DEMOFONTE

 

 

 

 

Personajes

DEMOFONTE

TIMANTE

CHERINTO

MATUSIO

DIRCEA

CREUSA

ADRASTO

OLINTO
Rey de Tracia

Su primogénito

Hermano del anterior

Noble

 Esposa de Timante

Princesa frigia

Jefe de la guardia

Hijo de Timante y Dircea
Bajo

Contratenor

Tenor

Bajo

Soprano

Soprano

Tenor

Actor

 

 

La acción se desarrolla en Tracia, en época mítica.

  

ATTO  PRIMO


Scena Prima

(
Il luogo della scena è la reggia di
Demofoonte nella Cheroneso di Tracia. Orti
pensili, corrispondenti a vari appartamenti
della reggia di Demofoonte. Dircea e Matusio) 

DIRCEA
Credimi, o padre: il tuo soverchio affetto
Un mal dubbioso ancora
Rende sicuro. A domandar che solo
Il mio nome non vegga l'urna fatale,

altra ragion non hai che il regio esempio. 

MATUSIO 
E ti par poco? Io forse,
Perché suddito nacqui,
Son men padre del re?

D'Apollo il cenno d'una vergine illustre
Vuol che su l'are sue si sparga il sangue
Ogni anno in questo dì; ma non esclude
Le vergini reali.
Ei, che si mostra delle leggi divine
Sì rigido custode, agli altri insegni
Con l'esempio costanza.
A sé richiami le allontanate ad arte
Sue regie figlie. I nomi loro esponga
Anch'egli al caso. All'agitar dell'urna,
Provi egli ancor d'un infelice padre
Come palpita il cor; come si trema
Quando al temuto vaso
La mano accosta il sacerdote, e quando
In sembianza funesta
L'estratto nome a pronunciar s'appresta;
E arrossisca una volta
Ch'abbia a toccar sempre la parte a lui
Di spettator nelle miserie altrui.

DIRCEA
 
Ma sai pur che a' sovrani
È suddita la legge.

MATUSIO
 
Le umane sì, non le divine.

DIRCEA
 
E queste a lor s'aspetta interpretar.

MATUSIO
 
Non quando parlan chiaro gli dèi.

DIRCEA
 
Mai chiari a segno...

MATUSIO
 
Non più, Dircea; son risoluto.

DIRCEA
 
Ah! meglioPensaci, o genitor.
L'ira ne' grandi
Sollecita s'accende,
Tarda s'estingue. È temeraria impresa
L'irritare uno sdegno
Che ha congiunto il poter. Già il re pur troppo
Bieco ti guarda. Ah! che sarà, se aggiunge
Ire novelle all'odio antico?

MATUSIO
 
In vano l'odio di lui tu mi rammenti e l'ira:
La ragion mi difende, il Ciel m'inspira.


O più tremar non voglio
Fra tanti affanni e tanti;
O ancor chi preme il soglio
Ha da tremar con me.
Ambo siam padri amanti,
Ed il paterno affetto
Parla egualmente in petto
Del suddito e del re.

(parte)


Scena Seconda

(
Dircea e poi Timante)

DIRCEA
 
Se il mio principe almeno
Quindi lungi non fosse... Oh Ciel, che miro!
Ei viene a me!

TIMANTE
Dolce consorte...

DIRCEA
Ah! taci:
Potrebbe udirti alcun. Rammenta, o caro,
Che qui non resta in vita
Suddita sposa a regio figlio unita.

TIMANTE
Non temer, mia speranza. Alcun non ode.
Io ti difendo.

DIRCEA
E quale amico nume ti rende a me?

TIMANTE
Del genitore un cenno
Mi richiama dal campo,
Né la cagion ne so. Ma tu, mia vita,
M'ami ancor? ti ritrovo
Qual ti lasciai? Pensasti a me?

DIRCEA
Ma come
Chieder lo puoi? Puoi dubitarne?

TIMANTE
Oh Dio!
Non dubito, ben mio: lo so che m'ami,
Ma da quel dolce labbro
Troppo (soffrilo in pace)
Sentirlo replicar, troppo mi piace.
Ed il picciolo Olinto, il caro pegno
De' nostri casti amori,
Che fa? cresce in bellezza?
A qual di noi somiglia?

DIRCEA
Egli incomincia
Già col tenero piede
Orme incerte a segnar. Tutta ha nel volto
Quella dolce fierezza,
Che tanto in te mi piacque. Allor che ride,
Par l'immagine tua. Lui rimirando,
Te rimirar mi sembra.
Oh, quante volte,
Credula troppo al dolce error del ciglio,
Mi strinsi al petto il genitor nel figlio!

TIMANTE
Ah! dov'è? Sposa amata,
Guidami a lui; fa ch'io lo vegga.

DIRCEA
Affrena,
Signor, per ora il violento affetto.
In custodita parte
Egli vive celato; e andarne a lui
Non è sempre sicuro. Oh quanta pena
Costa il nostro segreto!

TIMANTE
Ormai son stanco
Di finger più, di tremar sempre: io voglio
Cercare oggi una via
D'uscir di tante angustie.

DIRCEA
 
Oggi sovrasta
Altra angustia maggiore. Il giorno è questo
Dell'annuo sagrifizio. Il nome mio
Sarà esposto alla sorte. Il re lo vuole;
Si oppone il padre; e della lor contesa
Temo più che del resto.

TIMANTE
È noto forse
Al padre tuo che sei mia sposa?

DIRCEA
Il Cielo nol voglia mai.
Più non vivrei.

TIMANTE
M'ascolta. Proporrò che di nuovo
Si consulti l'oracolo. Acquistiamo
Tempo a pensar.

DIRCEA
Questo è già fatto.

TIMANTE
E come rispose?

DIRCEA
Oscuro e breve.
‘Con voi del Ciel si placherà lo sdegno,
Quando noto a se stesso
Fia l'innocente usurpator d'un regno.'

TIMANTE
Che tenebre son queste!

DIRCEA
E se dall'urna
Esce il mio nome, io che farò?

La morte mio spavento non è:
Dircea saprebbe per la patria morir.
Ma Febo chiede d'una vergine il sangue.
Io, moglie e madre,
Come accostarmi all'ara?

O parli o taccia, colpevole mi rendo:
Il Ciel, se taccio, il re, se parlo, offendo.

TIMANTE
Sposa, ne' gran perigli
Gran coraggio bisogna. Al re conviene
Scoprir l'arcano.

DIRCEA
E la funesta legge che a morir mi condanna?

TIMANTE
Un re la scrisse:
Può rivocarla un re. Benché severo,
Demofoonte è padre, ed io son figlio.
Qual forza han questi nomi,
Io lo so, tu lo sai.
Non torno al fine
Senza merito a lui.
La Scizia oppressa,
Il soggiogato Fasi
Son mie conquiste; e qualche cosa il padre
Può fare anche per me. Se ciò non basta,
Saprò dinanzi a lui
Piangere, supplicar, piegarmi al suolo,
Abbracciargli le piante,
Domandargli pietà.

DIRCEA
Dubito... Oh Dio!

TIMANTE
Non dubitar, Dircea: lascia la cura
A me del tuo destin. Va! Per tua pace
Ti stia nell'alma impresso
Che a te penso, cor mio,
più che a me stesso.

DIRCEA
In te spero, o sposo amato;
Fido a te la sorte mia:
E per te, qualunque sia,
Sempre cara a me sarà.
Pur che a me nel morir mio
Il piacer non sia negato
Di vantar che tua son io,
Il morir mi piacerà.

(parte)
 
Scena Terza


(Timante e Demofoonte con séguito;
indi Adrasto)

TIMANTE
Sei pur cieca, o Fortuna!
Alla mia sposa generosa concedi
Beltà, virtù quasi divina, e poi
La fai nascer vassalla. Error sì grande
Correggerò ben io.
Meco sul trono
La Tracia un dì l'adorerà. Ma viene
Il real genitor. Più non s'asconda
Il mio segreto a lui.

DEMOFOONTE
Principe, figlio.

TIMANTE
Padre, signor.

(s'inginocchia e gli bacia la mano)

DEMOFOONTE
Sorgi.

TIMANTE
I reali imperi Eccomi ad eseguir.

DEMOFOONTE
So che non piace al tuo genio guerriero
La pacifica reggia; e il cenno mio,
Che ti svelle dall'armi,
Forse t'incresce. I tuoi trionfi, o prence,
E perché mie conquiste e perché tuoi,
Sempre cari mi son; ma tu di loro
Mi sei più caro. I tuoi sudori ormai
Di riposo han bisogno. È del riposo
Figlio il valor.
Sempre vibrato, al fine
Inabile a ferir l'arco si rende.
Il meritar son le tue parti, e sono
Il premiarti le mie. Se il prence, il figlio
Degnamente le sue compì fin ora,
Il padre, il re le sue compisca ancora.

TIMANTE
(Fra sè)

Opportuno è il momento: ardir!

(Forte)

Conosco tanto il bel cor del mio
Tenero genitor, che...

DEMOFOONTE
No, non puoi
Conoscerlo abbastanza. Io penso, o figlio,
A te più che non credi;
Io ti leggo nell'alma, e quel che taci,
Intendo ancor. Con la tua sposa al fianco
Vorresti ormai che ti vedesse il regno.
Di': non è ver?

TIMANTE
(Fra sè)

Certo ei scoperse il nodo
Che mi stringe a Dircea

DEMOFOONTE
Parlar non osi;
E a compiacerti appunto
Il tuo mi persuade
Rispettoso silenzio.
Io, lo confesso,
Dubitai su la scelta; anzi mi spiacque.
L'acconsentire al nodo
Mi pareva viltà. Gli odi del padre
Abborria nella figlia. Al fin prevalse
Il desio di vederti
Felice, o prence.

TIMANTE
(Fra sè)

Il dubitarne è vano.

DEMOFOONTE
A paragon di questo, è lieve ogni riguardo.

TIMANTE
Amato padre,
Nuova vita or mi dài.
Volo alla sposa,
Per condurla al tuo piè.

DEMOFOONTE
Ferma! Cherinto,
Il tuo minor germano, la condurrà.

TIMANTE
Che inaspettata è questa felicità!

DEMOFOONTE
V'è per mio cenno al porto
Chi ne attende l'arrivo.

TIMANTE
Al porto!

DEMOFOONTE
E, quando vegga apparir la sospirata nave,
Avvertiti sarem.

TIMANTE
Qual nave?

DEMOFOONTE
Quella che la real Creusa
Conduce alle tue nozze.

TIMANTE
(Fra sè)

Oh dèi!

DEMOFOONTE
Ti sembra
Strano, lo so. Gli ereditari sdegni
De' suoi, degli avi nostri, un simil nodo
Non facevan sperar; ma in dote al fine
Ella ti porta un regno.

Unica prole è del cadente re.

TIMANTE
Signor... Credei...


(Fra sè)

Oh error funesto!

DEMOFOONTE
Una consorte altrove,
Che suddita non sia, per te non trovo.

TIMANTE
O suddita o sovrana,
Che importa, o padre?

DEMOFOONTE
Ah! no: troppo degli avi
Ne arrossirebbon l'ombre. È lor la legge
Che condanna a morir sposa vassalla
Unita al real germe; e, fin ch'io viva,
Saronne il più severo
Rigido esecutor.

TIMANTE
Ma questa legge...

ADRASTO
Signor, giungono in porto le frigie navi.

DEMOFOONTE
Ad incontrar la sposa vola, o Timante.

(Adrasto si ritira)

TIMANTE
Io?

DEMOFOONTE
Sì. Con te verrei,
Ma un funesto dover mi chiama al tempio.

TIMANTE
Ferma! Senti, signor.

DEMOFOONTE
Parla: che brami?

TIMANTE
Confessarti...


(Fra sè)

Che fo?

(Forte)

Chiederti...

(Fra sè)

Oh Dio, che angustia è questa!

(Forte)

Il sacrifizio, o padre...
La legge... La consorte... 


(Fra sè)

Oh legge! oh sposa!
Oh sacrifizio! oh sorte!

DEMOFOONTE
Prence, ormai non ci resta
Più luogo a pentimento. È stretto il nodo:
Io l'ho promesso. Il conservar la fede
Obbligo necessario è di chi regna;
E la necessità gran cose insegna.


Per lei fra l'armi dorme il guerriero;
Per lei fra l'onde canta il nocchiero;
Per lei la morte terror non ha.
Fin le più timide belve fugaci
Valor dimostrano, si fanno audaci,
Quand'è il combattere necessità.

