) HÉRCULES ¿Qué astro malvado, envidioso de mi gloria, con la fuga de Antíope me arrebató la victoria, oh, dioses supremos? TESEO ¡Hércules, ay de mí! HÉRCULES ¡Teseo! ¿Qué funestas noticias vienes a darme? TESEO ¡Ay, vuelve hacia atrás los ojos y verás como un repentino incendio hace arder nuestros barcos! HÉRCULES ¡A las armas! ¡Soldados, con nuestros barcos quemados, hemos perdido toda esperanza de regresar, así pues conviene que con generoso ardor busquemos la victoria o la muerte! (Escena de ballet simulando el combate entre griegos y amazonas) ACTO II Escena Primera (Patio del palacio de las amazonas Hipólita, luego Antílope) HIPÓLITA Aguas claras que susurráis, arroyuelos que murmuráis, consolad mi deseo o contadle al menos a mi ídolo las penas de mis anhelos. "Ama," contesta el río, "ama," la pequeña tórtola, "ama," la golondrina. ¡Ven, ven, oh amado mío, que mi corazón, lleno de afecto te espera y te llama! ¡Qué fatal fue para mí la piedad de quien me liberó de las fauces del feroz y horrible oso! ¡Ay, si al menos estuviera presente a mis ojos, como lo está en mi pensamiento! ANTÍOPE (entrando) ¡Hermana, el cielo y los dioses secundan nuestras armas! HIPÓLITA ¡El cielo sonríe a nuestra justa causa! ANTÍOPE Pero yo suspiro por mi hija capturada, y entre la alegría general, solamente Antílope sufre. HIPÓLITA Espera, ¿quién sabe? ANTÍOPE He escuchado que entre los prisioneros griegos hay uno cuyo rostro y sus bellos rasgos, lo hacen muy diferente a los demás. HIPÓLITA (Para sí) ¡Ay, si fuera el ídolo de mi corazón! ANTÍOPE Ya lo destiné para que aplaque el furor que guardo en mi seno. HIPÓLITA Sí, con él podrías recuperar a tu hija querida. ANTÍOPE He jurado sacrificarlo como víctima de Diana y de mi venganza. HIPÓLITA Piensa en el peligro al que expones a tu hija. ANTÍOPE Los griegos desconocen mi juramento. Entre los prisioneros elegiré al más adecuado para que sea la víctima de mi furor. HIPÓLITA (Para sí) ¡Oh dioses, que no escoja al adorado de mi alma! ANTÍOPE Qué bello es el placer de la venganza cuando consuela un noble corazón, si puede vengar una ofensa con otra ofensa. Un alma encendida por justa ira sólo aplaca su furor cuando alcanza, con razón, a derramar la sangre impía. HIPÓLITA Palpita de temor mi corazón amante, que quisiera volver a ver a mi amado bien, pero no cargado de cadenas. Por dos vientos se encuentra azotado mi pobre corazón: el veneno del temor y la esperanza del amor. Pero suspirando voy buscando aquello que más teme el corazón, que gime bajo el rigor de dos tiranos: la esperanza y el temor. Escena Segunda (Plaza ante el templo de Diana. Antíope, Hipólita, Teseo, otros prisioneros, guardias amazonas) ANTÍOPE ¡Atad al prisionero con dobles cadenas! HIPÓLITA ¡Sacadle los grilletes a ese hermoso pie! ANTÍOPE ¡Conducidlo a la muerte! HIPÓLITA ¡Devolvedle la libertad! ANTÍOPE ¿Con qué orgullosa autoridad, se atreve Hipólita, a desaprobar las órdenes que imparto? HIPÓLITA Con el de reina. ANTÍOPE ¡Sólo yo dicto las leyes desde el trono! HIPÓLITA ¡Yo también gobierno aquí! TESEO (Para sí) ¡Oh, destino! En dos corazones se enfrentan por mí, el odio y el amor. HIPÓLITA ¡Ciega! ¿No ves acaso el peligro que corre Martesia? ANTÍOPE Las leyes de la naturaleza no tienen lugar frente a los juramentos hechos al cielo. HIPÓLITA ¡A tan cruel propósito me opondré! ANTÍOPE ¡Veremos quién tiene más fuerza! HIPÓLITA Igual poder y gobierno que el tuyo, me dieron el destino y la herencia. ANTÍOPE Sin embargo, para aplacar un justo despecho, la venganza me complace, aún cuando cause tormento y dolor. Y para mi cruel fortuna, ofrezco vida y reino para aplacar mi furor. (sale) HIPÓLITA ¿Príncipe, tú prisionero? TESEO