ACTO PRIMO
(Il porto di Lisbona in prospetto. A destra il palazzo del
re con gradinata sulla scena. Si scopre in lontananza
la flotta pronta a far vela. È un andare e un venire di
gente occupata ai vari preparativi dell'imbarco. Son
recate armi e munizioni da bocca a bordo della nave
ammiraglia. A sinistra Marinari e Soldati, che bevono
e cantano: altri prendono congedo dalle loro famiglie.
Calca di popolo, dame, cavalieri)
Scena prima
(Soldati, marinari, popolani, cavalier e dame,
quindi Don Antonio e Don Giovanni da Silva)
CORO
Su presto all'opra; nocchier, v'appella
propizio il vento, tranquillo il mar;
ci guida in Africa del re la stella;
nocchieri all'opra, convien salpar.
(Don Antonio e Giovanni da Silva escono
dal palazzo reale e s'avanzano sul proscenio)
ANTONIO
Ne sorride fortuna. Il re già muove
all'impresa africana, a cui lo appella
desio di gloria e la sua mala stella!
GIOVANNI
E partendo, l'augusto
vostro congiunto dell'impero a voi
commette la reggenza...
ANTONIO
Ch'io debbo all'influenza
del supremo del regno magistrato,
di sua grandezza consiglier privato.
(inchinandosi)
Dividere con voi
le cure intendo ed il poter sovrano...
GIOVANNI
(a parte)
Che breve fia nella tua debil mano
re Filippo secondo il glorioso
nostro vicin di Spagna, a me promette,
se il serto lusitano sul capo gli assicuro,
poter più lungo, e più del tuo securo.
Scena Seconda
(Un soldato che s'appressa a Don Antonio
e gli presenta un foglio piegato, e detti)
ANTONIO
Ognor quest'importuno,
che d'un semplice foglio mi persegue
senza mai darmi tregua.
(al soldato)
Eh via, che alleghi?
SOLDATO
La mia sciagura.
ANTONIO
E vuoi?
SOLDATO
Parlare al re.
ANTONIO
Credi tu che a' tuoi pari il re discenda?
GIOVANNI
Indietro, va'!
ANTONIO
Non più, vanne!
Scena Terza
(Don Sebastiano dal palazzo e detti)
SEBASTIANO
E perché
vietare a prodi miei l'accesso al re?
(al soldato)
Parla, chi sei?
SOLDATO
Guerrier sognai vittoria,
cercai sul mar la fama,
poeta ambii la gloria...
e non trovai che duol!
Lontan sull'onde algenti
Vasco seguii di Gama;
cantai di strane genti,
di terre ignote al sol.
O mia Lusiade! o figlia del mio bollente ingegno,
ove il tuo nome ai secoli,
patria crudel, consegno,
dell'Ocean sconvolto l'ire affrontai per te!
Ah! d'una man nuotante,
io l'altra al cielo ergea,
grazia per i miei versi,
non già per me chiedea:
sia lode al Ciel che invano
non domandai mercé!
SEBASTIANO
Ch'io sappia il nome tuo.
SOLDATO
Camoens!
SEBASTIANO
Poeta, io ti saluto!
(a Don Antonio e Don Giovanni)
Nel suo sguardo io vidi
del genio sconosciuto
brillar la fiamma! Del paese ingrato
che all'oblio lo condanna ed allo scorno
il nome suo sarà l'orgoglio un giorno!
(a Camoens)
Ti protegge il tuo re; parla: che vuoi?
CAMOENS
In Africa seguire i passi tuoi:
sopra il suol che ti fia d'allòr fecondo
pugnarti accanto e dir tue glorie al mondo.
SEBASTIANO
Su, presto adunque!
CAMOENS
Un'altra grazia io chiedo.
SEBASTIANO
E qual?
CAMOENS
(accennando verso le quinte)
Mira, o mio prence.
SEBASTIANO
O ciel, che vedo!
(Zaida circondata da soldati, famigliari del Tribunale
supremo di giustizia, s'avanza lentamente, due carnefici
le stanno al fianco)
Scena quarta
(Zaida, coro di soldati, popolani e detti)
CORO
Giustizia divina,
agli empii tremenda,
terrore comprenda
chi t'osa oltraggiar!
Un'alma che merta
eterna la pena,
la fiamma terrena
può sola mondar.
SEBASTIANO
Dove la conducete?
GIOVANNI
Al rogo!
SEBASTIANO
Chi è costei?
GIOVANNI
Zaida l'africana,
un'infedele impura,
sulla costa di Tunisi ai nostri
corsari presa or non ha molto, e tratta
in Lisbona a servir.
Di veneficio accusata e convinta,
il tribunal, ov'io siedo supremo,
la dannava poc'anzi al fato estremo.
SEBASTIANO
Perir non dee tanta beltà!
GIOVANNI
Mio prence, del consiglio sovrano
i decreti annullar né il re lo puote!
SEBASTIANO
Ma mitigar li può. Vada per sempre,
sotto pena di morte,
in bando la straniera.
GIOVANNI
(Fra sè)
O mio furore!
(A Re)
Dove?
SEBASTIANO
In Africa presso al genitore!
CAMOENS
Viva il re!
GIOVANNI, SEGUACI
(Sottovoce)
Tanto ardisce! Delle leggi
conculcar la maestà!
ZAIDA
(ai piedi del re)
Signor clemente e pio,
mio scudo e mio sostegno,
ben sei quaggiù di Dio
imagin vera, o re.
O tu, che mi difendi,
che a morte rea m'involi,
la vita che mi rendi
sacrar mi lascia a te!
Sul capo tuo sì caro
vegli divin favor!
Quant'è l'esiglio amaro
per te s'ignori ognor.
GIOVANNI, ANTONIO, SEGUACI
(Sottovoce)
Tanto di leggi oblio
da tollerar non è;
potria pagarne il fio,
benché possente, il re.
SEBASTIANO, CAMOENS
Sembiante onesto e pio,
straniera, il ciel ti die'!
Ben è quel cor restio
che nega omaggio a te!
(Zaida parte; s'ode uno squillo di trombe.)
CORO DI SOLDATI, POPOLO
Le trombe! Le trombe!
SEBASTIANO
Squillar la tromba io sento,
tronchiam gli indugi ormai:
ne spira amico il vento.
Al mar, miei prodi, al mar.
A conquistar ne appella
un nuovo mondo il cielo:
v'è scorta la mia stella,
corriamo a trionfar.
(a Camoens)
E tu, s'è ver che del futuro il velo
squarciar possa il poeta,
dinne tu, gran profeta,
qual fato serba all’armi nostre il cielo.
CAMOENS
(con entusiasmo)
Ove son? Del futuro al mio ciglio
chi l'oscuro velame squarciò?
Ecco in vista il regale naviglio...
già la sponda africana toccò...
Del deserto già il vento ne porta
indistinto guerresco clamor!
Quanti sono i nemici? che importa?...
Su, corriamo all'arringo d'onor!
CAMOENS, CORO
Su, corriamo a nuovi allori,
là sul campo della gloria:
è seguace la vittoria
del coraggio e del valor!
CAMOENS
Infinita, d'aspetto diversa
veggo un'oste sul piano avanzar:
già l'un campo nell'altro si versa,
chi le morti potrebbe contar?
Si fa notte, lampeggia, tuono in lontananza.
L'orizzonte di lampi spesseggia;
trema il suol; ecco il tuon rumoreggia...
Il re cade... accorrete, o gagliardi...
Giusto ciel! la bandiera periglia...
A gran pena la seguon gli sguardi,
tutta polve e di sangue vermiglia...
CAMOENS, CORO
Su, corriam, corriam a morir pel re.
SEBASTIANO
Che di' tu mai? Miei fidi...
CAMOENS
O re, perdona;
la notte che si fea
improvvisa d'intorno, e l'incessante
scoppiar del tuon, di neri
presentimenti avean ripiena l'alma!
Il cielo si rasserena.
Ma il mar ritorna in calma,
più chiaro brilla il sol!... O sol, che devi
le gesta illuminar di tanti eroi,
s'inchinin le bandiere ai raggi tuoi!
(Le bandiere vengono abbassate.)
SEBASTIANO
Le benedica il ciel!
GIOVANNI
Benigno ascolti
i nostri voti Iddio.
(a parte)
E di cotanto stuolo non tornerà, giova sperarlo,
un solo!
SEBASTIANO, CAMOENS, CORO
Squillar la tromba io sento,
tronchiam gli indugi ormai;
ne spira amico il vento.
Al mar, miei prodi, guerrieri al mar!
A conquistar ne appella
un nuovo mondo il cielo:
n'è scorta la mia/sua stella!
Corriam a trionfar!
ANTONIO, GIOVANNI, SEGUACI
(Sottovoce)
Disperda il folle intento
in sua giustizia il cielo!
Gli sia nemico il vento,
gli sia funesto il mar!
Che se pietade è bella,
in empietà si cangia,
quand'osa a Dio rubella
le leggi calpestar!
UOMINI, DONNE DEL POPOLO
Il nobile ardimento
seconda, o Re del cielo;
gli sia propizio il vento,
gli sia tranquillo il mar!
Dove l'onor lo appella
gli sii tu scorta e duce:
splenda per lui la stella
che guida a trionfar!
TUTTI
A pugnar corriam,
della fe' guerrier.
L'infedel sperdiam,
è del ciel voler!
ATTO SECONDO
(La scena è in Africa. Abitazione di Ben-Selim,
nei dintorni di Fez)
Scena Prima
(Zaida, circondata dalle sue compagne)
DONNE
La più vaga delle vergini,
onde l'Africa va altera,
d'ogni cor l'affetto, il palpito,
stava, ahi lassa! prigioniera!
A guerrier valente e nobile
data avea d'amor la fede:
già d'imen le faci splendono,
il garzon già sua la crede...
Quando ratto piomba il barbaro,
e gl'invola il suo tesor.
Ma tu riedi, e teco, o vergine,
a noi riedono gli amor!
(Zaida congeda d'un cenno le compagne.)
Scena Seconda
(Zaida sola)
ZAIDA
Ove celare, o Dio!,
l'affanno, il pianto mio!
Ebbro di gioia il padre
a festeggiar il dì del mio ritorno
tutte chiamava le tribù d'intorno!
Terra adorata de' padri miei,
come cangiata ritorno a te!
De' miei primi anni, dolci compagne,
invan gli affanni temprate a me.
Ahimè! sui lidi dello straniero
perché ti vidi mio nobil re?
Restò captivo, teco il mio core,
io più non vivo ben mio, che in te.
Scena Terza
(Ben-Selim e detta)
BEN SELIM
Perché, figlia, sì mesta,
e d'Abaialdo ai voti ognor restia?
Accogli almen dell'amistà l'omaggio,
ché il tuo ritorno a festeggiar s'appresta.
(Seguono danze di carattere.)
Scena Quarta
(Abaialdo con seguito di guerrieri arabi
che irrompono in mezzo alla danza e detti)
ABAIALDO
E che? Per tutto di festa è suono,
percosso echeggia di canti il ciel.
E a noi sul capo rimugge il tuono,
e a noi già sopra sta l'infedel!
TUTTI
L'infedel!!!
ABAIALDO
Su guerrier, su guerrieri! la spada
ch'io vi miri nel pugno brillar!
Su, su, allarmi! L'improvvido cada
che il leone veniva a destar!
All'armi, o miei guerrier!
Sebastian, re di voglia sfrenata,
di ridurci pretende a servir.
Fuor ne chiama e ne sfida a giornata
là sul pian d'Alcazarre Kebir!
Or che di guerra l'ora è suonata
tace ogni affetto: sol parla onor.
(a Zaida)
Mertar la fede che m'hai giurata
fia cura e premio del mio valor.
DONNE
La tua fedel contrada
ti piaccia, o Dio, salvar!
Deh! fa' che l'empio cada,
fa' il giusto trionfar!
ARABI
Su guerrier, su guerrieri! la spada
or è tempo da prodi impugnar!
Su, su, allarmi! L'improvvido cada
che il leone veniva a destar!
ZAIDA
(Fra sè)
Rattieni, o Dio, la spada
già presta a sterminar;
l'ire dai cor dirada,
fa pace trionfar!
(Tutti partono tumultuariamente.)
Cambio di scena
(La scena rappresenta la pianura d'Alcazar Kebir dopo
la battaglia, sparsa di morti dei due campi. A sinistra
dello spettatore un macigno.)