(parte)


Scena Quarta

(Timante solo)

TIMANTE
Ma che vi fece, o stelle,
La povera Dircea, che tante unite
Sventure contro lei?
Voi, che inspiraste
I casti affetti alle nostr'alme; voi,
Che al pudico imeneo foste presenti,
Difendetelo, o numi: io mi confondo.
M'oppresse il colpo a segno,
Che il cor mancommi, e si smarrì l'ingegno.


Sperai vicino il lido,
Credei calmato il vento;
Ma trasportar mi sento
Fra le tempeste ancor;
E da uno scoglio infido
Mentre salvar mi voglio,
Urto in un altro scoglio
Del primo assai peggior.

(parte)


Scena Quinta

(Porto di mare, festivamente adornato
per l'arrivo della principessa di Frigia.

Vista di molte navi, dalla più magnifica delle
quali, al suono di vari stromenti barbari,
preceduti da numeroso corteggio,
sbarcano a terra, Creusa e Cherinto)

CREUSA
Ma che t'affanna, o prence?
Perché mesto così? Pensi, sospiri,
Taci, mi guardi, e, se a parlar t'astringo,
Con rimproveri amici,
Molto a dir ti prepari, e nulla dici.
Dove andò quel sereno
Allegro tuo sembiante? ove i festivi
Detti ingegnosi? In Tracia tu non sei
Qual eri in Frigia. Al talamo le spose
In sì lugubre aspetto s'accompagnan fra voi?
Per le mie nozze qual augurio è mai questo?

CHERINTO
Se nulla di funesto
Presagisce il mio duol, tutto si sfoghi,
O bella principessa, Tutto sopra di me.
Poco i miei mali accresceran le stelle.
Io de' viventi già sono il più infelice.

CREUSA
E questo arcano non può svelarsi a me?
Vaglion sì poco Il mio soccorso, i miei consigli?

CHERINTO
E vuoi
Ch'io parli? Ubbidirò. Dal primo istante...
Quel giorno... Oh Dio!
No, non ho cor! Perdona;
Meglio è tacer: meriterei, parlando,
Forse lo sdegno tuo.

CREUSA
Lo merta assai
Già la tua diffidenza. È ver che al fine
Io son donna; e sarebbe
Mal sicuro il segreto. Andiamo, andiamo.
Taci pur: n'hai ragion.

CHERINTO
Fermati! Oh numi!
Parlerò: non sdegnarti. Io non ho pace;
Tu me la togli: il tuo bel volto adoro;
So che l'adoro in vano,
E mi sento morir. Questo è l'arcano.

CREUSA
Come? Che ardir!

CHERINTO
Nol dissi che sdegnar ti farei?

CREUSA
Sperai, Cherinto, più rispetto da te.

CHERINTO
Colpa d'amore.

CREUSA
(volendo partire)
Taci, taci: non più.

CHERINTO
Ma, già che a forza tu volesti, o Creusa,
Il delitto ascoltar, senti la scusa.

CREUSA
Che dir potrai?

CHERINTO
Che di pietà son degno,
Se ardo per te; che se l'amarti è colpa,
Demofoonte è il reo. Doveva il padre,
Per condurti a Timante,
Altri sceglier che me.
Se l'esca avvampa,
Stupir non dee chi l'avvicina al fuoco.
Tu bella sei; cieco io non son. Ti vidi,
T'ammirai, mi piacesti. A te vicino
Ogni dì mi trovai. Comodo e scusa
Il nome di congiunto
Mi diè per vagheggiarti;
e me quel nome,
Non che gli altri, ingannò.
L'amor, che sempre
Sospirar mi facea d'esserti accanto,
Mi pareva dovere; e mille volte
A te spiegar credei
Gli affetti del german, spiegando i miei.

CREUSA

(Fra sè)

Ah! me n'avvidi.


(Forte)

Un tale ardir mi giunge
Nuovo così, che istupidisco.

CHERINTO
E pure talor mi lusingai che l'alme nostre
S'intendesser fra loro
Senza parlar. Certi sospiri intesi;
Un non so che di languido osservai
Spesso negli occhi tuoi, che mi parea
Molto più che amicizia.

CREUSA
Orsù! Cherinto, della mia tolleranza
Cominci ad abusar. Mai più d'amore
Guarda di non parlarmi.

CHERINTO
Io non comprendo...

CREUSA
Mi spiegherò. Se in avvenir più saggio
Non sei di quel che fosti infino ad ora,
Non comparirmi innanzi.
Intendi ancora?

CHERINTO
T'intendo, ingrata!
Vuoi ch'io mi uccida:
Sarai contenta, m'ucciderò.
Ma ti rammenta
Che a un'alma fida
L'averti amata troppo costò.

(vuol partire)

CREUSA
Dove? Ferma!

CHERINTO
No, no! troppo t'offende la mia presenza.

(in atto di partire)

CREUSA
Odi, Cherinto.

CHERINTO
Eh! Troppo abuserei, restando,
Della tua tolleranza.

(come sopra)

CREUSA
E chi fin ora t'impose di partir?

CHERINTO
Comprendo assai anche quel che non dici.

CREUSA
Ah, prence! Ah, quanto
Mal mi conosci! Io da quel punto... (Oh numi!)

CHERINTO
Termina i detti tuoi.

CREUSA
Da quel punto...


(Fra sè)

Ah, che fo!

(Forte)

Parti, se vuoi.

CHERINTO
Barbara! partirò; ma forse... Oh stelle!
Ecco il german.


Scena Sesta

(Timante frettoloso, e detti)

TIMANTE
Dimmi, Cherinto: è questa
La frigia principessa?

CHERINTO
Appunto.

TIMANTE
Io deggio seco parlar. Per un momento solo
Da noi ti scosta.

CHERINTO
Ubbidirò.


(Fra sè)

Che pena!

CREUSA
Sposo, signor.

TIMANTE
Donna real, noi siamo
In gran periglio entrambi. Il tuo decoro,
La vita mia tu sola puoi difender, se vuoi.

CREUSA
Che avvenne?

TIMANTE
I nostri
Genitori fra noi strinsero un nodo,
Che forse a te dispiace,
Ch'io non richiesi. I pregi tuoi reali
Sarian degni d'un nume,
Non che di me; ma il mio destin non vuole
Ch'io possa esserti sposo. Un vi si oppone
Invincibil riparo. Il padre mio
Nol sa, né posso dirlo. A te conviene
Prevenire un rifiuto. In vece mia,
Va, rifiutami tu.
Di' ch'io ti spiaccio; aggrava, io tel perdono,
I demeriti miei; sprezzami, e salva
Per questa via, che il mio dover t'addìta,
L'onor tuo, la mia pace e la mia vita.

CREUSA
Come!

TIMANTE
Teco io non posso trattenermi di più
           

(a Cherinto, partendo)

Prence, alla reggia sia tua cura il condurla.

CREUSA
Ah! dimmi almeno...

TIMANTE
Dissi tutto il cor mio,
Né più dirti saprei: pensaci. Addio!
 
(parte)


Scena Settima

(Creusa e Cherinto)

CREUSA
Numi! a Creusa, alla reale erede
Dello scettro di Frigia un tale oltraggio!
Cherinto, hai cor?

CHERINTO
L'avrei se tu non mel toglievi.

CREUSA
Ah! l'onor mio
Vendica tu, se m'ami. Il cor, la mano,
Il talamo, lo scettro,
Quanto possiedo, è tuo: limite alcuno
Non pongo al premio.

CHERINTO
E che vorresti?

CREUSA
Il sangue dell'audace Timante.

CHERINTO
Del mio german?

CREUSA
Che! impallidisci? Ah vile!
Va! troverò chi voglia
Meritar l'amor mio.

CHERINTO
Ma, principessa...

CREUSA
Non più! Lo so, siete d'accordo entrambi,
Scellerati, a tradirmi.

CHERINTO
Io! Come! E credi
Così, dunque, il mio amor poco sincero?

CREUSA
Del tuo amor mi vergogno,
o falso o vero.

Non curo l'affetto
D'un timido amante,
Che serba nel petto
Sì poco valor.
Che trema, se deve
Far uso del brando,
Ch'è audace sol quando
Si parla d'amor.

(Parte)   


Scena Ottava

(
Cherinto solo)

CHERINTO
Oh dèi! perché tanto furor? che mai
Le avrà detto il german? Voler ch'io stesso
Nelle fraterne vene...
Ah! che in pensarlo
Gelo d'orror. Ma con qual fasto il disse!
Con qual fierezza! E pur, quel fasto e quella
Sua fierezza m'alletta:
in essa io trovo un non so che di grande,
Che, in mezzo al suo furore,
Stupir mi fa, mi fa languir d'amore.


Il suo leggiadro viso
Non perde mai beltà:
Bello nella pietà,
Bello è nell'ira.
Quand'apre i labbri al riso,
Parmi la dea del mar;
E Pallade mi par,
Quando s'adira.

(parte)


Scena Nona

(Matusio esce furioso con Dircea per mano)

DIRCEA
Dove, dove, o signor?

MATUSIO
Nel più deserto
Sen della Libia, alle foreste ircane,
Fra le scitiche rupi, o in qualche ignota,
Se alcuna il mar ne serra,
Separata dal mondo ultima terra.

DIRCEA
Aimè!

MATUSIO
Sudate, o padri,
Nella cura de' figli.
Ecco il rispetto,
Che il dritto di natura,
Che prometter si può la vostra cura.

DIRCEA
(Fra sè)

Ah! scoprì l'imeneo.
Son morta.

(Forte)

Oh Dio! Signor, pietà!

MATUSIO
Non v'è pietà, né fede:
Tutto è perduto!

DIRCEA
Ecco al tuo piè...

MATUSIO
Che fai?

DIRCEA
Io voglio pianger tanto...

MATUSIO
Il tuo caso domanda altro che pianto.

DIRCEA
Sappi...

MATUSIO
Attendimi. Un legno
Volo a cercar, che ne trasporti altrove.

(parte)


Scena Decima

(Dircea, poi Timante)

DIRCEA
Dove, misera! Ah! dove
Vuol condurmi a morir? Figlio innocente,
Adorato consorte, oh dèi, che pena
Partir senza vedervi!

TIMANTE
Al fin ti trovo, Dircea, mia vita.

DIRCEA
Ah! caro sposo, addio,
E addio per sempre.
Al tuo paterno amore
Raccomando il mio figlio:
Abbraccialo per me, bacialo, e tutta
Narragli, quando sia
Capace di pietà, la sorte mia.

TIMANTE
Sposa, che dici? Ah! nelle vene il sangue
Gelar mi fai.

DIRCEA
Certo scoperse il padre
Il nostro arcano. Ebbro è di sdegno, e vuole
Quindi lungi condurmi. Io lo conosco:
Per me non v'è più speme.

TIMANTE
Eh! Rassicura l o smarrito tuo cor,
sposa diletta; al mio fianco tu sei.


Scena Undicesima

(Matusio torna frettoloso, e detti)

MATUSIO
Dircea, t'affretta!

TIMANTE
Dircea non partirà.

MATUSIO
Chi l'impedisce?

TIMANTE
Io.

MATUSIO
Come!

DIRCEA
Aimè!

MATUSIO
Difenderò col ferro
La paterna ragion.

(snuda la spada)

TIMANTE
(fa lo stesso)
Col ferro anch'io la mia difenderò.

DIRCEA
(si frappone)
Prence, che fai? Fermati, o genitore!

MATUSIO
Empio! Impedirmi che al crudel sacrifizio
una innocente vergine io tolga?

DIRCEA
Oh dèi!

TIMANTE
Ma dunque...

DIRCEA
(piano a Timante, fingendo trattenerlo)
Ah taci. Nulla sa: m'ingannai.

MATUSIO
Volerla oppressa!

DIRCEA
(Fra sè)

Io quasi per timor tradii me stessa.

TIMANTE
Signor, perdona: ecco l'error. Ti vidi
Verso lei, che piangea, correr sdegnato;
Tempo a pensar non ebbi; opra pietosa
Il salvarla credei dal tuo furore.

MATUSIO
Dunque la nostra fuga
Non impedir. La vittima, se resta,
Oggi sarà Dircea.

DIRCEA
Stelle!

TIMANTE
Dall'urna forse il suo nome uscì?

MATUSIO
No; ma l'ingiusto tuo padre vuol
quell'innocente uccisa senza il voto del caso.

TIMANTE
E perché tanto sdegno con lei?

MATUSIO
Per punir me, che volli
Impedir che alla sorte
Fosse esposta Dircea; perché produssi
L'esempio suo; perché l'amor paterno
Mi fe' scordar d'esser vassallo.