Bella mía, aquí me tienes más como trofeo del amor que de Marte. Me he dejado encadenar voluntariamente sólo para dar vida a mi corazón, pues, lejos de ti, estaba próximo a la muerte. HIPÓLITA ¿Y ésa es tu infeliz pericia, príncipe? ¿Para conservar un corazón perderás dos? TESEO ¿Por qué? HIPÓLITA ¿Acaso no sabes que Antíope, airada, juró inmolarte, como víctima a su desdén? TESEO Al menos será menos desesperada mi muerte, si soy digno de expirar, mi bella dama, ante tus ojos. HIPÓLITA ¡Ingrato! ¿Y crees que yo podría soportar el verte morir, y no morir yo contigo? TESEO ¡No, vive, y en ti conserva de mí l a mejor parte! Un suspiro que surja de tu pecho, una sola lágrima de tus hermosos ojos, alejará todo el horror de mi muerte. HIPÓLITA ¡No, no, vete, Teseo, conserva tu vida para una mejor suerte! Así también la mía regresará a la libertad. TESEO ¡Qué tiranía! Eso es lo mismo que decir: "¡vete a la muerte!" HIPÓLITA ¡Cruel! ¿Rechazas de mi mano el don de la libertad? TESEO ¡Ah, éste es un don que da la muerte a mi corazón, si no puedo aceptarlo, te pido, oh amada mía, perdón! HIPÓLITA ¿Qué decides? TESEO Que disponga Amor de mí, como más le agrade y plazca; sé que lejos de ti, mi amante corazón, no sabrá vivir ni encontrar la paz. Pero tú, ¿por qué no me amas? ¿Quieres, con el falso pretexto de darme la libertad, que aleje de ti mis tristes llantos? HIPÓLITA ¿Que no te amo? TESEO No; pues nunca el objeto amado, ha podido rechazar al corazón que lo ama. HIPÓLITA ¡Sí, bello rostro, yo te adoro! ¡Sí hermosos ojos, por vosotros muero y jamás os abandonaré! Cree en mí, mi bien, por ti mi corazón es todo amor y sabré morir por ti. Escena Tercera (Playa de las amazonas. Pabellones del ejército griego a la vista de la ciudad. Martesia, Alcestes y soldados, y luego Telamón y guardias) ALCESTES Bella, ¿El trono de Esparta es tan despreciable como para que mi regalo merezca tu rechazo? MARTESIA ¿Para hacerme reina quieres que me vuelva tu esclava y cambie mi corazón con el tuyo? ALCESTES ¡No lo entiendes! El Amor, con invisible mano, ha hecho este cambio. Me ha convertido en el único objeto de tu pasión y tú de la mía. MARTESIA Entonces ¿ya no podré amar a otro más que a ti? ALCESTES Así lo disponen las leyes de Himeneo. MARTESIA ¿Y ni siquiera es lícito amar a la madre? ALCESTES A la madre se la debe amar, pero a ese cariño, que no es menor que el amor, se lo puede llamar respeto. El que une a los cónyuges es un lazo más fuerte, que mantiene las almas unidas hasta la muerte. MARTESIA Si fuese mi alma menos esquiva aceptaría ser tu esposa. ALCESTES Entonces ¿serás mía? MARTESIA ¿Quién sabe? Mi corazón no te rechaza. ALCESTES Te agradezco, Amor, ya que me das esperanzas. ¡Bella mía, no defraudes mi esperanza! Yo espero, sí, temiendo, porque aún no sé si tu constancia es similar a tu hermosura. Parezco aquel pajarito que se salvó de la red que se hallaba escondida entre las ramas. Y que, aunque esté libre, solitario volando va; pues como es tímido, no sabe adónde dirigirse, y siente que puede volver a ser atrapado. (parte) TELAMÓN (entrando) A pesar de que la suerte parece sonreír a mi rival, yo espero, Martesia, poder abrazarte finalmente como esposa. MARTESIA ¿Y Telamón todavía me quiere por esposa? ¿Y cómo, oh cielos, podré yo, acceder a tus deseos? ¿Dividir mi corazón y darlo a dos? TELAMÓN ¿Quién más lo pretende? MARTESIA Alcestes, si acepto darle mi corazón, ¡él me hará reina de Esparta! TELAMÓN No es menos valioso el trono de Ítaca, ¡reinarás junto a mí alegre y feliz! MARTESIA Pero si no es lícito amar más que a un solo hombre ¿cómo, oh dioses, podría amar a dos esposos? TELAMÓN Si el amor te a unido a mí, no puedes ser de