Scena quinta
(Don Sebastiano ferito, e sorretto da Don Enrico.
Ha in pugno l'elsa d'una spada rotta. Parecchi de'
suoi ufficiali, feriti anch'essi, gli fanno scorta)
SEBASTIANO
Una spada, una spada!...
ENRICO
Ohimè! Tutto è perduto!
SEBASTIANO
Camoens salviam... cader lo vi...
ENRICO
O sire,
non si pensi che a voi!
(agli altri)
Si regge appena!
(Sebastiano cadendo mezzo svenuto a piè della roccia)
SEBASTIANO
Lasciatemi... fuggite...
ENRICO
Eccoli! Presso a quella roccia...
(fa cenno ai compagni che quivi adagino il re)
E noi moriam per esso!
Scena Sesta
(Abaialdo, seguito da Ben-Selim, e detti)
ARABI
Allah ci die' vittoria,
e proclamò dal ciel
in questo dì la gloria
dei figli d'Ismael!
Sperdiam l'iniqua setta,
sveniam senza pietà!
È santa la vendetta!
Di sangue ha sete Allah!
PORTOGHESI
Se ci negò vittoria
la sorte a noi crudel,
dei martiri la gloria
è a noi serbata in ciel!
Il corpo alla vendetta
sottrar nessun potrà;
ma l'alma un premio aspetta
lassù, che egual non ha!
ABAIALDO
Seminato di morti e di malvivi
attesta il campo la vittoria nostra.
Ma dov'è il re? Ferito
cader lo vidi, e se dalla mia mano
egli spera fuggir, lo spera invano!
ARABI
Non si risparmi un sol di quest'infami!
Gli sterminiam!
ENRICO
Me primo!
ABAIALDO
Il re si nomi,
e agli altri della vita
mallevador son io.
Favellate: il re vostro?
ENRICO
Il re son io.
(Cade morto.)
ABAIALDO
Nella polve prosteso
eccolo dunque il re! L'eroe superbo,
che nell'Africa doma
sognava un nuovo impero,
vi conquistò solo una tomba!
BEN-SELIM
Ai resti
del re ch'ebbe la fede e il vostro affetto
gli estremi onor rendete, io lo permetto.
(I portoghesi tengon dietro al corpo
di Don Enrico che è portato via.)
Scena Settima
(Don Sebastiano svenuto e Zaida)
ZAIDA
Ei non è più!... fra i corpi
ond'è sanguigno il piano
d'interrogar la morte avrò il coraggio...
Se ferito salvarlo... io spero invano...
Ch'io risparmi alla salma almen l'oltraggio.
Sin ch'io lo trovi, o ciel,
guida i miei passi!
SEBASTIANO
(sempre fuor di sensi)
Camoens! Enrico! A me.
ZAIDA
Gran Dio! che intesi? Ohimè!...
È desso!... e vive ancor!...
Giusto cielo, in sì misero stato
chi potria non sentirne pietà?
Forse, oh Dio! mortalmente piagato
più che un soffio di vita non ha!...
SEBASTIANO
(risensando)
L'alma stanca... illanguidita
io sentia... dal sen... fuggir!...
Chi mi rende lena e vita?
Chi rinfranca in me l'ardir?...
ZAIDA
In lieta sorte o ria
m'avrai compagna, o re!
È tua la vita mia,
la spenderò per te!
SEBASTIANO
(respingendola con dolcezza)
Nella sventura mia
è il ciel pietoso a me,
che un angelo m'invia,
gentil straniera, in te.
Senza esporre i tuoi giorni
i miei salvar non puoi.
Va, lasciami perire!
ZAIDA
Pel Dio de' padri tuoi,
vivrai, mio sire, o noi morremo insieme!
SEBASTIANO
Che ascolto!
ZAIDA
Al re possente dovea tacerlo, e il tacqui.
Ma sventurato, ma errante e proscritto,
or saprai tutto!... io t'amo,
e per te solo io tremo!
SEBASTIANO
E offrirti, ah!, non poss'altro
che l'infortunio mio!
ZAIDA
Che importa! ...
Se per te morir poss'io, se la tua sorte è mia!
SEBASTIANO
Disgiunti, ah!, non ci voglia
quel Dio che ci riunì!
ZAIDA
Fa' cor, mio re, fa core,
la gioia è presso al duol.
Di notte al cupo orrore
succede il chiaro sol.
SEBASTIANO
Ardir m'infondi in core,
sparì l'affanno e il duol;
di notte al cupo orrore
succede il chiaro sol.
ZAIDA
Ti renderà libertade e corona
quel Dio che veglia sul capo dei re.
SEBASTIANO
Beato me se la sorte mi dona
ch'io possa un scettro deporre al tuo piè!
Scena Ottava
(Coro d'Arabi e detti. Indi Abaialdo e Ben-Selim)
ARABI
Feriam! Sveniam!
Nel nome del profeta!
Che più tardiam? A noi l'impone il ciel!
Allah! Allah costui salvar ne vieta.
Non v'è pietà! Siam figli d'Ismael!
(Zaida correndo ad incontrare Abaialdo
e Ben-Selim che entrano.)
ZAIDA
Per pietà! Se mi amate
grazie per lui! Quel misero salvate...
Ve ne supplico... il voglio!
Chi a respinger s'ostina i voti miei?
(ad Abaialdo nella massima angoscia)
Ebben! L'armi omicide
dal capo suo stornate;
ch'ei debba a un cenno vostro
e vita e libertate;
ch'ei tornar possa illeso
alla terra natia, e...
ABAIALDO
Che di' tu?
ZAIDA
Fia vostra la man mia!
ABAIALDO
Ma perché tanto a cuor?...
ZAIDA
Sul lido estrano io periva; un cristiano
spezzò i miei ceppi. Libera giurai
un cristiano salvar. Il voto pio
vorrei compir.
ABAIALDO
(a Don Sebastiano)
Sia fatto il tuo desio!
Stranier, libero sei, vanne, ed impara
a benedir il nome di colei
cui vita insieme e libertà tu dèi!
ABAIALDO, ARABI
(a Don Sebastiano)
Va', non tardar, se a te la vita è cara!
Cessò il fragor; tornò sereno il ciel!
Partiam, seguiam il duce nostro all'ara.
Amor, onor ai figli d'Ismael!
ZAIDA
Va', non tardar, se a te Zaida è cara!
(a parte)
Divin favor vegli su te dal ciel!
(Partono tutti, tranne Don Sebastiano.)
SEBASTIANO
Deserto in terra, che più mi avanza?
Fin la speranza fuggì da me!
Che sol mi resti, core amoroso,
angiol pietoso che il ciel mi die'!
Che non poss'io per tanta fé,
il serto mio deporti al piè?
Folle! Di trono, che pur ragiono?
Ah! nulla il fato a me lasciò!
Deserto in terra, che più m'avanza?
Fin la speranza m'abbandonò!
Pur fra l'ire di sorte funesta
non del tutto son misero ancor,
se l'amore d'un angiol mi resta,
d'un soldato se restami il cor!
ATTO TERZO
(Sala nel palazzo del re a Lisbona)
Scena Prima
(Don Giovanni da Silva, due delegati del re.
Abaialdo e Zaida velata)
GIOVANNI
(ai delegati)
Il nobile Abaialdo, dell'estinto
monarca vincitore,
al re l'Africa manda ambasciatore.
ABAIALDO
Proposta d'alleanza
rechiamo al re novello e i nostri voti;
anco sui nostri lidi
fama di sue virtuti alto si spande:
sia la patria per lui felice e grande!
GIOVANNI
Ognun lo spera. D'accettar frattanto
vi piaccia nel suo tetto,
qual si merta per voi, stanza e ricetto.
(Tutti partono, meno Abaialdo e Zaida.)
Scena Seconda
(Abaialdo e Zaida)
ABAIALDO
Siam soli alfin!
ZAIDA
(rimovendo il velo)
Nella natia contrada,
ah!, perché non lasciarmi?
Perché su queste sponde
a forza quasi, e mal mio grado trarmi?
ABAIALDO
Perché?... Perché?
Perché mi giova l'averti a lato,
qual vile schiava, dovunque, ognor!
Perché pavento quel cor malnato,
e salvo almeno vorrei l'onor!
ZAIDA
Signor, donde i trasporti
e il subito furore?
E che? V'avrei donato
la man, la vita, il core?...
ABAIALDO
La man mi davi, è vero;
giuravi a mela fé;
ma il cor, Zaida, il core,
mai non lo davi a me!
No! mai... No! mai...
Mi giova, o donna, l'averti a lato,
qual vile schiava, dovunque, ognor!
Conosco e temo quel cor malnato,
e salvo almeno vorrei l'onor!
ZAIDA
Ebben ferisci! L'estremo fato
all'alme vili sol fa terror.
Il fallo ammenda d'avermi amato.
Che tardi ancora? Mi passa il cor.
ABAIALDO
Le lagrime secrete,
che invan celarmi tenti...
ZAIDA
Svelan del cor l'affanno,
non la colpa...
ABAIALDO
Tu menti!
m'ascolta. Nella tenda
paterna un dì dormivi.
Noi vegliavamo... A un tratto
le labbra in sogno aprivi,
e mormoravi un nome...
Gran Dio! che il mio non era!
ZAIDA
Io!... Signor...
ABAIALDO
(con rabbia)
Quel cristiano
egli è tal... Quel cristiano
l'aggiungerò... perir dee di mia mano!
ZAIDA
S'ei non è più!
ABAIALDO
L'amor mio oltraggiato!
Oltre la tomba ancora
geloso è del passato!
Ma no... ma no...
Sottrarlo invan presumi
al mio geloso sdegno;
adopri invan l'ingegno
novelli inganni a ordir!
Della vendetta all'ora
sorride il mio desir!
ZAIDA
Ebben, mercé non chiedo,
appaga in me lo sdegno;
lo strazio è troppo indegno,
che tu mi fai soffrir!
Avvicinarsi io vedo
con gioia l'ultim'ora.
Uccidimi: ch'io mora
potendoti abborrir!
Deh! v'assicuri almeno
questo supremo giuro!
ABAIALDO
Cessate, o donna, più il giurar non curo.
Omai, fuorché a me stesso,
fede ad alcun non presto:
per vedere, a quest'occhi...
e per punire a questo!
(accenna il pugnale)
(Partono entrambi.)
Scena Terza
(La piazza principale di Lisbona. A sinistra la facciata
della cattedrale parata a lutto. È notte. Camoens
s'avanza lentamente e a fatica sulla scena. Camoens
solo)
CAMOENS
Giuoco di rea fortuna,
povero Camoens! D'Alcazar sul piano
Per morto abbandonato,
poscia in crudele schiavitù ridotto,
rotti i tuoi ceppi alfine,
fia pur vero che il cielo impietosito
riveder ti conceda il patrio lido?
O Lisbona, alfin ti miro,
riedo alfine, o patria, a te!
L'aura tua ch'io sento e spiro
vita nuova infonde in me!
Scordo l'ansie e l'aspra guerra
che il destro mi fe' soffrir.
Ti riveggo, o sacra terra,
or può farmi il ciel morir!
Pur languente in suol straniero,
senza speme di mercé,
era il cor del prigioniero,
dolce patria, ognor con te!
Scena Quarta
(Una scorta e detto)
UN SOLDATO
Chi vive!
CAMOENS
Un esiliato
che il suol natio rivede:
un soldato che riede d'Africa...
SOLDATO
Sul tuo caso
parla sommesso, e presto sgombra, amico.
Quanto d'Africa viene ha il re nemico.
(Parte la scorta.)
Scena Quinta
(Camoens solo)
CAMOENS
O mio re Sebastiano!
Esserci ascritto
dovea l'esserti fidi anco a delitto!
(guardandosi attorno)
Che tento?... A chi mi volgo?...
Mancan le forze! O Dio!...
Camoens mendico!...
La mano allarmi avvezza
tender pregando alla ricchezza altera!...
Ah! ti spezza, o mio core...
E tu, notte, nascondi il mio rossore!
Scena Sesta
(Don Sebastiano chiuso nel mantello e detto.
Camoens gli si accosta e gli tende l'elmo)
CAMOENS
Sono un soldato che vien dalla guerra,
la man ch'io tendo famosa fu già!