DIRCEA

(Fra sè)

Oh Dio! Ogni cosa congiura a danno mio.

TIMANTE
  
Matusio, non temer: barbaro tanto
Il re non è. Negl'impeti improvvisi
Tutti abbaglia il furor; ma la ragione
Poi ne emenda i trascorsi.


Scena Dodicesima

(Adrasto con guardie, e detti)

ADRASTO
Olà! ministri, custodite Dircea.

(le guardie la circondano)

MATUSIO
Nol dissi, o prence?

TIMANTE
Come?

DIRCEA
Misera me!

TIMANTE
Per qual cagione è Dircea prigioniera?

ADRASTO
Il re l'impone. 


(a Dircea)


Vieni!

DIRCEA
Ah! dove?

ADRASTO
Fra poco, sventurata! il saprai.

DIRCEA
Principe, padre, soccorretemi voi;
Movetevi a pietà.

TIMANTE
No, non fia vero...

(in atto d'assalire)

MATUSIO
Non soffrirò...

ADRASTO
Se v'appressate, in seno
Questo ferro le immergo.

(impugnando uno stile)

TIMANTE 

(si fermano)
Empio!

MATUSIO
Inumano!

ADRASTO
Il comando sovrano mi giustifica assai.

DIRCEA
Dunque...

ADRASTO
T'affretta: Sono vane, o Dircea, le tue querele.

DIRCEA
(incamminandosi)
Vengo.

TIMANTE, MATUSIO
Ah! barbaro!

(in atto di assalire)

ADRASTO
(in atto di ferire)
Olà!

TIMANTE E MATUSIO
(arrestandosi)
Ferma, crudele!

DIRCEA
Padre, perdona... Oh pene!
Prence, rammenta... Oh Dio! 


(Fra sè)

Già che morir degg'io,
Potessi almen parlar!

(Forte)

Misera! in che peccai?
Come son giunta mai
De' numi a questo segno
Lo sdegno a meritar?

(parte con Adrasto)   


Scena Decimoterza

(Timante e Matusio)

TIMANTE
Consigliatemi, o dèi.

MATUSIO
Né s'apre il suolo!
Né un fulmine punisce
Tanta empietà, tanta ingiustizia! E poi
Mi si dirà che Giove
Abbia cura di noi!

TIMANTE
Facciamo, amico,
Miglior uso del tempo. Appresso a lei
Tu vanne, e vedi ov'è condotta. Il padre
Io volo intanto a raddolcir.

MATUSIO
Non spero...

TIMANTE
Oh Dio! Va: troverassi
Altra via di salvarla, ove non ceda
Del genitor lo sdegno.

MATUSIO
Oh di padre miglior figlio ben degno!

(l'abbraccia e parte)

TIMANTE
Se ardire e speranza
Dal Ciel non mi viene,
Mi manca costanza
Per tanto dolor.
La dolce compagna
Vedersi rapire,
Udir che si lagna,
Condotta a morire,
Son smanie, son pene
Che opprimono un cor.

(parte)




ATTO   SECONDO 


Scena Prima

(Gabinetti. Demofoonte e Creusa)

DEMOFOONTE
Chiedi pure, o Creusa. In questo giorno
Tutto farò per te; ma non parlarmi
A favor di Dircea.
Voglio che il padre
Morir la vegga. Il temerario offese
Troppo il real decoro. In faccia mia
Sediziose voci
Sparger nel volgo!

A' miei decreti opporsi!
Paragonarsi a me! Regnar non voglio,
Se tal vergogna ho da soffrir nel soglio.

CREUSA
Io non vengo per altri a pregarti, signor.
Conosco assai quel che potrei sperar.
Le mie preghiere son per me stessa.

DEMOFOONTE
E che vorresti?

CREUSA
In Frigia
Subito ritornar. Manca il tuo cenno
Perché possan dal porto
Le navi uscir. Questo io domando; e credo
Che negarlo non puoi, se pur qui, dove
Venni a parte del trono, 


(Fra sè)

Non è strano il timor.

(A Demofoonte)

schiava io non sono.

DEMOFOONTE
Che dici, o principessa! Ah, quai sospetti!
Che pungente parlar!
Partir da noi!
E lo sposo? E le nozze?

CREUSA
Eh! per Timante
Creusa è poco. Una beltà mortale
Non lo speri ottener. Per lui... Ma questa
La mia cura non è. Partir vogl'io:
Posso, o signor?

DEMOFOONTE
Tu sei
L'arbitra di te stessa. In Tracia a forza
Ritenerti io non vuo'. Ma non sperai
Tale ingiuria da te.

CREUSA
Non so di noi chi ha ragion di lagnarsi:
e il prence... Al fine bramo partir.

DEMOFOONTE
Ma lo vedesti?

CREUSA
Il vidi.

DEMOFOONTE
Ti parlò?

CREUSA
Così meco parlato non avesse!

DEMOFOONTE
E che ti disse?

CREUSA
Signor, basta così.

DEMOFOONTE
Creusa, intendo.
Ruvido troppo, alle parole, agli atti,
Ti parve il prence. Ei freddamente forse
T'accolse, ti parlò.
Scuso il tuo sdegno:

A te, che sei di Frigia
A' molli avvezza e teneri costumi,
Aspra rassembra e dura
L'aria d'un Trace.

E, se Timante è tale,
Meraviglia non è: nacque fra l'armi,
Fra l'armi s'educò.
Teneri affetti
Per lui son nomi ignoti.

A te si serba la gloria d'erudirlo
Ne' misteri d'Amor. Poco, o Creusa,
Ti costerà. Che non insegna un volto
Sì pien di grazie, e due vivaci lumi,
Che parlan come i tuoi?

S'apprende in breve sotto la disciplina
Di sì dotti maestri ogni dottrina.

CREUSA
Al rossor d'un rifiuto una mia pari
Non s'espone però.

DEMOFOONTE
Rifiuto! E come lo potresti temer?

CREUSA
Chi sa?

DEMOFOONTE
La mano,
Pur che tu non la sdegni, in questo giorno
Il figlio a te darà: la mia ne impegno
Fede reale. E se l'audace ardisse
Di repugnar, da mille furie invaso,
Saprei... Ma no! troppo è lontano il caso.

CREUSA

(Fra sè)
Sì, sì! Timante all'imeneo s'astringa,
Per poter rifiutarlo.


(A Demofoonte)

E bene, accetto,
Signor, la tua promessa. Or fia tua cura
Che poi...

DEMOFOONTE
Basta così. Vivi sicura.

CREUSA
Tu sai chi son; tu sai
Quel che al mio onor conviene:
Pensaci; e, s'altro avviene,
Non ti lagnar di me.
Tu re, tu padre sei,
Ed obbliar non déi
Come comanda un padre,
Come punisce un re.

(parte)

Scèna Seconda

(Demofoonte e poi Timante)

DEMOFOONTE
Che alterezza ha costei! Quasi... Ma tutto
Al grado, al sesso ed all'età si doni.
Pur convien che Timante
Troppo mal l'abbia accolta.
È forza ch'io lo avverta, lo riprenda,
acciò, più saggio
Le ripugnanze sue vinca in appresso.

(alle guardie)

Timante a me...
Ma vien Timante istesso.

TIMANTE
Mio re, mio genitor, grazia, perdono, Pietà!

DEMOFOONTE
Per chi?

TIMANTE
Per l'infelice figlia dell'afflitto Matusio.

DEMOFOONTE
Ho già deciso
Del suo destin. Non si rivoca un cenno
Che uscì da regio labbro.
È d'un errore
Conseguenza il pentirsi;
e il re non erra.

TIMANTE
Se si adorano in terra, è perché sono
Placabili gli dèi.
D'ogni altro è il Fato
Nume il più grande; e, sol perché non muta
Un decreto giammai, non trovi esempio
Di chi voglia innalzargli un'ara, un tempio.

DEMOFOONTE
Tu non sai che del trono è custode il timor.

TIMANTE
Poco sicuro.

DEMOFOONTE
Di lui figlio è il rispetto.

TIMANTE
E porta seco tutti i dubbi del padre.

DEMOFOONTE
A poco a poco diventa amor.

TIMANTE
Ma simulato.

DEMOFOONTE
Il tempo
T'insegnerà quel ch'or non sai. Per ora
D'altro abbiamo a parlar. Dimmi: a Creusa
Che mai facesti? In questo dì tua sposa
Esser deve, e l'irrìti?

TIMANTE
Ho tal per lei repugnanza nel cor,
che non mi sento valor di superarla.

DEMOFOONTE
E pur conviene...

TIMANTE
Ne parleremo.
Or per Dircea, signore,
Sono al tuo piè. Quell'innocente vita
Dona a' prieghi d'un figlio.

DEMOFOONTE
E pur di lei
Torni a parlar. Se l'amor mio t'è caro,
Questa impresa abbandona.

TIMANTE
Ah! padre amato,
Non ti posso ubbidir.
Deh! se giammai il tuo paterno affetto
Son giunto a meritar; se, adorno il seno
D'onorate ferite, alle tue braccia
Ritornai vincitor; se i miei trionfi,
Del tuo sublime esempio
Non tardi frutti, han mai saputo alcuna
Esprimerti dal ciglio
Lagrima di piacer; libera, assolvi
La povera Dircea. Misera! Io solo
Parlo per lei; l'abbandonò ciascuno;
Non ha speme che in me.
Sarebbe, oh Dio!
Troppa inumanità, senza delitto,
Nel fior degli anni suoi,
su l'are atroci
Vederla agonizzar; vederle a rivi
Sgorgar tiepido il sangue
Dal molle sen; del moribondo labbro
Udir gli ultimi accenti; i moti estremi
Degli occhi suoi... Ma tu mi guardi, o padre!
Tu impallidisci! Ah! lo conosco: è questo
Un moto di pietà.

(s'inginocchia)

Deh! non pentirti:
Secondalo, o signor. No, finché il cenno
Onde viva Dircea, padre, non dài,
Io dal tuo piè non partirò giammai.

DEMOFOONTE
Principe (oh sommi dèi), sorgi.
E che deggio creder di te?
Quel nominar con tanta
Tenerezza Dircea, queste eccessive
Violenti premure che voglion dir? L'ami tu forse?

TIMANTE
In vano farei studio a celarlo.

DEMOFOONTE
Ah! questa è dunque
Delle freddezze tue verso Creusa
La nascosta sorgente. E che pretendi
Da questo amor? che per tua sposa forse
Una vassalla io ti conceda? o pensi
Che un imeneo nascosto... Ah! se potessi
Immaginarmi sol...

TIMANTE
Qual dubbio mai
Ti cade in mente! A tutti i numi il giuro,
Non sposerò Dircea; nol bramo: io chiedo
Che viva solo.
E se pur vuoi che mora,
Morrà, non lusingarti, il figlio ancora.

DEMOFOONTE
(Fra sè)
Per vincerlo, si ceda.

(A Timante)

E ben, tu 'l vuoi:
Vivrà la tua diletta;
La dono a te.

TIMANTE
Mio caro padre...

(vuol baciargli la mano)

DEMOFOONTE
Aspetta.
Merita la paterna
Condescendenza una mercé.

TIMANTE
La vita, il sangue mio...

DEMOFOONTE
No, caro figlio: io bramo  Meno da te.
Nella real Creusa rispetta la mia scelta.
A queste nozze non ti mostrar sì avverso.

TIMANTE
Oh Dio!

DEMOFOONTE
Lo veggo,
Ti costan pena: or questa pena accresca
Merito all'ubbidienza. Ebb'io pietade
Della tua debolezza: abbi tu cura
Dell'onor mio.
Che si diria, Timante,
Del padre tuo, se per tua colpa astretto
Le promesse a tradir...
Ma tanto ingrato
So che non sei. Vieni alla sposa. Al tempio
Conduciamola adesso; adesso in faccia
Agl'invocati dèi
Adempi, o figlio, i tuoi doveri e i miei.

TIMANTE
Signor... non posso.

DEMOFOONTE
Io fin ad ora, o prence,
Da padre ti parlai: non obbligarmi
A parlarti da re.

TIMANTE
Del re, del padre
Venerabili i cenni
Egualmente mi son; ma, tu lo sai,
Amor forza non soffre.

DEMOFOONTE
Amor governa
Le nozze de' privati. Hanno i tuoi pari
Nume maggior che li congiunge: e questo
Sempre è il pubblico ben.

TIMANTE
Se il bene altrui
Tal prezzo ha da costar...

DEMOFOONTE
Prence, son stanco di garrir teco.
Altra ragion non rendo. Io così voglio.

TIMANTE
Ed io non posso.

