EL PIRATA

 

Personajes

ERNESTO
IMOGENE
GUALTIERO
ITULBO
GOFFREDO
ADELA
Duque de Caldora
Esposa de Ernesto
Capitán de los Piratas
Lugarteniente de Gualtiero
Ermitaño
Dama de Imogene
Barítono
Soprano
Tenor
Tenor
Bajo
Mezzosoprano

 

La acción se desarrolla en Caldora, Sicilia, a mediados del siglo XIII.

 

ATTO PRIMO


Scena Prima 

(Spiaggia di mare in vicinanza di Caldora. Sul 
dinanzi della scena si vede un antico Romitorio, 
ricetto di un Solitario. All'alzar del sipario è già 
cominciata un'orrenda tempesta. Vedesi una nave 
in grave pericolo, sbattuta qua e là dai venti e dai 
flutti. La riva egli scogli sono pieni di pescatori, che 
si sforzano di soccorrere i miseri vicini a naufragare. 
Il Solitario gli incoraggisce. A poco a poco tutto il 
luogo si copre di popolo. La tempesta è al suo colmo) 

DONNE
Ciel! qual procella orribile
terra sconvolge, e mar!
I miseri a salvar
vana è ogni cura.

SOLITARIO
Non disperate, o figli,
non son perduti ancor:
v'ha un Nume protettor
della sventura.

UOMINI
Urta la nave...

(dagli scogli) 

DONNE
Ahi! miseri!

UOMINI
Pere ciascun...

DONNE
Che orror!

SOLITARIO
Lassi! preghiam per lor.
Preghiamo amici.

TUTTI
Nume, che imperi ai turbini,
che affreni i venti; il mar,
deh! non abbandonar
quegl'infelici.

UOMINI
Lo schifo, lo schifo. Coraggio! costanza!
Al vento resiste... s'inoltra, si avanza...
Evita gli scogli... contrasta coll'onde...
Si appressa alle sponde... più rischio non v'ha.

SOLITARIO, DONNE
Al Nume clemente sien grazie rendute
di loro salute - di tanta bontà!

Scena Seconda 

(II cori partono frettolosi; intanto vengono dalle rive i 
naufraghi salvati dai pescatori. Gualtiero sostenuto da 
Itulbo è in mezzo a loro: il Solitario accorre ad essi con 
sommo interessamento) 

GUALTIERO
Io vivo ancor! A me nemici io trovo
fin gli elementi.

SOLITARIO
(fra sé)
Oh ciel! qual voce!

ITULBO
(fra sé)
Ah! taci; Frenati per pietà... 
Tradir ti vuoi?

GUALTIERO
In qual lido giungemmo? Ove siam noi?

SOLITARIO
(fra sé)
Ah! è desso!

(a Gualtiero) 

In seno amico, sventurato, sei tu.

GUALTIERO
Quai detti!

ITULBO
(fra sé)
Io tremo!

SOLITARIO
Ah! Gualtiero!

GUALTIERO
Goffredo!
Oh! mio secondo padre,
mio saggio istitutor, tu in queste spoglie?
In sì povero tetto?

SOLITARIO
Ah! te perduto,
ogni bene io perdei... qui tristo, e solo
a pianger vivo la tua morta fama,
la tua vergogna, e la tua casa in fondo.
E tu?...

GUALTIERO
Di mia vendetta ho pieno il mondo...
Ma indarno. Il vile Ernesto,
il mio persecutor, vive, ed esulta
dell'ingiusto mio bando, e di mie pene...
Ma dì... Che fa Imogene?
Mi è fida ancora? E d'ogni nodo è sciolta?

SOLITARIO
Lasso! e pur pensi?...

GUALTIERO
A lei soltanto... Ascolta.
Nel furor delle tempeste,
nelle stragi del pirata,
quella immagine adorata
si presenta al mio pensier,
come un angelo celeste,
di virtude consiglier.

SOLITARIO
Infelice! ed or che speri?

GUALTIERO
Nulla io spero... Ed amo, e peno.
Ma l'orror de' miei pensieri
questo amor disgombra almeno.
Egli è un raggio, che risplende
nelle tenebre del cor.
La mia vita omai dipende
da Imogene, dall'amor.

Scena Terza 

(Pescatori, che ritornano, e detti) 

CORO
Del disastro di questi infelici
per noi conscia la nobil signora,
ella stessa ne vien da Caldora
le pietose tue cure a partir.

SOLITARIO
(fra sé)
Oh! periglio!

(a Gualtiero) 

Ti affretta a seguirmi.
Sei perduto, se a lei non ti ascondi.

GUALTIERO
Sì mutato chi mai può scoprirmi?

SOLITARIO
Ella al certo.

GUALTIERO
Chi è dessa?... rispondi.

SOLITARIO
Deh! nol chiedere.

GUALTIERO
Come? che dici?

SOLITARIO
Ti fia noto: or ti è d'uopo fuggir.

SOLITARIO, ITULBO
Vieni, fuggi... tu sei fra nemici.

GUALTIERO
Né poss'io disfidarli, e morir!
Per te di vane lagrime
mi nutro ancor, mio bene:
speranza mi fa vivere
di possederti ancor.
Se questo avessi a perdere
conforto in tante pene,
ah! non potrei più reggere,
vorrei la morte allor.

SOLITARIO, ITULBO
Deh! taci, incauto, frenati;
non dar di te sospetto:
mill'occhi in te si affissano,
ti svela il tuo furor.

CORO
Donde sì cupi gemiti?
Perché sì tristo aspetto?
Quella, che tanto l'agita,
è smania, e non dolor.

 (Il Solitario conduce Gualtiero nella sua
abitazione. Indi ritorna ad Itulbo)

Scena Quarta 

(Imogene, Adele, Damigelle e detti) 

IMOGENE
Sorgete: è in me dover quella pietade,
che al soccorso m'invia degli stranieri,
che qui tragge a posar caso o tempesta:
antica legge di Caldora è questa.
Chi siete, o sventurati?
Donde scioglieste?

ITULBO
La regal Messina
lasciammo ieri; ed a Palermo volte
eran le nostre vele.