Torno mendico alla patria mia terra,
deh! soccorrete chi pane non ha!
L'obolo date: vi parli pietà.
SEBASTIANO
Mendico riedo pur io dalla guerra,
tu chiedi un pane a chi pane non ha!
Nulla fortuna lasciavami in terra,
tranne l'onor che né toglie né dà!
Soldato anch'io,
degno anch'io di pietà!
CAMOENS
La man, fratello, la mano mi da'!
Ferito sei?...
SEBASTIANO
D'Alcazarre all'impresa!
CAMOENS
Pugnavi tu?...
SEBASTIANO
Del vessillo a difesa!
CAMOENS
Accanto al re?
SEBASTIANO
Gli fui sempre da lato!
CAMOENS
(con esaltazione)
Io pur... io pur... al suo fianco piagato
cadea: per morto lasciavanmi, o Dio!
SEBASTIANO
Parla, chi sei?
CAMOENS
Ah, l'amico son io
del re, sono il poeta,
che a piangerlo sol vivo,
e col canto a eternarlo!
SEBASTIANO
Camoens!...
CAMOENS
Oh ciel! qual voce!
Ah no!... vana lusinga!
Del mio signor non sono
questi i noti sembianti.
SEBASTIANO
Dalla sventura oppresso
cangiò il volto, ma il cor sempre è lo stesso.
(Si abbracciano con trasporto.)
CAMOENS
O fausto dì! Gioia suprema!
E fia pur ver che al sen ti prema?
Or, giusto Ciel, mi chiama a te:
posso morir: ho visto il re.
Dio salvi il re!
SEBASTIANO
O fausto dì! Gioia suprema!
E fia pur ver che al sen ti prema!
Son ricco ancor, ancor son re,
se il tuo gran cor rimane a me.
Deh! taci, ohimè!
(sommessamente)
Don Antonio, da bassa
ambizion sospinto,
usurpava il mio trono.
Ei mi suppone estinto;
e dove sospettasse
ch'io pur campai da morte,
mi spegneria, potendo!
CAMOENS
Ma i grandi, ma la corte?
SEBASTIANO
Salutano il nuov'astro,
or che all'occaso è il mio.
CAMOENS
Ma nei soldati almeno...
SEBASTIANO
Confido in essi ancora.
Mostrarmi ad essi intendo
quando sia giunta l'ora.
CAMOENS
Ah sì, della lor fede
a voi garante io sono;
gridar m'udranno. È desso, il nostro re!
Fratelli, il giuro, a me credete, a me!
Oh, lieto me! Beato giorno!
Suona d'amor tutto d'intorno!
Mia patria, il ciel veglia su te.
Tregua ai sospir t'è reso il re.
Dio salvi il re!
SEBASTIANO
Oh, lieto me! Beato giorno!
Il mio fedel fe' a me ritorno!
Son ricco ancor, ancor son re,
se il tuo gran cor rimane a me!
Deh! taci, ohimè!
(Musica funebre in lontananza.)
CAMOENS
Qual suon ferale?
SEBASTIANO
A simulare istrutto,
l'estinto onora con mentito lutto
il novello del trono possessore.
CAMOENS
Eccolo: e seco ha della corte il fiore.
Scena Settima
(Don Sebastiano e Camoens, chiusi nei mantelli, si
traggono in disparte a mano destra. Si vede sfilare
al lume di mille torcie il corteggio funebre. Soldati di
varie armi, marinai, magistrati, grandi del regno, dame
della corte, paggi, fanciulle vestite di bianco. Per
ultimo il carro mortuario ornato di divise regali e
delle armi del Portogallo, dietro il quale il cavallo di
battaglia di Don Sebastiano. Seguono Don Antonio e
Don Giovanni da Silva, Abaialdo, cortigiani, calca di
popolo)
DONNE
Eterno riposo concedi pietoso.
all'alma, o Signor.
UOMINI
Squillate a lutto, o trombe;
tamburi in suon feral,
chiamate dalle tombe
l'angiol del dì final!
Innanzi a Lui ch’ha i tuoni
e le procelle ai pie',
son come vetro i troni,
son ombra e polve i re...
VARIE VOCI
D'un monarca imprudente sopra i trascorsi oblio:
assai la man possente lo visitò di Dio!
CAMOENS
(facendosi avanti)
Non soffrirò che oltraggio si faccia al mio sovrano!
GIOVANNI
Chi di tal dì le pompe osa turbar profano?
CAMOENS
Un soldato, un poeta, un suddito fedele,
che non teme e non spera, e poco il viver cura.
Che non encomia i grandi,
ma canta la sventura!
GIOVANNI
Qual ti muove interesse, o qual furor t'accieca,
di risse e di discordie malnato istigatore,
che d'una tomba in faccia non tace il tuo livore?
La giustizia, cui suona ogni tuo detto insulto,
ti chiederà ragione del violato culto.
CAMOENS
Al popolo adunato darolla, e sull'istante!
GIOVANNI
Soldati, altrove a forza si tragga,
l'indiscreto.
Udiste? il re l'impone.
SEBASTIANO
(mostrandosi)
Ed io ne fo divieto!
TUTTI
(con un grido)
Il re!!
ABAIALDO
Egli! Qual mistero!
Lo straniero che Zaida sottrasse al mio furore!
SEBASTIANO
È desso, il vostro padre,
che manda il cielo a voi
per confondere i vostri ed i nemici suoi.
Il vostro re, che tanti durò stenti e perigli,
e sempre in cor portovvi,
sempre v'amò quai figli.
POPOLO
Viva il re, nostro vanto e nostro amore!
ABAIALDO
Popoli, io giuro,
e invano un musulman non giura,
che al prence estinto io diedi, io stesso, sepoltura.
Ei cadde di Alcazarre nella pugna famosa,
e sul lido africano il cener suo riposa!
GIOVANNI
Il ver l'arabo duce parlò: credete a lui.
È un mentitor sfacciato, un traditor costui!
CAMOENS
Riconoscerlo almeno sapranno i suoi soldati.
GIOVANNI
Non più: chiara è la frode.
ABAIALDO
Zaida, il mio sospetto vegliar su te saprà!
DON SEBASTIANO, CAMOENS,
LORO SEGUACI
Del vero tuo prence,
o gente tradita,
difendi la vita,
difendi l'onor.
O cielo, ti mostra
al giusto propizio;
d'un empio artifizio
confondi gli autor!
ABAIALDO, DON ANTONIO
DON GIOVANNI, LORO SEGUACI
Ti scuoti, ti desta,
o gente tradita;
la trama è chiarita
del vile impostor.
A morte sia tratto;
l'estremo supplizio
d'un empio artifizio
punisca l'autor!
GIOVANNI
Qual ch'ei sia,
non è qui che dello sciagurato
puote l'augusta legge pronunziar sul fato.
L'accusato sia posto della giustizia in mano:
io lo reclamo in nome
del tribunal sovrano.
Sciagurato, invan tu tenti
qui tramar un vile inganno;
fiamme e morte ben sapranno
tanto oltraggio vendicar.
Va', fellon, non hai difese,
piega il capo abominato.
L'esecrando il tuo reato
ha ricolmo il ciel d'orror.
CORO
L'esecrando tuo reato
ha ricolmo il ciel d'orror.
ATTO QUARTO
(Sala d'aspetto solenne e severa nella quale siede il
tribunale supremo di giustizia. I membri ne sono
seduti, e disposti in forma semicircolare col presidente
in mezzo)
Scena Prima
(Don Giovanni da Silva, esecutori vestiti di rosso e
colle braccia nude, uomini di giustizia, guardie del
tribunale)
TUTTI
Dal ciel devoti ed umili
preghiam conforto e lume:
se non l'afforza il nume,
uman giudizio è fral.
Ei, che ne affida in oggi
del regno la salute,
ei ne darà virtute
all'alto ufficio ugual.
GIOVANNI
Supremi delegati
del Tribunale augusto,
speranza, amor del giusto,
terror dell'empietà;
in voi non trovi accesso
né l'odio, né l'amore:
del paro ignota al core
sia tema e sia pietà!
TUTTI
Noi lo giuriamo!
Scena Seconda
(Don Sebastiano, Abaialdo e detti. Mentre da mano
destra Don Sebastiano s'avanza in mezzo ai soldati,
Abaialdo, chiuso nel mantello, e con cappello a larghe
falde, viene introdotto dall'altra parte da una famiglia
del tribunale, che gli fa cenno di tacere e di usar
prudenza. Abaialdo si confonde fra un gruppo di
soldati e di famigli)
GIOVANNI
O tu, che a provocar la civil guerra
nome assumevi e qualità mentite,
parla, chi sei?
SEBASTIANO
Rispondi a me tu prima:
chi il dritto, uom senza fede,
d'interrogare il tuo signor ti diede?
Io son... lo attesto...
GIOVANNI
Un impostor tu sei!
SEBASTIANO
Ben s'addice a chi osava incatenarmi...
GIOVANNI
Di condannarti...
SEBASTIANO
No, d'assassinarmi!
Più non rispondo.
GIOVANNI
Il tuo silenzio invano
spera arrestar della giustizia il corso.
A smascherar costui
chiede udienza un testimonio. Venga.
Scena Terza
(Zaida velata e detti)
TUTTI
Una donna!
ZAIDA
Che importa,
se d'una donna il labbro al ver vi è scorta?
Uditemi. Abaialdo, illuso ei stesso,
inconscio, v'ingannò.
Colui ch'ei vide in Africa perire, era il fedele,
il nobil Don Enrico,
morto da eroe pel suo signore e amico!
GIOVANNI
Che di' tu mai!
ZAIDA
Fu salvo il re! fu salvo
per cura d'una donna,
che lo amava d'amore.
GIOVANNI
Che nuova trama è questa?
SEBASTIANO
O nobil core!
ZAIDA
Ebben! colei che a morte
il vostro re sottrasse,
lo giuro innanzi a Dio,
(rimovendo il velo)
lo attesto al tribunal... quella son io!
(I membri del Tribunale si alzano con sorpresa)
Incerto ondeggia il core
fra speme e fra terrore!
La sua colla mia vita
potessi almen comprar!
Del misero suo stato
ti prenda, o ciel, pietà!
Sottrarlo a estremo fato
sol può la tua bontà!
SEBASTIANO
È dessa!... ondeggia il core
fra speme e fra timore!
È il ciel che in lei m'invia
un angel tutelar.
Sottrarmi a un empio fato
non può la sua pietà;
ma lieto e consolato
il mio morir sarà!
ABAIALDO
Di rabbia e di furore
in sen mi bolle il core;
al suo signore in faccia
costei può tanto osar!
Invan la sciagurata
salvar colui vorrà!
Pria di mia man svenata
la coppia rea cadrà!
GIOVANNI
Di rabbia e di furore
in sen mi bolle il core;
al mondo, al cielo in faccia
costei può tanto osar!
Se fia mestier, svenato
quell'impostor cadrà!
(a un giudice)
Rinfranca il cor turbato,
mai no, non regnerà.
GIUDICE, CORO
Di rabbia e di furore
in sen mi bolle il core.
In faccia al mondo, a Dio
costei può tanto osar!
Del ciel sia vendicata
l'offesa maestà!
La coppia sciagurata
chi mai salvar potrà?
GIOVANNI
Invano speri, a spergiurar tu avvezza,
salvar colla menzogna il vil tuo drudo.
(ai giudici)
Miratela! Costei è quella istessa
cui dell'estinto prence
improvvida pietà sottrasse al rogo:
dannata al bando, sotto
pena del capo,
l'empia il bando ha rotto;
è rea di morte. Io la condanno al fuoco,
come di veneficio,
di falso testimonio e d'impostura
convinta e rea.
ABAIALDO
Ed io, come spergiura!
(buttando da sé il travestimento)
Sciagurata!... Al mio furore
no, non basta la tua vita;
no, che l'onta, il disonore
sian compagni in morte a te.
Tua nequizia a far punita
poco è il rogo che t'aspetta.
Va', dal cielo maledetta,
come, iniqua, il sei da me!
GIOVANNI
(al giudice)
Un dovere imperioso
del rigore il ciel ne fa.
La condanna anche lo sposo;
che difenderla potrà?
SEBASTIANO
Deh! prendete i giorni miei,
ma pietà, pietà per lei.
ZAIDA
Sire, a Dio solo ne appello,
ei fra noi giudicherà.
