INTRODUZIONE
(Appare
alla ribalta l'Astrologo, con una chiave in mano)
L’ASTROLOGO
(al pubblico) Con le
loro debolezze,
Le: paissioni e le stranezze,
Rivivran dinanzi a voi
D'una fávola gli eroi,
Se fiabesca fantasia
Vi parrà, più che non sia,
Meditare converrá
La moral che n'uscirà,
(Egli
scompare)
ATTO
PRIMO
(Prima
dell'alzar della tela, ·si ha il
presentimento
che qualche cosa di grave·e di solenne
avvenga.
Il Consiglio Reale vi é in seduta. La sala é
riccamente ornata di pitture, sculture e
dorature.
Il verde, il blu, il giallo, colori
favoriti dei sudditi
dello Zar Dòdon, predominano. Uno dei
lati della
sala·é formato da un rango di pilastri
bassi,
rilegati da balaustre scolpite.
Attraverso si vedono
le vie della Capitale, strette e
numerose, delle
terrazze ammassate, delle case con dei
giardinetti
pieni di ciligi. I raggi d'un sole di
primavera,
penetrando nella sala imprimono·larghi
tratti di
luce e si riflettono sul pavimento. Il
resto della
sala appare più oscuro. Una scala esterna
discende dall'angolo che forma la
colonnata.
All'entrata, dei guardiani dormono,
pesantemente
armati. A livello del pavimento si
vedono·passare
la testa e le spalle delle persone che
circolano fuori,
e che salutano presurosamente al
passaggio.
Presso l'altro muro, su dei banchi ricoperti
di broccato,
siedono dei signori gravi ·e barbuti.
Al mezzo, su un trono riccamente ornato di
piume
di pavone, é Dodon, la corona in testa,
vestito d'un
abito di cerimonia giallo. Accanto a lui
sono
seduti i suoi due figli Aphron e Guidon.
Fra i
consiglieri vi é il generale Polkan,
vecchio e rozzo
soldato)
ZAR
DODON
(Che sembra accasciato dai pensieri)
A voi nota or debbo far
La cagion che qui v'aduna:
A Dodon, lo Zar superbo,
Grave assai è la corona
M'ascoltate, o miei cari!
Ben terribil fui in gioventù
Ai vicini senza posa
Recai danni e gravi offese
Stanco ormai son di lottar
Il riposo cerco sol,
Di riposo ho sol desio!
Ma il nemico certo ad arte,
Di continuo fa dispetti;
Senza tregua mi da noia!
Per protegger le frontiere
Da le avverse forti schiere
Un'armata pronta sta
Il nemico a rintuzzar!
I miei prodi sempre vegliano,
Ma le guerre sempre perdono.
(con disperazione)
Proteggiamo il Nord? no!
Dall'Oriente piomban giu!
Qui restiam? Quei maledetti
Vengono dal mar! Dalla
rabbia spesso io piango, io Dodon!
E dall' ira non dormo piu!
Quante pene mi straziano il core!
Vo' da- voi consiglio e aiuto,
O mio erede, parla tu.
GUIDON
(balzando dal suo seggio)
Tutta notte io vegliai
Nel pensare o padre mio,
D'un sovrano a le miserie;
Verso l'alba alfin trovai
Scaltro mezzo e furbo assai.
ZAR
DODON Perché
tanto affaticarti?
Vuoi fiaccar la tua salute?
Nostro mal e che il nemico
E' troppo a noi vicin
Ed al primo suo marciare,
Varca tosto la frontiera.
I
BOIARDI Si, al
primo suo marciar,
La frontiera puo varcar!
GUIDON
(soddisfalto della sua idea) Concentrar
dobbiamo senza indugio,
Nella capital le armate.
E di viveri in gran fretta
Raccogliam enorme quantita.
ZAR
DODON
Da mangiare e da bere,
E per certo vivrem, senza palpiti!
GUIDON Birra e
vino in quantitá
E' la guerra che a noi va!
BOIARDI E' la
guerra che a noi va!
ZAR
DODON
(entusiasta)
Il suo detto
eseguiam!
Come e chiaro tutto ciò!
POLKAN
(parlando d'un tono irritato)
Ah! Che il
diavolo mi porti!
Ma io trovo assai peggior,
Il nemico attirar fin sulle porte
Della capital! Sul palazzo
Del sovrao la sua ira sfogherá
E ferir potrá lo Zar.
BOIARDI
(tremanti di spavento) Dio ci
salvi!
ZAR
DODON
(squadrando Polkan con aria corrucciata) Taci
animal!
Vuoi ti serri la catena?
BOIARDI
(furiosi, fra sè) Ben
arzillo il vecchio sta.
ZAR
DODON (dopo
aver riflettuto; sorride) Ma negare
non si può
Che il périglio a noi vicino
Da spavento assai maggiore.
ParIa tu, mio figliuol
Prediletto dal mio cuor.
APHRON
(impetuosamente) Padre mio,
che peccato
Che Polkan che è tanto saggio
V'abbia fatto adirare.
Piú fratel nol vo' chiamar!
(Guidon
impugna la sua spada)
ZAR
DODON Cessi il
litigio.
APHRON Taccia
ognun.
Poss' io sol al padre mio
Togliere le gravi pene e gli affanni.
M'ascolti ognun.
La gloriosa nostra armata
Di guerresco ardor fremente
Al quartier facciam tuonar.
Ma il nemico se l'attacco
Pria d'un mese vorrà sferrare
A lui contra nostre schiere opporrem
Corpo a corpo lotterem
A l’usanza degli eroi.
E fiaccata lo baldanza,
Tornerem pien di gloria il cor.
BOIARDI Tornerem
pien di gloria il cor.
POLKAN
Impossibil, o potent Zar!
ZAR
DODO
(furioso a Polkan) Maledetto
fanfarone!
Pur avendo lunga barba
Che ti gitunge alla cintura
Un idiota resti ancor!
I
BOIARDI (con
ansietá) Rovinato
tutto ha!
Spaventati siam!
ZAR
DODON (che
non può contenersi) Cretino,
col nemico hai patteggiato?
Mi fa fremer tale oltraggio.
GUIDON Traditore! APHRON Traditor,
che s' infischia del Sovran!
(Tumulto: tutti si gettano
su Polkan che si dibatte)
I
BOIARDI Prendi su!
Dobbiam legarlo!
Lo picchiam! Legato sía
ZAR
DODON
(tranquillamente) Zitti,
calma!
Vedi tu come parli da cretin?
Ma, come agire col nemico?
Qual manovra a noi conviene?
BOIARDI Non
sappiamo o grande Zar.
Ci perdona, grande Zar.
ZAR
DODON (con
disprezzo)
Idioti!
BOIARDI
(frettolosamente) E' Certo,
UN
BOIARDO (con
esitazione) V'era un
di
Vecchia strega che traeva
Dalle fave l'avvenir.
2º
BOIARDO Non é ver!
Un vecchio v'era
Che l'avvenir, traeva Dai fondi
del caffè.
GUIDON Su nel
ciel, dalle stelle
Noi sápremo l'avvenir.
BOIARDI Dalle fave
é ben piú certo.
No, dal cielo. Dalle fave
Che son molto piú sicure.
No, dal cielo. Dalle fave!
No, dal cielo. Tutti i sogni!
(La disputa diventa
accanita. Il Re resta,
seduto, pensoso. A questo
momento appare
sulla scala un vecchio
astrologo. Egli ha
un'abito azzurro ricamato
di stelle d'oro
e un berretto di astrakan bianco. Sotto il
braccio ha un astrolabio
e un sacco screziato.
Tutti, silenziosi, lo
guardano. Egli s'avvicina
al Re, a passi contati, e
saluta fino a terra.
Poi s'inginocchia)
L’ASTROLOGO (in
ginocchio) Gloria a
te, o Zar Dodon!
Consigliere io già, fui
Del defunto padre tuo,
E servitor fedele, A portar
consiglio vengo. Tuoi
affanni ben conosco.
Un galletto ho qui portato,
sulla torre il deporrai.
Caro mio galletto, d'or.
Ti sará fedel guardian!
Se la pace 'su, noi regna
Su la torre immobil resta
Ma se avverte che il nemico
Assalire ti vorra,
Se dall'alto della torre,
Un’armata forte scorge
Che su noi vuol avanzar
Ei sbattendo le sue a1i,
Fiera, alzerà la cresta,
E con voce alta e netta cantera:
Kiricocó - occhi aperti all’erta sto.
ZAR
DODON
(un poco incredulo)
Se le chiacchiere son belle
Meglio valgano i fatti
(Tutti círcondano con
curiosità
l'astrologo che tira dal suo sacco un
galletto d'oro. Il galletto si dibatte
fra le sue mani e grida)
VOCE
DEL GALLO Kokorì -
kirikiki! Pur
regnando puoi dormir.
(tutti
gridano, con meraviglia)
BOIARDI Quàl
prodigio! che miracolo!
Dice il vero. E' oracol certo!
ZAR
DODON Qùal
prodigio! Che miracol!
(Alla folla con allegria)
Debbo creder che la sorte
Invicibil ora mi fa?
(ai domestici)
Su una
picca sia piantato,
Perchè tutti noi protegga.
(all'astrologo)
Come posso
ringraziar?
Che ti posso regalar?
Per il grande tuo favore
Oltre stima ed amore.
(solennemente)
Il tuo primo desiderio
Io qui giuro d'appagar!
L’ASTROLOGO Mai tesor
desiò il saggio,
Gli onor e le ricchezze
Gran nemici crean sol;
Pel tuo affetto gratto ti son
Ma ti prego umilmente
Di lasciarmi ricevuta
Perchè saldo come rocca
Sia il verbo dello Zar.
ZAR
DODON (con
meraviglia) Ricevuta?
Cosa dice?
Forse mi sarò sbagliato.
Miei capricci e mio desio
Son la legge d'ogni dì.
Dubitare no, non devi;
Tuo desio saprò appagare.
(L'astrologo saluta fino
a terra
e si dirige verso l'uscita.
Il Re, dopo averlo condotto
fino alla scala, congeda con
maestoso gesto i Boiardi e i Principi)
VOCE
DEL GALLO (Dall’
alto della picca)
Chichirichi. Chichirichi, Pur
regnando puoi dormir.
ZAR
DODON
(ascolta e passeggia allegramente
fregandosi le mani con compiacenza) Gioia
immensa! Non più doglie
Con le braccia incrociate regnar
Se vorrò, potrò dormir
Me nessun dovrà svegliar.
Se vorrò le belle fiabe,
le giostre, dei buffon le danze
obliare mi faran
la tristezza di quaggiù!
(L'
intendente Amelfa appare
alla porta della camera
di fronte)
ZAR
DODON
(stendendosi al sole) Com’è
dolce di primavera
Il raggio tiepido del sole
I ciliegi sono in fiore...
Qui, in questo cantuccin
Volentier riposerei.
AMELFA
(premurosa e con infinita sollecitudina)
Nostro Zar sta certo
Il tuo letto porteranno qui.
(Ad un
suo segno, i servi si precipitano
nel palazzo e ricompaiono portando
un gran letto d'avorio
coperto di
pelliccie, e lo mettono
al sole. Amelfa
s'avvicina a Dodon, essa
porta un gran
vassoio di dolciumi)
Ma è vuoto il tuo pancin.
Vuoi mangiare qualche dolce
O del miele con le noci?
Ber del cedro fresco fresco
Con la menta ed il pepe? , O saranno
meglio accolte le focacce
Con zibibbo, o le prugne sciroppate?
Se ti piaccion, puoi provar.
ZAR
DODON
(sbadiglia e si mette a portata del vassoio) Beh!
Accetto.
(Il Re
assapora la sua colazione
e guarda dal lato del letto.
Amelfa accomoda i cuscini
e rimbocca le coperte)
AMELFA Dolce il
dormir di primavera!
Vien, dall'imperial visetto
Scaccerò le brutte mosche...
Come piuma è il guancial...
VOCE
DEL GALLO Chirichì,
chirichì
Pur regnando puoi dormir.
(Dodon
non può più resistere al sonno.
Egli si corica e s'addormenta con la
stessa spensieratezza d'un fanciullo.
L'intendente curva sul letto,
caccia le mosche)·
GUARDIANI
(fanno l'appello con voce sonnolenta,
e bentosto soccombono a la dolcezza
incantatrice del sonno del mezzodì) Pur
regnando puoi dormir!