IMOGENE
A Palermo! 
Ah! solcaste un mar crudele.
Campo di orribil guerra,
o stranieri, è quel mar.

ITULBO
(fra sé)
Cielo!

IMOGENE
Vi occorse di quei Pirati alcun?

ITULBO
Essi fur vinti,
spersi... distrutti...

IMOGENE
E il duce lor?

ITULBO
Il duce?

(fra sé) 

Qual mai richiesta?

(ad Imogene) 

È forse in ceppi, o spento.

IMOGENE
Spento!...

ADELE
Ah! che fai? ti frena.

(Allontanandola dai Pirati)

IMOGENE
(fra sé)
Oh! mio spavento!

(Ad un cenno d'Adele i Pirati si discostano) 

Lo sognai ferito, esangue,
in deserta, ignuda, riva...
Tutta intrisa del suo sangue,
da miei gridi il ciel feriva...
Né una voce rispondea;
l'aura istessa, il mar tacea:
era sorda la natura
al mio pianto, al mio dolor.

ADELE
(fra sé)
Cessa... deh!... scacciar procura
queste immagini d'orror.

CORO
(fra sé)
Ella geme: ignota cura
l'infelice affligge ognor.

IMOGENE
Quando a un tratto il mio consorte
mi si affaccia irato e bieco.
Io, mi grida, il trassi a morte,
e mi afferra, e tragge seco...
Muta, oppressa, sbigottita,
lunge, lunge io son rapita...
E mi seguita sui venti
un sospir di lui che muor...
Quel sospiro io sento ancor.

ADELE
Vane larve tu paventi:
calma, incauta, il tuo terror.

ITULBO
(fra sé)
Qual sospetto io sento in cor!

IMOGENE
Questo sogno o mia fedele,
avverato appien comprendo.

GUALTIERO
Cielo! è dessa!

(Si presenta dall'abitazione del Solitario;
ma questi lo ritira e lo astringe a rientrare)

IMOGENE
Oh Dio! che intendo?
Qual mai gemito suonò?

ITULBO
Egli è un naufrago dolente...
Egro, misero, demente...
Cui fortuna, e il mar crudele
d'ogni bene dispogliò...

IMOGENE
(fras é)
Si soccorra... 

(Ad Adele) 

Oh cara Adele!
Qual tumulto in me destò!

(a Tutti) 

Sventurata, anch'io deliro,
tutta assorta in vano affetto:
io ti vedo in ogni oggetto,
o tormento del mio cor!
Ah! sarai, finch'io respiro,
al pensiero, al cor presente:
Ah! cagione eternamente
Tu sarai del mio dolor.

SOLITARIO, ADELE, CORO
Al castel tranquilla riedi;
Gli stranieri aita avranno.
Tu lo vedi; il loro affanno
Troppo affligge il tuo bel cor.

(Imogene parte col seguito) 

Scena Quinta 

(Loggia nel Castello di Caldora, che mette ai
Giardini. È notte. Entrano i Pirati bevendo
e abbandonandosi alla disordinata loro gioia.
Sopraggiunge quindi Itulbo a frenarli) 

PIRATI
Viva! viva!... Chi risponde?
Ripetiamo... Viva! viva!...

(Pongono l'orecchio: l'eco ripete gli evviva) 

Egli è il vento... il suon dell'onde
che si frangon sulla riva...
Alla gioia de' pirati
prende parte e terra, e mar.
Zitto, zitto, sconsigliati,
non ci stiamo a palesar.
Ascoltate... alcun s'appressa.
Egli è Itulbo... prendi... senti...

(Vanno incontro a lui, e tumultuosamente 
gli offrono da bere)

ITULBO
Si avvicina la duchessa;
separatevi, imprudenti.

CORO
La duchessa.

ITULBO
Guai se viene
chi noi siamo a sospettar!

CORO
Guai, sì, guai! tacer conviene:
bevi tosto, e lungi andar.
Versa... tocca... presto... presto...

ITULBO
Piano amici...

CORO
Un solo evviva.
Chi risponde... Il vento è questo...
L'onda infranta in sulla riva...
Alla gioia de' pirati
prende parte e terra, e mar.

ITULBO
Sconsigliati!

(Si ritirano, e a poco a poco le loro voci
si perdono in lontananza)

Scena Sesta 

(Imogene, e Adele) 

IMOGENE
Ebben?

ADELE
Verrà. Lungi da' suoi, sepolto
in profondi pensieri, io lo rinvenni,
e il tuo desir gli esposi.

IMOGENE
Ed ei ti disse?

ADELE
Nulla. 

IMOGENE
Vanne, e veglia qui presso ad ogni evento.

(Adele parte)

Scena Settima 

(Imogene, indi Gualtiero) 

IMOGENE
Perché cotanta io prendo
d'uno stranier pietà? Mesto sul cuore
tuttor mi suona il gemer suo dolente.
Eccolo. - Oh! come io tremo a lui presente!

(Gualtiero giunge infondo al teatro a passi
lenti, e resta ravvolto nel suo mantello senza
guardare Imogene)

Stranier... la tua tristezza
nella gioia de' tuoi, prova mi è certa,
che a te fortuna fu più cruda assai...
Parla... Ti avrebbe mai
tutto rapito il mar? Poss'io con l'oro!...

GUALTIERO
Nulla... Il mondo per me non ha tesoro.

IMOGENE
Intendo... Hai tu nell'onde
perduto forse un adorato oggetto,
un congiunto, un amico! Ah! non poss'io
consolarti, o stranier... Io stessa, io stessa
inconsolabil vivo.

GUALTIERO
È ver, d'ogni conforto il ciel m'ha privo
sono orrendi i miei mali...

IMOGENE
Eppur sollievo
sperar puoi di tua famiglia in seno,
nel patrio suol...

GUALTIERO
Io!... son deserto in terra:
famiglia, e patria empio destin mi ha tolto.

IMOGENE
(fra sé)
Si accresce il mio terror, se più l'ascolto.