Alcestes. MARTESIA ¿Y por qué no? TELAMÓN Porque esas son las leyes Himeneo. Ahora entre él y yo, el que más te guste, elige por esposo. MARTESIA ¿El que más me guste? TELAMÓN Sí. MARTESIA Sois ambos iguales en grado y mérito, pero si no me está permitido quedarme con los dos, Alceste me gusta más que tú. Tiene en el rostro un no sé qué, que me atrae y me gusta más que el tuyo. Si lo miro me cautiva, pero suspiro, y no sé decir cómo o por qué. Escena Cuarta (Templo redondo dedicado a Diana con estatua de la diosa en el medio: trípode con llama votiva y de antorchas. Teseo es conducido por las sacerdotisas amazonas que llevan urnas, perfumes, vendas, cuchillos, hachas y cuencos, y también una corona de hisopo y otra de ciprés. Luego llega Antíope con sus guardias, y después Hipólita con las suyas) TESEO Al menos estad presente en mis últimos momentos para decirme adiós, amados ojos, causa de mi muerte. ANTÍOPE A la hermana del sol juré sacrificar con mis propias manos a un griego de noble sangre, que al menos, compense en parte las lágrimas que ha derramado mi real corazón. TESEO Antíope, mi sangre es adecuada para tu llanto, pues por estas venas corre la sangre del rey de Atenas: Yo soy Teseo. ANTÍOPE ¿Qué oigo? ¡Oh, suerte! No podría haber escogido una víctima más digna de mi dolor, tan agradable a la gran diosa de Cinto, y apta para mi deseo de venganza. Ahora tú, casta hermana de Apolo, ante cuyo frío resplandor languidecen los bellos rayos de las estrellas, acepta este sacrificio y que su sangre, derramada más por mi celo que por mi desdén, devuelva la paz a mi corazón y a mi reino. (Entra Hipólita con su espada desenvainada, acompañada de guerreras que ponen en fuga a las guardianas de Antíope) HIPÓLITA ¡Detén tu bárbaro golpe, cruel hermana, o morirás! TESEO ¡Oh, dioses! ¿Tan oportunamente llega en mi auxilio mi bello ídolo? ANTÍOPE ¿Así es como me traicionas, feroz e injusta hermana? HIPÓLITA No, yo no te traiciono. Con este príncipe salvo a Martesia, que prisionera, está expuesta al feroz desprecio de los griegos. Si ella se pierde, ¡ay!, se pierde el reino. TESEO (Para sí) ¡Oh, ingrata libertad, que me separa de mi amada! ANTÍOPE ¿Qué escucho? ¡Ay de mí! ¿Que hacer? ¡Sentimientos opuestos dividen mi corazón! ¡Oh, juramento! ¡Oh, venganza! ¡Oh, Cintia! ¡Oh, juramento! ¡Oh hija, qué mal te he tratado! ¡Qué mal te he vengado! Al vengarte ¡ay! te he matado, derramando tu sangre junto con otra sangre ajena. ¡Oh hija, oh hija, ay, por qué no estás aquí! Te escucho, te veo, rogándome piedad, pero también oigo las voces de los dioses. ¡Oh, dioses, tan temidos y tan adversos! ¡Hija, dioses! ¿Qué debo hacer? ¡Teseo, eres libre! (salen todos excepto Teseo) TESEO ¡Oh, cruel libertad! ¡A qué funesto exilio condenas al corazón amante! Para alejarme de mi bien amada, has desatado mis pies. ¡Oh, amadas cadenas! ¡Ah, por qué me soltáis! Vuestros nudos sólo tenían aprisionado mi pie, pero permitían que mis ojos gozaran al estar junto al objeto adorado. Corre el río murmurando, chocando con las piedras y levantando olas, pero, lo hace besando la orilla y completamente feliz al mar se va. Mi corazón gozaba padeciendo y corría alegre hacia el peligro, porque por ver esos ojos vale la pena ¡perder la vida y la libertad! Escena Quinta (Suburbios de la ciudad de Temiscira destruidos por los griegos. Hércules y Teseo) HÉRCULES ¿Teseo en libertad? ¿Sueño? ¿Dónde estoy? TESEO No sueñas, no, libre estoy, señor. Cuando dentro de poco asaltes las murallas de Temiscira, calma tu ira con un poco de piedad. HÉRCULES ¿Piedad me pides? ¿Y para quién? TESEO Por aquella a la que debo la vida. HÉRCULES ¿La vida? ¡Y cóomo es eso! TESEO Antíope había jurado a la