(Tutti
dormono profondamente, salvo
Amelfa. La città intera è·pacifica.
Solo, le mosche infaticabili ronzano
attorno al letto reale, che il sole continua
a rischiarare d'una luce eguale e dolce)
AMELFA Dormon.
tutti, tutti sognan!
Ci ha vinti primavera.
(Essa
si appoggia al letto del Re e si
addormenta a sua volta; Dodon nel
suo sogno, sorride, come
ad una bella
sconosciuta)
VOCE
DEL GALLO Chirichì,
chiricocò
Occhi aperti: all'erta sto!
(Chiasso. Delle persone accorrono. Delle
trombette squillano da
diversi lati. Dei
cavalli nitriscono. La
folla si precipita
attorno al palazzo. Sui
visi stupiti, si
indovina un profondo
terrore. La folla
nella strada)
LA
FOLLA Il
galletto grida all'armi!
Insellate i cavalli
Il nemico non aspetta!
Brucia campi e villaggi!
POLKAN
(accorrendo) Grande
Zar, o nostro Padre
Il fedel tuo duce vedi!
(Amelfa
si nasconde precipitosamente)
Svegliati, Imperator!
Sventura!
ZAR
DODON (ancora
mezzo addormentato)
Cosa accade miei
Signori?
POLKAN Il nemico
su noi muove!
ZAR
DODON (si
leva sbadigliando) Beh! e
che!
Disgrazia forse?
Brucia, forse il palazzo?
POLKAN Accidenti
al diavol!
Lassù, sulla torre, il gallo grida...
Dallo spavento tutti fuggon
Vien presto!
VOCE
DEL GALLO Chirichì,
chiricocò Occhi
aperti, all'erta sto!
ZAR
DODON (al
popolo) Già, v’è
guerra figli miei
Affrettatevi a partir!
Presto e senza indugiare!
Pria aprite i ripostigli
De la guerra; il tributo
Saran volpi e castor.
Ma è prudente l'ascoltarmi.
Se talor i nostri capi
Molto più razzoleranno,
Cari miei, zitti state,
All'arbitrio non badate.
IL
POPOLO
(docilmente) D'obbedir
facciam promessa.
(Zar
Dodon si siede sul trono. Dalle camere
interne del palazzo
escono precipitosamente
Aphron e i Boiardi, tutti
armati. Guidon arriva
e, pur correndo, si stringe il cinturone)
ZAR
DODON
(solenne) Figli cari
e devoti!
Che armati veggo qui
Per punire la perfidia
Per la patria a ben morire.
L'ora vien, buon viaggio!
APHRON
(interrompendolo bruscamente) Ah! ci
lascia, ah!
ci lascia riposar.
GUIDON Ah! ci
lascia riposar!
Partan prima' i nostri capi.
APHRON Non
vogliam morir di noia
Senza donne e senza amor.
ZAR
DODON
(battendo i piedi)
Vergognatevi, tacete!
Senza repliche partite.
Dividete in due colonne
Presto e ben la vostra armata
Senza più litigar!
Su, da bravi! e buon viaggio
E tra noi, lieti fate ritorno!
(Egli
abbraccia tre volte ciascuno i suoi
figli, che partono di malavoglia, seguiti
dai Boiardi. Si sente il rumore dell'armata
che si muove. Quando tutto è calmo, si
sente la voce del gallo)
VOCE
DEL GALLO Chirichì,
chiricocò! Occhi
aperti! All'erta sto!
ZAR
DODON Qual
bellissima vision!
Cerca tu d'indovinare
Il bel sogno d'or.
Che io feci e non so più!
AMELFA Aspetta!
Un istante ed indovino
Ci vuoi calma per riuscire,
(essa riflette)
Che può
esser? Forse che
Tu di scacchi sei un Re?
Scacco matto ai tuoi nemici
La Regina, torri, alfier
Tutti fatti prigionier.
Poichè siamo vincitori
Il primo posto riprendiamo!
ZAR
DODON
(sorridente) No, più
dolce era il sogno...
Ah! che sogno!
AMELFA (che
pare abbia indovinato)
Biricchino!
(minacciando col dito)
Di domenica, tal sogno!
(essa mormora al suo orecchio)
Da le mani preparato,
Con carezza ed amore,
Di un bel fior di giovinetta
Languida ed amorosa
Abbagliato hai chiuso l'occhio!
Come augello ai rai del sole
Per le mani l'hai presa,
Al tuo seno l'hai stretta!
ZAR
DODON (con
voce appesantita dal sonno) Dove, dove
è la mia bella?
AMELFA Io
l'ignoro, mio sovrano!
(Lo Zar
Dodon, Amelfa e le guardie
si addormentano d'un sonno calmo
e profondo)
GUARDIE (nelle
quinte) Puoi
regnar e puoi dormir!
(Il
sogno di Dodon si precisa)
VOCE
DEL GALLO Chirichì,
chiricocò
Occhi aperti, all'erta sto!
(Si
sentono di nuovo delle grida, dei
passi precipitati. Le trombe suonano.
La folla, in gran disordine, si raduna
nella strada, davanti il palazzo)
IL
POPOLO (nella
strada) Al
soccorso, su, fratelli!
(Tutti
restano indecisi, non osando svegliare il Re)
Dorme il
nostro Imperator!
Come tutto è calmo qui!
Non lo svegliam!
Cosa fare? Come agir?
Dove mai Polkan si cela?
POLKAN (si
precipita seguito dai Boiardi in armi.
Amelfa si nasconde precipitosamente) Padre
nostro! Grande Imperatore!
Zar Dodon! Disgrazia grande Su noi
vien !
ZAR
DODON
(svegliato di soprassalto) Come
sempre fuor di posto!
POLKAN In città
tumultuan tutti,
Gran disordine vi regna
Urla e grida il gallo d'oro
Rivoltandosi ad Est,
La vittoria a noi sfugge.
Forse è giunto il momento
I vecchion di reclutar!
ZAR
DODON (si
frega gli occhi e sbadiglia)
Io stesso vo' a veder!
(Egli
si avvicina alla balaustra
e guarda in aria)
VOCE
DEL GALLO Chirichì,
chiricocò Occhi
aperti, all'erta sto!
ZAR DODON (d'un tono lamentoso)
Ci mette
in guardia il gallo d'oro
Incombe gran sventura
Su vecchion, è tuo dover
Ai tuoi figli aiuto dar.
(egli
si prepara senza fretta)
Il mio elmo, poi la corazza!
(I domestici apportano in fretta le sue
armi coperte di polvere e di ruggine.
Amelfa guarda il Re, con tristezza)
Stretti
troppo sono adesso!
Cerca pur lo scudo rosso
Che sempre con me tolsi.
VOCE
DEL GALLO Chiricchi
! Cocoricò!
Occhi aperti all'erta' sto!
ZAR
DODON
(esaminando il suo scudo) Rovinato è
lo scudo,
E le frecce mancan tutte!
(egli è
pronto a partire)
Più non respiro!
Pesante troppo è questa spada
Per Dodon!
(soffiando)
Vani sono i lamenti,
Insellate il mio cavallo!
VOCE
DEL GALLO Chirichi!
Cocoricò!
Occhi aperti all'erta sto!
(Numerosi domestici sostenendo Dodon
per le ascelle, gli fanno discendere la
scala, in basso della quale l'attende un
cavallo bianco. Il popolo penetra
guadualmente nel palazzo)
ZAR
DODON
(minacciando col dito il gallo) Ah!
birbone d'un galletto
Che mi fè balzar dal letto!
(Sulla
scala accennando al cavallo)
È tranquillo?
2°
BOIARDO Come un
bove.
ZAR
DODON Proprio
quel che a me conviene.
AMELFA (con
voce disperata) Senza
mangiare Grande Zar
ten'vai?
ZAR
DODON In viaggio
mangerò. Viveri
abbiamo?
POLKAN Per tre
anni.
VOCE
DEL GALLO Cocoricò!
Occhi aperto
All'erta sto!
ZAR
DODON Per la
guerra allor partiamo
AMELFA Più
convien Doman
partir.
(Dodon
è a cavallo)
IL
POPOLO (a
perdifiato)
Gloria a te, o Zar Dodon
Urrà! Urrà! Sol ten'
vai?
Non hai dei capi?
Vuoi tu vincere il nemico?
Se la pelle vuoi salvar
Ti conviene indietro star.
ATTO
SECONDO (Notte
oscura. I torbidi raggi della luna
rischiarano di riflessi sanguigni uno
stretto
sentiero cosparso di piccoli cespugli e le
rocce dirupate. - La nebbia della montagna
riempie tutte le cavita d'un velo bianco.
Fra
le siepi o sulle pendici nude delle colline
giacciono i cadaveri dei guerrieri; si
direbbero
pietrificati in mezzo alla loro ultima
battaglia.
Delle aquile e degli altri rapaci, a gruppi,
si
sono abbattuti sui loro corpi; a ogni colpo
di
vento, essi s'involano, spaventati, Due
cavalli
sono immobili, la testa inclinata sui
cadaveri
dei loro padroni, i figli di Dodon. Tutto é
calmo
e silenzioso, minaccioso) (Si
sente di lontano un rumore di passi. È
l'armata
di Dodon che avanza paurosamente. Dei
guerrieri
appaiono, seguendo il sentiero. Essi vanno a
due
per due, si fermano, si voltano)
SOLDATI
Cupa e
spaventevol notte!
Tutto tace, solo i corvi
Fanno triste guardia ai morti!
Della luna il vermiglio scudo,
Brilla qual funesta lampa.
Zitti! lugubre e stanco, il vento
Nei cespugli s'insinua,
Mugulando sovra i morti.
Triste piange sulle tombe,
Tace e poi di nuovo piange,
Ecco, sfiora un capo morto
Sconvolgendogli i capelli...
(Il Re
Dodon tormentato da tristi pensieri,
arriva al passo con un vecchio generale.
Essi
incespicano contra il corpo dei due
principi)
ZAR
DODON
(precipitandosi sul corpo dei suoi figli)
Ah!
Orribile visione! Questi
sono i miei figli!
Senza elmo, insanguinati,
Nella quiete qui riposan,
L'un dell'altro sangue intriso!
I fedeli lor corsier
Son dispersi ne li prati,
Rossi d'erba insanguinata...
Eran mio sostegno,
Figli miei, sorte crudel!
I miei falchi son caduti
Ne le insidie.
Della mia vita ecco il fin!
Piangete tutti con Dodon
Che la steppa sconfinata
Gema sotto questo lutto.
Rocce, boschi, monti, valli.
Tremar dovran, dolorare, Ah!..
Ah!.. Ah!.. Ah!..
CORO Ah!.. Ah!.. Ah!..
Ah!..
ZAR
DODON
(lamentosamente) Ma or
voglio esser io il condottiero!
Di sì balda giovinezza,
Vo' la vita tutelar!
Ah!.. Ah!
(piange
ancora)
POLKAN
(a
Dodon) Lacrimar a
nulla val!
(egli
si volge all'armata)
Di vendetta sol si
parli!
Zar Dodon dobbiam seguire...
CORO Vendicar
noi ci dobbiam
Il nemico inseguiam.
(Nessuno risponde. Il giorno comincia a
spuntare. La nebbia gradualmente si
disperde, e si scorge, piantata al riparo
di un'ala della montagna, una tenda.
La luce dell'aurora si riflette sugli
arabeschi delle pareti di broccato
screziato)
ZAR
DODON V'e laggiu
una tenda,
Com'è bella!
(I
primi raggi del sole appaiono. Si vede
muovere le pareti della tenda.
I cannonieri fuggono sbandati,
abbandonando i loro pezzi. Dalla tenda
esce una bella e giovane donna, dal passo
leggero, ma maestoso. Essa è seguita da
quattro schiave che portano strumenti di
musica: salterio, viola, zampogna e
tamburo. La sua lunga veste di seta rossa
è riccamente ricamata d'oro. Porta un
turbante bianco, ornato di una lunga piuma.
Pare non vegga
nulla, e le braccia
levate come se pregasse, canta,
rivolgendosi al sole che brilla)
LA
REGINA A me
rispondi, astro d'oro,
Che dall'Oriente qui sei giunto!
Dalla natal mia dolce terra,
Dal bel paese dei sogni,
Sbocciano ognor le nostre rose
E le brillanti corolle dei gigli?