(A Gualtiero) 

Poiché d'alcuna aita
giovarti non mi lice, addio... Se un giorno
fia che ti tragga degli altari al piede
il tuo dolore prega per me, che sono
più di te sventurata:

(per partire) 

GUALTIERO
(appressandosi con violenza)
Odimi... arresta...
Invan ricusi:.. a me fuggir non puoi.

IMOGENE
Fuggirti non poss'io?... 
Chi sei? che vuoi?

GUALTIERO
Ch'io parli ancor? Voce suonava un giorno
che ognun potea scordar senza delitto,
fuor che tu sola...

IMOGENE
Giusto cielo!...

GUALTIERO
Ah! Imogene!

IMOGENE
È desso! è desso!

(Si abbandona tremante nelle sue braccia,
indi se ne allontana sbigottita)

Tu sciagurato! Ah! fuggi...
Questa d'Ernesto è Corte.

GUALTIERO
Lo so... Ma tu distruggi
dubbio peggior di morte.
Qui dove impera Ernesto
come sei tu? perché?

IMOGENE
Nodo fatal, funesto,
a me l'unisce...

GUALTIERO
Ah te!!
No, non è ver: nol credo...
No, non mi fosti tolta.

IMOGENE
Misera me!

GUALTIERO
Che vedo?
Piangi? Oh! furor!

IMOGENE
Mi ascolta.
Il genitor cadente,
in ria prigion languente,
perìa se al duca unirmi
Io ricusava ancor...

GUALTIERO
Empia!... così tradirmi!

IMOGENE
Periva il genitor.

GUALTIERO
Pietosa al padre! e meco
Eri sì cruda intanto!
Ed io deluso, e cieco
Vivea per te soltanto!
Mille soffria tormenti,
L'onde sfidava, i venti,
Sol per vederti in seno
Del mio persecutor.

IMOGENE
Ah! tu d'un padre antico
Tu non tremasti accanto:
Scudo al pugnal nemico
Ei non avea che il pianto...
I lunghi suoi tormenti
Non furo a te presenti,
Non lo vedesti pieno
D'affanno e di squallor...
Alcun s'appressa... Ah! lasciami,
Guai se tu fossi udito!

GUALTIERO
Or che tu m'hai tradito,
nessun tremar mi fa.

(Escono le damigelle di Imogene col figlio suo.
Essa lo vede, e grida atterrita)

IMOGENE
Ah!! figlio mio!

GUALTIERO
(percosso)
Che ascolto?
Scostati...

(Afferra il fanciullo e ne allontana Imogene)

IMOGENE
(spaventata)
Oh ciel!

GUALTIERO
(contemplandolo fremente)
Qual volto!
Figlio è d'Ernesto...

(La sua mano si arresta sul pugnale)

IMOGENE
Ah! è mio...
È figlio mio... Pietà!

(Al grido d'Imogene, Gualtiero si arresta
perplesso, indi commosso le restituisce il figlio) 

GUALTIERO
Bagnato dalle lagrime
d'un cor per te straziato,
lo rendo alle tue braccia,
Lo dono al tuo dolor.
Ti resti per memoria
d'un nodo sciagurato;
eterno sia rimprovero
del mio tradito amor.

IMOGENE
Non è la tua bell'anima,
non è, Gualtier, cambiata...
In queste dolci lagrime
io la ritrovo ancor.
Deh! fa che pegno scorrano
ch'io moro perdonata...
Sian dono amaro ed ultimo
d'un infelice amor.

(Gualtiero si scioglie da lei,
e rapidamente si allontana)

Scena Ottava 

(Esterno del Palazzo di Caldora illuminato. Marcia 
militare: applauso de' cavalieri: indi Ernesto) 

GUERRIERI
Più temuto, più splendido nome
del possente signor di Caldora
non intese Sicilia finora
della fama sui vanni volar.
La fortuna gli porse le chiome,
la vittoria seguì le sue vele;
sallo appieno il Pirata crudele,
che la possa ne ardiva sfidar.
In un giorno le squadre fur dome,
che dell'onde usurpavan l'impero;
in un giorno fu vinto Gualtiero,
in un giorno fu libero il mar.
Più temuto, più splendido nome
non si udì per Sicilia echeggiar.

ERNESTO
Sì, vincemmo, e il pregio io sento
Di sì nobile vittoria;
Ma che vostra è la mia gloria
Cavalieri, io sento ancor.
Se divisi nel cimento
Fur gli affanni e le fatiche,
Dividete in mura amiche
La mia gioia, il mio splendor.

CORO
Come in guerra invitto e audace,
sei cortese e umano in pace;
la bontà del tuo cuore
va del pari col valor.

ERNESTO
(fra sé)
Nel sangue nemico,
mi tinsi furente,
ma l'anima ardente
saziarsi non può.
Tu vivi, o Gualtiero,
tu fuggi impunito,
quel sangue aborrito
versato non ho.

Scena Nona 

(Imogene, Adele, damigelle, e detti.
Ernesto va incontro ad Imogene) 

ERNESTO
Mi abbraccia, o donna...
Che vegg'io? 
Dimessa, afflitta tanto troveranno i prodi
la consorte del duce? 
Al mio trionfo tal prendi parte?

IMOGENE
Di vederti illeso
mi allegro io solo; altro non lice ad egra
languente donna, ed a qual punto il sai.

ERNESTO
Ma di: qual sei pietosa.
Desti a' naufraghi asilo?

IMOGENE
(fra sé)
Oh! ciel!

ERNESTO
Contezza dell'esser loro hai certa?

IMOGENE
Agl'infelici dar pria soccorso, 
e interrogarli poscia fu il mio pensier.

ERNESTO
A me dinanzi io quindi
il duce loro appello,
col Solitario, che dal mar fremente
li ricettò primiero.
Eccoli.

Scena Decima 

(Solitario, Gualtiero, Itulbo, Pirati e detti) 

IMOGENE
(fra sé)
Aita, o cielo!

SOLITARIO
(piano a Gualtiero)
Ardir, Gualtiero.

(Si avanza) 

Degli stranieri accolti
nell'ospidal tua terra, eccoti innanzi,
signore, il condottier.

ERNESTO
A me si appressi.
E sincero risponda.