ABAIALDO, GIOVANNI, GIUDICI
Va', spergiura!... al mio furore
no, non basta la tua vita;
no, che l'onta, il disonore
sian compagni in morte a te.
Tua nequizia a far punita
poco è il rogo che t'aspetta.
Va' dal cielo maledetta,
come, iniqua, il sei da me!
ZAIDA
Io spergiura!... al tuo furore
poco è dunque la mia vita!
Vuoi rapirmi anche l'onore,
quell'onor che tuo pur è?
D'una misera tradita sì,
lo strazio, o vil, t'alletta?
Lego al ciel la mia vendetta,
il rimorso lego a te.
SEBASTIANO
Sciagurati!... al lor furore
che non basta la mia vita!
A pietade han chiuso il core,
speme, oh Dio!, per lei non v'è.
D'una misera tradita
sì, lo strazio i vili alletta!
Va, dal cielo benedetta,
come, o cara, il sei da me!
ZAIDA
(a Giovanni con forza)
Ebben! poiché il consorte
me scioglie da' miei giuri e sacra a morte...
Ebben!... sì, l'amo, l'amo.
Questi... Il re Sebastiano! Il vero re!...
GIOVANNI
(alle guardie)
Non più, sian tratti a forza.
ZAIDA
(ai giudici)
E voi, quando per lui la morte io sfido,
e al disonor sorrido,
dite: chi fia l'audace
che di menzogna mi terrà capace?
GIOVANNI, ARABI, GIUDICI
Il rogo a lor s'appresti,
vi spirin fra i tormenti.
Disperso vada ai venti
il cenere infedel!
Cader al rogo in faccia
vedrem l'ampia baldanza.
Nulla per voi speranza
rimane in terra o in ciel!
ZAIDA, SEBASTIANO
Il rogo a noi si appresti
v'ascenderem ridenti:
è lieve agli innocenti
lo strazio più crudel.
È a noi conforto e scudo
divina una speranza.
Vendetta in terra ha stanza,
perdono alberga in ciel!
ATTO QUINTO
(Ricco appartamento nella torre di Lisbona destinato
al Presidente del
Tribunale di Giustizia. Porta in fondo.
Gran finestrone a mano manca.
Su un tavolo quanto
occorre per iscrivere)
Scena Prima
(Don Giovanni da Silva e Don Luigi,
inviato di Spagna)
GIOVANNI
Contar dunque poss'io?
LUIGI
Con poderosa armata il duca d'Alba
pria che annotti, sarà sotto Lisbona.
GIOVANNI
E il tuo re m'assicura?...
LUIGI
Poter sovrano in nome suo, se voi
al mio re la corona...
GIOVANNI
Non più. Fin d'oggi ei seguerà in Lisbona.
LUIGI
Ma il volgo ad abbagliar,
vorria prudenza che almeno l'apparenza
d'un titolo legittimo...
GIOVANNI
T'intendo; lieve impresa, e sicura!
A me ne lasci il tuo signor la cura.
(Don Luigi esce.)
Scena Seconda
(Zaida e detto)
GIOVANNI
I giorni tuoi sono in mia man.
ZAIDA
Che indugi a troncarli?
GIOVANNI
Se a farti grazia piegasi il cor?
(Zaida esprime rifiuto altero e sprezzante)
Se consentissi
a far salvo colui che re tu nomi?
ZAIDA
Egli? Fia ver?... Gran Dio!...
Parla... che esigi?
GIOVANNI
Fa' ch'ei sottoscriva questo foglio,
e tosto cadon le sue ritorte.
ZAIDA
Basta... porgi...
GIOVANNI
Se no, fra un'ora morte!
(parte)
Scena Terza
(Zaida sola)
ZAIDA
La morte! a me poc'anzi
n'era il Pensier tremendo!
Ond'è ch'or sì dappresso
la miro, eppur non temo?
Ah! se quei cari giorni
serbar poss'io morendo,
mi fia gioia celeste il fato estremo!
È bel per chi s'adora
a morte offrire il petto.
È bello un puro affetto
col sangue suggellar!
E del morir nell'ora
poter del caro bene
infranger le catene,
i giorni conservar!
Scena Quarta
(Don Sebastiano e detta)
ZAIDA
Eccolo!
SEBASTIANO
O mia Zaida!
A me chi ti conduce,
chi mi congiunge a te?
Qual angelo di luce
la speme rende a me?
ZAIDA
Me qui desio conduce
di tua salvezza, o re.
Raggio d'amica luce
risplende ancor per te.
SEBASTIANO
Ma per qual sorte ne vien concesso
vederci ancora pria di morir?
ZAIDA
Già gli oppressor, cui grava il lor successo,
pendon dubbiosi, in lor vien men l'ardir.
A voi, deposte l'ire,
ognun si prostra, e re torna il proscritto.
Sol che vi piaccia, o sire,
di segnar questo scritto.
Leggete...
SEBASTIANO
Gran Dio! Che! porre in non cale
l'avita stirpe e il suo splendor!
Segnar da vile l'atto fatale
che mi condanna al disonor!
ZAIDA
Che sento?
SEBASTIANO
Sai tu, Zaida, sai quel che da me si vuole?
(con ironia)
La libertà m'è offerta...
ZAIDA
Ebben?...
SEBASTIANO
Ch'io ceda a patto
a re Filippo i dritti e la corona mia!
ZAIDA
Disonorarti!... I vili!...
Ah, mille morti pria.
SEBASTIANO
Come quell'alma altera
indovinò il mio cor!
Invan per lor si spera
macchiar del re l'onor!
Chi la corona avita,
chi il regno m'involò,
al re può tòr la vita,
ma degradar nol può.
ZAIDA
Come quell'alma altera
è del destro maggior!
Invan per lor si spera
macchiar del re l'onor!
Chi la corona avita,
chi il regno gl'involò,
al re può tòr la vita,
ma degradar... nol può.
(Battono le ore.)
CORO
(dalle quinte)
Suonò l'ora fatale; donna,
a morir t'appresta.
ZAIDA
Ebben... si parta... addio!
SEBASTIANO
Ciel! dove mai?
ZAIDA
(respingendolo)
T'arresta:
SEBASTIANO
Un suon lugubre ascolto!
(Si spalanca la porta di fondo.)
I carnefici... o cielo!
Qual lampo mi rischiara!
In te gli iniqui il mio
rifiuto, in te s'apprestano a punir!
ZAIDA
Che importa, se nel cielo ne deve un Dio riunir?
SEBASTIANO
Invan lo speri... ah, no!
Che nuovo strazio, o Dio,
l'infame a me serbò!
Che mi cal dell'onor?
Tu morir! Giusto ciel,
tu morir! E per me! Mai, no, non fia.
Cessa; deh! Preghi invan!
Io salvar ti saprò, vita mia!
ZAIDA
Per salvar i miei dì
l'onor suo calpestar,
degradar il mio re si potria?
Cessa, deh!, preghi invan!
L'onta tua consentir!
Mai, no, non fia.
(Sebastiano si slancia verso il tavolo per
sottoscrivere il foglio.)
ZAIDA
(frapponendosi)
Ebben, se sordo sei
al grido del dover,
se nullo i preghi miei
hanno su te poter,
l'avito onor calpesta,
dritto abbandona e trono,
tua complice io non sono,
e sia la morte mia la mia protesta!
(Tenta lanciarsi dalla finestra.)
SEBASTIANO
(ritenendola)
Zaida!
ZAIDA, SEBASTIANO
Se così perir de'
tanto amor, tanta fé,
se per noi quaggiù
non v'è speme,
vien, ben mio, sul mio sen,
incontriam morte almeno stretti insieme.
(In questi s'ode al di fuori la voce di Camoens.)
CAMOENS
O marinari!
La notte è serena,
la calma profonda,
nel porto e sull'onda
già l'opre cessâr!
CAMOENS, CORO
Ristretti e fidenti,
ma cheti voghiamo,
sul flutto dobbiamo,
com'ombre, strisciar.
Là, sotto quel masso
che sporge sull'onde,
la preda s'asconde
che uniti cerchiam.
Di speme sommesso
un canto s'intuoni,
ma presso ai bastioni
tacenti voghiam.
ZAIDA
O suddito fedel!
SEBASTIANO
Camoens!
Scena Quinta
(Camoens entra dalla finestra mediante
una scala di corda, e detti)
CAMOENS
Mio prence,
rinasci alla speranza. Il popol freme,
e domanda il suo re. La nostra fuga
seconda, in guardia posto a questa torre,
un soldato fedel, pieno d'ardire.
CAMOENS, ZAIDA, SEBASTIANO
Ah sì! liberi insieme, o insiem morire!
Moviam guardinghi con gran mistero,
sol un sospir ne può tradir!
Abbiam il cielo per condottiero,
e a noi si fa scudo amistà!
(Sebastian, eppure, ha firmato il pergamena.
I tre escono per la finestra, Camoens ultimo.)
Scena Ultima
(Terrazzo esterno della torre di Lisbona che dà sul
mare. Camoens guida Don Sebastiano e Zaida sul
bastione. Abaialdo e Don Antonio escono guardinghi
sulla spiaggia; poi Don Giovanni e guardie)
CAMOENS
(a Sebastiano)
Queste bastite a mezzo del cammino
poste pur sono, seguitiam.
ZAIDA
Giammai.
(Camoens getta una fune in una
barca sotto al bastione)
ABAIALDO
Sì, per salvarli ognun smania e sospira.
ANTONIO
Il so.
ABAIALDO
Camoens è il capo;
fur sedotte le scolte della torre.
ANTONIO
Per cenno mio.
ABAIALDO
Ma fuggiran!
ANTONIO
(con sarcasmo)
Il cielo nel lor corso li aiuti.
ABAIALDO
E perché?
ANTONIO
Osserva.
(Zaida e Don Sebastiano scendono per la corda.
Camoens resta ad osservarli dal terrazzo.)
CAMOENS
Salvi son!
ANTONIO
Perduti!...
(Partono due colpi di fuoco, ed i corpi di Don
Sebastiano e Zaida cadono nel mare: Camoens è
arrestato dalle guardie sul terrazzo: altre guardie
e soldati ingombrano la riva.)
DON ANTONIO
Io son re!
(Don Giovanni entra frettoloso con
una pergamena, seguito da molti grandi.)
GIOVANNI
Non ancor... Don Sebastiano
con quest'atto supremo il suo diadema
alla Spagna cedette e il suo splendore.
Gloria a Filippo.
CAMOENS
(con entusiasmo)
A Sebastiano onore!
|
ACTO PRIMERO
(El puerto de Lisboa en perspectiva. A la derecha
el palacio del rey con escalinatas sobre la escena.
En la lejanía se ve la flota lista a zarpar. Es un ir
y un venir de gente ocupada en los preparativos
del embarque. A la izquierda marineros y
soldados, que beben y cantan: otros se despiden
de sus familias. Muchedumbre popular, damas y
caballeros)
Escena Primera
(Soldados, marineros, pueblo, caballeros y
damas luego Don Antonio y Don Juan de Silva)
CORO
¡Vamos, rápido, manos a la obra!
¡Piloto, te llama el viento y tranquilo está el mar!
¡Al África nos conduce la estrella del rey!
¡Timoneles al trabajo, conviene zarpar ya!
(Don Antonio y Don Juan de Silva salen del
palacio real y avanzan sobre el proscenio. )
DON ANTONIO
Nos sonríe la suerte. El rey ya se apresta
a su aventura africana, a la que lo impulsa
su deseo de gloria ¡y su mala estrella!
DON JUAN
Y al partir su augusto pariente
a usted le encomienda
la regencia del imperio...
DON ANTONIO
Cosa que debo a la influencia
del supremo magistrado del reino,
y consejero privado de su majestad.
(inclinándose)
Comprendo que debo compartir con vos
la gestión y el poder soberano...
DON JUAN
(aparte)
Y que brevemente durará en tus débiles manos,
puesto que Felipe II, nuestro glorioso vecino,
me ha prometido,
si la corona lusitana le aseguro para él,
un poder más grande y efectivo que el tuyo.
Escena Segunda
(Un soldado se acerca a Don Antonio y le
presenta un folio plegado, y los antedichos)
DON ANTONIO
Este tipo inoportuno,
me persigue con su folio por todos lados
sin nunca darme tregua.