Ancor sui laghi d'opale,
Gli augelli librano il vol?
E nella sera, presso le fontane,
Nei miti canti di fanciulla,
V'è sempre l'estasi d'amore,
Che nutre ancora i dolci sogni?
E gettano raggi
I loro occhi di gazzella?
Chi, nella notte stellata,
Con passo lieve, verrà
A torre il vel
Che cela la belta?
E nel tepor di azzurra notte
Ancor affretta il passo audace,
La deliziosa innamorata
Che anela baci
Ond’ella corre senza tregua,
In fiamme il viso ed il seno
Traendo dolci canti in cor?
(Avendo
finito di cantare, ella si volge
al Re e lo guarda lungamente, senza parlare)
ZAR
DODON Dolce
canto!
Chi è mai?
POLKAN
Se la
giovane padrona,
A noi offre un pranzo buon,
Qui potremo rimaner.
(Dodon
si approssima gravemente alla
Regina. Polkan lo segue. Gli altri non
osano avvicinarsi)
ZAR
DODON Non temer
di noi, o bella!
Mi rivela il tuo nome.
I tuoi avi chi son?
La tua Patria quál’è?
LA
REGINA (timida, e gli occhi bassi)
Libera e sola vivo, Di Scemaká
son la Zarina.
E vengo di lontan Pel tuo
regno conquistar.
ZAR
DODON
(stupefatto) Mi
diverti! Tu regina?
Ma l'orgoglio non ti prenda,
Chè per stringermi in tu laccio,
Troppo debole é il tuo braccio.
LA
REGINA
(sempre con timidezza) Quel che
dici e molto sciocco!
Bastan sol a mia vittoria,
Dei miei occhi lo splendor,
La beltá trionfa sempre:
(Ella
batte le mani. Dalla tenda escono
due schiave che portano dei vassoi
d'argento e riempiono di vino le coppe)
LA
REGINA
Io vi
chiedo l'alto onore
Di sedere alla mia mensa. Per
favore, assaggiate questo vin!
(Ella si inchina e offre
una coppa
piena allo Zar Dodon, che si scosta
con diffidenza)
A voi, salute!
ZAR
DODON Prima beva
la Zarina,
Poscia a me!
LA
REGINA
Non hai
vergogna?
Guarda i miei occhi,
Che rifulgon come stelle.
Credi tu che con tal sguardo
Possa offrirti del velen?
(Essa
lo guarda sorridendo. Dodon,
turbato, beve e Polkan segue il suo
esempio. Le schiave ritornano; esse
stendono un tappeto in
mezzo alla
scena e dispongono
attorno tre cuscini,
a guisa di seggi. Ad un
segno di Polkan,
i soldati in fondo alla
scena s'installano
comodamente. Si portano
vía i cadaveri.
Dodon, Polkan e la
Regina, seggono. I
due uomini sono confusi.
La Regina ha
un sorriso enigmatico)
POLKAN
(riprendendo coraggio e curvandosi
bruscamente verso la Regina,
conl’ intenzione di essere affabile)
Calma fu
la notte,
Hai dormito ben?
LA
REGINA
Grazie!
Dormo sempre bene....
Ma se all'alba, il chiaror
mi risveglió,
L'aria satura d'ebbrezza,
Di dolcezze, di profumi,
Qual respir di mille fiori,
Inebbriava il mio cuor,
Nella notte silenziosa
Mormorar sommesso udia:
Del mio cor, vieni a l'appel.
Vieni! Vieni!
POLKAN
Tu
sospiri, ei verrà!
LA
REGINA
(balzando dal suo seggio) Caccia via
questo mostro,
(Polkan pare sconcertato)
Non lo posso più vedere!
ZAR
DODON Cosa
guardi, animale?
Apri gli occhi qual civetta,
E non vedi ch'è pudica
E che teme il nostro sguardo?
Sta lontan di qui: ten' va,
Di laggiù potrai guardar.
(Polkan si leva docile, e
va dietro la tenda di
dove, ad ogni momento,
mostra un pò il suo
naso e la sua lunga
barba. La Regina avvicina
il suo cuscino a quello
di Dodon)
LA
REGINA
(quasi
all'orecchio di Dodon) Ho da
dirti qualche cosa.
ZAR
DODON
(Piú
confuso che mai) Che?
Parla!
LA
REGINA
V'è una
cosa che
Mi struggo di saper,
Vantan tutti mia bellezza,
Puro fiore verginale,
(essa guarda Dodon bene
negli occhi)
Che ne dici?
ZAR
DODON
(balbettando) Io...
non... so... certo...
LA
REGINA
Solamente
ció?
Te meschino
Che mi vedi abbigliata,
Perche nuda, bella son,
Lo specchio mio,
Mel' ripete tutto il dì!
(con
ammirazione di se stessa e con crescente animazione)
Quando cadon le mie vesti,
Sembro il sol,
Che dalla nebbia,
Nell'albor fuggente appar,
O un idolo d'or.
D'alabastro è il mio corpo,
E d'un fulgido candore!
Sciolgo i bei capelli neri,
Che mi copron come onde,
Flutti neri ricadenti
Sul velluto delle spalle
E sul marmo delle braccia.
La mia pelle a rinfrescar,
Mi cospargo di rugiada,
E le perle rilucenti
Si asciugan sul mio sen!
É il mio viso come rosa,
Come pesca vellutata,
Come sogno che traspar...
Cosa sente il mio vecchietto?
La testina ahime!.. ti gira?
ZAR
DODON
(con
sforzo) No, mi
dolorano i reni!
LA
REG1NA Nulla
inver! Or cantero,
Ed il male scaccero!
(d'un colpo d'occhio essa ordina alle
schiave d'accompagnare il suo canto)
Non ti piace la canzone?
Ne so un'altra! Scura,
stretta è la mia tenda
Ricamata tutta in or
Vien, sul morbido tappeto,
Il tuo corpo puoi posar.
Vuoi entrare nella tenda
Vecchio mio?
(essa
tontinua a cantare, sempre
scherzando con Dodon)
Ah! Vien l'amica notte
sarà dolce per te!
Maturan viti,
Dolce vin ne gocciola
Che l'ardor dee rinnovar.
(Si risiede e dice d'un tono stanco)
Di cantar l'augel si stanca
E riposo chiede e brama;
E' il tuo turno: canta tu!
ZAR
DODON Non
rammento, l'ho scordato.
LA
REGINA
(tendendogli il salterio) Su,
rammenta!
(Il Re
prende il salterio, esita, poi
bruscamente si mette a cantare
a perdifiato, con il coraggio
della disperazione)
ZAR
DODON In eterno
t'amero;
Mai di te mi scordero!
LA
REGINA
Ah! ah!
ah! ah! e poi è poco
Mai udii simil canto.
ZAR
DODON
(come
prima) lo non
posso seguitar
Mi dovresti suggerir.
LA
REGINA
(ridendo) Ah! sei
buffo Tante grazie!
No! Sei troppo tardo e lento
Non sei fatto per cantare!
Ah! tuoi figli eran piu lieti.
Quanta gioia! che allegrezza!
Ma, gelosi l’un dell'altro,
Qui s'uccisero per me!
ZAR
DODON
(scontento) Ah! la
sorte li punì!
LA
REGINA
L'uno e
l'altro m'adorava
I mio cuor ciascuno ambiva;
Per avermi anco m'offriva
La corona che tu porti!
ZAR
DODON Giusto fu
dunque il destino! Non
rimpiango, no, lor sorte
LA
REGINA
(senza
ascoltar Dodon) Alla terra
mia natal
Mi volevano·seguir.
ZAR
DODON·
È lontana
la tua terra?
LA
REGINA
Là,
d'Oriente al confine,
V'é la 'terra mia natal,
Sotto un Cielo ognor sereno,
(sognatrice e come affascinata,
dimenticando Dodon)
Ah! Perchè cosi penar?
Ed invano il cor straziar!
Sconfinata è mia tristezza
Come l'implacato mare...
(A Dodon)
Ah! la vita togli a me!
Oh! m'infrangi il mesto cor!
(Essa
appare desolata.·
Dodon vuol calmarla)
ZAR
DODON Perchè
piangere mio ben!
Han rimedio tutti i mal.
LA
REGINA
(piangendo) Dove mai
trovar·un uomo
Che me osi contraddire,
(come in sogno)
Sottomettermi al suo voler
Fiero, forte?
ZAR
DODON
(solenne) Tergi il
pianto
Te io voglio far beata
Di Scemakà, o gran Regina
A te presso alfine sta. Chi felice
ti farà!
Ecco il despota che chiedi
Contraddirti sempre voglio
Al tuo appel son pronto già.
Puoi fin d'ora comandar!
LA
REGINA
(attonita) Tu
contraddirmi?
Ah, ah, ah, ah, ah, ah, ah!
(con allegria)
Son felice, oh, che gioia!
Che delizia!
(Nell'eccesso della sua gioia,
stringe le mani di Dodon)
Or per festeggiare il patto
Qui con me dovrai danzare.
ZAR
DODON
(con
sgomento)
Dall'infanzia non danzo piu!
LA
REGINA
Ben,
allora, su bambino.
Aggiustar vo’ la barbetta! Vieni qui!
(Lo spinge verso il mezzo della scena)
Più quì, nel mezzo.
(Si
tolgono i cuscini)
ZAR
DODON
(con
voce lamentosa) Fa
l'armata allontanar.
LA
REGINA
(rimproverandolo) Ti convien
tacer, Dodon,
Mi fan rabbia i tuoi capricci.
Chi dovrà. segnare il passo
Per la danza tua leggera
Se l'armata allontaniam?
ZAR
DODON
(in
collera) No! Io non
vo danzar per loro. LA
REGINA
Ben,
Polkan sarà al tuo posto.
Eh! Polkan, víen qui,
vien qui. (Polkan
spinge la testa, ma non osa
muoversi dal suo nascondiglio)
ZAR
DODON
(conciliante) No!
Perdona, mio amor;
Di bailar non son capace
Ma ti voglio contentare...
LA
REGINA Cominciam!
Venite qua!
Zar Dodon qui danzerà.
(Timidamente Polkan e i guerrieri
s'avvicinano al tappeto e formano circolo,
essi si sforzano di non guardare Dodon;
Le schiave intonano un'aria di danza,
lenta. Un tamburello in mano, la Regina
avanza, graziosa e leggera. Essa danza)
LA·REGINA Lieve,
snella, avanzo il pie,
Mi ricopre argenteo vel
Ma ho gran timor!
Or tocca a te. Qui ne
vien, mio bel Dodon,
Dondolandoti come un tacchino
Segui il passo, la molle cadenza.
Poi, t'avanza, vien presso me: cosi!
(Dodon
danza secondo le sue indicazioni e arriva presso la Regina)
Or prendo
il tamburel
E fuggenda da te
Guizzo come pesciolino d'or.
Brutto, vile gàmbero,
Me non dei toccar...
(Dodon
danza ancora)
LA
REGINA
(arrabbiandosi) Non così:
Gira bene le tue gambe!
Rassomigli ad un cammello.
Le braccia solleva.
E presto ti gira.
(La
danza diviene più animata)
Batti il ritmo coi piedi
Chè mi voglio riposare.
(Dodon
agitando le braccia con disperazione,
comincia una danza frenetica. La Regina
si è seduta su un angolo del tappeto,
essa
ride convulsamente vedendo le piroette
di
Dodon. Dei piccoli negri escono dalla
tenda
e' si dispongono attorno a Dodon.
Estenuato,
Dodon si lascia cadere sul tappeto. I
musici
cessano di suonare. I piccoli negri
fuggono)
ZAR
DODON
(mettendosi a ginocchio) Son
sfinito, non reggo più!
(alzandosi)
Se ti piaccio, bella bimba,
Vien con me nel mio regno
Nel possente mio Impero!
Vien, con me,
Del mio regno ti fo don!
LA
REGINA
(con
disprezzo) Che farò
di te, Dodon?
ZAR
DODON Chè
faremo?
Ti faro la mia Regina!
Ogni brama appagheró,
Nulla a te ricuseró!
Tutto, meno...
Il Merlo bianco.
LA
REGINA
Ma Polkan
avra le verghe?
Ah! detesto il mascalzon.
ZAR
DODON
(con
uno slancio) Lo vogliam
decapitar?