(Gualtiero vorrebbe presentarsi,
ed è prevenuto da Itulbo)

ITULBO
Eccomi.

(Gualtiero rimane confuso fra i Pirati;
Ernesto osserva attentamente Itulbo) 

ERNESTO
All'accento, al manto, all'armi
tu non sei di questi lidi.

GUALTIERO
(fra sé)
Oh furor! e ho da frenarmi?

ITULBO
In Liguria il giorno io vidi.

ERNESTO
E tu sei?

ITULBO
Di quello Stato
capitano venturier.

ERNESTO
Quelle terre asilo han dato
a un fellone, al vil Gualtier.

GUALTIERO
(fra sé)
Vile!

SOLITARIO
(fra sé)
Ah! taci sconsigliato!

ITULBO
Là si accoglie ogni stranier.

ERNESTO
Ma soccorso ei vi rinviene
di navigli e di Corsari...
Mi è sospetto ognun, che viene
da quei lidi, e da quei mari...
Finché meglio a me dimostro
non è il nome, e l'esser vostro,
in Caldora resterete
rispettati prigionier.

ITULBO
(fra sé)
Prigionieri!

IMOGENE
(fra sé)
Ahimè!

SOLITARIO
(fra sé)
Ti frena.

ITULBO
Cruda legge, o duca, imponi.

(a Imogene) 

Tu che sai la nostra pena,
nobil donna, t'interponi.

IMOGENE
Ah! Signor... così inclemente
non ti trovi amica gente.
Da fortuna afflitti, oppressi,
infelici assai son essi;
il ritorno ai patri lidi
ai dolenti non negar.

GUALTIERO
(fra sé)
Traditor!

SOLITARIO
(fra sé)
Deh! taci!

ERNESTO
(dopo aver pensato)
Il vuoi?
Partan dunque al nuovo albore.

ITULBO
Generosa!... a' piedi tuoi
rendiam grazie del favore.

(Tutti i Pirati si prostrano ad Imogene.
Gualtiero con essi)

GUALTIERO
(sottovoce ad Imogene)
Imogene!... un solo accento...

IMOGENE
(fra sé)
Sorgi... oh!... Dio!... non ti svelar!

(Itulbo, e il Solitario si volgono ad Ernesto: egli parla
sotto voce ai Cavalieri. Gualtiero sorge fra i Pirati, e 
parla furtivamente ad Imogene)

GUALTIERO
(sottovoce ad Imogene)
Parlarti ancor per poco,
pria di partir, pretendo...
In solitario loco,
qual più tu vuoi, t'attendo...
Se tu ricusi... trema...
Per te, per lui, pel figlio...
Notte per tutti estrema
questa, o crudel, sarà.

IMOGENE
(sottovoce a Gualtiero)
Scostati... oh! Dio! tel chiedo,
l'impongo a te piangendo...
L'ultimo mio congedo
abbi in tal punto orrendo.
Non ti ostinar... ti prema
del tuo mortal periglio...
Della mia pena estrema,
del mio terror pietà!

ERNESTO
(fra sé)
Io volgo in cor sospetti,
ch'io stesso non comprendo:
all'opre loro, ai detti
Giovi vegliar fingendo...

ERNESTO, CAVALIERI
(fra sé)
Questi esplorar ci prema
se approdi alcun naviglio:
se v'ha cagion di tema
l'acciar li prevarrà.

ITULBO, SOLITARIO
Osserva... ah! tutto ancora
il mio timor riprendo...
Lo sconsigliato ignora
il suo periglio orrendo...

ADELE, DAMIGELLE
A questa prova estrema
reggiam con fermo ciglio:
si asconda altrui la tema,
che palpitar ci fa.

GUALTIERO
Ebben, cominci, o barbara,

(si muove furibondo verso d'Ernesto) 

La mia vendetta.

IMOGENE
(con un grido)
Ah!... io moro.

(S'abbandona fra le braccia delle sue damigelle) 

ERNESTO
(volgendosi)
Che avvenne?

(Accorrendo da lei) 

ITULBO, SOLITARIO
(a Gualtiero allontanandolo)
Insano! scostati.

GUALTIERO
(fra sé)
Oh! qual furor divoro!

ERNESTO
D'onde sì strano e subito
Dolore in lei! perché?

DAMIGELLE
Egra, languente, e debole
Più dell'usato forse,
Tal non dovea l'improvvida
Al ciel notturno esporse...

ERNESTO
Alle sue stanze traggasi.

DAMIGELLA
Vedi: ritorna in sé.

(Imogene si scuote... cerca sbigottita Gualtiero 
e veggendolo in distanza fra i suoi prorompe in 
un grido)

IMOGENE
Ah! partiamo: i miei tormenti
Sian celati ad ogni sguardo.
Tremo, avvampo... gelo ed ardo...
Gonfio in sen mi scoppia il cor.

ERNESTO
Imogene! 

(fra sé) 

Quali accenti!

CAVALIERI
Infelice! 

(fra sé) 

Quali accenti!
Qual delirio in lei si desta?

GUALTIERO
Raffrenar mie furie ardenti
la ragione invan si attenta;
all'acciar la man si avventa,
alla strage anela il cor.

ITULBO, SOLITARIO
Vieni, fuggi, omai cimenti
colla tua la nostra vita...
Deh! risparmia la smarrita,
ella more di terror.

DAMIGELLE
Ah! signor, sì strani accenti
tu condona a donna oppressa...

(fra sé) 

Per pietade di te stessa
vieni, ascondi il tuo dolor!

(Imogene è tratta altrove dalle sue Damigelle. 
Gualtiero da Itulbo e dal Solitario trascinato 
fuori. Ernesto, in mezzo ai suoi cavalieri, rimane
assorto in gravi pensieri. Cala il sipario)
ACTO PRIMERO


Escena Primera 

(Playa en cercanías de Caldora. Se ve al fondo 
una choza, donde vive un ermitaño. Al alzarse 
el telón ha comenzado una terrible tempestad. 
Se ve una nave en grave peligro, golpeada por 
vientos y olas. Las orillas de la playa están llenas 
de pescadores, que se esfuerzan por socorrer del 
naufragio a las pobres víctimas. El Ermitaño les 
da coraje. Al poco, todo el lugar se llena de 
gente. La tormenta llega a su fin) 

MUJERES
¡Cielos, qué tempestad tan horrible!
¡La tierra y el mar se estremecen!
Será vano todo intento 
de salvar a los náufragos. 