(al soldado)
¡Eh, apártate! ¿Qué buscas?
SOLDADO
Mi desgracia.
DON ANTONIO
¿Y quieres?
SOLDADO
Hablarle al rey.
DON ANTONIO
¿Y crees que el rey aceptará bajar hasta ti?
DON JUAN
¡Atrás, vete!
DON ANTONIO
¡Basta ya! ¡Aléjate!
Escena Tercera
(Don Sebastián llega desde el palacio y dichos)
DON SEBASTIÁN
¿Y por qué prohibir a los valientes
el acceso al rey?
(al soldado)
¿Habla, quién eres?
SOLDADO
Como soldado soñé con la victoria.
Busqué sobre el mar la fama,
y como poeta ambicioné la gloria...
¡Pero no encontré más que dolor!
Lejos, sobre las olas heladas,
a Vasco da Gama seguí.
Bajo el sol de tierras desconocidas,
canté sobre extrañas gentes.
¡Oh, mi Lusitania! ¡Oh, hija de mi ingenio!
Tu nombre, patria ingrata,
a los siglos consignaré afrontando
las iras del océano tempestuoso.
¡Ay! Con una mano inservible,
la otra al cielo levanto
dando gracias por mis versos
y pidiendo con gratitud:
¡sea alabado el Cielo
que en vano no demanda merced!
DON SEBASTIÁN
Dime tu nombre.
SOLDADO
¡Camoens!
DON SEBASTIÁN
¡Poeta, te saludo!
(a Don Antonio y a Don Juan)
¡Veo en su mirada
brillar la llama de un genio desconocido!
Del ingrato país
que lo condena al olvido y a la vergüenza,
¡un día su nombre será el orgullo!
(a Camoens)
Tu rey te protege; habla: ¿qué quieres?
CAMOENS
Seguir tus pasos hasta el África,
y sobre las tierra que pises
luchar junto a ti cantando tus glorias al mundo.
DON SEBASTIÁN
Entonces ¡vayamos rápido!
CAMOENS
Otra gracia te pido.
DON SEBASTIÁN
¿Cuál?
CAMOENS
(señalando hacia los bastidores)
¡Mira, oh príncipe mío!
DON SEBASTIÁN
¡Oh cielos, qué veo!
(Zaida rodeada de soldados y miembros del
Tribunal Supremo, avanza lentamente, dos
verdugos están junto a ella)
Escena cuarta
(Zaida, soldados, muchedumbre y los dichos)
CORO
¡Justicia divina,
terrible para los impíos,
que el terror experimente
quien ose ultrajarte!
A un alma que merece
la pena eterna,
sólo las llamas terrenales
puede purificar.
DON SEBASTIÁN
¿Dónde la conducen?
DON JUAN
¡A la hoguera!
DON SEBASTIÁN
¿Y quién es?
DON JUAN
Zaida, la africana,
una infiel impura.
En la costa de Túnez por nuestros corsarios
no hace mucho fue capturada,
y traída a Lisboa para servir.
De envenenamiento fue acusada y condenada.
El tribunal, que es inapelable,
la condenó hace poco a la pena capital.
DON SEBASTIÁN
¡Tanta belleza no debe morir!
DON JUAN
¡Mi señor, las penas que establece el consejo
soberano ni el mismo rey las puede anular!
DON SEBASTIÁN
Pero las puede conmutar.
Bajo pena de muerte si regresa,
sea desterrada para siempre la extranjera.
DON JUAN
(Para sí)
¡Oh, qué furor!
(Al rey)
¿Y a dónde?
DON SEBASTIÁN
¡En África, junto a su padre!
CAMOENS
¡Viva el rey!
DON JUAN, SEGUIDORES
(Entre ellos)
¿A tanto se atreve,
quebrantando así la majestad de las leyes?
ZAIDA
(a los pies del rey)
Señor clemente y piadoso,
mi escudo y sostén,
bien que sois aquí en la tierra
la verdadera imagen de Dios ¡oh, rey!
Acabáis de sustraerme
de una muerte vil,
devolviéndome la vida
¡consagrada quedo a vos!
¡Sobre vuestra preciada cabeza
vele el favor divino!
Y que la gloria os acompañe
allá donde vayáis.
DON JUAN, DON ANTONIO, SEGUIDORES
(Entre ellos)
Tanto desprecio por las leyes
no es posible tolerar.
El rey podría recibir por ello un castigo,
aunque sea el más poderoso.
DON SEBASTIÁN, CAMOENS
¡Semblante honesto y piadoso,
extranjera, el cielo te otorgó!
¡Bien duros son esos corazones
que te niegan su misericordia!
(Zaida parte; se oyen sonar las trompetas.)
CORO
¡Las trompetas! ¡Las trompetas!
DON SEBASTIÁN
¡Ya se oyen el sonar de las trompetas!
No nos demoremos,
amigos el viento nos impulsa.
¡Al mar, mis héroes, al mar!
El cielo nos llama
a conquistar un nuevo mundo.
Ya se divisa mi estrella,
corramos a la victoria.
(a Camoens)
Y tú, poeta, si es verdad que puede descorrer
el velo del fruto, dime, gran profeta,
¿qué destino tiene reservado el cielo
a nuestras armas?
CAMOENS
(con entusiasmo)
Mis ojos desgarran la venda del futuro.
¿Donde estamos?
Veo ante mí el real navío
que ya la orilla africana tocó...
¡El viento del desierto nos trae
un indefinido clamor guerrero!
¿Cuántos son los enemigos? ¡Qué importa!...
¡Vamos, corramos a combatir con honor!
CAMOENS, CORO
¡Vamos, corramos a obtener nuevos laureles,
allá sobre el campo de la gloria!
¡Acompaña la victoria
al coraje y al valor!
CAMOENS
Veo sobre avanzar sobre la llanura
una hueste infinita, de aspecto diverso.
Ya un bando con el otro se enfrentan,
¿quién las muertes podría contar?
Anochece, relampaguea, truena en la lejanía.
El horizonte se cubre de relámpagos;
tiembla el suelo; un trueno estalla...
El rey cae... ¡acudid, oh valerosos!...
¡Santo cielo, la bandera peligra!...
Con tristeza la siguen las miradas,
todo el suelo está rojo de sangre...
CAMOENS, CORO
¡Vamos, corramos, corramos a morir por el rey!
DON SEBASTIÁN
¿Qué dices? Mis fieles seguidores...
CAMOENS
¡Oh rey, perdonad!
La caída de la tarde
y el incesante sonar de los truenos,
¡de negros presentimientos han llenado mi alma!
El cielo se serena.
El mar ya vuelve a la calma,
¡Aún brilla claro el sol!...
¡Oh sol, que debes iluminar
las proezas de los héroes,
que se inclinen las banderas ante tus rayos!
(Las banderas son inclinadas)
DON SEBASTIÁN
¡Que el Cielo las bendiga!
DON JUAN
Benignamente escucha
nuestros ruegos Dios.
(aparte)
¡Y de tanta gente que no volverá, esperemos,
a un solo hombre!
DON SEBASTIÁN, CAMOENS, CORO
¡Ya se oyen el sonar de las trompetas!
No nos demoremos,
amigos el viento nos impulsa.
¡Al mar, mis héroes, al mar!
El cielo nos llama
a conquistar un nuevo mundo.
Ya se divisa mi estrella,
corramos a la victoria.
DON ANTONIO, DON JUAN, CORO
(Entre ellos)
¡Que el Cielo, con su justicia
desbarate este loco intento!
¡Que el viento sea su enemigo,
y el mar les resulte funesto!
¡Que si la piedad es hermosa,
en impiedad se transforma
cuando se osa violar
las leyes supremas de Dios!
CORO
Secunda, ¡oh, Rey del cielo!
tan noble empresa.
¡Que los vientos le sean propicios,
y el mar esté en calma!
¡Que a donde el honor lo llama
Tú seas su escolta y guía!
¡Has brillar para él la estrella
que lo conducirá a la victoria!
TODOS
¡A luchar corramos,
con la fe del guerrero!
¡Que al infiel derrotemos,
es la voluntad del cielo!
ACTO SEGUNDO
(La escena se desarrolla en África. Vivienda
de Ben-Selim, en los alrededores de Fez)
Escena Primera
(Zaida, junto a sus compañeras)
MUJERES
La más galante de las vírgenes,
por la que toda África debe enorgullecerse,
la amada por todos los corazones,
estaba, ¡ay desdichada! ¡prisionera!
A un guerrero valiente y noble
había dado su amor y prometido fidelidad;
las antorchas del himeneo resplandecían
y el muchacho ya la creía suya...
Cuando de pronto, llegó el bárbaro invasor
y le arrebató su tesoro.
Pero has regresado y contigo ¡oh, virgen!
regresó el amor.
(Zaida despide con una señal a sus compañeras.)
Escena Segunda
(Zaida a solas)
ZAIDA
¡Donde ocultar, oh Alá,
mis preocupaciones y llantos!
¡Mi padre, ebrio de alegría,
para festejar mi regreso
ha convocado a todas las tribus vecinas!
¡Tierra adorada de mis padres,
qué cambiada regreso a ti!
Las dulces compañeras de mis primeros años,
en vano quieren distraerme de mis afanes.
¡Ay de mí! ¿Por qué te vi, mi noble rey,
sobre aquellas playas extranjeras?
Contigo quedó cautivo mi corazón,
y yo ya no vivo, bien mío, más que por ti.
Escena Tercera
(Ben-Selim y Zaida)
BEN SELIM
¿Por qué, hija, estás tan triste
y rechazas las propuestas de Abdalá?
Acepta al menos el homenaje amistoso
que se prepara para festejar tu regreso.
(Continúan unas danzas típicas africanas.)
Escena Cuarta
(Abdalá que con un séquito de guerreros árabes
irrumpen entre los danzantes, y los antedichos)
ABDALÁ
¿Y por qué? ¿Por qué resuenan
los sones y cantos festivos,
mientras sobre nosotros ruge el trueno?
¡Los infieles avanzan sobre nosotros!
TODOS
¡Los infieles!
ABDALÁ
¡Vamos guerreros, vamos!
¡Que vea las espadas brillar en vuestros puños!
¡Vamos, vamos, a las armas!
¡Caigan los que han venido a despertar al león!
¡A las armas, oh mis guerreros!
Sebastián, un rey con desenfrenada ambición,
pretende reducirnos a la esclavitud.
¡Furioso nos llama y nos desafía allá,
en la llanura de Alcazarquivir!
Ahora que ha sonado la hora de la batalla,
que calle todo afecto y sólo hable el honor.
(a Zaida)
Es necesario que la fe que me has jurado
sea mi compañera y el premio a mi valor.
MUJERES
¡A tu pueblo fiel, oh Alá,
dígnate salvar!
¡Haz qué el impío perezca!
¡Haz que el justo triunfe!
ÁRABES
¡Vamos guerreros, vamos! ¡Es el momento
de que los valientes empuñen la espada!
¡Vamos, vamos, a las armas!
¡Caigan los que vinieron a despertar al león!
ZAIDA
(Paras í)
¡Detén, oh Alá, la espada
ya presta al exterminio;
apacigua la ira de los corazones
y haz que triunfe la paz!
(Todos parten tumultuosamente.)
Cambio de escena
(La escena representa la llanura de Alcazarquivir
después de la batalla, esparcida de muertos de
ambos bandos. A la izquierda un peñasco.)
Escena Quinta
(Don Sebastián herido y sostenido por Don
Enrique, tiene en su mano la empuñadura de una
espada rota. Varios oficiales heridos lo escoltan)
DON SEBASTIÁN
¡Una espada, una espada!...
DON ENRIQUE
¡Ay de mí! ¡Todo está perdido!
DON SEBASTIÁN
¡Salvemos a Camoens!... lo vi caer...
DON ENRIQUE
¡Oh, majestad,
no pensad en eso!
(a los otros)
¡Apenas se mantiene en pie!
(Sebastián cae moribundo al pie de la roca.)
DON SEBASTIÁN
Dejadme aquí... huid...
DON ENRIQUE
¡Allí! Junto a aquella roca...
(acomodan al rey)
¡Nosotros moriremos junto a él!
Escena Sexta
(Abdalá, seguido de Bien-Selim, y los antedichos)
ÁRABES
¡Alá nos dio la victoria,
y proclamó desde el cielo
que este día fuera glorioso
para los hijos de Ismael!