DEMOFOONTE
Audace! Non sai...

TIMANTE
Lo so: vorrai punirmi.

DEMOFOONTE
E voglio
Che in Dircea s'incominci il tuo castigo.

TIMANTE
Ah, no!

DEMOFOONTE
Parti.

TIMANTE
Ma senti.

DEMOFOONTE
Intesi assai. Dircea voglio che mora.

TIMANTE
E morendo Dircea...

DEMOFOONTE
Né parti ancora?

TIMANTE
Sì, partirò; ma poi

(turbato)

Non ti lagnar...

DEMOFOONTE
Che? temerario! (oh dèi!) minacci!

TIMANTE
Io non distinguo
Se priego o se minaccio. A poco a poco
La ragion m'abbandona.
A un passo estremo
Non costringermi, o padre. Io mi protesto:
Farei... chi sa...

DEMOFOONTE
Di'; che faresti, ingrato?

TIMANTE
Tutto quel che farebbe un disperato.

Prudente mi chiedi?
Mi brami innocente?
Lo senti, lo vedi,
Dipende da te.
Di lei, per cui peno,
Se penso al periglio,
Tal smania ho nel seno,
Tal benda ho sul ciglio,
Che l'alma di freno
Capace non è.

(parte)

Scena Terza

(Demofoonte solo)

DEMOFOONTE
Dunque m'insulta ognun? L'ardita nuora,
Il suddito superbo, il figlio audace,
Tutti scuotono il freno? Ah! non è tempo
Di soffrir più.
Custodi, olà! Dircea
Si tragga al sagrifizio
Senz'altro indugio. Ella è cagion de' falli
Del padre suo, del figlio mio. Né, quando
Fosse innocente ancora,
Viver dovrebbe. È necessario al regno
L'imeneo con Creusa; e mai Timante
Nol compirà, fin che Dircea non muore.
Quando al pubblico giova,
È consiglio prudente
La perdita d'un solo, anche innocente.

Se tronca un ramo, un fiore
L'agricoltor così,
Vuol che la pianta un dì
Cresca più bella.
Tutta sarebbe errore
Lasciarla inaridir,
Per troppo custodir parte di quella.
 
(parte)

Sscena Quarta

(Portici. Matusio e Timante) 

MATUSIO
È l'unica speranza...

TIMANTE
Sì, caro amico, è nella fuga. In vece
Di placarsi a' miei prieghi,
Il re più s'irritò. Fuggir conviene,
E fuggire a momenti.
Un agil legno
Sollecito provvedi; in quello aduna
Quanto potrai di prezioso e caro;
E dove fra gli scogli
Alla destra del porto il mar s'interna,
M'attendi ascoso: io con Dircea fra poco
A te verrò.

MATUSIO
Ma de' custodi suoi...

TIMANTE
Deluderò la cura. Ignota via
V'è chi m'apre all'albergo,
ov'ella è chiusa.
Va, ché il tempo è infedele a chi ne abusa.

MATUSIO
È soccorso d'incognita mano
Quella brama, che l'alma t'accende:
Qualche nume pietoso ti fa.
Dall'esempio d'un padre inumano
Non s'apprende sì bella pietà.

(parte)

Scena Quinta

(Timante e poi Dircea, in bianca
veste e coronata di fiori tra le
guardie ed i ministri del tempio)

TIMANTE
Gran passo è la mia fuga. Ella mi rende
E povero e privato. Il regno e tutte
Le paterne ricchezze Io perderò.
Ma la consorte e il figlio Voglion di più.
Proprio valor non hanno
Gli altri beni in se stessi, e li fa grandi
La nostra opinion. Ma i dolci affetti
E di padre e di sposo hanno i lor fonti
Nell'ordine del tutto.
Essi non sono Originati
in noi dalla forza dell'uso o dalle prime
Idee, di cui bambini altri ci pasce:
Già ne ha i semi nell'alma ognun che nasce.
Fuggasi pur!... Ma
chi s'appressa? È forse
Il re: veggo i custodi. Ah! no; vi sono
Ancor sacri ministri, e in bianche spoglie
Fra lor... misero me! la sposa. Oh Dio!
Fermatevi! Dircea, che avvenne?

DIRCEA
Al fine
Ecco l'ora fatale, ecco l'estremo
Istante ch'io ti veggo. Ah, prence! ah, questo
È pur l'amaro passo!

TIMANTE
E come! il padre...

DIRCEA
Mi vuol morta a momenti.

TIMANTE
(volendo snudar la spada)
Infin ch'io vivo...

DIRCEA
Signor, che fai? Sol, contro tanti, in vano
Difendi me: perdi te stesso.

TIMANTE
È vero. Miglior via prenderò.

(volendo partire)

DIRCEA
Dove?

TIMANTE
A raccorre quanti amici potrò.
Va pure. al tempio sarò prima di te.

(come sopra)

DIRCEA
No. Pensa... Oh Dio!

TIMANTE
Non v'è più che pensar. La mia pietade
Già diventa furor.
Tremi qualunque
Oppormisi vorrà: se fosse il padre,
Non risparmio delitti.
Il ferro, il fuoco vuo' che abbatta, consumi
La reggia, il tempio, i sacerdoti, i numi.

(parte)

Scena Sesta

(Dircea, poi Creusa)

DIRCEA
Fermati! Ah! non m'ascolta. Eterni dèi,
Custoditelo voi. S'ei pur si perde,
Chi avrà cura del figlio? In questo stato
Mi mancava il tormento
Di tremar per lo sposo. Avessi almeno
A chi chieder soccorso...
Ah, principessa!
Ah, Creusa, pietà! Non puoi negarla;
La chiede al tuo bel core
Nell'ultime miserie
una che muore.

CREUSA
Chi sei? che brami?

DIRCEA 
Il caso mio già noto pur troppo ti sarà.
Dircea son io; vado a morir;
non ho delitto. Imploro
Pietà, ma non per me. Salva, proteggi
Il povero Timante.
Egli si perde
Per desio di salvarmi. In te ritrovi,
Se i prieghi di chi muor vani non sono,
Disperato, assistenza, e, reo, perdono.

CREUSA
E tu, a morir vicina,
Come puoi pensar tanto al suo riposo?

DIRCEA
Oh Dio! più non cercar.

Sarà tuo sposo.
 
Se tutti i mali miei
Io ti potessi dir,
Divider ti farei
Per tenerezza il cor.
In questo amaro pasto
Sì giusto è il mio martìr,
Che, se tu fossi un sasso,
Ne piangeresti ancor.

(parte fra le guardie ed i ministri,
che la guidano al tempio
)   

Scena Settima

Creusa e poi Cherinto

CREUSA
Che incanto è la beltà! Se tale effetto
Fa costei nel mio cor, degno di scusa
È Timante, che l'ama. Appena il pianto
Io potei trattener.
Questi infelici s'aman da vero.
E la cagion son io di sì fiera tragedia?
Ah no: si trovi
Qualche via d'evitarla. Appunto ho d'uopo
Di te, Cherinto.

CHERINTO
Il mio germano esangue domandar mi vorrai.

CREUSA
No: quella brama
Con l'ira nacque e s'ammorzò con l'ira.
Or desio di salvarlo. Al sagrifizio
Già Dircea s'incammina;
Timante è disperato: i suoi furori
Tu corri a regolar; grazia per lei
Ad implorare io vado.

CHERINTO
Oh degna cura d'un'anima reale!
E chi potrebbe non amarti, o Creusa?
Ah! se non fossi sì tiranna con me...

CREUSA
Ma donde il sai
Ch'io son tiranna? E questo cor diverso
Da quel che tu credesti. Anch'io...
Ma va. Troppo saper vorresti.

CHERINTO
No, non chiedo, amate stelle,
Se nemiche ancor mi siete:
Non è poco, o luci belle,
Ch'io ne possa dubitar.
Chi non ebbe ore mai liete,
Chi agli affanni ha l'alma avvezza,
Crede acquisto una dubbiezza,
Ch'è principio allo sperar.


(parte)


Scena Ottava

(Creusa sola)

CREUSA
Se immaginar potessi,
Cherinto, idolo mio, quanto mi costa
Questo finto rigor, che sì t'affanna,
Ah! forse allor non ti parrei tiranna.
È ver che di Timante
Ancor sposa non son: facile è il cambio;
Può dipender da me. Ma, destinata
Al regio erede, ho da servir vassalla
Dove venni a regnar?
No, non consente che sì debole io sia
Il fasto, la virtù, la gloria mia.


Felice età dell'oro,
Bella innocenza antica,
Quando al piacer nemica
Non era la virtù!
Dal fasto e dal decoro
Noi ci troviamo oppressi,
E ci formiam noi stessi
La nostra servitù.

(parte)


Scena Nona

(
Atrio del tempio d'Apollo. Magnifica, ma breve
scala, per cui si ascende al tempio medesimo,
la parte interna del quale è tutta scoperta agli
spettatori, se non quanto ne interrompono
la vista le colonne che sostengono la gran
tribuna. Veggonsi l'are cadute, il fuoco estinto,
 i sacri vasi rovesciati, i fiori, le bende,
le scuri e gli altri stromenti del sagrifizio sparsi
per le scale e sul piano; i sacerdoti in fuga,
i custodi reali inseguiti
dagli amici di Timante;
e per tutto confusione e tumulto. 
Timante, che, incalzando disperatamente
per la scala alcune guardie, si perde fra le
scene. Dircea, che, dalla cima della scala
medesima, spaventata lo richiama.
Siegue breve mischia, col vantaggio degli
amici di Timante; e, dileguati i combattenti,
Dircea, che rivede Timante, corre a
trattenerlo, scendendo dal tempio)

DIRCEA
Santi numi del cielo,
Difendetelo voi! Timante, ascolta;
Timante! ah! per pietà...

TIMANTE
(tornando affannato con ispada
alla mano)
Vieni, mia vita, vieni: sei salva!

DIRCEA
Ah, che facesti!

TIMANTE
Io feci quel che dovea.

DIRCEA
Misera me! Consorte,
Oh Dio! tu sei ferito. Oh Dio! tu sei
Tutto asperso di sangue.

TIMANTE
Eh! no, Dircea, non ti smarrir.
Dalle mie vene uscito questo sangue non è:
dal seno altrui lo trasse il mio furor.

DIRCEA
Ma guarda...

TIMANTE
Ah! sposa, non più dubbi: fuggiamo.

(la prende per mano)

DIRCEA
E Olinto? e il figlio?
Dove resta? senz'esso
Vogliam partir?

TIMANTE
Ritornerò per lui quando in salvo sarai.

(partendo alla sinistra)

DIRCEA
Fermati! Io veggo
Tornar per questa parte i custodi reali.

TIMANTE
È ver; fuggiamo


(verso la destra)

Dunque per l'altra via. Ma quindi ancora
Stuol d'armati s'avanza.

DIRCEA
Aimè!

TIMANTE
(guardando intorno)
Gli amici tutti m'abbandonar.

DIRCEA
Miseri noi!

Or che farem?

TIMANTE
Col ferro una via t'aprirò. Sieguimi!

(lascia Dircea, e, colla spada alla

mano, s'incammina alla sinistra)

Scena Decima

(
Demofoonte, dal destro lato, con ispada
alla mano; guardie per tutte le parti; e detti)

DEMOFOONTE
Indegno! Non fuggirmi! t'arresta!

TIMANTE
Ah! padre, ah! dove  vieni ancor tu?

DEMOFOONTE
Perfido figlio!

TIMANTE
(vede crescere il numero della

guardie, e si pone innanzi alla sposa)
Alcuno non s'appressi a Dircea!

DIRCEA
Principe, ah! cedi: Pensa a te.

DEMOFOONTE
No, custodi, Non si stringa il ribelle:
al suo furore si lasci il fren.
Vediamo fin dove giungerà.


(a Timante)

Via! su! compisci
L'opera illustre.
In questo petto immergi quel ferro, o traditor!
Tremar non debbe
Nel trafiggere un padre
Chi fin dentro a' lor tempii insulta i numi.

TIMANTE
Oh Dio!

DEMOFOONTE
Chi ti trattien? Forse il vedermi
La destra armata?
Ecco l'acciaro a terra.
Brami di più? Senza difesa io t'offro
Il tuo maggior nemico. Or l'odio ascoso
Puoi soddisfar: puniscimi d'averti
Prodotto al mondo.
A meritar fra gli empi
Il primo onor poco ti manca: ormai
Il più facesti. Altro a compir non resta
Che, del paterno sangue
Fumante ancor, la scellerata mano
Porgere alla tua bella.