EREMITA
¡No desesperéis, oh hijos!
¡Aún no están perdidos!
Siempre hay un Dios protector 
en la desventura. 

HOMBRES
Se ha hundido la nave...

(Desde los escollos) 

MUJERES
¡Ay, míseros!

HOMBRES
Todos perecerán...

MUJERES
¡Qué horror!

EREMITA
¡Pobres! ¡Roguemos por ellos!
Roguemos, amigos. 

TODOS
¡Dios, que dominas las tempestades
y frenas al viento y al mar!
¡Oh, no abandones
a esos infelices!

HOMBRES
¡El barco!... ¡Ánimo, adelante!
Resiste al viento... Se alza, avanza...
Evita las rocas... Corta las olas...
Se acerca a la orilla... ¡Ya no hay peligro! 

EREMITA, MUJERES
¡Sean dadas las gracias al Dios clemente 
por haberles salvado, por tanta bondad!

Escena Segunda 

(La muchedumbre sale apresuradamente. Los 
náufragos llegan a la playa ayudados por los 
pescadores. Gualtiero, sostenido por Itulbo, se 
encuentra entre ellos. El Eremita va hacia él) 

GUALTIERO
¡Estoy a salvo! 
Los elementos se confabularon en mi contra. 

EREMITA
(para sí)
¡Oh, cielos!... ¡Esa voz!

ITULBO
(para sí)
¡Ah, calla, sé discreto, por piedad!... 
¿Acaso quieres traicionarte?

GUALTIERO
¿Qué costa es ésta? ¿Dónde estamos?

EREMITA
(para sí)
¡Ah, es él!

(a Gualtiero) 

En suelo amigo, desventurado. 

GUALTIERO
¡Esa voz!

ITULBO
(para sí)
¡Tiemblo!

EREMITA
¡Ah, Gualtiero!

GUALTIERO
¡Goffredo!
¡Oh, mi segundo padre! 
¡Mi sabio tutor!... ¿Tú, así vestido?
¿En una humilde choza?

EREMITA
¡Ah, cuando te fuiste, 
perdí todos mis bienes!...
Aquí, triste y solo, he vivido llorando tu exilio,
la destrucción de tu casa y acaso, tu muerte. 
¿Y?...

GUALTIERO
He arrasado al mundo con mi venganza...
Pero ha sido en vano. El vil Ernesto, mi enemigo, 
consiguió mi injusto destierro. 
Pero dime... 
¿Qué es de Imogene?... ¿Me es fiel? 
¿Ha contraído un nuevo compromiso?

EREMITA
¡Pobre!... ¿Aún piensas en ella?

GUALTIERO
¡Sólo en ella!... Escucha.
En el furor de las tempestades, 
entre las matanzas de los piratas, 
aquella imagen adorada
siempre estaba presente en mí.
Ha sido como un ángel celeste, 
que aconsejaba la virtud. 

EREMITA
¡Infeliz!... ¿Qué es lo que esperas?

GUALTIERO
No espero nada… Pero amo y sufro. 
Este amor disipa al menos 
el horror de mis pensamientos.
Es un rayo que resplandece
en las tinieblas de mi corazón. 
Mi vida ahora depende
de Imogene, del amor. 

Escena Tercera 

(Vuelven los pescadores)

CORO
Que la noble señora conozca
el desastre de estos infelices. 
Ella misma viene desde Caldora,
piadosamente, a curar sus necesidades.

EREMITA
(para sí)
¡Oh, peligro!

(A Gualtiero) 

¡Escóndete, rápido!
De lo contrario estarás perdido.

GUALTIERO
¿Acaso podrá reconocerme?

EREMITA
Desde luego que ella sí podría.

GUALTIERO
¿Quién es ella?... Responde. 

EREMITA
¡Ay! No preguntes...

GUALTIERO
¿Cómo?... ¿Qué dices?

EREMITA
Hazme caso. Es preciso que huyas. 

EREMITA, ITULBO
¡Ven, huye!... ¡Estás entre enemigos! 

GUALTIERO
¡Puedo desafiarlos, y morir!
Por ti aún me alimento 
de vanas lágrimas, mi bien.
La esperanza de poseerte
me hace vivir. 
Si pierdo la esperanza
entre tantas penas 
¡ah! no lo podría resistir, 
preferiría entonces la muerte. 

EREMITA, ITULBO
¡Oh, calla, intrépido, cálmate!
No despiertes sospechas...
Mil ojos te observan
y tu furor te delata.

CORO
¿Por qué ese misterioso lamento?
¿Por qué ese triste aspecto?
Lo que tanto lo agita, 
es locura, y no dolor. 

(El Eremita conduce a Gualtiero a su choza,
luego, regresa junto a Itulbo)

Escena Cuarta 

(Imogene, Adela, Damiselas y anteriores) 

IMOGENE
¡Levantaros! Mi deber es 
tener compasión con los extranjeros 
que la tormenta arrojó hasta aquí.
Ésa es la antigua ley de Caldora.
¿Quiénes sois, oh, desventurados?
¿De dónde venís?

ITULBO
La real Messina abandonamos ayer, 
y nuestras velas estaban dirigidas 
a Palermo. 

IMOGENE
¡A Palermo! 
¡Ah, navegasteis por un mar peligroso! 
Debéis saber, extranjeros, que en esas aguas
se libra una cruel guerra.

ITULBO 
(para sí)
¡Cielos!

IMOGENE
¿Visteis algún navío pirata?

ITULBO
Los vencimos,
los dispersamos... quedaron destruidos...

IMOGENE
¿Y su jefe?

ITULBO
¿El líder? 

(para sí) 

¿Por qué ese interés?

(A Imogene) 

Quizás esté en prisión... o muerto.