LA
REGINA
Son
felice, ed accetto,
Ma non perdere più tempo
Or il viaggio prepariam.
Su, in marcia.
(Dalla
tenda escono degli schiavi che portano specchi, ventagli, gioielli e
tappeti. Essi aiutano la Regina a
prepararsi per il viaggio Nel campo
di Dodon la stessa agitazione)
ZAR
DODON I corsier!
Il cocchio
d'or
per la Zarina!
Vien con me
O mia sovrana!
LA
REGINA
(mettendosi a lato di Dodon)
Son pronta:
Ah, ah; ah!
Allo sposo
Inneggiam!
GLI
SCHIAVI Chi
cammina zoppicando
E fiancheggia la Zarina?
Ha l'aspetto d’un sovrano.
Ma ha schiavi, corpo ed alma!
A chi Dodon somiglia?
La schiena ha curva·
Come il cammello,
D'uno spettro ha il sembiante.
ZAR
DODON
(che
non puo contenersi) Eh! Polkan
Trombe squillate!
Con la sposa Fo'
ritorno.
(Fanfare. I soldati gridano.
Il corteo si muove)
SOLDATI
Urrà!
Urrà! Urrà! Urrà! Urrà!
ATTO TERZO
(Una strada molto animata
della capitale, davanti
alla sala del Palazzo del
Consiglio. Al disopra
dell'entrata, in alto
d'un lungo ramo, si drizza il
piccolo gallo d'oro,
tutto rischiarato dal sole di
mezzodi, Case ammassate
un po' dovunque. Folla
nella strada, alle
finestre, persino sui tetti. Sotto la
colonnata del palazzo si
pigiano i boiardi, le loro
donne, i loro fanciulli.
Giornata calda e soleggiata,
ma ad est una pesante
nube nera avanza lentamente,
l'aria è satura di
temporale. Di tanto in tanto
arrivano dei messaggeri
sbuffanti, che portano le
ultime notizie. Essi
montano la scala e scompaiono
all'interno. Tutti
aspettano ansiosi l'arrivo del Re)
IL POPOLO
Da sgomento presi siam!
Perchè? L' ignoriamo.
Ma che! Più disgrazia
Non ci coglie. Guardate là!
Il galletto è tranquillo
Si riposa al dolce sol,
Si riscalda, e zitto sta.
Pur che in tempo poi s'accorga!
Da l'Oriente s'avvicina
Grande, nera, una nube,
Che sfortuna porterà
Pioverá! Grandinerà!
La tempesta s' avvicina
Vien l'uragano!
(In alto della scala
appare
l'intendente Amelfa,
tutti si precipitano verso lei)
POPOLO
(con gioia)
Buona madre, t'imploriam!
Rassicura i nostri cuor!
Fu dei nostri la vittoria?
De l'armata hai tu novella?
AMELFA
(con voce sconvolta)
Si, ma ciò non vi riguarda
Via di qui, questa è la
risposta.
CORO
Grazia! Cruda è l'attesa!
(Parecchi di
essi,·s'avvicinano ad
Amelfa, sforzandosi di baciare l'orlo
del suo vestito. Essa li respinge)
AMELFA
Va ben.
(Per disfarsi di essi)
Ecco le notizie.
Zar Dodon è vincitor
Di quattro Re.
Fiori, picche, quadri, cuori,
Lor armate fur distrutte
E dall'antro·di un drago
Fu salvata la Regina
Che sarà la sua sposa
CORO
(senza molta gioia)
Che gran festa! Va benone,
Ma i Principi ove sono?
AMELFA
Zar Dodon l’incatenò
E così dovran morir.
TUTTI
(con spavento)
Che terribil giustiziere!
Quale fu la loro colpa?
AMELFA
(con indifferenza)
Son cascati proprio mal.
(con tono minaccioso)
Anche a voi può accader!
TUTTI
(si grattano la nuca e
sorridendo stupidamente) ·
Vostri siam, e cuore e vita
Se ci picchian lo meritiam.
(si sente suonare le
trombe)
AMELFA
Vengon: con carole e salti
Festeggiate il gran sovran·
Allo zar gridate osanna!
Ma favori non sperate.
(Minacciandoli co1 dito,
essa rientra
nel palazzo. Nella strada comincia il
corteo trionfale. Dapprima i militi del
Re, con arie importanti e fanfarone,
poi il seguito della Regina di Chemakhà,
variopinto e bizzarro, come uscito da un
racconto orientale. Certi personaggi non
hanno che un occhio, in mezzo alla
fronte,
altri, hanno delle corna, altri teste di
cani.
Giganti e nani. Etiopici grandi e piccoli,
schiave velate portanti cassette e
vassoi
preziosi. Questa pompa insolita dissipa
per qualche istante l'ansietà del popolo.
Tutti si divertono come dei fanciulli. Il
corteo della Regina)
IL POPOLO
Chi son costora?
Quelli là!?
Che vestiti scintillanti!
Son selvaggi dal nero viso
E le labbra nere e grosse!
Ecco i nani - Molti son!·
Sembran cani.
I giganti!
Dove nasce questa gente?
Guai se li sognam di notte!
(Il Re e la Regina
appaiono sul loro
carro dorato. Il Re pare invecchiato.
Ha perduto il suo aspetto maestoso.
Egli è inquieto. Guarda continuamente
con tenerezza la Regina. Questa si è
capricciosamente voltata di lato, e
tradisce, di tanto in tanto, con dei
bruschi gesti, l'intima nervosità.
La folla si agita, salta, gira, lancia
allegre esclamazioni)
IL POPOLO
Vita lunga a fe! Urrà!
Gran fortuna al nostro Re. Urrà! Urrà!
Lunga vita al nostro Re. Urra! Urrà! Urrà!
Fedelta noi ti giuriamo,
A te fidi in tutto siamo;
Sempre pronti al tuo desir
Sol per farti divertir!
In tornei, per te festanti,
Tra dolcezze, danze e canti
Il tuo cuor si può bear,
Senza palpiti sognar!
Senza te, la vita è nulla,
T'adoriam fin dalla culla.
Siamo nati sol per te,
Sol per essere ai tuoi pie.
(Sulla porta d'una casa
appare
l'astrologo, sempre vestito di azzurro
e la testa ricoperta dal suo berretto.
Avendo scorto l'astrologo, la regina
l'esamina lungamente con attenzione.
Il Re si prepara a
discendere, ma la
Regina lo trattiene, e designando col
dito l'astrologo, d'un tono inquieto)
LA REGINA
Chi è mai colui con quella
cuffia?
Tutto bianco come cigno?
(La folla si é ritratta
davanti
all'astrologo e attende silenziosa.
La Regina osserva sempre l'astrologo.
Tuono lontano)
ZAR DODON
(felice di rivedere il suo vecchio
amico)
Ehi! buongiorno, vecchio
saggio,
Mio amico e confidente!
In questo dì, fra tante feste,
A che ne vieni, cosa brami?
(L'astrologo traversa la
folla, e
s'avvicina al carro reale.
Egli non cessa di guardar la Regina)
ASTROLOGO
Zar possente, sono qui,
Per il conto liquidar.
Ti rammenta la promessa!
Ben tre volte tu giurasti
Di compire il mio voto.
Vuoi sapere il mio desir?
A me devi regalare
Di Chemakhà la sovrana!
(Stupore generale. Dodon
è confuso
e La Regina si mette a ridere)
LA REGINA
(d'un tono ambiguo)
Com'è svelto questo vecchio,
Che non perde il proprio tempo.
ZAR DODON
(volendo persuadere
l'astrologo)
Pazzo, che ti prenda il
diavolo!
Sei di senno fuori uscito?
Donde vengon certe idee?
Io promisi, questo è ver,
Ma insensata è la richiesta...
Ma perche vuoi la Zarina?
L' ASTROLOGO
(dignitosamente)
Un po' vecchio certo sono,
Ma anch'io vo' provar,
La mia vita a rallegrare,
Arrischiando un matrimonio.
ZAR DODON
(contenendosi appena)
Basta. Son o non son il Re?
Altro chiedi e tel daro
Del danaro, grandi onori,
I cavalli miei piu belli,
Mezzo regno se vorrai.
L.'ASTROLOGO
(testardo)
Nulla vo' di tutto ciò.
A me devi regalare
Di Chemakhà la sovrana.
ZAR DODON
(al colmo della rabbia)
Zitto! Crepa! È così!
Ora ascolta la risposta:
Niente più riceverai
Ti tormenta, peceatore!
Mai tu ardisca più tornar.
Questo pazzo, via di qua!
(Le guardie trascinano il
vecchio che si dibatte)
L'ASTROLOGO
Proprio cosi?
ZAR DODON
(furioso)
Che! Tu discuti?
Con Dodon, così sì lotta!
(Gli da un colpo con lo
scettro sulla testa)
(L'Astrologo stramazza e muore
Sgomento nei presentí. Delle nubi
velano il sole, il tuono rumoreggia)
LA REGINA
(scoppia dal ridere)
Ah, ah, ah! Ah, ah, ah, ah!
Com’è buffa la vita qua!
ZAR DODON
(con tono supertizioso)
Gran timor ho per le nozze!
A me verrà gran sfortuna...
Potrà cogliermi sventura?
(Dodon e la Regina
discendono dal carro)
LA REGINA
(seccamente)
Chi vivrà, vedrà la fin
Ecco tutto!
ZAR DODON
(Tranquilizzato e
raddolcito,con ebbrezza)
Con un bacio
Sventerem la iettatura!
(Egli vuole abbracciare
la Regina,
ma questa lo respinge
con furore e disgusto)
LA REGINA
T'allontana, brutto mostro,
Te e il popol tuo odioso
Io non so, come su voi,
Non ricada del ciel l'ira!
Tu sorridi, chiacchieron,
Ma vicina è la tua morte!
ZAR DODON
(con stentato sorriso)
Scherzi sempre, mia piccina.
LA REGINA
No, non è più l'ora di
scherzare.
(Essi salgono la scala)
VOCE DEL GALLO
Chichiriccò!
Col mio becco t'ucciderò!
(Subitamente, il gallo
spicca il volo
dalla sua freccia e si
libra voleggiando
al disopra della folla.
Tutti spaventati,
agitano le braccia per
scansarlo. Il gallo
da un gran colpo di becco
sulla testa del
Re che cade morto.
Spavento generale.
Violento colpo di tuono. Un'oscurità
completa regna per un
momento, durante
il quale si sente il
ridere tranquillo della
Regina. Quando la notte
si è dissipata, non
si vede più nè la Regina
ne il gallo)
IL POPOLO
(con meraviglia)
La Regina ov'è?
Scomparsa!
E di lei non v'è più traccia!
(con speranza)
Vivo è il Re?
(Tristemente)
No, egli è morto!
Sembra invero di sognar!
Egli è morto!
(Oppresso dal dolore il
popolo intero
intona un Lamento
funebre)
No! l’hanno ucciso!
Zar felice!
Zar inconscio!
Grande zar,
Che brillava come un sol,
Che sdraiato pur regnava
Con le braccia incrociate!
Se in collera montava,
Come lampo risplendea
Ei puniva tutti quanti
E metteva tutti al bando.
Quando passa il temporal
Tutto l’aere in festa par
Come sole egli splende
E di grazia tutti colma.
(Con profonda tristezza)
Che ci porta l'alba nuova
Come viver senza zar?
(Essi si abbattono al
suolo e singhiozzano)
CONCLUSIONE
(L'Astrologo aprendo il
velarío si presenta)
L'ASTROLOGO
(agli spettatori)
Cosi termina la fiaba.
La sua fine tanto triste,
Non vi deve addolorare
Ma sol farvi meditare:
Che la donna è ognor fatale
E che sacra è la promessa;
E non deve la sua fè
Obliar... neppure un re.
(Egli saluta e scompare)

|
INTRODUCCIÓN (Se presenta en
escena el astrólogo,
con una llave la en mano) ASTRÓLOGO (al público) Con sus debilidades,
pasiones y peculiaridades,
los héroes revivirán
ante vosotros una fábula.
Sí, una fabulosa fantasía que,
aunque lo sea,
meditar convendrá
la moraleja que de ella surja. (Sale)
ACTO PRIMERO (Antes que se alce
el telón, se tiene el
presentimiento de que algún hecho
grave
ocurrirá. El Consejo Real se halla
sentado.