¡Dispersemos a la inicua secta,
aniquilémosla sin piedad!
¡Es santa la venganza!
¡Alá tiene sed de sangre!
PORTUGUESES
¡Si nos negó la victoria
nuestra suerte cruel,
la gloria de los mártires
ahora nos depara el cielo!
¡El cuerpo a la venganza
ninguno podrá sustraer;
pero al alma un premio espera allá arriba,
que no tiene igual!
ABDALÁ
Atestigua el campo de batalla, sembrado
de muertos y heridos, nuestro victoria.
Pero ¿dónde está el rey?
¡Herido lo vi caer y si espera escapar de mi mano,
lo espera en vano!
ÁRABES
¡No perdonemos a ninguno de esos infames!
¡Exterminémoslos!
DON ENRIQUE
¡Yo primero!
ABDALÁ
Entregadme a vuestro rey,
y os garantizo
que respetaré vuestras vidas.
Hablad: ¿y el rey?
DON ENRIQUE
¡El rey soy yo!
(Cae muerto.)
ABDALÁ
¡He aquí al rey abatido en el polvo!
¡El héroe soberbio,
que en el África soñaba
con un nuevo imperio,
y que sólo conquistó una tumba!
BEN-SELIM
A los restos del rey,
a quien debéis fidelidad y cariño,
os permito que rindáis los máximos honores.
(Los portugueses forman tras el cuerpo de
Don Enrique que es llevado fuera de escena)
Escena Séptima
(Don Sebastián desmayado y Zaida)
ZAIDA
¡Él ya no existe!... Entre los cuerpos
sanguinolentos esparcidos en el llano
tendré el valor de enfrentar a la muerte...
Si está malherido salvarlo... espero en vano...
Al menos salvaré su cadáver del ultraje.
¡Oh cielo, conduce mis pasos
para que pueda encontrarlo!
DON SEBASTIÁN
(siempre sin sentido)
¡Camoens! ¡Enrique! ¡A mí!
ZAIDA
¡Por Alá! ¿Qué escucho? ¡Ay de mí!...
¡Es él!... ¡Y aún vive!...
Justo cielo, al verlo en tan miserable estado,
¿quién no sentiría piedad por él?
Quizás, mortalmente herido,
¡no le quede más que un soplo de vida!...
DON SEBASTIÁN
(oyendo a Zaida)
El alma cansada... sentía languidecer...
¡y huir de mi pecho!...
¿Quién me devuelve las fuerzas y la vida?
¿Quién restituye mi coraje?...
ZAIDA
En tu feliz o en tu desdichado destino
estaré a tu lado ¡oh, rey!
¡Es tuya mi vida,
la entregaré por ti!
DON SEBASTIÁN
(rechazándola con dulzura)
De mi desventura
el cielo se apiada,
pues que un ángel me manda,
gentil extranjera, por medio de ti.
Sin exponer tu vida
no puedes salvar la mía.
¡Vete, déjame morir!
ZAIDA
¡Por el dios de tus padres, vivirás,
mi señor, o moriremos juntos!
DON SEBASTIÁN
¡Qué escucho!
ZAIDA
Ante el rey poderoso debía callarme, y callé.
Pero desdichado, errante y proscrito,
¡ahora sabrás todo!...
¡Te amo, y sólo por ti temo!
DON SEBASTIÁN
Y ofrecerte, ¡ah!, no puedo
nada más que mis desdichas.
ZAIDA
¡Qué importa!...
Si por ti puedo morir, si tu destino es el mío.
DON SEBASTIÁN
Separados, ¡ay!, no nos quiera
ese dios que nos unió.
ZAIDA
Ten coraje, mi rey, ten valor,
pues la alegría está cerca del dolor.
Al oscuro horror de la noche
le sucede el claro sol.
DON SEBASTIÁN
El valor que infundes en mi corazón,
hace que desaparezca la angustia y el dolor.
Al oscuro horror de la noche
le sucede el claro sol.
ZAIDA
Te devolverá la libertad y la corona
ese dios que vela sobre la cabeza de los reyes.
DON SEBASTIÁN
¡Feliz de mí si la suerte me concede
que pueda un cetro poner a tus pies!
Escena Octava
(Coro de árabes, luego Abdalá y Ben-Selim)
ÁRABES
¡Muerte! ¡Exterminio!
¡En nombre del Profeta!
¿Por qué demoramos? ¡Nos lo impone el cielo!
¡Alá! ¡Alá nos prohíbe perdonarles la vida!
¡Que no haya piedad! ¡Somos hijos de Ismael!
(Zaida corre al encuentro de Abdalá
y Ben-Selim que entran.)
ZAIDA
¡Por piedad! ¡Si me amáis, gracia para él!
¡Salvad a este miserable!...
¡Os suplico... es mi deseo!
¿Quién se atreve a rechazar mis suplicas?
(a Abdalá con la máxima angustia)
¡Pues bien!
De su cabeza aparta el arma homicida.
Que deba a una orden tuya
la vida y la libertad;
y que pueda ileso
regresar a su tierra natal...
ABDALÁ
¿Qué dices?
ZAIDA
¡Te concedo mi mano!
ABDALÁ
Pero ¿por qué tanto afecto?...
ZAIDA
Sobre una playa extranjera yo moría
cuando un cristiano abrió mis cepos.
Libre, juré a un cristiano salvar.
El piadoso juramento querría cumplir ahora.
ABDALÁ
(a Don Sebastián)
¡Que se cumpla tu deseo!
¡Extranjero, eres libre, vete, y aprende
a bendecir el nombre de aquella
a quien la vida y la libertad le debes!
ABDALÁ, ÁRABES
(a Don Sebastián)
¡Ve, no te demores, si aprecias la vida!
Cesó el fragor de la batalla y ya el cielo se serenó.
¡Vamos, sigamos a nuestro jefe hasta el altar!
¡Amor, honor a los hijos de Ismael!
ZAIDA
¡Vete, no tardes, si amas a Zaida!
(aparte)
¡Que la protección del cielo vele sobre ti!
(Parten todos excepto Don Sebastián.)
DON SEBASTIÁN
Desamparado en la tierra, ¿qué me queda?
¡Hasta la esperanza huyó de mí!
¡Sólo me queda, corazón amoroso,
un ángel piadoso que el cielo me dio!
¿Por qué no puedo, por tanta fidelidad,
poner a tus pies mi corona?
¡Qué necio soy! ¿De qué trono hablo?
¡Ah! ¡Nada me dejó el destino!
¿Desamparado en la tierra, qué me queda?
¡Hasta la esperanza me abandonó!
Sin embargo, entre las iras de un funesto destino,
aún no soy del todo miserable
si el amor de un ángel me queda,
y del soldado ¡me queda el corazón!
ACTO TERCERO
(Sala en el palacio del rey en Lisboa)
Escena Primera
(Don Juan de Silva y dos delegados:
Abdalá y Zaida cubierta con un velo)
DON JUAN
(a los delegados)
El noble Abdalá,
vencedor del extinto monarca,
que el rey del África envía como embajador.
ABDALÁ
Traemos una propuesta de alianza
y nuestros votos para el nuevo rey,
de quien sobre nuestras playas
la fama de sus virtudes se expande.
¡Sea para él la patria feliz y grande!
DON JUAN
Así todos lo esperamos.
Acepta mientras tanto bajo su techo,
un merecido albergue y descanso.
(Todos salen menos Abdalá y Zaida.)
Escena Segunda
(Abdalá y Zaida)
ABDALÁ
¡Al fin estamos solos!
ZAIDA
(quitándose el velo)
¿Por qué no me dejaste, ¡ay!,
en mi tierra natal?
¿Por qué a estas playas, casi a la fuerza,
y contra mi voluntad, me trajiste?
ABDALÁ
¿Por qué?... ¿Por qué?
Porque me conviene tenerte a mi lado,
cuál vil esclava, dondequiera que sea, ¡siempre!
Porque temo tu corazón mal nacido,
y al menos a salvo quiero tener mi honor.
ZAIDA
Señor, ¿por qué ese arrebato
y ese súbito furor?
¿Por qué? ¿Si te he dado mi mano,
la vida, el corazón?...
ABDALÁ
La mano me diste, es verdad,
y me juraste fidelidad;
¡pero el corazón, Zaida, el corazón,
nunca me lo has dado!
¡No! ¡Nunca!... ¡No! ¡Jamás!...
¡Me conviene tenerte siempre a mi lado,
cuál vil esclava, dondequiera que vaya!
Puesto que conozco y temo tu vil corazón,
¡al menos quiero tener mi honor a salvo!
ZAIDA
¡Hiéreme entonces!
La muerte solo causa terror a las almas viles.
Enmienda el error de haberme amado.
¿Por qué te demoras? ¡Atraviesa mi corazón!
ABDALÁ
Las lágrimas secretas,
que en vano intentas ocultarme...
ZAIDA
Descubren la angustia de mi corazón
y no la culpa...
ABDALÁ
¡Mientes!... Escúchame.
En la tienda de tu padre un día dormías.
Yo velaba...
A media noche
los labios en sueños entreabriste
y murmuraste un nombre...
¡Por Alá que no fue el mío!
ZAIDA
¿Yo?... Señor...
ABDALÁ
(con rabia)
¡Es un cristiano!...
Y voy a encontrarlo...
¡Perecerá en mis manos!
ZAIDA
¡Él ya no existe!
ABDALÁ
Mi amor ultrajado
más allá de la tumba
celoso rebusca en el pasado.
Pero no... no...
Pretendes en vano sustraerlo
a mi celoso desdén;
en vano usas una ingeniosa historia
para tratar de engañarme.
¡La hora de la venganza
sonríe ahora a mis deseos!
ZAIDA
¡Está bien, no te pido merced!
¡Desata sobre mí tu furia!
¡Es demasiado indigno
el martirio que me haces sufrir!
Acercarse veo con alegría
mi última hora.
¡Mátame!
¡Que muera aborreciéndote!
¡Vamos! ¡Cumple al menos
ese supremo juramento!
ABDALÁ
¡Basta ya mujer, tus juramentos no me interesan!
A partir de ahora,
no confíaré en nadie.
Para ver tengo estos ojos...
¡y para castigar a éste!
(señala el puñal)
(Salen ambos.)
Escena Tercera
(Plaza principal de Lisboa. A la izquierda la
fachada de la catedral revestida de luto. Es de
noche. Camoens, solitario avanza lentamente y
a duras penas)
CAMOENS
Juguete del cruel destino, ¡pobre Camoens!
Caíste herido en la llanura
de Alcazarquivir
y luego reducido a una cruel esclavitud,
¡pero rotas están al fin tus cadenas!
¿Es posible que el piadoso cielo,
te permita volver a ver el suelo patrio?
¡Oh, Lisboa, al fin te contemplo!
¡Vuelvo por fin, oh patria, a ti!
¡El aire que siento y exhalo
vida nueva me infunde!
Olvido las ansiedades y la dura guerra
que el destino me hizo padecer.
Te vuelvo a ver, oh, sagrada tierra!
ahora el cielo puede hacerme morir.
Incluso cuando desfalleciente
en suelo extranjero estuve prisionero,
sin esperanza de merced ¡oh, dulce patria!
mi corazón, estuvo siempre contigo.
Escena Cuarta
(Una patrulla y el antedicho)
UN SOLDADO
¿Quién vive?
CAMOENS
Un exiliado
que el suelo nativo vuelve a ver.
Un soldado que vuelve de África...
SOLDADO
Sobre tu situación
habla en voz baja, y pronto vete, amigo.
Todo lo que viene de África nos es antipático.
(Parte la patrulla.)
Escena Quinta
(Camoens solo)
CAMOENS
¡Oh, mi rey Sebastián!
¡Haber sido un soldado tuyo
parece ser ahora un grave delito!
(mirando a su alrededor)
¿Qué puedo hacer?... ¿A quién recurrir?...
¡Me faltan las fuerzas! ¡Oh, Dios!...
¡Camoens un mendigo!...
Su mano adiestrada para las armas
ahora debe rogar a los ricos altaneros...
¡Ah, rómpete, corazón mío!...
¡Y tú, noche, esconde mi rubor!
Escena Sexta
(Sebastián cubierto con una capa y Camoens.