IMOGENE 
¡Muerto!

ADELA
¡Ah! ¿Qué haces? ¡Cálmate!

(Alejándola de los piratas)

IMOGENE
(para sí)
¡Oh, terror!

(A una señal de Adela, los piratas se apartan) 

Soñé que estaba herido y ensangrentado, 
en una desierta y desnuda playa...
La arena estaba manchada con su sangre. 
Mis gritos retumbaban en el cielo
pero ni una sola voz me respondía.
El aire estaba dormido y la mar en calma,
la naturaleza era sorda 
a mi llanto, a mi dolor.

ADELA
(para sí)
Para ya... ¡Oh! 
Procura desechar esas imágenes horrendas.

CORO
(para sí)
Está llorando. 
Un desconocido motivo aflige a la infeliz.

IMOGENE
De repente mi esposo aparece
mirándome enfurecido y sombrío. 
Yo, me grita, lo llevé a su muerte. 
Me aferra y me lleva con él. 
Callada, oprimida y estupefacta, 
me rapta y me lleva lejos...
Su hálito moribundo 
me persigue a través del viendo.
Parece que aún siento su aliento...

ADELA
Temes a fantasmas imaginarios.
Calma, incauta, tu terror. 

ITULBO
(para sí)
¡Qué sospecha presiente mi corazón!

IMOGENE
Te aseguro que este sueño, oh, mi fiel amiga, 
es muy cierto. 

GUALTIERO
¡Cielos, es ella!

(Sale de la choza del Eremita; pero éste 
lo aferra y lo vuelve hacer entrar)

IMOGENE
¡Oh, Dios, qué oigo?
¿Qué fue ese lamento?

ITULBO
Es un náufrago triste...
Enfermo, miserable, demente...
El mar inclemente y la fortuna 
lo despojó de todo...

IMOGENE
(para sí)
¡Ojalá y sea socorrido!...

(A Adela) 

¡Oh, querida Adela!
¡Qué desazón ha despertado en mí!

(a los demás) 

Desventurada, yo también deliro 
sumergida en un vano amor.
Creo reconocerlo en cualquier lugar.
¡Oh, tormento del corazón!
¡Ah, será mientras yo viva, 
un tormento para mi corazón!
¡Ah, será la razón eterna
de mi dolor!

EREMITA, ADELA y CORO
Vuelve al castillo tranquila.
Los extranjeros tendrán ayuda. 
Ya lo ves, la desdicha de ellos
aflige en demasía a tu corazón. 

(Imogene sale con su séquito) 

Escena Quinta 

(Pasillo en el Castillo de Caldora, que conduce 
a los jardines. Entran los piratas bebiendo 
y cantando alegremente. Llega luego Itulbo 
a calmarlos) 

PIRATAS 
¡Viva, Viva!... ¿No hay nadie?
Repitamos... ¡Viva, Viva!

(Oyen el eco a través de las paredes) 

Es el viento... Es el sonido de las olas
que rompen contra el acantilado. 
La alegría de los piratas
es compartida por la tierra y el mar.
Prudencia, prudencia, no seamos impacientes, 
no debemos revelar nuestra identidad. 
¡Escuchad!... Alguien se acerca. 
Es Itulbo... ¡Hola!... ¡Hola!...

(Van a su encuentro, y alegremente 
le ofrecen de beber)

ITULBO
¡La duquesa viene de camino!...
¡Separaros, imprudentes! 

CORO
¡La duquesa!

ITULBO
¡Ay de nosotros,
si acaso llegara a sospechar algo!

CORO
¡Ay de nosotros, sí, ay! Conviene callar.
Beber mucho y escabullirnos...
¡Sirve!... ¡Rápido!... Rápido!...

ITULBO
¡Tranquilos, amigos!...

CORO
Repitamos una vez más...
¿Quién responde?... Es el sonido del viento...
La ola que muere sobre el acantilado...
La alegría de los piratas
es compartida por la tierra y el mar. 

ITULBO
¡Imprudentes!

(Se retiran, poco a poco sus voces se pierden 
en la lejanía) 

Escena Sexta 

(Imogene y Adela) 

IMOGENE
¿Y bien?

ADELA
Él vendrá. Estaba pensativo 
y apartado de sus compañeros. 
Le he explicado tu deseo. 

IMOGENE 
¿Y qué te dijo?

ADELA
Nada. 

IMOGENE
Vete y permanece fuera, vigilando.

(Adela sale) 

Escena Séptima 

(Imogene, después Gualtiero) 

IMOGENE
¿Por qué siento tanta piedad por un extranjero? 
Mi corazón aún oye el sonido
de sus tristes lamentos. 
¡Aquí llega!… ¡Oh, cómo tiemblo!

(Gualtiero entra desde el fondo con pasos lentos, 
arropado en sus vestiduras camina sin mirar a 
Imogene)

Extranjero... Tu tristeza, 
entre la alegría de los tuyos, 
es prueba de que la fortuna 
fue muy cruel contigo. Dime... 
¿El mar te lo arrebató todo? ¿Necesitas oro?...

GUALTIERO
No... No tengo razón de ser en el mundo. 

IMOGENE
Comprendo... 
¿Has perdido entre las olas, quizás, 
un caro amor, un pariente o un amigo?...
¡Ah, entonces no podré consolarte, extranjero!...
Yo misma, yo misma vivo sin esperanza. 

GUALTIERO
Cierto, el cielo me ha privado de cualquier bien. 
Son tan horrendos mis males...

IMOGENE
Quizás encuentres consuelo
en el seno de tu familia.
En el suelo de tu patria…

GUALTIERO
¿Yo? Estoy solo en la tierra.
Familia y patria el impío destino me robó. 

IMOGENE
(para sí)
Si más lo escucho, más se acrecienta mi terror.

(a Gualtiero) 

Puesto que no puedo ayudarte, ¡ve con Dios!...
Si un día tu dolor 
te conduce al pie del altar, 
ruega por mí, 
que soy más desdichada que tú. 

(Para salir)

GUALTIERO
(acercándose a Imogene con violencia)
¡Óyeme!... ¡Detente!...
¡En vano me rechazas!... ¡No puedes huir de mí!