diosa triforme vengar el rapto de su hija matando con sus propias manos a un noble griego. Ya sobre mi cuello pendía el hacha, cuando Amor hizo nacer la piedad en el seno de Hipólita. Ella corrió al templo, y oportunamente con sus armas, deteniendo el golpe, impidió la ejecución. HÉRCULES Ese acto generoso hace que Hércules le conceda a Hipólita no sólo su piedad, sino también su amistad. Así mismo, ya no seré enemigo de Antíope, si ella me entrega sus armas. que Euristeo por mi intermedio reclama. Que las sombras de la crueldad nunca oscurezcan el brillo de la victoria. La gloria del triunfo me basta y mía será. Escena Sexta (Atrio del templo de Diana con una estatua de la diosa. Telamón con soldados e Hipólita, luego Teseo, después Alcestes y Martesia) TELAMÓN ¡Ríndete, o te mato! HIPÓLITA ¡A un alto precio espero vender mi vida, mientras tenga un arma en mi mano! TELAMÓN ¡En vano la defiendes! TESEO (entrando) ¡Telamón, detén tu espada! Y tú, bella, ten la bondad de entregarme la tuya. Yo te protegeré de todo vil ultraje. HIPÓLITA A ti, señor, me rindo, y a tus ataduras entrego mis pies, puesto que ya antes me apresaste el corazón. TELAMÓN Ya que tú la desarmas, que sea tu prisionera. En tanto yo dirigiré a otro lugar mis armas y mis hombres. (parte) TESEO Hipólita, he aquí la espada que me diste, te la devuelvo. Para salvarte la tomé, pero si con eso te he ofendido, humildemente te pido perdón. HIPÓLITA Señor, soy tu sierva. TESEO Mi corazón te ha elegido por su reina, y como tal, te está esperando el trono de Atenas. HIPÓLITA No, mi querido Teseo, soy tu sierva, y con ese título me basta para compensar la pérdida de un reino. Te seguiré fielmente donde vayas, llevaré tus armas en la batalla, y mi pecho desnudo será tu escudo ante las hostiles flechas enemigas. Seré lo que quieras: escudero o escudo. TESEO ¡Hipólita, no sigas, con esas palabras me atormentas! ¿Acaso intentas probar si te amo? ¡Ah! más bien como prueba de mi verdadera fidelidad dime, ¿qué debo hacer, qué deseas de mí? HIPÓLITA Si alguna merced merece mi amor, sólo te ruego por Antíope, mi hermana, usa tu favor e intercede por ella ante Alcides. TESEO Puedes estar segura de ello, pero entretanto vete, y consigue que Antíope, entregue sus armas al vencedor. HIPÓLITA Amado bien mío, tú eres mi esperanza y mi placer. Y esa esperanza que se aproxima siento que a mi alma la invita a gozar. Escena Séptima (En una parte del bosque sagrado. Atrio cerca del jardín con una estatua de Diana. Alceste y Martesia con guardias) ALCESTES ¡Bella, enjuga tu llanto! No eres tan desgraciada como tú crees. Hércules es generoso, yo te amo, y justos son los dioses. MARTESIA ¡Ay, si es verdad que me amas, ama también lo mejor de mí! Logra que mi madre viva, si no deseas que con ella muera su hija. ALCESTES Aleja todo temor de tu seno, pues libre eres. ¡Vete y aléjate; ya no eres nuestra prisionera! Ve con tu madre y dile que, por intermedio de Alcides, entregue sus armas a Euristeo. ¡Sólo así vivirá y reinará! Dúo ALCESTES Ten esperanzas mi bello ídolo, Ten esperanzas y en mí confía; sabré morir contigo pero no vivir sin ti. MARTESIA Tengo esperanzas, porque el deseo me hace esperar la piedad, pero no sé todavía, bien mío, si el hombre es capaz de mantener su palabra. Escena Octava (Templo de Diana. Sala principal del templo, donde se ve en su círculo lunar a Diana. Antíope sola, luego Martesia, después los otros) ANTÍOPE Espada real, ilustre causa de todos mis males, puesto que debo alejarte de mi lado, voy a entregarte por respeto y piedad, pero no por temor o cobardía. Casta diosa de Cinto (Diana), diosa tutelar del reino, este acero fatal y este mi cinturón, los consagro a ti y