Camoens se acerca y le tiende el yelmo)
CAMOENS
¡Soy un soldado que viene de la guerra,
la mano que tiendo famosa fue!
¡Vuelvo como mendigo a mi patria!
¡Ah, ayuda para quien no tiene pan!
Dame una limosna: ten piedad de mí.
DON SEBASTIÁN
¡Como mendigo vuelvo yo también de la guerra;
le pides pan a quien pan no tiene!
¡Ninguna fortuna me queda en la tierra,
excepto el honor, que ni quita ni da!
¡Soldado soy,
y también soy digno de piedad!
CAMOENS
¡La mano, hermano, dame la mano!
¿Fuiste herido?...
DON SEBASTIÁN
¡En la campaña de Alcazarquivir!
CAMOENS
¿Luchaste?...
DON SEBASTIÁN
¡En defensa de nuestras banderas!
CAMOENS
¿Junto al rey?
DON SEBASTIÁN
¡Siempre estuve a su lado!
CAMOENS
(con exaltación)
¡Yo también!... ¡Yo también a su lado herido caí!
Por muerto me dejaron. ¡Oh, Dios!
DON SEBASTIÁN
¡Habla! ¿Quién eres?
CAMOENS
¡Ah, soy el amigo del rey,
soy el poeta que
sólo vivo para llorarlo
y para eternizarlo con mí canto.
DON SEBASTIÁN
¡Camoens!...
CAMOENS
¡Oh, cielos! ¡Esa voz!
¡Ah, no!... Vana ilusión.
De mi señor no es éste
el conocido semblante.
DON SEBASTIÁN
Oprimido por la desdicha mutó mi rostro,
pero mi corazón es el mismo.
(Se abrazan con emoción.)
CAMOENS
¡Oh, fausto día! ¡Alegría suprema!
¿Será cierto que os estrecho contra mi pecho?
¡Ahora, justo Cielo, llámame, ya puedo morir!
¡He visto al rey!
¡Dios ha salvado al rey!
DON SEBASTIÁN
¡Oh, fausto día! ¡Alegría suprema!
¿Será cierto que te estrecho contra mi pecho?
Soy rico y todavía soy rey,
si tu gran corazón permanece conmigo.
¡Ah! ¡Calla, ay de mí!
(en voz baja)
Don Antonio, impulsado
por una ambición vil,
usurpó mi trono.
Él supone que he muerto;
y si sospechara
que me he salvado
¡buscaría destruirme!
CAMOENS
Pero ¿y los nobles? ¿Y la corte?
DON SEBASTIÁN
Saludan a la nueva estrella,
ahora que la mía está en el ocaso.
CAMOENS
Pero, al menos los soldados...
DON SEBASTIÁN
Aún confío en ellos.
Intento presentarme ante ellos
en el momento apropiado.
CAMOENS
¡Ay sí, de su fidelidad
yo soy el garante!
Me oirán gritar: ¡es él, nuestro rey!
¡Hermanos, lo juro, creed en mí, creedme!
¡Ay, soy feliz! ¡Bendito día!
¡Todo mi alrededor parece hermoso!
¡Patria, el cielo vela sobre ti!
Una tregua para nuestros lamentos nos trae el rey.
¡Dios salve al rey!
DON SEBASTIÁN
¡Ay, soy feliz! ¡Bendito día!
¡La confianza vuelve a mí!
Soy rico y todavía soy rey,
si tu gran corazón permanece conmigo.
¡Ah! ¡Calla, ay de mí!
(Música fúnebre en lejanía.)
CAMOENS
¿Y esa música funesta?
DON SEBASTIÁN
Para simular su pena,
honra al extinto con fingido luto,
¡Ese novicio usurpador del trono!
CAMOENS
¡Allí está! Y con él los grandes de la corte.
Escena Séptima
(Don Sebastián y Camoens envueltos en sus
capas, se apartan del tumulto hacia la derecha.
Se ve desfilar a la luz de mil antorchas el cortejo
fúnebre con soldados, nobles y eclesiásticos. El
último lugar lo ocupa el carro mortuorio ornado
de diversos regalos y de las armas de Portugal,
tras el que está atado el caballo de batalla de
Don Sebastián. Detrás siguen Don Antonio y
Don Juan de Silva, Abdalá, cortesanos, y una
gran muchedumbre)
MUJERES
Concede piadoso y eterno descanso a su alma.
¡Oh, Señor!
HOMBRES
¡Que suenen a duelo las trompetas!
¡Que los atabales,
con lúgubre sonido,
llamen al ángel del último día!
Ante Él, que tiene a sus pies
los truenos y las tempestades,
son como cristales los tronos,
y sombra y polvo los reyes...
VARIAS VOCES
¡Locura de un monarca imprudente!
¡Aceptemos la poderosa mano de Dios!
CAMOENS
(avanzando)
¡No sufriré que este agravio se le haga a mi rey!
DON JUAN
¿Quién osa turbar y profanar este día de luto?
CAMOENS
Un soldado, un poeta y un súbdito fiel, que
no teme y no espera nada de la vida le queda.
¡Que no adula a los poderosos,
sino que canta a los desdichados!
DON JUAN
¿Qué interés te mueve o que furor te ciega,
mal nacido instigador de riñas y discordias, que
ante una tumba abierta no se aplaca tu rencor?
La justicia que oye cada insulto que has hecho
te pedirá razones de la profanación del culto
CAMOENS
¡Al pueblo reunido se las daré y ahora mismo!
DON JUAN
¡Soldados, por la fuerza
llevaos a este impertinente!
¿Oísteis? ¡El rey lo ordena!
DON SEBASTIÁN
(poniéndose de manifiesto)
¡Y yo lo prohíbo!
TODOS
(con un grito)
¡El rey!!
ABDALÁ
¡Él! ¡Qué misterio!
¡El extranjero que Zaida sustrajo a mi furor!
DON SEBASTIÁN
El mismo, vuestro padre,
que el cielo envía para confundir
a vuestros enemigos.
El rey de todos, que tantas privaciones
y peligros afrontó; el que siempre os llevó
en el corazón y os quiso como hijos.
PUEBLO
¡Viva el rey, nuestra gloria y nuestro amor!
ABDALÁ
¡Portugueses, yo os juro,
y un musulmán no jura en vano,
que al extinto rey yo mismo di sepultura!
¡Él cayó en la famosa batalla de Alcazarquivir,
y en las arenas africanas su cenizas descansan!
DON JUAN
El jefe de los árabes dice la verdad: creed en él.
¡Ese es un descarado impostor, un traidor!
CAMOENS
Al menos sus soldados sabrán reconocerlo.
DON JUAN
¡Basta,el fraude es evidente!.
ABDALÁ
¡Zaida, mis sospechas se avivan, sabré vigilarte!
DON DON SEBASTIÁN
CAMOENS, SEGUIDORES
Del auténtico rey
¡Oh, pueblo traicionado!
defended la vida,
defended el honor.
¡Oh cielo, muéstrate
propicio a los justos
y confunde a los autores
de un impío artificio!
ABDALÁ, DON DON ANTONIO
DON DON JUAN, SEGUIDORES
¡Revélate, despiértate,
oh pueblo traicionado!
Es clara la trama
del vil impostor.
¡Que sea ejecutado!
¡Que con la muerte
se castigue al autor
de tan impiadoso artificio!
DON JUAN
Quienquiera que él sea,
no es el momento en que la augusta ley
pueda decidir el destino de ese desgraciado.
Que el imputado sea puesto en manos
de la justicia: lo reclamo en nombre
del soberano tribunal de la inquisición.
Desdichado, en vano intentas
tramar un vil engaño.
Las llamas y la muerte bien sabrán
castigar tanto ultraje.
¡Ve, pérfido, no tienes defensa!
Baja tu aborrecida cabeza
pues tu execrable crimen
ha colmado al cielo de horror.
CORO
Tu execrable crimen
ha colmado al cielo de horror.
ACTO CUARTO
(Sala de reuniones, solemne y severa, del
tribunal supremo de justicia. Los miembros
se han sentado y están dispuestos en forma
semicircular con el presidente en medio)
Escena Primera
(Don Juan de Silva, esbirros vestidos de rojo
y con los brazos desnudos, jueces, secretarios
y guardias del tribunal)
TODOS
Devotos del cielo y humildemente,
rogamos consuelo y luz:
para que Dios guíe
el frágil juicio humano.
De Él, en quien confía hoy
la salud del reino,
surgirá la virtud
de este alto tribunal.
DON JUAN
Supremos miembros
del augusto Tribunal, (santo oficio)
esperanza y amor del justo,
terror de los impíos;
en ustedes no debe tener
acceso ni el odio ni el amor:
que la justicia sea el objetivo principal
del corazón y la piedad!
TODOS
¡Lo juramos!
Escena segundo
(Don Sebastián, Abdalá y los antedichos.
Mientras desde la derecha Don Sebastián avanza
entre los soldados, Abdalá, cubierto con una capa
y sombrero entra por el lado opuesto del tribunal,
que le hace señas de permanecer callado y de ser
prudente. Abdalá se mezcla con un grupo de
soldados y esbirros)
DON JUAN
Tú, que para provocar la guerra civil
asumiste un nombre y un rango falso,
¡habla!... ¿Quién eres?
DON SEBASTIÁN
Antes respóndeme tú:
¿quién te dio el derecho, hombre impío,
de interrogar a tu señor?
Yo lo soy... lo atestiguo...
DON JUAN
¡Eres un impostor!
DON SEBASTIÁN
Eso dices tú, que has osado encadenarme...
DON JUAN
Yo te condeno...
DON SEBASTIÁN
¡No, me asesinas!
Más no respondo.
DON JUAN
En vano con tu silencio
esperas detener el curso de la justicia.
A tal efecto esta audiencia
oirá un testimonio. Que venga el testigo.
Escena Tercera
(Zaida cubierta con un velo y los antedichos)
TODOS
¡Una mujer!
ZAIDA
¿Qué importa si es a través
de los labios de una mujer
oír la verdad?
Abdalá, inconscientemente, los engañó.
A quien él vio perecer en África,
fue al fiel y noble Don Enrique,
¡muerto como héroe por su señor y amigo!
DON JUAN
¡Qué dices!
ZAIDA
¡El rey fue salvado!
Fue salvado por una mujer,
que estaba enamorada de él.
DON JUAN
¿Qué nueva tramoya es ésta?
DON SEBASTIÁN
¡Oh, noble corazón!
ZAIDA
¡Pues bien!
Quien sustrajo de la muerte a vuestro rey,
lo juro delante de Dios,
(levantándose el velo)
y lo atestiguo ante el tribunal... ¡Fui yo!
(Los jueces se levantan sorprendidos)
Mi corazón fluctúa
entre la esperanza y el terror.
Si con mi vida pudiera
al menos comprar la suya.
¡Oh, Dios, ten piedad
de su desdichada situación!
¡Solamente tu bondad
puede sustraerlo de la muerte!
DON SEBASTIÁN
¡Es ella!... Fluctúa mi corazón
entre la esperanza y el temor.
Es Dios quien me manda
un ángel tutelar.
Su piedad no podrá
sustraerme de un impío destino;
pero feliz y consolado
no obstante moriré.
ABDALÁ
De rabia y furor hierve
en el pecho mi corazón.
En la propia cara de su señor
¿puede atreverse a tanto?
¡En vano la desdichada
lo quiere salvar!
Antes que eso ocurra,
¡ambos morirán por mis propias manos!
DON JUAN
De rabia y furor
hierve mi corazón en el pecho.
Frente al mundo y frente al cielo
¿a tanto puede atreverse?
Si es necesario,
¡el impostor caerá asesinado!
(a un juez)
Se repone el corazón agitado,
¡no, jamás reinará!
JUECES, CORO
De rabia y furor
hierve el corazón en mi pecho;
Frente al mundo y frente a Dios,
¿a tanto puede atreverse?
¡Que sea vengada la ofendida
majestad del cielo!
¿A la desdichada pareja
quién la podrá salvar?
DON JUAN
En vano esperas, con tu falso juramento,
salvar mintiendo a tu vil amante.
(a los jueces)
¡Miradla! Ella es la misma
que la piedad de nuestro extinto rey
sustrajo de la hoguera.
La que fuera condenada a la hoguera,
y conmutada su pena por exilio.
Su pena a quebrantado.
¡Es rea de muerte!
Yo la condeno al fuego,
bajo el cargo de falso testimonio
y de impostura.