TIMANTE
Ah! basta; ah! padre,
Taci, non più! Con quei crudeli accenti
L'anima mi trafiggi.


(s'inginocchia)

Il figlio reo, il colpevole acciaro
Ecco al tuo piè. Quest'infelice vita
Riprenditi, se vuoi; ma non parlarmi
Mai più così.
So ch'io trascorsi, e sento
Che ardir non ho per domandar mercede;
Ma un tal castigo ogni delitto eccede.

DIRCEA
(Fra sè)
In che stato è per me!

DEMOFOONTE
(Fra sè)
S'io non avessi
Della perfidia sua prove sì grandi,
Mi sedurrebbe. Eh! non s'ascolti.

(A Timante)

A' lacci quella destra ribelle
Porgi, o fellon.

TIMANTE
Custodi,

(s'alza e va egli stesso a farsi
incatenare)

Dove son le catene?
Ecco la man: non le ricusa il figlio,
Del giusto padre al venerato impero.

DIRCEA

(Fra sè)
Pur troppo il mio timor predisse il vero!

DEMOFOONTE
All'oltraggiato nume
La vittima si renda, e, me presente,
Si sveni, o sacerdoti.

TIMANTE
Ah! ch'io non posso difenderti, ben mio!

DIRCEA
Quante volte in un dì morir degg'io!

TIMANTE
Mio re, mio genitor...

DEMOFOONTE
Lasciami in pace.

TIMANTE
Pietà!

DEMOFOONTE
La chiedi in van.

TIMANTE
Ma ch'io mi vegga
Svenar Dircea su gli occhi,
Non sarà ver.
Si differisca almeno
Il suo morir. Sacri ministri, udite:
Sentimi, o padre. Esser non può Dircea
La vittima richiesta. Il sacrifizio
Sacrilego saria.

DEMOFOONTE
Per qual ragione?

TIMANTE
Di': che domanda il nume?

DEMOFOONTE
D'una vergine il sangue.

TIMANTE
E ben Dircea non può condursi a morte:
Ella è moglie, ella è madre,
è mia consorte.

DEMOFOONTE
Come!

DIRCEA
(Fra sè)
Io tremo per lui!

DEMOFOONTE
Numi possenti,
Che ascolto mai! L'incominciato rito
Sospendete, o ministri. Ostia novella
Sceglier convien. Perfido figlio! e queste
Son le belle speranze
Ch'io nutrivo di te?
Così rispetti le umane leggi e le divine?
In questa guisa tu sei della vecchiezza mia
Il felice sostegno? Ah!...

DIRCEA
Non sdegnarti,
Signor, con lui: son io la rea; son queste
Infelici sembianze. Io fui, che troppo
Mi studiai di piacergli; io lo sedussi
Con lusinghe ad amarmi; io lo sforzai
Al vietato imeneo con le frequenti
Lagrime insidiose.

TIMANTE
Ah! non è vero:
Non crederle, signor. Diversa affatto
È l'istoria dolente. È colpa mia
La sua condescendenza. Ogni opra, ogni arte
Ho posta in uso. Ella da sé lontano
Mi scacciò mille volte; e mille volte
Feci ritorno a lei. Pregai, promisi,
Costrinsi, minacciai. Ridotto al fine
Mi vide al caso estremo: in faccia a lei
Questa man disperata il ferro strinse,
Volli ferirmi; e la pietà la vinse.

DIRCEA
E pur...

DEMOFOONTE
Tacete!

(Fra sè)

Un non so che mi serpe
Di tenero nel cor, che in mezzo all'ira,
Vorrebbe indebolirmi. Ah! troppo grandi
Sono i lor falli; e debitor son io
D'un grand'esempio al mondo
Di virtù, di giustizia.

(Forte)

Olà! costoro in carcere distinto
Si serbino al castigo.

TIMANTE
Almen congiunti...

DIRCEA
Congiunti almen nelle sventure estreme...

DEMOFOONTE
Sarete, anime ree, sarete insieme.

Perfidi! già che in vita
V'accompagnò la sorte,
Perfidi! no, la morte
Non vi scompagnerà.
Unito fu l'errore;
Sarà la pena unita:
Il giusto mio rigore
Non vi distinguerà.

(parte)

Scèna Undicesima

(Dircea e Timante)
 

DIRCEA
Sposo!

TIMANTE
Consorte!

DIRCEA
E tu per me ti perdi?

TIMANTE
E tu mori per me?

DIRCEA
Chi avrà più cura del nostro Olinto?

TIMANTE
Ah, qual momento!

DIRCEA
Ah quale... Ma che! Vogliamo, o prence,
Così vilmente indebolirci? Eh! sia
Di noi degno il dolor.
Un colpo solo
Questo nodo crudel divida e franga.
Separiamci da forti, e non si pianga.

TIMANTE
Sì, generosa! approvo
L'intrepido pensier. Più non si sparga
Un sospiro fra noi.

DIRCEA
Disposta io sono.

TIMANTE
Risoluto son io.

DIRCEA
Coraggio!

TIMANTE
Addio, Dircea!

DIRCEA
Principe, addio!

(si dividono con intrepidezza;
ma, giunti alla scena, tornano
a riguardarsi)

TIMANTE
Sposa!

DIRCEA
Timante!

A DUE
 
Oh dèi!

DIRCEA
Perché non parti?

TIMANTE
Perché torni a mirarmi?

DIRCEA
Io volli solo veder
come resisti a' tuoi martìri.

TIMANTE
Ma tu piangi frattanto!

DIRCEA
E tu sospiri!

TIMANTE
Oh Dio! quanto è diverso
L'immaginar dall'eseguire!

DIRCEA
Oh, quanto
Più forte mi credei! S'asconda almeno
Questa mia debolezza agli occhi tuoi.

TIMANTE
Ah! fermati, ben mio. Senti!

DIRCEA
Che vuoi?

TIMANTE
La destra ti chiedo, mio dolce sostegno,
Per ultimo pegno d'amore e di fé.

DIRCEA
Ah! questo fu il segno del nostro contento;
Ma sento che adesso l'istesso non è.

TIMANTE
Mia vita, ben mio!

DIRCEA
Addio, sposo amato.

A DUE
 
Che barbaro addio!
Che fato crudel!
Che attendono i rei
Dagli astri funesti,
Se i premi son questi
D'un'alma fedel?

(partono, condotti separatamente
dalle guardie in carceri distinte)      



ATTO  TERZO 


Scèna Prima

(Cortile interno del carcere, in cui è
custodito Timante. Timante e Adrasto)

TIMANTE
Taci!

E speri ch'io voglia,
Quando muore Dircea, serbarmi in vita,
Stringendo un'altra sposa? E con qual fronte
Sì vil consiglio osi propor?
 

ADRASTO
L'istessa
Tua Dircea lo propone. Ella ti parla
Così per bocca mia. Dice che è questo
L'ultimo don che ti domanda.

TIMANTE
Appunto
Perch'ella il vuol, non deggio farlo.

ADRASTO
E pure...

TIMANTE
Basta così!

ADRASTO
Pensa, signor...

TIMANTE
Non voglio, Adrasto, altri consigli.

ADRASTO
Io per salvarti pietoso m'affatico...

TIMANTE
Chi di viver mi parla, è mio nemico.

ADRASTO
Non odi consiglio?
Soccorso non vuoi?
È giusto se poi non trovi pietà.
Chi vede il periglio, né cerca salvarsi,
Ragion di lagnarsi del fato non ha.

(parte)

Scèna Seconda

(Timante e poi Cherinto)

TIMANTE
Perché bramar la vita? e quale in lei
Piacer si trova?
Ogni fortuna è pena;
È miseria ogni età. Tremiam, fanciulli,
D'un guardo al minacciar;
siam giuoco,
adulti, Di Fortuna e d'Amor;
gemiam, canuti,
Sotto il peso degli anni.
Or ne tormenta
La brama d'ottenere; or ne trafigge
Di perdere il timor. Eterna guerra
Hanno i rei con se stessi; i giusti l'hanno
Con l'invidia e la frode. Ombre, deliri,
Sogni, follie son nostre cure; e quando
Il vergognoso errore
A scoprir s'incomincia, allor si muore.
Ah! si mora una volta...

CHERINTO
Amato prence, vieni al mio sen.

(l'abbraccia)

TIMANTE
Così sereno in volto
Mi dài gli estremi amplessi? E queste sono
Le lagrime fraterne
Dovute al mio morir?

CHERINTO
Che amplessi estremi?
Che lagrime? che morte? Il più felice
Tu sei d'ogni mortal.
Placato il padre
È già con te; tutto obbliò. Ti rende
La tenerezza sua, la sposa, il figlio,
La libertà, la vita.

TIMANTE
A poco a poco,
Cherinto, per pietà! Troppe son queste,
Troppe gioie in un punto. Io verrei meno
Già di piacer, se ti credessi appieno.

CHERINTO
Non dubitar, Timante.

TIMANTE
E come il padre
Cambiò pensier? Quando partì dal tempio,
Me con Dircea voleva estinto.

CHERINTO
Il disse
E l'eseguia; che inutilmente ognuno
S'affannò per placarlo. Io cominciavo,
Principe, a disperar, quando comparve
Creusa in tuo soccorso.

TIMANTE
In mio soccorso Creusa, che oltraggiai?

CHERINTO
Creusa. Ah! Tutti  di quell'anima bella
Tu non conosci i pregi. E che non disse,
Che non fe' per salvarti? I merti tuoi
Come ingrandì! Come scemò l'orrore
Del fallo tuo!
Per quante strade e quante
Il cor gli ricercò! Parlar per voi
Fece l'utile, il giusto,
La gloria, la pietà. Se stessa offesa
Gli propose in esempio,
E lo fece arrossir. Quand'io m'avvidi
Che il genitor già vacillava, allora
Volo (il Ciel m'inspirò), cerco Dircea:
Con Olinto la trovo. Entrambi appresso
Frettoloso mi traggo; e al regio ciglio
Presento in quello stato e madre e figlio.
Questo tenero assalto
Terminò la vittoria. O sia che l'ira
Per soverchio avvampar fosse già stanca,
O che allor tutte in lui
Le sue ragioni esercitasse il sangue,
Il re cedé, si raddolcì, dal suolo
La nuora sollevò, si strinse al petto
L'innocente bambin, gli sdegni suoi
Calmò, s'intenerì, pianse con noi.

TIMANTE
Oh mio dolce germano!
Oh caro padre mio! Cherinto, andiamo,
Andiamo a lui!

CHERINTO
No: il fortunato avviso
Recarti ei vuol. Si sdegnerà, se vede
Ch'io lo prevenni.

TIMANTE
E tanto amore, e tanta
Tenerezza ha per me, che fino ad ora
La meritai sì poco? Oh, come chiari
La sua bontà rende i miei falli! Adesso
Li veggo, e n'ho rossor. Potessi almeno
Di lui col re di Frigia
Disimpegnar la fé. Cherinto, ah! salva
L'onor suo, tu che puoi.
La man di sposo
Offri a Creusa in vece mia. Difendi
Da una pena infinita
Gli ultimi dì della paterna vita.

CHERINTO
Che mi proponi, o prence!
Ah! per Creusa,
Sappilo al fin, non ho riposo; io l'amo
Quanto amar si può mai. Ma...

TIMANTE
Che?

CHERINTO
Non spero
Ch'ella m'accetti. Al successor reale
Sai che fu destinata: io non son tale.

TIMANTE
Altro inciampo non v'è?

CHERINTO
Grande abbastanza questo mi par.

TIMANTE
Va; la paterna fede
Disimpegna, o german: tu sei l'erede.

CHERINTO
Io?

TIMANTE
Sì. Già lo saresti, s'io non vivea per te.
Ti rendo, o prence, parte sol del tuo dono,
Quando ti cedo ogni ragione al trono.

CHERINTO
E il genitore...

TIMANTE
E il genitore almeno
Non vedremo arrossir. Povero padre!
Posso far men per lui? Che cosa è un regno
A paragon di tanti
Beni ch'egli mi rende?

CHERINTO
Ah! perde assai chi lascia una corona.

TIMANTE
Sempre è più quel che resta a chi la dona.

CHERINTO
Nel tuo dono io veggo assai
Che del don maggior tu sei:
Nessun trono invidierei
Come invidio il tuo gran cor.
Mille moti in un momento
Tu mi fai svegliar nel petto,
Di vergogna, di rispetto,
Di contento e di stupor.