en tus manos los pongo. (Cuelga el cinturón y la espada de un brazo de la estatua.) Y tú, destino cruel, que me privas de mi hija, de la venganza, del reino y de mis armas. La vida quieres dejarme, no por piedad, sino para que sufra. Para que servilmente encadenada, arrastrada por toda la costa griega, sea señalada con el dedo por todas las doncellas áticas. Pero te engañas, no es tan infeliz quien puede morir, aún tengo en mi mano esta daga, y ahora la hundiré en mi pecho, y a despecho tuyo, moriré como reina, que soy. Hija, muero, y con el corazón te digo... ¡adiós! (Intenta herirse con la daga). MARTESIA (entrando) ¡Ah, madre, detén tan feroz golpe! ANTÍOPE ¡Martesia, hija! ¡Oh, cielos! ¿Sueño o estoy despierta? ¡Te veo y abrazo! Antes de cerrar mis ojos a la luz del día, te estrecho contra mi pecho. Ahora ya puede el destino hacer de mí lo que más le guste... ¡Cierro los ojos en paz! MARTESIA ¡Detente! ANTÍOPE No, deja que me abra el pecho, y que mi alma dolorida, si el cielo se burla de ella, corra a buscar piedad en el oscuro Averno. Bajaré, volaré, gritaré por las orillas del Estigia y del Leteo avivando a las furias y la venganza de Megera y Alecto en mi corazón. Cruel destino, sáciate la sed con mi sangre, puesto que me espera Dite, cual nueva furia en su ciego horror. (parte, seguida de Martesia) (Entran Hipólita, Hércules, y otros personajes) HIPÓLITA ¡Invicto Alcides, a cuyo valor va unido el destino de los reinos, y ante cuyo nombre los tiranos tiemblan! Has triunfado; nuestro brazo ya no lucha contra tus brazos, ¡demuéstranos que no basta con triunfar! HÉRCULES Hipólita, tu amor y piedad, gracias a los cuales aún respira mi querido Teseo, han derrotado mi desdén. Por ti salvo tu reino y a Temiscira. Todo os lo devuelvo, y ya no quiero las armas. No deseo despreciar a los dioses. No quiero arrebatar de la mano de una diosa la regia espada y el áureo cinturón. HIPÓLITA ¡Alcides, ahora sí que triunfaste, ahora sí que has vencido! Aquí tienes el cinturón y la espada, yo te los doy. Ahora no temo que los dioses se enojen, si te los entrego a ti, que también eres un dios. HÉRCULES Yo los recibo como lazo de amistad y paz entre Grecia y vuestro reino. Pero, ¡qué veo! ¿Qué prodigio es éste? HIPÓLITA Cinzia, nuestra diosa, surge envuelta en luz antes de lo previsto. ANTÍOPE (entrando con Martesia) Si estuviera ofendida por haber roto mi juramento, se mostraría ante nosotros llena de ira. ¡Amigos, que vuestras plegarias logren que ella nos perdone! HÉRCULES, ANTÍOPE Ilustre descendiente de Latona, hija de Júpiter y hermana del sol, ¡muéstrate ahora propicia con nosotros! CORO Calma ahora, calma tu desdén, pues solamente tú ¡oh, diosa! puedes conceder la paz a este reino. (Se presenta Diana sobre la esfera lunar, y dice a Antíope) DIANA Antíope; osados son los votos humanos, producto de la ira y no del respeto. Que sean de Alcides tus armas; que Hipólita sea para Teseo, y Martesia para Alcestes y que el Destino quiera hoy que se celebren dulces himeneos. HÉRCULES ¡Príncipes, reinas! ¿Habéis escuchado los designios del cielo? ANTÍOPE Yo inclino mi frente ante la voluntad del destino. TESEO a HIPÓLITA ALCESTES a MARTESIA ¡Mi destino sólo está en tus hermosos ojos! HIPÓLITA, MARTESIA Mi deseo es aceptar la voluntad de los dioses. HÉRCULES Toma la mano de Hipólita ¡oh, Teseo! Martesia, dale a Alcestes tu bella mano. Son testigos de estas bodas tan felices y deseadas por nuestros corazones: ¡Cinzia y Júpiter! ¡Amor y Destino! CORO ¡Cinzia y Júpiter! ¡Amor y Destino! Han formado tan bellos y felices lazos, que de oriente a occidente canta alegre el mundo entero lleno de regocijo. Traducido y Escaneado por: José Luis Roviaro 2010 |