La sala está ornamentada ricamente.
El verde,
el azul, el amarillo, colores
preferidos del Zar
Dodón, predominan. Uno de los lados
de la
sala está limitado por una
balaustrada. A
través de ella se ven las calles
estrechas de
la ciudad, con numerosas terrazas
llenas de
maceteros con lirios. Los rayos de un
sol de
primavera, penetrando en la sala
imprimen
largas trazas de luz y se reflejan
sobre el
suelo. El resto de la sala aparece
más oscura.
Una escalera externa desciende en un
rincón.
A la entrada, los guardias dormitan.
A nivel
del suelo se ven pasar las cabezas y
los hombros
de las personas que circulan fuera y
que se
saludan presurosamente al cruzarse.
Cerca
del otro muro, sobre de los bancos
cubiertos
de brocados, se hallan sentados un
grupo de
hombres graves y barbudos. Al medio,
sobre
un trono ricamente adornado de plumas
de pavo
real, está Dodón, con la corona en su
cabeza,
vestido con un traje de ceremonia
amarillo.
Junto a él están sentados sus dos
hijos Aphrón
y Guidón. Entre los consejeros está
el general
Polkan, viejo y curtido soldado) ZAR DODÓN (Abatido y
pensativo) Os debo hacer saber la
razón
por la que habéis sido
convocados:
A Dodón, vuestro zar,
muy pesada le es la corona.
¡Escuchadme, queridos! Fui terrible en mi
juventud.
A los vecinos, sin tregua,
les causé daños y grandes pérdidas,
pero ya estoy cansado de luchar.
Ahora sólo anhelo la paz,
solamente deseo descansar. Mas el enemigo, hostil
y artero,
continuamente nos amenaza.
¡Sin tregua nos acosa!
Para proteger las fronteras
de las poderosas fuerzas adversarias,
he dispuesto un ejército
para luchas contra el enemigo. Mis valientes siempre
están alerta,
pero la guerra parece perdida.
(con desesperación)
¿Protegemos el norte?
¡No! ¡Del oriente nos
atacarán! ¿Permanecemos aquí?
¡Esos malditos vendrán por el
mar! ¡De
rabia, a menudo lloro! ¡Yo, Dodón!
¡La cólera no me deja conciliar el sueño!
¡Cuántas penas torturan mi corazón! Os pido consejo y
ayuda.
¡Oh, mi heredero, habla tú el primero! GUIDÓN (saltando de su
escaño) Toda la noche yo velé
pensando, ¡oh, padre mío!
en las miserias de mi soberano.
Al llegar el alba al fin encontré
un muy ingenioso método de resolverlas. ZAR DODÓN ¿Por qué te esforzaste
tanto? ¿Quieres quebrantar tu
salud? Nuestro problema es que
el enemigo
está demasiado cerca de nosotros
y apenas se pone en marcha,
atraviesa de inmediato la frontera. BOYARDOS ¡Sí, apenas comienzan a
marchar
atraviesan la frontera! GUIDÓN (satisfecho de su
idea) Concentrar debemos sin
demora,
en la capital, nuestras tropas.
Acumularemos con presteza
una enorme cantidad de víveres. ZAR DODÓN ¡Con comida y bebida,
viviremos sin sobresaltos! GUIDÓN ¡Cerveza y vino en
cantidad
para olvidarnos de la guerra! BOYARDOS ¡Qué nos importa la
guerra! ZAR DODÓN (entusiasmado) ¡Hagamos lo que él
dice!
¡Que fácil será todo! POLKAN (hablando con tono
irritado) ¡Ah! ¡Qué el diablo me
lleve! ¡Considero esa la peor
propuesta!
¡El enemigo llegará hasta las puertas de la
capital! Sobre el palacio del
zar su ira descargará
y podrá herir al soberano. BOYARDOS (temblando de miedo) ¡Dios nos libre y nos
guarde! ZAR DODÓN (Mirando a Polkan
con enfado) ¡Calla animal! ¿Quieres que te haga
encarcelar? BOYARDOS (furiosos, para sí) Muy ofuscado está el
viejo. ZAR DODÓN (después de haber
meditado, sonríe) Pero no se puede negar
que un peligro muy cercano
causa el mayor de los espantos.
Habla tú, hijo mío,
pues eres el preferido de mi corazón. APHRÓN (impetuosamente) Padre mío, qué lástima
da,
que Polkan, que es tan sabio,
os haya hecho irritar. ¡Ya no lo llamaré
hermano mío! (Guidón empuña su
espada) ZAR DODÓN ¡Que no haya pelea! APHRÓN ¡Callad todos!
Sólo yo puedo quitarle a mi padre sus grandes penas y
aflicciones. Escuchadme todos.
A nuestro glorioso ejército,
incitado por un bélico ardor,
hagamos salir al combate. Si el enemigo es
atacado,
antes de un mes querrá rendirse.
Con nuestras escuadras lo enfrentaremos
y cuerpo a cuerpo lucharemos
a la usanza de los antiguos héroes.
Y debilitando su poderío,
regresaremos con el corazón lleno de gloria. BOYARDOS Regresaremos con el
corazón lleno de gloria. POLKAN ¡Imposible ¡oh,
poderoso Zar! ZAR DODÓN (furioso, a Polkan) ¡Maldito fanfarrón! Aunque tengas una larga
barba
que te llega hasta la cintura,
¡sigues siendo un idiota! BOYARDOS (con ansiedad) ¡Todo lo has arruinado! ¡Estamos espantados! ZAR DODÓN (sin poder
contenerse) ¡Imbécil! ¿Has pactado
con el enemigo? Tal ultraje me hace
enfurecer. GUIDÓN ¡Traidor! APHRÓN ¡Traidor, que se burla
del soberano! (Todos se arrojan
sobre
Polkan que se defiende) BOYARDOS ¡Toma! ¡Deberíamos
atarlo! ¡Azotémoslo! ¡Que sea
encadenado! ZAR DODÓN (tranquilamente) ¡Callaos, calma! ¿Ves como hablas como
un imbécil? Pero, ¿qué vamos a
hacer con el enemigo? ¿Qué maniobra nos
conviene realizar? BOYARDOS No sabemos ¡oh, gran
zar!
¡Discúlpanos, gran zar! ZAR DODÓN (con desprecio) ¡Idiotas! BOYARDOS (apresuradamente) Es cierto. UN BOYARDO (titubeando) Había una vez
una vieja bruja
que leía en las habas el porvenir. 2º BOYARDO ¡No es verdad!
Era un viejo
que el futuro leía
en los posos del café. GUIDÓN Mirando el cielo, por
medio de las estrellas,
conoceremos el porvenir. BOYARDOS ¡Con las habas es más
seguro!
¡No, el cielo!
¡Las habas son mucho más seguras! ¡No, el cielo! ¡Las
habas! ¡No, el cielo! ¡Los
sueños!
(La disputa se pone encarnizada. El Zar
permanece sentado, pensativo. En este
momento aparece sobre la escalera un
viejo
astrólogo. Lleva un hábito azul bordado
de
estrellas y un gorro de astracán. Bajo el
brazo
lleva un astrolabio y un costal jaspeado.
Todos,
en silencio, lo miran. Se acerca al zar,
a pasos
lentos, y saluda con una reverencia.
Luego se
arrodilla) ASTRÓLOGO (de rodillas) ¡Gloria a ti, zar
Dodón! Consejero fui otrora
de tu difunto padre
y su fiel servidor.
Vengo a traerte consejo.
Tus preocupaciones bien conozco.
Un gallito he traído aquí
y sobre la torre lo colocarás.
Mi querido gallito de oro.
¡Él será tu fiel guardián! Si la paz sobre
nosotros reina,
sobre la torre inmóvil él permanecerá;
pero si advierte que el enemigo
intenta atacarnos,
si desde lo alto de la torre
un fuerte ejército divisa
que sobre nosotros quiere avanzar,
él, sacudiendo sus alas,
valientemente levantará la cresta
y con voz alta y clara cantará:
¡Quiquiriquí, ojos abiertos, alerta estoy! ZAR DODÓN (un poco incrédulo) Esas palabras son muy
lindas
pero los hechos valen más. (Todos rodean con
curiosidad
al astrólogo que saca de su costal un
gallito de oro. El gallito se debate
entre sus manos y grita) VOZ DEL GALLO ¡Cocoricó -
quiquiriquí! ¡Puedes dormir
tranquilo! (todos gritan
maravillados) BOYARDOS ¡Qué prodigio! ¡Qué
milagro! ¡Dice la verdad, es un
verdadero oráculo! ZAR DODÓN ¡Qué prodigio! ¡Qué
milagro!
(A la muchedumbre,
con alegría)
¿Debo pensar que el destino
me hace invencible?
(a los criados)
Colocadlo sobre una pica
para que nos proteja a todos.
(Al astrólogo)
¿Cómo puedo agradecerte? ¿Qué te puedo regalar
además de mi consideración y amor,
por tu gran favor?
(solemnemente)
¡Tu mayor deseo
juro satisfacer! ASTRÓLOGO Nunca el sabio deseó un
tesoro.
Los honores y las riquezas
crean solamente grandes enemigos.
Por tu cariño te estoy agradecido,
pero te ruego humildemente
que me des una garantía de tu regalo
y que sea estable como una roca.
¡Palabra del zar! ZAR DODÓN (admirado) ¿Garantía? ¡Qué dices!
Quizás me estoy equivocando.
Mis caprichos y deseos
son la ley de cada día. Dudar no, no debes, pues tu deseo sabré
satisfacer. (El astrólogo saluda
inclinándose y se
dirige hacia la salida. El zar, después
de acompañarlo hasta la escalera,
despide a los boyardos y príncipes
con un majestuoso gesto) VOZ DEL GALLO (Desde lo alto de
una pica) ¡Quiquiriquí,
quiquiriquí! Ahora puedes reinar aún
dormido. ZAR DODÓN (escucha y se pasea
feliz frotándose
las manos con complacencia) ¡Alegría inmensa! ¡No
más pesares!
Con los brazos cruzados podré reinar.
Si quiero, puedo dormir,
pues nadie me desvelará. ¡Si lo deseo, las
hermosas fábulas,
los juegos y danzas de los bufones
me harán olvidar
la tristeza de este mundo! (La intendente
Amelfa aparece
en la puerta de la habitación) ZAR DODÓN (tumbándose al sol) ¡Qué dulces son los
tibios rayos
del sol de primavera!
Los cerezos han florecido... Aquí, en este apartado
lugar,
de buena gana descansaría. AMELFA (diligente y muy
atenta) Nuestro zar puede estar
tranquilo,
el lecho real lo traerán hasta aquí.
(A una señal suya, los sirvientes
corren hacia el palacio y reaparecen
llevando una gran cama de marfil
cubierta de pieles y la ponen al sol.
Amelfa se acerca a Dodón llevando
una gran bandeja de confituras)
Pero tu pancita está vacía. ¿Quieres comer algunos
dulces,
o prefieres miel con nueces? ¿Beber cidra muy fría
con menta y pimienta? ¿O será mejor cubrir el
pan
con pasas de uva y ciruelas en almíbar? Si deseas, puedes
probarlas. ZAR DODÓN (bosteza y se sirve
de la bandeja) ¡Bueno! Acepto. (El zar saborea su
desayuno
y se mete en la cama. Amelfa
acomoda las almohadas y
acondiciona las mantas) AMELFA ¡Dulce sueño de
primavera! Ahora, del imperial
rostro
espantaré las moscas... Los almohadones son de
plumas... VOZ DEL GALLO ¡Quiquiriquí,
quiquiriquí! Ahora puedes reinar
incluso dormido. (Dodón ya no puede
resistir el sueño.
Se acurruca y se duerme con la misma
despreocupación de un niño. La
intendente se inclinada sobre la
cama y caza moscas) GUARDIAS (Dan su alerta con
voz soñolienta
y rápidamente sucumben al dulce
sueño del mediodía) ¡Ahora puedes reinar
incluso dormido! (Todos duermen
profundamente, salvo
Amelfa. Toda la ciudad está en calma.·
Sólo las moscas, incansables, zumban
alrededor de la cama, que el sol sigue
iluminando con una luz tibia y suave) AMELFA ¡Todos duermen, todos
sueñan! Nos ha dominado la
primavera. (Ella se apoya en la
cama del zar
y también se duerme. Dodón en su
sueño, le sonríe, como a una bella
desconocida) VOZ DEL GALLO ¡Quiquiriquí!