(parte)   


Scèna Terza

(
Timante e poi Matusio con un foglio in mano)

TIMANTE
Oh figlio! oh sposa! oh care
Parti dell'alma mia! dunque fra poco
V'abbraccerò sicuro? È dunque vero
Che fino all'ore estreme,
Senza più palpitar, vivremo insieme?
Numi, che gioia è questa!
A prova io sento
Che ha più forza un piacer d'ogni tormento.

MATUSIO
Prence! signor!

TIMANTE
Sei tu, Matusio?
Ah! scusa
Se in vano al mar tu m'attendesti.

MATUSIO
Assai
Ti scusa il luogo in cui ti trovo.

TIMANTE
E come potesti mai qui penetrar?

MATUSIO
Cherinto m'agevolò l'ingresso.

TIMANTE
Ei t'avrà dette le mie felicità.

MATUSIO
No: frettoloso non so dove correa.

TIMANTE
Gran cose, amico,
Gran cose ti dirò.

MATUSIO
Forse più grandi da me ne ascolterai.

TIMANTE
Sappi che in terra
Il più lieto or son io.

MATUSIO
Sappi che or ora scopersi un gran segreto.

TIMANTE
E quale?

MATUSIO
Ascolta: Se la novella è strana.
Dircea non è mia figlia: è tua germana.

TIMANTE
Mia germana Dircea!


(turbato) 

Eh! tu scherzi con me.

MATUSIO
Non scherzo, o prence.
La cuna, il sangue, il genitor, la madre
Hai comuni con lei.

TIMANTE 
Taci! Che dici? 


(Fra sè)

Ah, nol permetta il Ciel!

MATUSIO
Fede sicura questo foglio ne fa.

TIMANTE
(con impazienza)
Che foglio è quello?
Porgilo a me.

MATUSIO
Sentimi pria. Morendo,
Chiuso mel diè la mia consorte; e volle
Giuramento da me che, tolto il caso
Che a Dircea sovrastasse alcun periglio,
Aperto non l'avrei.

TIMANTE
Quand'ella adunque
Oggi dal re fu destinata a morte,
Perché non lo facesti?

MATUSIO
Eran tant'anni
Scorsi di già, ch'io l'obbliai.

TIMANTE
Ma come or ti sovvien?

MATUSIO
Quando a fuggir m'accinsi,
Fra le cose più care
Il ritrovai, che trassi meco al mare.

TIMANTE
(con impazienza)
Lascia al fin ch'io lo vegga.

MATUSIO
Aspetta.

TIMANTE
Oh stelle!

MATUSIO
Rammenti già che alla real tua madre
Fu amica sì fedel la mia consorte,
Che in vita l'adorò, seguilla in morte?

TIMANTE
Lo so.

MATUSIO
Questo ravvisi reale impronto?

TIMANTE
Sì.

MATUSIO
Vedi ch'è il foglio
Di propria man della regina impresso?

TIMANTE
(con impazienza)
Sì; non straziarmi più.

MATUSIO
(gli porge il foglio)
Leggilo adesso.

TIMANTE
(Fra sè)

Mi trema il cor.

(legge) ‘

“Non di Matusio è figlia,
Ma del tronco reale
Germe è Dircea. Demofoonte è il padre;
Nacque da me. Come cambiò fortuna
Altro foglio dirà. Quello si cerchi
Nel domestico tempio, a piè del nume,
Là dove altri non osa
Accostarsi che il re. Prova sicura
Eccone intanto: una regina il giura.
Argia.”

MATUSIO
Tu tremi, o prence!
Questo è più che stupor. Perché ti copri
Di pallor sì funesto?

TIMANTE
(Fra sè)

Onnipotenti dèi, che colpo è questo!

MATUSIO
Narrami adesso almeno le tue felicità.

TIMANTE
Matusio, ah! parti.

MATUSIO
Ma che t'affligge!
Una germana acquisti,
Ed è questa per te cagion di duolo?

TIMANTE
Lasciami, per pietà! lasciami solo!
 
(si getta a sedere)

MATUSIO
Quanto le menti umane
Son mai varie fra lor! Lo stesso evento
A chi reca diletto, a chi tormento.


Anche né mal verace,
Né vero ben si dà:
Prendono qualità
Da' nostri affetti.
Secondo in guerra o in pace
Trovano il nostro cor,
Cambiano di color
Tutti gli oggetti.

(parte)


Scèna Quarta

(Timante solo)

TIMANTE
Misero me! Qual gelido torrente
Mi ruina sul cor! Qual nero aspetto
Prende la sorte mia! Tante sventure
Comprendo al fin.
Perseguitava il Cielo
Un vietato imeneo. Le chiome in fronte
Mi sento sollevar. Suocero e padre
M'è dunque il re? figlio e nipote Olinto?
Dircea moglie e germana? Ah, qual funesta
Confusion d'opposti nomi è questa!
Fuggi, fuggi, Timante!
Agli occhi altrui
Non esporti mai più. Ciascuno a dito
Ti mostrerà. Del genitor cadente
Tu sarai la vergogna; e quanto, oh Dio,
Si parlerà di te!
Tracia infelice, ecco l'Edipo tuo.
D'Argo e di Tebe
Le Furie in me tu rinnovar vedrai.
Ah, non t'avessi mai
Conosciuta, Dircea!
Moti del sangue
Eran quei ch'io credevo
Violenze d'amor. Che infausto giorno
Fu quel che pria ti vidi!
I nostri affetti che orribili memorie
Saran per noi!
Che mostruoso oggetto
A me stesso io divengo! Odio la luce;
Ogni aura mi spaventa; al piè tremante
Parmi che manchi il suol; strider mi sento
Cento folgori intorno;
e leggo, oh Dio!
Scolpito in ogni sasso il fallo mio.
 
Scèna Quinta

(Creusa, Demofoonte, Adrasto con
Olinto per mano, e Dircea, l'un dopo
l'altro, da parti opposte, e detto)

CREUSA
Timante!

TIMANTE
Ah! principessa; ah! perché mai
Morir non mi lasciasti?

DEMOFOONTE
Amato figlio!

TIMANTE
Ah! no, con questo nome
Non chiamarmi mai più.

CREUSA
Forse non sai...

TIMANTE
Troppo, troppo ho saputo!

DEMOFOONTE
Un caro amplesso,
Pegno del mio perdon...
Come! t'involi
Dalle paterne braccia?

TIMANTE
Ardir non ho di rimirarti in faccia.

CREUSA
Ma perché?

DEMOFOONTE
Ma che avvenne?

ADRASTO
Ecco il tuo figlio: consolati, signor.

TIMANTE
Dagli occhi, Adrasto, toglimi quel bambin.

DIRCEA
Sposo adorato!

TIMANTE
Parti, parti, Dircea!

DIRCEA
Da te mi scacci in dì così giocondo?

TIMANTE
Dove, misero me!
dove m'ascondo?

DIRCEA
Ferma!

DEMOFOONTE
Senti!

CREUSA
T'arresta!

TIMANTE
Ah! voi credete
Consolarmi, crudeli, e m'uccidete.

DEMOFOONTE
Ma da chi fuggi?

TIMANTE
Io fuggo dagli uomini, dai numi,
Da voi tutti e da me.

DIRCEA
Ma dove andrai?

TIMANTE
Ove non splenda il sole,
Ove non sian viventi, ove sepolta
La memoria di me sempre rimanga.

DEMOFOONTE
E il padre?

ADRASTO
E il figlio?

DIRCEA
E la tua sposa?

TIMANTE
Oh Dio!
Non parlate così. Padre, consorte,
Figlio, german son dolci nomi agli altri;
Ma per me sono orrori.

CREUSA
E la cagione?

TIMANTE
Non curate saperla:
Scordatevi di me.

DIRCEA
Deh! per quei primi
Fortunati momenti in cui ti piacqui...

TIMANTE
Taci, Dircea.

DIRCEA
Per que' soavi nodi...

TIMANTE
Ma taci, per pietà! Tu mi trafiggi
L'anima, e non lo sai.

DIRCEA
Già che si poco
Curi la sposa, almen ti muova il figlio.
Guardalo: è quell'istesso
Che altre volte ti mosse;
Guardalo: è sangue tuo.

TIMANTE
Così nol fosse!

DIRCEA
Ma in che peccò?
perché lo sdegni? a lui
Perché nieghi uno sguardo?
Osserva, osserva
Le pargolette palme
Come solleva a te: quanto vuol dirti
Con quel riso innocente!

TIMANTE
Ah! se sapessi,
Infelice bambin, quel che saprai
Per tua vergogna un giorno,
Lieto così non mi verresti intorno.

Misero pargoletto,
Il tuo destin non sai.
Ah! non gli dite mai
Qual era il genitor.
Come in un punto, oh Dio,
Tutto cambiò d'aspetto!
Voi foste il mio diletto,
Voi siete il mio terror.

(parte)   

Scèna Sesta

(Demofoonte, Dircea, Creusa, Adrasto, e Olinto)

DEMOFOONTE
Sieguilo, Adrasto. 


(Adrasto parte, dopo aver consegnato Olinto

ad un servo, che lo conduce fuori di scena) 

Ah! chi di voi mi spiega
Se il mio Timante è disperato o stolto?
Ma voi smarrite in volto:
Mi guardate e tacete! Almen sapessi
Qual ruina sovrasta,
Qual riparo apprestar. Numi del Cielo,
Datemi voi consiglio;
Fate almen ch'io conosca il mio periglio.


Odo il suono de' queruli accenti,
Veggo il fumo che intorbida il giorno,
Strider sento le fiamme d'intorno,
Né comprendo l'incendio dov'è.
La mia tema fa il dubbio maggiore,
Nel mio dubbio s'accresce il timore,
Tal ch'io perdo per troppo spavento
Qualche scampo
che v'era per me.

(parte)


Scèna Settima

(Dircea e Creusa)

CREUSA
E tu, Dircea, che fai?
Di te si tratta;
Si tratta del tuo sposo. Appresso a lui
Corri, cerca saper... Ma tu non m'odi?
Tu le attonite luci
Non sollevi dal suol? Dal tuo letargo
Svegliati al fin. Sempre il peggior consiglio
È il non prenderne alcun. Se altro non sai
Sfoga il duol che nascondi;
Piangi, lagnati almen, parla, rispondi!

DIRCEA
Che mai risponderti,
Che dir potrei?
Vorrei difendermi,
Fuggir vorrei;
Né so qual fulmine mi fa tremar.
Divenni stupida
Nel colpo atroce;
Non ho più lagrime, non ho più voce;
Non posso piangere,
Non so parlar.

(parte)


Scèna Ottava

(Creusa sola)

CREUSA
Qual terra è questa! Io perché venni a parte
Delle miserie altrui?
Quante in un giorno,
Quante il caso ne aduna! Ire crudeli
Tra figlio e genitor, vittime umane,
Contaminati tempii,
Infelici imenei. Mancava solo
Che tremar si dovesse
Senza saper perché. Ma troppo, o sorte,
È violento il tuo furor: conviene
Che passi o scemi. In così rea fortuna
Parte è di speme il non averne alcuna.


Non dura una sventura
Quando a tal segno avanza:
Principio è di speranza
L'eccesso del timor.
Tutto si muta in breve;
E il nostro stato è tale,
Che, se mutar si deve,
Sempre sarà miglior.

(parte)


Scèna Nona

(Luogo magnifico nella reggia,
festivamente adornato per le nozze
di Creusa. Timante e Cherinto) 

TIMANTE
Dove, crudel! dove mi guidi? Ah! queste
Liete pompe festive
Son pene a un disperato.

CHERINTO
Io non conosco
Più il mio german. Che debolezza è questa
Troppo indegna di te? Senza saperlo,
Errasti al fin. Sei sventurato, è vero,
Ma non sei reo. Qualunque male è lieve,
Dove colpa non è.

TIMANTE
Dall'opre il mondo
Regola i suoi giudizi; e la ragione,
Quando l'opra condanna, indarno assolve.
Son reo pur troppo; e se fin or nol fui,
Lo divengo vivendo.
Io non mi posso dimenticar Dircea.
Sento che l'amo; so che non deggio.
In così brevi istanti
Come franger quel nodo,
Che un vero amor, che un imeneo,

che un figlio strinser così?
che le sventure istesse
Resero più tenace? e tanta fede?
E sì dolci memorie?
E sì lungo costume? Oh Dio! Cherinto,
Lasciami per pietà! Lascia ch'io mora,
Finché sono innocente.


Scèna Decima

(Adrasto e poi Matusio, indi
Dircea con Olinto; e detti)

ADRASTO
Il re per tutto
Ti ricerca, o Timante. Or con Matusio
Dal domestico tempio uscir lo vidi.
Ambo son lieti in volto,
Né chiedon che di te.