IMOGENE
¿No puedo huir de ti?... 
¿Quién eres? ¿Qué quieres?

GUALTIERO
¡Seguir hablando!
Un día pronunciaste una palabra 
que cualquiera podía olvidar sin culpa, salvo tú...

IMOGENE
¡Justo cielo!

GUALTIERO
¡Ah, Imogene!

IMOGENE
¡Es él! ¡Es él!

(Se abandona temblorosamente en los brazos de 
Gualtiero, después se aleja indecisa) 

¡Tú, desdichado! ¡Ah, huye!
¡Ésta es la corte de Ernesto!

GUALTIERO
Lo sé... Pero tú destruyes
una duda peor que la muerte. 
¿Cómo es que estás aquí, 
donde impera Ernesto?... ¿Por qué?

IMOGENE
Un enlace fatal y funesto
me une a él. 

GUALTIERO
¡A ti!
¡No, no es verdad, no te creo!...
¡No, no es posible! 

IMOGENE
¡Pobre de mí!

GUALTIERO
¿Qué veo?...
¿Lloras? ¡Oh, furor!

IMOGENE
Escúchame. 
Mi padre yacía moribundo
en una tenebrosa prisión.
Yo misma hubiera muerto 
si hubiera rehusado a unirme al duque...

GUALTIERO
¡Impía!... ¡Traicionarme así!

IMOGENE
¡Mi padre hubiera muerto!

GUALTIERO
¡Piadosa con tu padre,
mas conmigo cruel!
Y yo, que ilusionado y ciego,
vivía sólo por ti. 
He sufrido mil tormentos, 
he desafiado tempestades y huracanes, 
sólo para verte en los brazos
de mi perseguidor. 

IMOGENE
¡Ah, tú no temblaste junto 
a un padre moribundo!
El único escudo que tenía 
ante el puñal enemigo era el llanto...
Sus largos tormentos
no los presenciaste,
no lo viste colmado
de penas y desolación. 
Alguien se acerca... ¡Ah, déjame!
¡Ay de ti si te descubren!

GUALTIERO
Ahora que me has traicionado, 
ya nadie me podrá hacer temblar. 

(Aparecen las damas de Imogene trayendo
a su hijo. Ella lo ve y grita aterrorizada)

IMOGENE
¡Ah! ¡Mi hijo!

GUALTIERO 
(atónito)
¿Qué escucho? 
¡Apártate!...

(Aferra al infante y se aleja de Imogene) 

IMOGENE
(Aterrorizada)
¡Oh, cielos!

GUALTIERO
(contemplando al niño con horror)
Este rostro...
¡El hijo de Ernesto!

(Toma su puñal) 

IMOGENE
¡Ah, es mío!
¡Es mi hijo!... ¡Piedad!

(Ante el grito de Imogene, Gualtiero se detiene, 
y conmovido, le devuelve el niño) 

GUALTIERO
Bañado por las lágrimas 
de un corazón desgarrado por ti, 
lo devuelvo a tus brazos,
lo confío a tu dolor.
Que quede como recuerdo, 
de un enlace desdichado;
que sea un reproche eterno
de mi amor traicionado. 

IMOGENE
No, tu noble alma
no ha cambiado, Gualtiero.
En estas dulces lágrimas
aún la reconozco.
¡Ah! Haz que sean la garantía 
de que muero perdonada...
Que sean el amargo y último regalo
de un amor desgraciado. 

(Gualtiero se separa de ella y rápidamente 
se aleja) 

Escena Octava 

(Exterior del Palacio de Caldora. Los caballeros 
hacen su entrada desfilando. Luego Ernesto) 

GUERREROS
Nunca antes Sicilia 
vio volar en alas de la fama,
un nombre más temido y respetado,
como el del poderoso señor de Caldora. 
Fortuna le ofrece la gloria
y Victoria sigue sus pasos.
Bien lo sabe el cruel pirata
que haya osado desafiarlo.
En sólo un día fueron hundidos los barcos
que aterraban las aguas del imperio. 
En un día fue vencido Gualtiero,
en un día fue liberado el mar. 
Nunca se ha festejado en Sicilia
un nombre más temido y respetado. 

ERNESTO
Sí, vencimos, y me siento orgulloso
de esa noble victoria.
Pero toda mi gloria
os la debo a vosotros, caballeros. 
Si en la dura batalla compartimos 
desventuras y fatigas, 
compartamos, entre estos muros amigos,
mi alegría y esplendor. 

CORO
En la paz eres tan cortés y humano
como audaz e invencible en la guerra. 
La bondad de tu corazón
es semejante a su valor. 

ERNESTO
(para sí)
La cólera hizo que me manchara
de sangre enemiga,
pero mi ardiente alma
no ha quedado satisfecha.
¡Tú vives, Gualtiero, 
y has escapado sin castigo!
No he podido derramar
tu aborrecida sangre.

Escena Novena 

(Entran Imogene, Adela y sus damas. Ernesto 
va a encontrarse con Imogene) 

ERNESTO
¡Abrázame, mujer!...
¿Qué veo? 
¿Acaso estos valientes deberán ver
a la esposa del duque afligida?
¿Así es como compartes mi triunfo?

IMOGENE
Sólo me alegro de verte ileso. 
Más, no puede hacer una mujer doliente... 
y tú sabes hasta qué punto. 

ERNESTO
Pero dime: ¿por qué le das dado asilo 
a los náufragos tan generosamente? 

IMOGENE
(para sí)
¡Oh, cielos!

ERNESTO
¿Has averiguado quienes son?

IMOGENE
Pensé primero en dar socorro a los infelices, 
y luego, interrogarlos a su debido tiempo. 

ERNESTO
He mandado llamar 
a su jefe y al ermitaño, 
quien fue el primero en socorrerlo
tras la dura tempestad.
¡Aquí llegan!

Escena Décima 

(Entran el Ermitaño, Gualtiero, Itulbo y piratas) 

IMOGENE
(para sí)
¡Ayúdame, oh, Cielo!

EREMITA
(en voz baja a Gualtiero)
¡Valor, Gualtiero!