¡Cocoricó!
Ojos abiertos: ¡alerta estoy! (Alboroto general.
Numerosas personas
acuden. Las trompetas suenan. Los
caballos relinchan. La muchedumbre
se precipita alrededor del palacio.
En los rostros asombrados, se adivina
un profundo terror)
LA MUCHEDUMBRE ¡El gallito ha dado la
alarma! ¡Ensillad los caballos,
el enemigo no espera! ¡Arden campos y aldeas! POLKAN (acudiendo) ¡Gran zar, oh nuestro
padre,
aquí está vuestro fiel general!
(Amelfa se esconde
rápidamente)
¡Despertaos, emperador! ¡Peligro! ZAR DODÓN (todavía medio
dormido) ¿Qué sucede, señor mío? POLKAN ¡El enemigo avanza
sobre nosotros! ZAR DODÓN (se levanta
bostezando) ¡Bah! ¿Y qué?
¿Acaso ha ocurrido una desgracia? ¿Arde, quizás, el
palacio? POLKAN ¡Por todos los diablos! Allá arriba, sobre la
torre, el gallo grita… ¡Todos huyen
espantados!
¡Venid pronto! VOZ DEL GALLO ¡Quiquiriquí!
¡Cocoricó! ¡Ojos abiertos, alerta
estoy! ZAR DODÓN (al pueblo) ¡Estamos en guerra
hijos míos!
¡Preparaos a partir inmediatamente! Pero antes llenad el
tesoro
para el impuesto de guerra.
El tributo será en pieles de zorro y castor. Pero, hacedme caso,
si a veces nuestros funcionarios
recaudan más de la cuenta,
queridos míos, permaneced callados,
no protestéis contra estas medidas. EL PUEBLO (dócilmente) Hemos prometido
obedecer. (El zar se sienta en
el trono. Del
interior del palacio salen deprisa
Aphrón y los boyardos, todos armados.
Guidón llega corriendo)
ZAR DODÓN (solemne) ¡Hijos queridos y
devotos! Os contemplo armados
y dispuestos a morir por la patria.
Hay que castigar la perfidia.
¡La hora ha llegado, buen viaje! APHRÓN (interrumpiéndolo
bruscamente) ¡Ah! ¡Permítenos, ah!
Permítenos antes descansar. GUIDÓN ¡Ah! ¡Permítenos antes
descansar! Que vayan antes
nuestros capitanes. APHRÓN No queremos morir de
aburrimiento,
sin mujeres y sin amor. ZAR DODÓN (golpeando el suelo
con el pié) ¡Avergonzaos, callad!
¡Sin replicar, partid!
¡Dividid en dos columnas,
vuestro ejército
sin más discusión! ¡Marchad, valientes!
¡Buen viaje!
¡Que regreséis vencedores! (Abraza tres veces a
cada uno de sus
hijos, que parten de mala gana, seguidos
por los boyardos. Se oye el rumor del
ejército que se desplaza. Cuando todo
está en calma, se oye la voz del gallo) VOZ DEL GALLO ¡Quiquiriquí!
¡Cocoricó! ¡Ojos abiertos! ¡Alerta
estoy! ZAR DODÓN ¡Qué hermosa visión! Trato de recordar
el hermoso sueño dorado
que he tenido y no lo recuerdo. AMELFA ¡Espera! En un instante
lo adivino,
pero se requiere calma para lograrlo,
(reflexiona)
¿Qué puede ser?
¿Quizás que eras un rey del ajedrez? ¿Que dabas jaque mate a
tus enemigos?
La Reina, las torres, los alfiles
todos eran hechos prisioneros. Y tras la victoria,
¡regresabas a tu primera posición! ZAR DODÓN (sonriente) No, el sueño era más
dulce...
¡Ah! ¡Qué sueño! AMELFA (que parece haber
adivinado) ¡Pícaro!
(amenazándolo con el
dedo)
¡En domingo semejante
sueño!
(ella le murmura al oído)
Con las manos dispuestas,
con caricia y amor,
con una bella jovencita en flor
lánguida y amorosa
Ilusionado... ¡cerraste los ojos! Cómo a un pajarillo a
los rayos del sol,
de las manos la has cogido
¡y contra tu pecho la has estrechado! ZAR DODÓN (con voz grave a
causa del sueño) ¿Dónde, dónde está mi
bella doncella? AMELFA ¡Lo ignoro, soberano
mío! (Dodón, Amelfa y los
guardias
se duermen con un sueño calmo
y profundo) GUARDIAS (fuera de la escena) ¡Puedes reinar y puedes
dormir! (El sueño de Dodón
se hace profundo) VOZ DEL GALLO ¡Quiquiriquí!
¡Cocoricó! ¡Ojos abiertos, alerta
estoy! (Se sienten de nuevo
gritos y pasos
precipitados. Suenan las trompetas.
La muchedumbre, en gran desorden,
se reúne frente al palacio) EL PUEBLO (En la calle) ¡Auxilio, rápido,
hermanos!
(Todos quedan
indecisos, no
atreviéndose a despertar al zar)
¡Nuestro emperador
duerme! ¡Qué calmo está aquí
todo! ¡No lo despertéis! ¿Qué hacer? ¿Dónde ir? ¿Dónde se esconde
Polkan? POLKAN (Se precipita
seguido por los boyardos
en armas. Amelfa se esconde deprisa) ¡Padre nuestro! ¡Gran
emperador! ¡Zar Dodón! ¡Qué gran
desgracia!
¡El enemigo avanza sobre nosotros! ZAR DODÓN (despertando
sobresaltado) ¡Como siempre, fuera de
tu puesto! POLKAN En la ciudad todo es
tumulto,
el desorden reina por doquier.
El gallo de oro vocifera y grita
señalando hacia el este.
La victoria nos es esquiva. ¡Quizás ha llegado el
momento
de reclutar a los viejos! ZAR DODÓN (se frota los ojos y
bosteza) ¡Yo mismo iré a ver! (Se acerca a la
balaustrada
y mira hacia lo alto) VOZ DEL GALLO ¡Quiquiriquí!
¡Cocoricó! ¡Ojos abiertos, alerta
estoy! ZAR DODÓN (Con tono lastimero) ¡Nos da el alerta el
gallo de oro,
nos aguarda una gran desventura!
¡Vamos viejito, es tu deber
a tus hijos socorrer!
(se prepara sin
prisa)
¡Mi yelmo, luego la coraza!
(Los criados le entregan
rápidamente
sus armas cubiertas de polvo y oxido.
Amelfa observa al zar con tristeza)
¡Vamos, a prisa! ¡Buscad el escudo rojo,
el que siempre llevé conmigo! VOZ DEL GALLO ¡Quiquiriquí!
¡Cocoricó!
¡Ojos abiertos alerta estoy! ZAR DODÓN (examinando su
escudo) ¡El escudo está hecho
jirones,
le faltan todos los clavos!
(dispuesto a partir)
¡No puedo respirar! ¡Es demasiado pesada
esta espada
para Dodón!
(resoplando)
De nada vale ya lamentarse,
¡ensillad mi caballo! VOZ DEL GALLO ¡Quiquiriquí!
¡Cocoricó! ¡Ojos abiertos, alerta
estoy! (Numerosos criados
sostienen a Dodón
por las axilas, lo ayudan a descender
la escalera, al pie de la cual lo
espera
un caballo blanco. El pueblo entra
gradualmente al palacio) ZAR DODÓN (amenazando con el
dedo al gallo) ¡Ah! ¡Gallito bribón,
me has hecho saltar de la cama!
(Sobre la escalera señalando al
caballo)
¿Es manso? 2° BOYARDO Como un buey. ZAR DODÓN Justo lo que conviene. AMELFA (con voz
desesperada) ¿Sin comer,
gran zar, te marchas? ZAR DODÓN En el viaje comeré.
¿Tenemos víveres? POLKAN Para tres años. VOZ DEL GALLO ¡Cocoricó!
¡Ojos abiertos, alerta estoy! ZAR DODÓN ¡A la guerra! AMELFA Más convendría
partir mañana. (Dodón monta a
caballo) PUEBLO (anhelante)
¡Gloria al zar Dodón!
¡Viva! ¡Viva! ¿Marchas solo?
¿No tienes generales?
¿Vencerás tú solo al enemigo?
Si la piel quieres salvar,
te conviene estar en la retaguardia
ACTO SEGUNDO
(Noche oscura. Los
rayos de la luna alumbran
con reflejos sanguíneos una estrecha
senda
cubierta por pequeñas matas y rocas
dispersas.
La niebla de la montaña cubre todo
con un velo
blanco. Entre los setos o sobre las
laderas
desnudas de las colinas, yacen los
cadáveres
de los guerreros; que parecen
petrificados
después de la última batalla. Las
águilas y
otras aves rapaces, en
bandadas, se abaten
sobre sus cuerpos; con cada golpe de
viento,
se elevan asustadas, Dos
caballos están
inmóviles con las cabezas inclinadas
sobre
los cadáveres de sus dueños, los
hijos de Dodón.
Todo está calmo silencioso y amenazador) (Se oye a lo lejos
un rumor de pasos. Es el
ejército de Dodón que avanza
temerosamente.
Los guerreros aparecen por la senda.
Van
formados de dos en dos, se detienen y
se vuelven) SOLDADOS ¡Oscura y espantosa
noche!
Todo está en silencio, sólo los cuervos
hacen una penosa guardia sobre los muertos. El bermejo escudo de la
luna,
brilla cuál funesta lámpara.
¡Callad! Lúgubre y cansado,
el viento entre las matas se
mueve
silbando sobre los muertos.
Triste llora sobre las tumbas,
calla, y luego de nuevo llora.
Pasa sobre un capitán muerto
revolviéndole los cabellos... (Dodón,
apesadumbrado, llega acompañado
del viejo general. Ambos tropiezan
con los
cuerpos de los dos príncipes) ZAR DODÓN (precipitándose
sobre sus hijos) ¡Ay! ¡Horrible visión!
¡Éstos son mis hijos!
Sin yelmo, ensangrentados,
inmóviles, aquí reposan,
¡el uno empapado con la sangre del otro! Sus fieles vasallos
vagan dispersos por los prados
teñidos de rojo por la sangre...
¡Ellos eran mi sostén!
¡Ah, ms hijos, suerte cruel!
Mis halcones han caído
en la trampa.
¡De mi vida he aquí el final!
¡Llorad todos con Dodón!
Que la estepa ilimitada
gima bajo mi luto.
Rocas, bosques, montes, valles,
deberán afligirse dolorosamente
Ah!.. Ah!.. Ah!.. Ah!.. CORO Ah!.. Ah!.. Ah!.. Ah!.. ZAR DODÓN (lastimero) ¡Ahora seré yo quien
guíe
a la juventud intrépida!
¡Quiero su vida vengar!
¡Ah!.. ¡Ah! (sigue llorando) POLKAN (a Dodón) ¡Llorar no sirve de
nada!
(se vuelve hacia el ejército)
¡Solamente hablemos de venganza!
Zar Dodón debemos seguir adelante... CORO ¡Debemos vengarlos
persigamos al enemigo! (Nadie contesta. El
día empieza a despuntar.
La niebla gradualmente se dispersa
y se divisa,
en la falda de una ladera de la
montaña, una
tienda. La luz de la aurora se
refleja sobre los
arabescos de las lujosas telas de brocado
jaspeado de la tienda) ZAR DODÓN ¡Mirad allí!… ¡Una
tienda!
¡Qué hermosa es! (Los primeros rayos
del sol aparecen. Se
ve mover las paredes de la tienda.
Los solados huyen desbandados,
abandonando sus armas. De la tienda
sale una hermosa y joven mujer, de paso
ágil pero majestuoso. Es seguida por
cuatro esclavas que llevan instrumentos
de música: salterio, viola, zampoña y
tambor. Su largo vestido de seda roja
está ricamente bordado en oro. Lleva un
turbante blanco, adornado con una larga
pluma. Parece no ver nada y tiene los
brazos levantados como en oración.