TIMANTE
Fuggasi: io temo
Troppo l'incontro del paterno ciglio.

MATUSIO
(abbracciandolo)
Figlio mio! caro figlio!

TIMANTE
A me tal nome! Come? perché?

MATUSIO
Perché mio figlio sei, perché son padre tuo.

TIMANTE
Tu sogni... Oh stelle!  Torna Dircea!

DIRCEA
No, non fuggirmi, o sposo;
Tua germana io non son.

TIMANTE
Voi m'ingannate
Per rimettere in calma il mio pensiero.

Scèna Undicesima

(Demofoonte con séguito, e detti)

DEMOFOONTE
Non t'ingannan, Timante: è vero, è vero.

TIMANTE
Se mi tradiste adesso, sarebbe crudeltà.

DEMOFOONTE
Ti rassicura;
No, mio figlio non sei. Tu con Dircea
Fosti cambiato in fasce.
lla è mia prole, tu di Matusio.
Alla di lui consorte
La mia ti chiese in dono. Utile al regno
Il cambio allor credé; ma, quando poi
Nacque Cherinto,
al proprio figlio il trono
D'aver tolto s'avvide, e a me l'arcano
Non ardì palesar,
che troppo amante
Già di te mi conobbe.
All'ore estreme
Ridotta al fin,
tutto in due fogli il caso
Scritto lasciò. L'un diè all'amica, e quello
Matusio ti mostrò: l'altro nascose,
Ed è questo che vedi.

TIMANTE
E perché tutto nel primo non spiegò?

DEMOFOONTE
Solo a Dircea
Lasciò in quello una prova
Del regio suo natal. Bastò per questo
Giurar ch'era sua figlia. Il gran segreto
Della vera tua sorte era un arcano
Da non fidar che a me, perch'io potessi,
A seconda de' casi,
Palesarlo o tacerlo. A tale oggetto
Celò quest'altro foglio in parte solo
Accessibile a me.

TIMANTE
Sì strani eventi mi fanno dubitar.

DEMOFOONTE
Troppo son certe
Le prove, i segni. Eccoti il foglio, in cui
Di quanto ti narrai la serie è accolta.

TIMANTE  
Non deludermi, o sorte, un'altra volta.
 
(prende il foglio e legge fra sé)   


Scèna Ultima

(Creusa e detti)

CREUSA
Signor, veraci sono
Le felici novelle, onde la reggia
Tutta si riempì?

DEMOFOONTE
Sì, principessa,
Ecco lo sposo tuo. L'erede, il figlio
Io ti promisi; ed in Cherinto io t'offro
Ed il figlio e l'erede.

CHERINTO
Il cambio forse spiace a Creusa.

CREUSA
A quel che il Ciel destina
In van farei riparo.

CHERINTO
Ancora non vuoi dir ch'io ti son caro?

CREUSA
L'opra stessa il dirà.

TIMANTE
Dunque son io quell'innocente usurpator
di cui l'oracolo parlò?

DEMOFOONTE
Sì. Vedi come
Ogni nube sparì. Libero è il regno
Dall'annuo sagrificio. Al vero erede
La corona ritorna. Io le promesse
Mantengo al re di Frigia,
Senza usar crudeltà. Cherinto acquista
La sua Creusa; ella uno scettro. Abbracci
Sicuro tu la tua Dircea. Non resta
Una cagion di duolo;
E scioglie tanti nodi un foglio solo.

TIMANTE
Oh caro foglio! oh me felice! Oh numi!
Da qual orrido peso
Mi sento alleggerir! Figlio, consorte,
Tornate a questo sen: posso abbracciarvi
Senza tremar.

DIRCEA
Che fortunato istante!

CREUSA
Che teneri trasporti!

TIMANTE
(s'inginocchia)
A' piedi tuoi eccomi un'altra volta,
Mio giustissimo re. Scusa gli eccessi
D'un disperato amor. Sarò, lo giuro,
Sarò miglior vassallo
Che figlio non ti fui.

DEMOFOONTE
Sorgi. Tu sei
Mio figlio ancor. Chiamami padre: io voglio
Esserlo fin che vivo. Era fin ora
Obbligo il nostro amor; ma quindi innanzi
Elezion sarà: nodo più forte,
Fabbricato da noi, non dalla sorte.

CORO
Par maggiore ogni diletto,
Se in un'anima si spande
Quand'oppressa è dal timor.
Qual piacer sarà perfetto,
Se convien, per esser grande,
Che cominci dal dolor?

Licenza 

Che le sventure, i falli,
Le crudeltà, le violenze altrui
Servano in dì sì grande
Di spettacol festivo agli occhi tui,
Non è strano, o Signor.
Gli opposti oggetti
Rende più chiari il paragon. Distingue
Meglio ciascun di noi
Nel mal, che gli altri oppresse,
il ben ch'ei gode:
E il ben, che noi godiam, tutto è tua lode.
A morte una innocente
Mandi il Trace inumano; ognun ripensa
Alla giustizia tua.  
Frema e s'irrìti
De' miseri al pregar; rammenta ognuno
La tua pietà. Barbaro sia col figlio;
Ciascun qual sei conosce
Tenero padre a noi. Qualunque eccesso
Rappresentin le scene, in te ne scopre
La contraria virtù.  
L'ombra in tal guisa
Ingegnoso pennello al chiaro alterna:
Così artefice industre,
Qualor lucida gemma in oro accoglie,
Fosco color le sottopone; e quella,
Presso al contrario suo, splende più bella.  

Aspira a facil vanto
Chi l'ombre, onde maggior
Si renda il tuo splendor,
Trovar desia.
Luce l'antica età
Chiara così non ha,
Che alla tua luce accanto,
Ombra non sia. 


ACTO  PRIMERO


Escena Primera

(Palacio de Demofonte en Tracia.
J
ardines colgantes
, que corresponden
a los distintos ambientes del palacio
de Demofonte. Dircea y Matusio)
 
DIRCEA
Créeme
padre, tu excesivo cariño
seguro nos traerá un nuevo mal.
El
solicitar que sólo mi nombre
sea excluido de
la fatal urna,
es dejar al descubierto la arbitrariedad del rey.
 
MATUSIO  
¿Y te parece poco?
¿Quizás, porque súbdito nací,
soy menos padre que el rey?
El mandato de Apolo impone

que la sangre de una virgen
se derrame cada año sobre su altar.
¡Y no excluye a las vírgenes reales!
Él
, que se presenta
como el rígido custodio de la ley divina,
a los otros enseñe con su ejemplo.
Que
mande llamar a sus reales hijas
para que sus nombres también baraje el azar.
Que al agitarse la urna sienta,
como todo padre infeliz
,
cómo palpita su corazón;

cómo se tiembla cuando a la temida urna
el sacerdote acerca
su mano y,
cómo el semblante se muestra afligido
cuando éste se apresta a pronunciar
el nombre de la víctima
.
¿No
se ruboriza al desempeñar siempre
el papel  de espectador de las miserias ajenas?
 
DIRCEA  
Pero tú sabes que un soberano
no está subordinado a la ley.
 
MATUSIO  
Las leyes humanas
puede, pero no las divinas.
 
DIRCEA  
Pero a él le corresponde  interpretarlas.
 
MATUSIO  
No
, cuando hablan claro los dioses
.
 
DIRCEA  
Nunca una señal clara...
 
MATUSIO  
¡Basta ya, Dircea, estoy decidido!
 
DIRCEA  
¡Ah
, piénsalo bien, padre!
La ira que se enciende en los poderosos,
tarda en extinguirse.
Es una empresa temeraria

irritar a quien ostenta el poder.
Ya el rey te mira con recelo.
¡Ah! ¿Que puede pasar si añade
una renovada ira a su antiguo odio?
 
MATUSIO  
En vano me recuerdas su odio y su ira
.
La razón está de mi lado
y el cielo me inspira.

No quiero seguir temblando
entre tantos y tantos problemas
.
Aunque me presione el trono,
ha de temblar conmigo.
Ambos somos padres amantes
y el cariño paternal
habla igualmente en el pecho
del súbdito y del rey.
 
(
sale)
  
E
scena Segunda


(Dircea y luego Timante)
 
DIRCEA  
Si mi príncipe, al menos,
no e
stuviese tan lejos de aquí...
¡Oh
cielos, qué veo, ahí viene!
 
TIMANTE  
¡Dulce esposa!...
 
DIRCEA  
¡Ah
, calla, podría escucharte alguien!
Recuerda, querido, que
mi vida corre peligro

al haberme desposado en secreto
con el hijo del rey.

TIMANTE  
No temas, mi esperanza.

Nadie nos escucha. Yo te defiendo.
 
DIRCEA  
¿Y qu
é dios propicio te envía a mí?
 
TIMANTE  
Mi padre ha ordenado
mi regreso
del campo de batalla.
Desconozco el motivo.

Pero, dime vida mía,
¿
Me amas? ¿Piensas en mí?
 
DIRCEA  
Pero, ¿cómo lo preguntas?
¿Lo dudas acaso?
 
TIMANTE  
¡Oh
, dioses!

No lo dudo, mi amor:
Sé que me amas,
pero de esos dulces labios
mucho
, mucho me complace escucharlo.
Y el pequeño Olinto,

la querida prenda de nuestro amor,
¿que hace? ¿crece cada día más bello?
¿A qui
én de nosotros se asemeja
?
 
DIRCEA  
Ya comienza
,

con su tierno pie
,

a marcar inciertas huellas.

En su rostro tiene grabado
el dulce orgullo que tanto me gusta de ti.
Cuando se ríe, parece tu propia imagen.
Al mirarlo, me parece
estar mirándote.
¡Oh, cuántas veces, confiada en el error
de mis ojos, lo he estrechado contra mi pecho,
creyendo que el hijo era el padre
!
 
TIMANTE  
¡Ah! ¿Dónde está?

Amada esposa, ¡llévame hasta él!

DIRCEA  
Refrena,
señor, por el momento,
el impetuoso afecto.

Él vive protegido en un oculto lugar;
ir hasta allí no siempre es seguro.
¡Oh
, cuánto dolor
nos cuesta nuestro secreto!
 
TIMANTE  
Estoy cansado de seguir fingiendo,
de estar siempre temblando
.
Quiero buscar hoy una manera
de salir de tanta aflicci
ón.

 

DIRCEA  
Hoy nos invade otra angustia mayor.
Es el día del sacrificio anual.

El rey lo ha proclamado.

Mi nombre será sometido a la suerte.
El rey
se opone mi padre;
y de este enfrentamiento
temo más que de todo el resto.
 
TIMANTE  
¿Tal vez mi padre ya sepa
que eres mi esposa?
 
DIRCEA  
¡Que el cielo no lo quiera así!
No podría seguir viviendo.
 
TIMANTE  
Escúchame. Propondré que
de nuevo se consulte al oráculo.
Ganemos tiempo para pensar.
 
DIRCEA  
Eso ya
le ha sido propuesto.

 
TIMANTE  
¿Y qué respondió?
 
DIRCEA  
Oscura y breve fue la respuesta.
“El cielo aplacará su ira hacia vosotros
cuando compruebe que un inocente usurpador
se ha sentado en el trono”.
 
TIMANTE  
¿Qué misteriosas palabras?
 
DIRCEA  
Y si de la urna surge mi nombre,
¿qué haré
La muerte no me asusta
.

Dircea sabría morir por su patria,  
pero Febo reclama la sangre de una virgen.
¡Y
yo soy esposa y madre!
¿
Cómo
podría acercarme al altar?
Hable o calle, soy culpable
.
Si callo
, ofendo al cielo; si hablo, ofendo al rey.
 
TIMANTE  
Esposa mía , ante los grandes peligros
se necesita coraje.

Al rey conviene revelarle el secreto.
 
DIRCEA  
¿Y la ley fatal que me condena a morir?
 
TIMANTE  
Un rey la escribió
, un rey puede revocarla.

Aunque severo, Demofonte es padre, y yo su hijo.
La fuerza
de estos nombres
, (padre e hijo)
yo
y tú la conocemos bién.
No me presento
sin ningún mérito ante él.
La tierra de los escitas conquistada

y los fasios esclavizados
son mis logro
s.

Es justo que mi
padre
ha
ga algo por mí
.

Si eso no fuera suficiente,
sabré ante él, llorando,
suplicar
abrazado a sus pies,
pedir
clemencia.

 
DIRCEA  
¡Qué duda!... ¡Oh
, dioses!
 
TIMANTE  
No lo dudes, Dircea
.