(Avanza) 

Éste es, mi señor, el capitán de los extranjeros 
que habéis acogido 
en vuestra hospitalaria tierra.  

ERNESTO
¡Que se acerque
y me responda con la verdad!

(Gualtiero pretende presentarse, 
pero Itulbo se adelanta) 

ITULBO
¡Heme aquí!

(Gualtiero queda oculto entre los piratas; 
Ernesto observa atentamente a Itulbo) 

ERNESTO
Por tu voz, por tus ropas y tus armas,
noto que no eres de este lugar.

GUALTIERO
(para sí)
¡Oh, furor! ¿Debo contenerme?

ITULBO
Nací en Liguria. 

ERNESTO
¿Y tú eres?...

ITULBO
Capitán de los navíos 
de ese estado. 

ERNESTO
También esa tierra ha visto nacer 
a un cobarde, al vil Gualtiero. 

GUALTIERO
(para sí)
¡Vil!

EREMITA
(para sí)
¡Ah, calla imprudente!

ITULBO
Allí se da asilo a todo extranjero. 

ERNESTO
Pero él pidió socorro 
a navegantes y corsarios...
Me es sospechoso cualquiera que venga 
de aquellas costas, de aquellos mares...
Hasta que demostréis
vuestro nombre y condición, 
permaneceréis en Caldora
bajo arresto. 

ITULBO
(para sí)
¡Prisioneros!

IMOGENE
(para sí)
¡Ay de mí!

EREMITA
(para sí)
Cálmate.

ITULBO
Impones, duque, una cruel ley. 

(a Imogene) 

Tú, que conoces nuestro sufrimiento, 
noble mujer, intercede por nosotros. 

IMOGENE
¡Ah, señor!... Que gente amiga
no os vea tan despiadado. 
Estos infelices ya han sido muy 
castigados por la fortuna. 
No les neguéis la vuelta
a las playas de su patria. 

GUALTIERO
(para sí)
¡Traidor!

EREMITA
(para sí)
¡Oh, calla!

ERNESTO
(luego de haberlo pensado)
¿Eso deseas?
Pues entonces que salgan al amanecer. 

ITULBO
¡Clemente!... A tus pies damos gracias
por el favor que nos haces. 

(Todos se postran ante Imogene, entre ellos 
Gualtiero)

GUALTIERO
(en voz baja a Imogene)
¡Imogene!... sólo una palabra...

IMOGENE
(en voz baja a Gualtiero)
Levántate… ¡Oh Dios, no te descubras!

(Itulbo y el Eremita y Ernesto hablan entre
ellos. Gualtiero se adelanta y habla a Imogene
a escondidas)

GUALTIERO
(en voz baja a Imogene)
Deseo hablar contigo
antes de partir...
Que sea en un lugar a solas, 
en el que tú elijas, te esperaré...
Si te niegas... 
¡Tiembla por ti, por él y por tu hijo!
Impía, ésta será para todos 
una noche crucial.

IMOGENE
(en voz baja a Gualtiero)
¡Apártate!... ¡Oh, Dios!
Te lo pido, te lo ordeno llorando...
Recoge mi último adiós
en un momento tan horrendo. 
No insistas... 
Piensa que corres un peligro mortal...
Ten piedad de mi terror, 
de mi gran pena.

ERNESTO
(para sí)
En mi corazón dan vueltas sospechas
que ni yo mismo comprendo.
Fingiendo, podré observar mejor 
la forma en que hablan.

ERNESTO, CABALLEROS
(para sí)
Debemos impedir que tomen 
alguna embarcación.
Si hay alguna razón que nos haga sospechar, 
serán atravesados por nuestras espadas.

ITULBO, EREMITA
Observa... ¡Ah! 
Vuelvo a sentir el inquietud...
El imprudente ignora 
el peligro horrendo que corre.

ADELA, MUCHACHAS 
Observamos con miedo
esta prueba extrema.
Debemos ocultar el temor
que nos hace temblar. 

GUALTIERO
¡Y bien, oh cruel! 

(va hacia Ernesto encolerizado) 

¡Que comience mi venganza!

IMOGENE
(con un grito)
¡Ah, muero!

(Cae en brazo de sus damas)

ERNESTO
(dándose la vuelta)
¿Qué sucede?

(Acercándose a su esposa)

ITULBO, EREMITA
(a Gualtiero)
¡Loco!... ¡Apártate! 

GUALTIERO
(para sí)
¡Oh, cuánto furor estoy conteniendo!

ERNESTO
¿A qué se debe este extraño y súbito dolor?
¿Qué está sucediendo?

MUCHACHAS
Está más triste, lánguida 
y débil de lo normal. 
No debería exponerse
al aire de la noche. 

ERNESTO
¡Llevadla a sus aposentos!

MUCHACHAS
¡Ya vuelve en sí! 

(Imogene se agita… busca estupefacta a 
Gualtiero y al verlo ya distanciado y entre 
los suyos, exclama)

IMOGENE
¡Ah, vámonos, que mis tormentos
sean escondidos a cualquier mirada!
Tiemblo, estallo... hielo y ardo...
El corazón explota dentro de mi pecho. 

ERNESTO
¡Imogene! 

(para sí) 

¡Qué palabras!

CABALLEROS
¡Infeliz! 

(para sí) 

¡Qué palabras!
¿Cuál es la razón de su delirio?

GUALTIERO
En vano intento refrenar
mi furia ardiente.
Mi mano busca una espada
y mi corazón anhela sangre. 

ITULBO, EREMITA
¡Ven, huye, ahora nuestra vida
está ligada a la tuya!
¡Vamos! Manténte lejos de ella, 
está atenazada por el terror. 

MUCHACHAS
¡Ah, señor!
¿No ves que es una mujer angustiada?...

(para sí) 

Por compasión a ti misma, 
ven con nosotras y esconde tu dolor.

(Imogene es conducida por sus damas a 
otras habitaciones. Itulbo y el Eremita salen 
con Gualtiero. Ernesto, en medio de sus 
caballeros, queda pensativo. Cae el telón)

Acto II