Canta, dirigiéndose al sol que despunta) LA REINA ¡Respóndeme, astro de
oro,
que desde el oriente aquí has llegado! ¿En mi dulce tierra
natal,
en el hermoso país de los sueños,
siguen brotando las rosas
y los lirios de brillantes corolas? ¿Aún sobre los lagos de
ópalo,
libran su vuelo los pajarillos? Y en la tarde, cerca de
las fuentes,
en los dulces cantos de las muchachas,
¿aún permanece el éxtasis del amor
nutriendo sus dulces anhelos mientras lanzan rayos
sus ojos de gacela? ¿Quién, en la noche
estrellada,
con paso leve,
vendrá a descorrer el velo
que oculta la belleza? ¿Y todavía se apresura,
en la tibieza de la noche azul,
la enamorada que con paso audaz,
corre anhelante de besos
con rostro y pecho enardecidos
llevando dulces melodías en su corazón?
(Cuando termina de
cantar, se vuelve
hacia el zar y lo mira largamente, sin
hablar) ZAR DODÓN ¡Dulce canto!
¿Quién será? POLKAN Si la joven señora,
nos ofrece un buen almuerzo,
aquí podremos quedarnos. (Dodón se aproxima
gravemente a la
Reina. Polkan lo sigue. Los otros no
osan acercarse) ZAR DODÓN No temas de nosotros,
¡oh, hermosa joven! Revélame tu nombre. ¿Quiénes son tus
antepasados? ¿Cuál es tu patria? LA REINA (tímidamente, con
los ojos bajos) Libre y sola vivo,
de Shemaján soy la zarina y vengo de lejos
a conquistar tu reino. ZAR DODÓN (atónito) ¡Me causas gracia! ¿Tú,
reina? Espero que el orgullo
no te atrape,
que para atraparme en tus redes,
muy débiles son tus brazos. LA REINA (siempre con
timidez) ¡Lo que dices es muy
necio!
Para vencerte,
basta con el hechizo de mis ojos.
La belleza siempre triunfa. (Ella golpea sus
manos. De la tienda
salen dos esclavas que llevan bandejas
de plata y llenan de vino las copas) LA REINA Te pido me hagas el
alto honor
de sentarte a mi mesa.
¡Por favor, prueba este vino!
(Ella se inclina y ofrece una copa
a Dodón, qué retrocede un poco
desconfiado)
¡A vosotros, salud! ZAR DODÓN Antes que beba la
zarina, ¡después beberé yo! LA REINA ¿No te avergüenzas? Mira mis ojos
que fulguran como estrellas.
¿Tú crees que con esta mirada
podría ofrecerte un veneno? (Ella lo mira
sonriendo. Dodón, turbado,
bebe y Polkan sigue su ejemplo. Las
esclavas regresan; tienden una alfombra
en medio de la escena y disponen a su
alrededor tres almohadones, a modo de
asientos. A una señal de Polkan, los
soldados al fondo de la escena, retiran
los cadáveres y se instalan cómodamente.
Dodón, Polkan y la Reina, se sientan.
Los dos hombres están confusos. La Reina
muestra una sonrisa enigmática) POLKAN (Tomando coraje e
inclinándose
repentinamente hacia la Reina, con la intención de
ser amable) La noche fue tranquila,
¿has dormido bien? LA REINA ¡Gracias! Siempre
duermo bien...
Pero si al amanecer,
el resplandor me despertó,
con el aire lleno de aromas,
de dulzuras, de perfumes,
como surgidos de mil flores que embriagaban mi
corazón,
fue porque en la noche silenciosa oí murmurar una voz que
me decía:
”¡Ven a la llamada de mi corazón!
¡Ven! ¡Ven!”ª POLKAN ¡Tú suspira y él
vendrá! LA REINA (Saltando de su
asiento) ¡Sacad de aquí a este
monstruo!
(Polkan parece desconcertado)
¡No lo quiero ver! ZAR DODÓN ¿Qué miras, animal?
Abres los ojos
como si fueras una lechuza.
¿No ves que es honesta
y teme nuestra mirada? ¡Aléjate de aquí!
¡Vete!
(Polkan se retira
dócilmente y va tras la
tienda, desde dónde deja ver su nariz y su
larga barba. La Reina acerca su almohadón
al de Dodón) LA REINA (cerca del oído de
Dodón) Tengo que decirte algo. ZAR DODÓN (Más confuso que
nunca) ¿Qué? ¡Habla! LA REINA Hay una cosa que
me gustaría saber.
Todos alaban mi belleza
de pura flor virginal,
(mira fijo a los ojos a Dodón)
¿Tú, qué opinas? ZAR DODÓN (balbuceando) Yo... no... sé... Es
verdad... LA REINA ¿Sólo eso? Eres tan mezquino
porque me ves vestida.
¡Desnuda, soy hermosa!
Mi espejo me lo repite
día y noche
(con admiración de
sí misma
y con creciente animación)
Cuándo caen mis vestidos,
parezco el sol,
que entre la blanca niebla,
que se disipa,
aparece como un ídolo dorado. ¡De alabastro es mi
cuerpo,
con un fúlgido candor!
Desato mis hermosos cabellos negros,
que me cubren como olas,
y bajan en cascada
sobre el terciopelo de mis hombros
y sobre el mármol de mis brazos.
Para refrescar mi piel,
la baño con gotas de rocío
que como perlas relucientes
¡se posan sobre mi pecho! Es mi cara como una
rosa,
como una fruta aterciopelada,
como un sueño que transp... ¿Qué sientes viejecito
mío? La cabecita, ¡ay de
mí!.. ¿te da vueltas? ZAR DODÓN (con esfuerzo) ¡No, me duelen los
riñones! LA REINA ¡Nada grave! ¡Ahora
cantaré
y el mal expulsaré!
(Con una
mirada ordena a las
esclavas que acompañen su canto)
¿No te gusta la canción? ¡Sé otra! Oscura y estrecha es mi
tienda,
toda bordada en oro.
Ven, sobre la blanda alfombra,
tu cuerpo puede reposar. ¿Quieres entrar en la
tienda
Viejito mío?
(ella continúa
cantando, siempre
bromeando y jugueteando con Dodón)
¡Ah, ven, la noche amiga
será dulce para ti! Maduran las vides
cuyo dulce vino
hace el ardor renovar.
(Se vuelve a sentar y dice
lentamente)
De cantar el pájaro se cansa
y pide y reclama reposar. Es tu turno: ¡ahora
canta tú! ZAR DODÓN No recuerdo, lo he
olvidado. LA REINA (alcanzándole el
salterio) ¡Vamos, acuérdate! (El zar toma el
salterio, titubea,
y luego bruscamente se pone a
cantar sin ánimo y con tono
de desesperación) ZAR DODÓN ¡Por siempre te querré
y nunca de ti me olvidaré! LA REINA ¡Ah! ¡ah! ¡ah! ¡ah!
Nunca oí un canto similar. ZAR DODÓN (como antes No puedo continuar,
deberías inspirarme. EL REINA (riendo) ¡Ah! ¡Eres
gracioso!¡Muchas gracias! ¡No! Eres muy pesado y
lento.
¡No estás hecho para cantar! ¡Ah, tus hijos eran más
alegres! ¡Cuánta felicidad! ¡Qué
alegría! Pero, celosos el uno
del otro, tanto,
¡que se mataron entre ellos por mí! ZAR DODÓN (disgustado) ¡Ay! ¡El destino los
castigó! LA REINA Uno y otro me adoraban
y ambos ambicionaban mi corazón.
Para poseerme, me ofrecieron
¡hasta la corona que tú llevas! ZAR DODÓN ¡Justo fue entonces su
destino! No reprocho, no, su
suerte LA REINA (sin escuchar a
Dodón) A mi tierra natal
me querían seguir. ZAR DODÓN· ¿Está muy lejos tu
país? LA REINA Allá, en el confín del
oriente,
está la tierra que me vio nacer,
bajo un cielo siempre sereno.
(soñadora y como
fascinada,
olvidando a Dodón)
¡Ah! ¿Por qué penar así y en vano desgarrar el
corazón?
Ilimitada es mi tristeza,
como el implacable mar...
(A Dodón)
¡Ah! ¡La vida se me escapa!
¡Oh! ¡Se rompe mi triste corazón! (Ella se muestra
desolada.·
Dodón intenta consolarla) ZAR DODÓN ¿Por qué llorar querida
mía? Tienen remedio todos
los males. LA REINA (llorando) ¿Dónde podré encontrar
un hombre
que se atreva a contradecirme,
(como en sueños)
que me someta a sus deseos,
orgulloso y fuerte? ZAR DODÓN (solemne) ¡Detén el llanto
pues quiero hacerte feliz,
oh, gran Reina de Shemaján!
¡Cerca de ti por fin está
quien te hará feliz! ¡He aquí al déspota que
siempre te contradecirá!
Acudo presto a tu llamada. ¡desde ahora
obedecerás! LA REINA (atónita) ¿Tú?¿Contradecirme? ¡Ah, ah, ah, ah, ah,
ah, ah!
(con alegría)
¡Soy feliz, oh, qué alegría! ¡Qué delicia!
(En el colmo de su felicidad,
aprieta las manos de Dodón)
Y ahora, para celebrar el compromiso,
deberás bailar conmigo. ZAR DODÓN (con desaliento) ¡No bailo desde la
infancia! LA REINA Bien, entonces, rápido
pequeño.
¡Vamos a solucionar eso! ¡Ven aquí!
(Lo empuja hacia el centro de la
escena)
¡Aquí, en el medio! (Se retiran los
almohadones) ZAR DODÓN (con voz lamentosa) Haz que el ejército se
aleje. LA REINA (regañándolo) Te conviene callar,
Dodón,
Me dan rabia tus caprichos.
¿Quién podrá marcar el paso
para tu ágil danza
si alejamos al ejército? ZAR DODÓN (encolerizado) ¡No! No voy a balar
ante ellos. LA REINA Bien, entonces Polkan
ocupará tu puesto.
¡Eh, Polkan, ven aquí, ven! (Polkan asoma la
cabeza, pero
no osa moverse de su escondite) ZAR DODÓN (conciliador) ¡No! Perdona, mi amor, yo no soy capaz de
bailar
pero te quiero complacer... LA REINA ¡Comencemos! ¡Venid
todos!
El zar Dodón va a bailar. (Tímidamente, Polkan
y los guerreros se
acercan a la alfombra y forman
círculo.
Todos se esfuerzan por no mirar a Dodón.
Las esclavas entonan un aire de danza lenta.
Con una pandereta en la mano, la
Reina
baila graciosa y ligera)
LA·REINA Leve y esbelta, avanzo
el pie.
Me recubre un velo de plata.
¡Pero tengo un gran temor! Ahora te toca a ti.
Ven aquí, mi bello Dodón.
Bamboleándote como un pavo,
sigue el paso de la delicada cadencia.
Luego avanza, acércate a mí: ¡así! (Dodón baila según
sus indicaciones
y llega cerca de la Reina) Ahora tomo la pandereta
y alejándome de ti
me deslizo como un pececillo dorado. ¡Feo, vil cangrejo,
no debes tocarme!... (Dodón sigue
bailando) LA REINA (enfadándose) ¡Así, no!
¡Gira bien tus piernas!
Pareces a un camello.
¡Levanta los brazos!
¡Gira con rapidez!
(La danza se vuelve más animada)
Marca el ritmo con los pies.
Voy a descansar… (Dodón agita los
brazos con desesperación,
y empieza una danza frenética. La Reina
se sienta en un ángulo de la
alfombra y ríe
convulsamente viendo las piruetas
de Dodón.
Unos negritos salen de la tienda y bailan
alrededor de Dodón. Agotado, Dodón
se
deja caer sobre la alfombra. Los
músicos
dejan de tocar y los negritos se
marchan) ZAR DODÓN (cayendo de
rodillas) ¡Estoy agotado, no
puedo más!
(levantándose)
Si te agrado, bella muchacha,
¡ven conmigo a mi reino,
a mi poderoso imperio!
¡Ven conmigo
y te regalaré mi reino! LA REINA (con desprecio) ¿Qué voy a hacer
contigo, Dodón? ZAR DODÓN ¿Que qué haremos?
¡Te haré mi reina!
¡Cada deseo tuyo satisfaré
y nada te negaré!
Todo te daré, menos... El Mirlo blanco. LA REINA ¿Pero seguirá Polkan a
tu lado? ¡Ah, detesto a ese
canalla. ZAR DODÓN
(dando un salto) ¿Lo
quieres decapitar? LA REINA Eso me haría muy feliz,
y lo acepto,
pero no perdamos más tiempo.