ABDALÁ
¡Y yo por perjura!
(Quitándose el disfraz)
¡Desgraciada!... Para aplacar mi furor,
no, no basta tu vida.
No, que la injuria y la deshonra
sean tu compañía en la muerte.
Castigar tu iniquidad con la hoguera
que te aguarda es muy poco.
¡Que seas maldecida
por el cielo y por mí!
DON JUAN
(al juez)
El ineludible deber de castigarla
el cielo nos manda.
Su esposo también la condena,
¿qué podría defenderla?
DON SEBASTIÁN
¡Ah, tomad mi vida,
pero tened piedad, piedad por ella!
ZAIDA
Señor, a Dios solamente apelo,
y Él nos juzgará.
ABDALÁ, DON JUAN, JUECES
¡Ve, perjura!... Para aplacar mi furor
no, no basta tu vida.
No, que la injuria y la deshonra
sean tus compañeras en la muerte.
La hoguera que te aguarda
es poco castigo para tu iniquidad.
¡Que seas maldecida
por el cielo y por mí!
ZAIDA
¿Yo perjura?...
Ante tu furor de poco vale mi vida.
¿Quieres arrebatarme incluso el honor,
ese honor que tuyo es?
¿Te seduce, oh vil, el martirio
de una miserable traicionada?
Lego al cielo mi venganza,
y el remordimiento te lo lego a ti.
DON SEBASTIÁN
¡Desdichados!...
Ante vuestro furor de poco vale mi vida.
Vuestros corazones se han cerrado a la piedad.
¡Oh, Dios!, para ella ya no hay esperanza.
¿El suplicio de una miserable traicionada
seduce a esos hombres viles?
¡Ve, oh querida, que seas bendecida por el cielo,
tanto como lo eres por mí!
ZAIDA
(a Giovanni con ímpetu)
¡Está bien! Puesto que mi cónyuge me libera
de mis votos y me consagra a la muerte...
¡Sí, yo lo amo, lo amo!
¡A él... al rey Sebastián! ¡El verdadero rey!...
DON JUAN
(a los guardias)
¡Basta ya, que sea llevada por la fuerza!
ZAIDA
(a los jueces)
Y vosotros, cuando yo por él la muerte
desafío y del deshonor me río,
decidme: ¿quién sería tan osado
como para creerme capaz de mentir?
DON JUAN, ÁRABES, JUECES
¡Que la hoguera se prepare para ellos,
que mueran atormentados!
¡Que las cenizas de los infieles
sean esparcidas por el viento!
Veremos perecer en la hoguera
tan grande osadía.
¡Ninguna esperanza queda para ellos
ni en la tierra ni en el cielo!
ZAIDA, DON SEBASTIÁN
A la pira que se prepara para nosotros
ascenderemos felices:
es leve el suplicio más cruel
para los inocentes.
Una divina esperanza
es para nosotros consuelo y escudo.
¡La venganza tiene su lugar en la tierra,
pero el perdón se alberga en el cielo!
ACTO QUINTO
(Lujosa habitación en la torre de Lisboa
destinada al Presidente del Tribunal de Justicia.
Una puerta al fondo y ventanal a la izquierda.
Sobre una mesa elementos de escritura)
Escena Primera
(Don Juan de Silva y Don Luis,
un enviado de España)
DON JUAN
¿Puedo contar con ello?
DON LUIS
Con una poderosa armada el Duque de Alba
antes de que anochezca, estará en Lisboa.
DON JUAN
¿Y me asegura tu rey?...
DON LUIS
Poder soberano en su nombre,
si a mi rey concedes la corona...
DON JUAN
No más. A partir de hoy él gobernará en Lisboa.
DON LUIS
Pero para anunciárselo al vulgo,
hace falta prudencia, que al menos en apariencia
sea un título legítimo...
DON JUAN
Entiendo. ¡Es fácil la empresa y segura!
Que tu señor la deje en mis manos.
(Don Luis sale)
Escena Segunda
(Zaida y Don Juan
DON JUAN
Tu vida está en mis manos.
ZAIDA
¿Por qué demoras en truncarla?
DON JUAN
¿Y si mi corazón quisiera concederte una gracia?
(Zaida muestra su rechazo altanero y desdeñoso)
¿Si te permitiera salvar a ése,
a quien llamas el rey?
ZAIDA
¿A él? ¿Puede ser verdad?...
¡Gran Dios!... Habla... ¿Qué exiges?
DON JUAN
Haz que él firme este escrito
y de inmediato caerán sus cadenas.
ZAIDA
Basta ya... ¡Dame!...
DON JUAN
¡De lo contrario, dentro de una hora, la muerte!
(sale)
Escena Tercera
(Zaida sola)
ZAIDA
¡La muerte era, hace poco para mí,
una terrible idea!
Pero ahora que tan cerca la contemplo,
¡no le temo!
¡Ah, si su apreciada vida
puedo conservar muriendo,
mi último suspiro sería para mí la gloria!
Es hermoso ofrecer la vida
por quien se adora.
¡Es hermoso sellar con sangre
un cariño tan puro!
¡Y en la hora de la muerte
poder romper las cadenas
del ser amado,
y así su vida conservar!
Escena Cuarta
(Don Sebastián y Zaida)
ZAIDA
¡Aquí está!
DON SEBASTIÁN
¡Oh, mi Zaida!
¿Quién te conduce hasta mí,
quién nos reúne?
¿Qué ángel de luz
me devuelve la esperanza?
ZAIDA
Hasta aquí me conduce el deseo
de salvarte ¡oh, rey!
Un rayo de luz amiga
aún resplandece pora ti.
DON SEBASTIÁN
Pero ¿qué destino nos concede la gracia
de volver a vernos antes de morir?
ZAIDA
¡Ya tus opresores, delante de su propio crimen,
se detienen dudosos, y parecen temblar!
Ante ti deponen su ira
y parecen dispuestos a liberarte.
Van a caer de rodillas ante ti, si tu mano,
¡oh, señor! se digna firmar este documento.
¡Léelo!
DON SEBASTIÁN
¡Gran Dios! ¿Qué? ¡Quieren que renuncie
a mi estirpe y a su esplendor!
¡Que firme vilmente este documento fatal
que me condena al deshonor!
ZAIDA
¿Qué oigo?
DON SEBASTIÁN
¿Sabes tú, Zaida, sabes qué quieren de mí?
(con ironía)
Me ofrecen la libertad...
ZAIDA
¿Y bien?...
DON SEBASTIÁN
¡Si cedo al rey Felipe de España
mis derechos y mi corona!
ZAIDA
¿Deshonrarte?... ¡Viles!...
¡Ah, morir mil veces antes!
DON SEBASTIÁN
¡Cómo su noble alma
adivinó lo que siente mi corazón!
¡En vano esperan
manchar el honor del rey!
Quien la corona heredada,
y quien el reino me arrebató,
al rey puede quitarle la vida
pero degradarlo no podrá.
ZAIDA
¡Cómo su noble alma
supera la mía!
¡En vano ellos esperan
mancillar el honor del rey!
Quien la corona heredada,
y quién el reino le arrebató,
al rey puede quitarle la vida
pero degradarlo... no podrá.
(Suena la hora.)
CORO
(entre bastidores)
Sonó la hora fatal, mujer,
prepárate a morir.
ZAIDA
¡Sí... vayamos... adiós!
DON SEBASTIÁN
¡Cielos! ¿Dónde vas?
ZAIDA
(rechazándolo)
¡Detente!
DON SEBASTIÁN
¡Un lúgubre sonido escucho!
(Se abre la puerta de fondo.)
Los verdugos... ¡oh, cielos!
¡Qué relámpago me alumbra!
¡Sobre ti van los inicuos
para castigarte por mi rechazo!
ZAIDA
¿Qué importa, si en el cielo un Dios nos unirá?
DON SEBASTIÁN
En vano lo esperas... ¡ah, no!
¿Qué nuevo sacrificio, ¡oh, Dios!
el infame me reserva?
¿Qué yo mancille mi honor?
¡Tú muerte! ¡¡Justo cielo, tú muerte!
¡Y por mí! ¡Nunca, no, no así no será!
¡Cesa ya, ah! ¡Ruegas en vano!
¡Yo sabré salvarte, vida mía!
ZAIDA
¿Por salvar mi vida
el honor mancillará mi rey?
¿A tanto podría degradarse?
¡Basta, ah! ¡Ruegas en vano!
¡Que nunca sea consentida tal tú afrenta!
¡No, nunca jamás!
(Sebastián se levanta y va hacia la mesa
a firmar el pergamino.)
ZAIDA
(interponiéndose)
¡Pues bien, si sordo eres
a la llamada del deber,
si ningún poder
tienen mis ruegos sobre ti,
mancilla tu honor ancestral,
abandonando tus derechos y el trono!
¡Tu cómplice no seré yo
y sea mi muerte mi forma de protesta!
(Intenta lanzarse por la ventana.)
DON SEBASTIÁN
(sujetándola)
¡Zaida!
ZAIDA, DON SEBASTIÁN
Asi, así deben perecer
tanto amor y tanta fidelidad,
si para nosotros aquí en la tierra
ya no hay esperanzas,
ven, mi bien, estrechada sobre mi seno,
encontremos al menos la muerte juntos.
(Se oye en el exterior la voz de Camoens.)
CAMOENS
¡Eh, marineros!
La noche está serena,
y una calma profunda reina,
en el puerto y sobre las olas,
¡concluyamos la tarea!
CAMOENS, CORO
Rememos confiados
y en silencio naveguemos,
sobre las olas.
¡Desplacémonos como sombras.
Allá, bajo aquel peñasco
que sobresale de la costa,
está la presa
que unidos buscamos.
Invadidos de esperanza
un canto entonemos,
pero cerca de los baluartes
naveguemos en silencio.
ZAIDA
¡Oh, súbditos fieles!
DON SEBASTIÁN
¡Camoens!
Escena Quinta
(Camoens que entra por la ventana utilizando
una escalera de cuerdas y los antedichos)
CAMOENS
¡Mi señor, que la esperanza vuelva a vos!
El pueblo brama y reclama a su rey.
Nuestra fuga es apoyada,
por un guardia apostado en esta torre,
un soldado fiel y valiente.
CAMOENS, ZAIDA, DON SEBASTIÁN
¡Ah, sí! ¡Libres juntos, o morir juntos!
¡Movámonos con cuidado y en silencio,
un sólo suspiro nos puede traicionar!
¡Tenemos al cielo como guía,
y es nuestro escudo la amistad!
(Sebastián ya ha firmado el pergamino. Los tres
salen por la ventana, Camoens lo hace en último)
Escena Última
(Terraza de la torre de Lisboa que da al mar.
Camoens guía a Don Sebastián y a Zaida. Abdalá
y Don Antonio salen sigilosamente a la playa;
luego Don Juan y guardias)
CAMOENS
(a Don Sebastián)
A mitad de camino hemos llegado,
sigamos.
ZAIDA
Nunca...
(Camoens echa una soga al barco
que está anclado bajo el bastión)
ABDALÁ
Sí, hay algunos que ansían y esperan salvarlos.
DON ANTONIO
Lo sé.
ABDALÁ
Camoens es el jefe.
Los guardias de la torre fueron seducidos por él.
DON ANTONIO
Yo permití que lo hiciera.
ABDALÁ
¡Pero ellos huirán!
DON ANTONIO
(con sarcasmo)
El cielo los ayuda en su camino.
ABDALÁ
Y, ¿por qué?
DON ANTONIO
Observa.
(Zaida y Don Sebastián bajan por la cuerda.
Camoens queda observándolos desde la terraza.)
CAMOENS
¡Están a salvo!
DON ANTONIO
¡Están perdidos!...
(Se oyen dos disparos y los cuerpos de Don
Sebastián y Zaida caen al mar: Camoens es
detenido por los guardias sobre la terraza:
otros guardias y soldados invaden la playa.)
DON ANTONIO
¡Yo soy el rey!
(Don Juan entra apresurado con un
pergamino, seguido por muchos nobles.)
DON JUAN
No aún...
Don Sebastián con este acto supremo,
su corona y su trono cedió a España.
¡Gloria a Felipe!
CAMOENS
(con entusiasmo)
¡Honor a Sebastián!
Traducido y digitalizado por:
José Luis Roviaro 2010.
|