Preparemos el viaje.
¡Vamos, en marcha! (De la tienda salen
los esclavos que
llevan espejos, abanicos y joyas. Ellos
ayudan la Reina a prepararse para
el
viaje. En el campamento de Dodón
se
observa la misma agitación) ZAR DODÓN ¡Los caballos!
¡La carroza de oro
para la zarina!
¡Ven conmigo,
oh, soberana mía! LA REINA (poniéndose junto a
Dodón) Estoy lista. ¡Ah! ¡ah! ¡ah!
¡Al esposo
alabemos! ESCLAVOS ¿Quién camina cojeando
al lado de la zarina?
¡Viste como un
soberano pero
tiene esclavizados el cuerpo y el
alma! ¿A quién se parece
Dodón? La espalda tiene
encorvada
como si fuera un camello, y su rostro es el de un
espectro ZAR DODÓN (sin poder
contenerse) ¡Eh, Polkan! ¡Que suenen las
trompetas! ¡Con una esposa
yo regreso! (Suenan fanfarrias.
Los soldados gritan.
El cortejo se pone en marcha) SOLDADOS ¡Viva! ¡Viva! ¡Viva!
¡Viva! ¡Viva!
ACTO TERCERO (Calle muy animada
de la capital, ante la sala del
Palacio del Consejo. Sobre la entrada,
encima de
una rama, se ve al gallo de oro,
resplandeciente al
recibir el sol de mediodía, La
muchedumbre se
agolpa en la calle, en las ventanas de
las casas y
hasta en los tejados. En la columnata del
palacio se
han reunido los boyardos, sus mujeres y
sus hijos.
Día caluroso y soleado, pero desde el
este, una densa
nube negra avanza lentamente; el aire
está cargado
de tormenta. De vez en cuando llega un
mensajero
agitado, que trae las últimas noticias.
Sube las
escaleras y desaparecen en el interior.
Todos
esperan ansiosos la llegada del zar) EL PUEBLO ¡Estamos desalentados!
¿Por qué? Lo ignoramos.
¿Más desgracias?
Pero, ¡mirad allá! el gallito está
tranquilo
reposando en el árbol.
Bajo el dulce sol, se calienta. ¡Está callado!
Del oriente se acerca
una nube densa y negra.
¿Qué desdicha nos traerá?
¿Lloverá? ¿Granizará? ¡La tempestad se acerca
viene un huracán! (Desde lo alto de la
escalera llega
la intendente Amelfa, todos
se precipitan hacia ella) PUEBLO (con alegría) ¡Buena madre, te lo
imploramos,
alienta nuestros corazones!
¿Fue nuestra la victoria?
¿Tienes novedades del ejército?
AMELFA (con voz perturbada) Sí, pero eso no os
concierne.
¡Fuera de aquí! CORO ¡Por favor! ¡Cruel es
la espera! (Muchos de ellos se
acercan a Amelfa
esforzándose por besar el dobladillo de
su vestido. Ella los rechaza) AMELFA Está bien.
(Para deshacerse de ellos)
He aquí las noticias.
El zar Dodón ha vencido
a cuatro reyes:
tréboles, picas, diamantes y corazones.
Sus ejércitos han sido destruidos
y del antro de un dragón
ha sido rescatada una reina
que será su esposa CORO (sin mucha alegría) ¡Qué gran fiesta!
Pero ¿dónde están los príncipes? AMELFA El zar Dodón los
encadenó
y deberán morir. TODO (con susto) ¡Qué terrible verdugo! ¿Cuál fue su culpa? AMELFA (con indiferencia) Han caído en desgracia.
(con tono amenazador)
¡También a vosotros os puede ocurrir! TODOS (se rascan la cabeza
y
sonríen estúpidamente) Vuestro es nuestro
corazón y nuestra vida,
si nos apalean es porque lo merecemos. (Se oye sonido de
trompetas) AMELFA ¡Ya vienen! ¡Con bailes recibamos
al gran soberano!
¡Dad vivas al zar! Pero no esperéis
favores de él. (Amenazándolos con
el dedo, regresa al
palacio. Comienza el cortejo
triunfal que
es abierto por los soldados del
rey, con
aspecto imponente y fanfarrón;
luego,
el séquito de la Reina de
Shemaján, como
salido por un cuento oriental. Le
siguen
extraños personajes: polifemos,
centauros,
grifos, gorgonas, gigantes y
enanos.
Esclavas etíopes con velos, llevan
cofres y bandejas con piedras y
objetos
preciosos. Esta pompa
insólita disipa
por algunos instantes la ansiedad
del
pueblo. Todos contemplan,
embobados
como niños, el paso de la
deslumbrante
comitiva) EL PUEBLO ¿Quiénes son estos?
¿Y aquellos de allá? ¡Qué vestidos tan
brillantes! ¡Son salvajes de negra
cara
y labios negros y gruesos!
¡Mirad, enanos! ¡Son muchos!· Parecen perros. ¡Gigantes, ahí llegan
los gigantes! ¿Dónde nace esta gente? ¡Ay, sí, los soñamos
por la noche! (El zar y la Reina
aparecen sobre su
carroza dorada. El zar parece
envejecido. Ha perdido su aspecto
majestuoso. Está inquieto. Mira
continuamente con ternura a la Reina.
Ella, caprichosamente, se ha puesto de
lado y, de vez en cuando, con gestos
agrios deja entrever una profunda
agitación. La muchedumbre se agita,
salta, gira y lanza alegres
exclamaciones) EL PUEBLO ¡Larga vida a los
reyes! ¡Viva! ¡Gran fortuna a nuestro
zar! ¡Viva! ¡Viva! ¡Larga vida a nuestro
zar! ¡Viva! ¡Viva! ¡Viva! ¡Fidelidad te juramos!
¡Sólo a ti seremos fieles!
¡Siempre estaremos dispuestos
a satisfacer tus deseos!
En torneos, celebrados en tu honor,
entre dulzuras, danzas y cantos
tu corazón se deleitará
y sin sobresaltos soñará! ¡Sin ti, la vida es
nada!
¡Te adoramos desde la cuna,
hemos nacido sólo para ti,
sólo para estar a tus pies! (En la puerta de una
casa aparece el
Astrólogo, siempre vestido de azul y con
su gorro en la cabeza. Habiendo visto al
Astrólogo, la Reina lo examina
largamente con atención. El zar se
prepara para descender, pero la Reina
lo retiene y señalando con el dedo al
astrólogo, le dice con tono inquieto) LA REINA ¿Quién es ese con el
gorro
tan blanco como un cisne? (La muchedumbre se
retira ante el paso
del Astrólogo y espera silenciosa. La Reina sigue
observando al Astrólogo.
Se oye un trueno lejano) ZAR DODÓN (feliz de volver a
ver a su viejo amigo) ¡Ah! ¡Buenos días, mi
viejo sabio,
amigo y confidente! En este día, entre
tantas fiestas,
¿A qué vienes, qué deseas? (El Astrólogo pasa
entre la muchedumbre
y se acerca al carruaje real
sin dejar de mirar a la Reina) ASTRÓLOGO Poderoso zar, estoy
aquí
para saldar una cuenta.
¿Recuerdas la promesa? Tres veces tú juraste
cumplir con mi deseo.
¿Quieres saber ahora cuál es? ¡Quiero que me regales
a la soberana de Shemaján! (Estupor general.
Dodón queda
confuso y la Reina se echa a reír) LA REINA (En tono ambiguo) ¡Este viejo va muy
deprisa,
desde luego no pierde el tiempo! ZAR DODÓN (Queriendo persuadir
al Astrólogo) ¡Loco, que te lleve el
diablo! ¿Has perdido el juicio? ¿De dónde sacaste esa
idea? Yo te prometí, eso es
cierto,
pero tu requerimiento es insensato... Además, ¿por qué
quieres a la zarina? ASTRÓLOGO (con dignidad) Es cierto que estoy un
poco viejo,
pero también yo quiero intentar
alegrar mi vida
arriesgándome a contraer matrimonio. ZAR DODÓN (apenas
conteniéndose) ¡Basta ya! ¿Soy o no
soy yo el zar?
Pide cualquier otra cosa y te la daré.
Dinero... grandes honores,
mis caballos más hermosos...
¡La mitad de mi reino... si lo quisieras! ASTRÓLOGO (Pertinaz) No deseo nada de lo que
me ofreces.
¡Me tienes que regalar
a la soberana de Shemaján! ZAR DODÓN (Colérico) ¡Calla! ¡Ya basta!
Y ahora escucha mi respuesta:
¡En castigo por ser un pecador,
nada de nada recibirás!
¡Y nunca te atrevas a regresar aquí! ¡Que este loco
desaparezca de mi vista! (Los guardias
arrastran al viejo Astrólogo
que se resiste a ser llevado) ASTRÓLOGO ¿Así me pagas? ZAR DODÓN (furioso) ¡Qué! ¿Discutes aún? ¿A Dodón osas
enfrentarte? (Dodón golpea con su
cetro la
cabeza del Astrólogo que cae muerto.
Los presentes quedan pasmados. Las
nubes velan el sol, se oyen truenos) LA REINA (estalla de risa) ¡Ah, ah, ah! ¡Ah, ah,
ah, ah! ¡Que graciosa es la
vida aquí! ZAR DODÓN (dominado por la
superstición) ¡Gran temor tengo por
esta boda! Me espera una gran
desventura... ¿Podrá alcanzarme una
desgracia? (Dodón y la Reina
descienden
del carruaje) LA REINA (lacónicamente) Quien sobreviva, verá
el final.
¡Eso es todo! ZAR DODÓN (Ya tranquilizado,
dice con dulzura:) ¡Con un beso
alejaremos el mal agüero! (Quiere abrazar a la
Reina,
pero esta lo rechaza
con furor y desagrado) LA REINA ¡Aléjate, monstruo
horrible,
tú y tu odioso pueblo!
¡No sé cómo sobre vosotros
no descarga el cielo su ira! ¡Tú sonríes, trapalón,
pero tu muerte está cerca! ZAR DODÓN. (con sonrisa
forzada) Siempre bromeas, mi
pequeña. LA REINA ¡No, ya no es hora de
bromear! (Ambos suben las
escaleras) VOZ DEL GALLO ¡Quiquiriquí! ¡Con mi pico te mataré!
(Súbitamente, el gallo emprende el vuelo
y se balancea revoloteando sobre la
muchedumbre. Todos, asustados, agitan
los brazos para espantarlo. El
gallo da un
gran golpe con su pico sobre la cabeza
del
zar que cae muerto. Todos se espantan. Se
oye un violento trueno. Una oscuridad
completa reina por un momento, durante
el que se oye la risa tranquila de la
Reina.
Cuando la noche se ha disipado, la Reina
y el gallo han desparecido) EL PUEBLO (asombrado) ¿Y la Reina ¿Dónde
está? ¡Desapareció! ¡No hay ni rastro de
ella!
(con esperanza)
¿Está vivo el zar?
(tristemente)
¡No, ha muerto! ¡Parece un sueño! ¡Ha muerto!
(Oprimido por el
dolor el pueblo entero
entona un lastimero canto fúnebre) ¡No! ¡Lo han matado!
¡Zar feliz!
¡Zar inconsciente!
Gran zar,
que brillaba como un sol,
que incluso acostado
¡reinaba con los brazos cruzados!
Si en cólera montaba,
como un rayo estallaba
castigando a todos por igual
y desterrando a todo el mundo.
Cuando pasaba el temporal,
el ambiente parecía una fiesta.
Como el sol él resplandecía
y de gracias a todos colmaba.
(Con profunda
tristeza)
¿Qué nos deparará el nuevo día?
¿Cómo viviremos sin un zar? (Caen abatidos al
suelo y sollozan)
CONCLUSIÓN
(El Astrólogo se
presenta abriendo el telón) ASTRÓLOGO (a los espectadores) Así acaba el cuento.
Su fin tan triste,
no os debe afligir,
sino solamente haceros meditar.
La mujer es siempre fatal
y sagradas son las promesas.
Nadie debe su palabra olvidar...
Ni siquiera un rey. (Saluda y
desaparece)
Digitalizado y traducido por:
José
Luis Roviaro 2020
|