Deja en mis manos el cuidado de tu destino.
¡Ve!
Que quede grabado en tu alma
que pienso en ti, corazón mío,
más que en mí mismo.
 
DIRCEA  
Confío en ti,
¡oh, amado esposo!
pongo en tus manos mi destino
,
y por ti, sea cual fuere,
siempre me será apreciado.
Pero
si llegara la hora de mi muerte,

que no me
sea negado el placer
de
proclamar que soy tuya
,
así la muerte me será placentera.
 
(
Sale)
 
E
scena Tercera


(Timante
, Demofonte con séquito; luego Adrasto)
 
TIMANTE  
¿Estás acaso ciego, oh destino?
A mi
esposa, generosamente le concedes belleza,
virtud casi divina,

y luego la haces nacer plebeya.
¡Un error tan grande yo corregiré!
Junto a mi, en el trono,
algún día la adorará toda Tracia.
Pero aquí viene mi noble padre.
Descubramos
mi secreto ante él.
 
DEMOFONTE
¡Príncipe, hijo!
 
TIMANTE  
¡Padre,
señor!
 
(se arrodilla y le besa la mano)
 
DEMOFONTE  
Levántate.
 
TIMANTE  
Aquí estoy para seguir
tus mandatos reales.
 
DEMOFONTE  
Sé que no es grato a tu espíritu guerrero
el pacífico palacio; y mis órdenes,
que te alejan de las armas,
quizás te fastidian.

Tus triunfos y conquistas ¡oh, príncipe!
siempre me son gratos;

peroeres más querido para mí que todos ellos.
Tu esfuerzo ahora necesita descanso.
El valor es hijo del reposo.
Si
el arco siempre se mantiene tenso,

finalmente se vuelve  inútil para disparar la flecha.
Los méritos son tuyos, la recompensa es mía.

Si el príncipe, el hijo, dignamente  
ejecutó su parte
, ya es hora que el padre,
el rey, ejecute también la suya.
 
TIMANTE  
(Para sí)

Apropiado es el momento; ¡valor!

(En voz alta)

Conozco tanto el buen corazón
de mi amado padre que
...
 
DEMOFONTE  
No, no puedes conocerlo lo suficiente.
Yo pienso,
¡oh, hijo mío!

en ti más de lo que tú crees.
Leo en tu alma, y lo que tú callas,
lo sé
Con una esposa a tu lado,
quisieras
que te viera el reino.
Dime
, no es verdad?
 
¿
TIMANTE  
(Para sí)

¡Ha descubierto el vínculo
que me une a Dircea
!
 
DEMOFONTE  
¿No osas hablar?
Tu respetuoso silencio
a complacerte
me persuade.

Lo confieso, dudé sobre la elección;
en principio me disgustaba.
Consentir el casamiento
me parecía una vileza.

El odio del padre  
me hace aborrecer a la hija.
Finalmente prevaleció el deseo de verte feliz
,

¡
oh, príncipe!
 
TIMANTE  
(Para sí)

Es en vano dudar.
 
DEMOFONTE  
Comparado con eso, todo es fácil.
 
TIMANTE  
Padre
amado,
nueva vida me das.
Vuelo junto a mi esposa,
para traerla a tus pies.
 
DEMOFONTE  
¡Detente!

Cherinto, tu hermano menor, la traerá aquí.
 
TIMANTE  
¡Qué inesperada
felicidad
!
 
DEMOFONTE  
Ya, por orden mía, hay gente
en el puerto esperando su llegada.
 
TIMANTE  
¿En el puerto?
 
DEMOFONTE  
Nada más vean aparecer la ansiada nave,
seremos avisados.
 
TIMANTE  
¿Qué nave?
 
DEMOFONTE  
La que conduce a la noble Creusa
para su boda contigo.
 
TIMANTE  
(Para sí)

¡Oh, dioses!
 
DEMOFONTE  
¿Te parece extraño?, lo sé.
El desprecio
de nuestros antepasados,

no permitían esperar  
una boda como ésta;
pero en su dote ella te aportará un reino.
Es la única hija de
ese decadente rey.
 
TIMANTE  
Señor...
yo creía...


(Para sí)

¡Qué error fatal!
 
DEMOFONTE  
Es la mejor esposa que he podido encontrar

que no sea una plebeya.

TIMANTE  
¿Que sea
plebeya o noble,
a qui
én le importa
, padre?
 
DEMOFONTE  
¡Ah
, no, se avergonzarían hasta las sombras
de nuestros antepasados
!
Es de ellos la ley que condena a muerte
a la mujer
plebeya que se una al heredero

Mientras yo viva,
seré el más severo ejecutor de esa ley.
 
TIMANTE  
Pero esa ley...
 
ADRASTO  
¡Señor, ha llegado al puerto la nave frigia!
 
DEMOFONTE  
¡Corre a recibir a tu prometida, Timante!
 
(Adrasto se retira)
 
TIMANTE  
¿Yo?
 
DEMOFONTE  
. Quisiera acompañarte, pero
un funesto deber me reclama en el templo.
 
TIMANTE  
¡Detente! Oye, Señor
 
DEMOFONTE  
Habla
, ¿qué deseas?
 
TIMANTE
Confesarte...


(Para sí)

¿Qué hago?

(En voz alta)

Pedirte...

(Para sí)

¡Oh, dioses, qué angustia!

(En voz alta)

El sacrificio, oh padre...
la ley... la esposa...

(Para sí)

¡Oh, ley! ¡Oh, esposa!
¡Oh, sacrificio! ¡Oh, destino!
 
DEMOFONTE  
Príncipe, no hay lugar para el arrepentimiento.

Está acordada la boda. Lo he prometido.
Cumplir con su palabra
es
la obligación de aquél que reina
Además, la necesidad nos apremia.

 
Por ella, armado
duerme el guerrero;
por ella
, entre las olas canta el timonel;
por ella, la muerte no causa terror.

En definitiva
, las más tímidas bestias

en fuga demuestran valor y se vuelven audaces
cuando
la necesidad las obliga a luchar.
 
(
Sale)
 
E
scena Cuarta


(Timante a solas
)
 
TIMANTE  
Pero
¿en qué os ha ofendido ¡oh, dioses!
la pobre Dircea, para que tanta
desventura lancéis contra de
ella?
Vosotros que inspirásteis

los castos afectos en nuestras almas;
y presenciásteis nuestro honesto himeneo,
¡
defendedlo, oh dioses!
Tanto me oprime este golpe fatal,

que me falta valor y se extravía mi ingenio.
 
Cerca de la orilla esperaba confiado,
creyendo que el viento
se había calmado;
cuando de improviso me siento transportado,
aún en medio de la tormenta
,
a la cima de un arrecife traicionero;
y mientras trato de salvarme,
tropiezo con otro escollo
mucho peor que el primero.
 
(Sale)
 
Escena Quinta

(Puerto de mar, festivamente engalanado
para la llegada de la
princesa Creusa.
A la vista muchas naves; de la más magnífica
de ellas, con el sonido de varios instrumentos
primitivos, precedidos por un numeroso
séquito, desembarcan Creusa y Cherinto.
 
CREUSA  
Pero
¿qué te preocupa, príncipe?
¿Por qué estás tan triste?

Piensas, suspiras, callas, me miras,
y, si afablemente te obligo a hablar,
par
eces decir mucho y nada dices.  
¿Dónde fue a parar tu alegre semblante?
¿
Dónde tus festivas frases ingeniosas?
En Tracia
no eres como en Frigia.
¿Al altar nupcial acompañas a la futura
esposa con tan lúgubre aspecto?
¿Qué augurio es éste para mi boda?
 
CHERINTO  
Mi dolor no presagia nada bueno.

Todo recae ¡oh, bella princesa!
todo recae sobre mí.
Mis males son tan numerosos como las estrellas.
Soy el más infeliz de los seres vivientes.
 
CREUSA  
¿Y ese secreto no puedes revelármelo?
¿Valen tan poco mi consuelo y mi consejo?
 
CHERINTO  
¿
Quieres que hable? Obedeceré.
Desde el primer momento...
Desde aquel día... ¡Oh, dioses!
¡No, no tengo coraje! Perdóname
.
Es mejor guardar silencio
, pues quizás,

hablando,
mereceré tu indignación.
 
CREUSA  
Haces bien en desconfiar,
puesto que en definitiva soy una mujer

y sería un secreto mal guardado.
Tienes razón en callar.
¡Vamos! ¡Vayámonos!

 
CHERINTO  
¡Detente! ¡Oh
dioses, hablaré!

No tengo paz pues tú me la arrebatas.
¡
Adoro tu hermoso rostro!
Sé que lo adoro en vano y me siento morir.
Este es el secreto.
 
CREUSA  
¿Cómo? ¡Qué osadía!
 
CHERINTO  
¿No te adelanté que te indignarías?
 
CREUSA  
Cherinto, esperaba más respeto de ti.
 
CHERINTO  
Es culpa del amor.
 
CREUSA  
(Queriendo marcharse)
¡Calla, calla, no hables más!
 
CHERINTO  
Pero ahora que por la fuerza
¡oh, Creusa!
quisiste escuchar la falta, oye también la excusa.
 
CREUSA  
¿Qué podrías decir?
 
CHERINTO  
Qué soy digno de piedad,
pues si ardo de amor por ti; que si amarte
es un crimen, Demofonte es el culpable.
Él debió elegir a otro y no a mi,
para conducirte junto a Timante.
Si la yesca se incendia, no debe
sorprenderse quien la acercó al fuego.
Eres hermosa
y yo no estoy ciego.
Te v
i  y me enamoré
.
Cerca de ti, me encontré a mí mismo.
Una excusa adecuada

para contemplarte arrobado
me dio el rol de hermano del futuro esposo.
Los suspiros que el amor

siempre me causaba al estar cerca tuyo,
se debieron a que
al tratar de explicarte de mil formas
cómo era el afecto de mi hermano,
estaba explicando el mío propio.
 
CREUSA  

(Para sí)

¡Ah,
cómo me altera!


(En voz alta)

Tal osadía me sorprende de tal manera
que me siento atontada.
 
CHERINTO  
E incluso
, a veces, me ilusionaba
con que nuestras almas se entendieran sin hablar.
Que ciertos suspiros fueran comprendidos
.
Una desconocida languidez en tu mirada,
a menudo me parecía

mucho más que una simple amistad.
 
CREUSA  
¡Basta
!

Cherinto, empiezas a abusar de mi tolerancia.
¡Nunca más me hables de amor!
 
CHERINTO  
No entiendo...
 
CREUSA  
Te lo explicaré. Si en el futuro,

no eres más sabio de lo que hasta ahora has sido,
no vuelvas a presentarte ante mí.
¿Entiendes ahora?
 
CHERINTO  
¡Te entiendo, ingrata!
Quieres que me mate
.
Serás feliz, me mataré.
Pero recuerda
que a un alma fiel,
el haberte amado, mucho le costó.
 
(E
stá por marcharse)
 
CREUSA  
¿Dónde vas? ¡Detente!
 
CHERINTO  
¡No, no! Mucho te ofende mi presencia.
 
(En actitud de salir)
 
CREUSA  
Oye, Cherinto.
 
CHERINTO  
¡Eh! Mucho abusaría de tu tolerancia,

quedándome.
 
(como antes)
 
CREUSA  
¿Y qu
é motivo te obliga a partir?
 
CHERINTO  
Entiendo muy bien aún lo que no dices.
 
CREUSA  
¡Ay, príncipe! ¡Ay, qué mal me conoces!
Yo en este momento... ¡Oh, dioses!
 
CHERINTO  
Termina la frase.
 
CREUSA  
En este momento...


(Para sí)

¡Ah, qué hago!

(En voz alta)

Vete si quieres.
 
CHERINTO  
¡Cruel! Me voy; pero tal vez... ¡Oh
, cielos!
Aquí
llega mi hermano
.
 
E
scena Sexta

 
(Timante llega presuroso)
 
TIMANTE  
Dime, Cherinto:
¿Es
ésta la princesa frigia?
 
CHERINTO  
Exactamente.
 

TIMANTE  
Debo hablar con ella.

Aléjate, déjanos a solas.
 
CHERINTO  
Obedezco.


(Para sí)

¡Qué dolor!
 
CREUSA  
Esposo,
señor.
 
TIMANTE  
Noble dama, ambos estamos en gran peligro.
Tu decoro y a mi vida

solamente tú puedes defenderlos.
 
CREUSA  
¿Qué sucede
?
 
TIMANTE  
Nuestros padres nos unieron en un matrimonio,
que quizás a ti te disgusta,
y que yo no pedí.
Tus nobles méritos s
on verdaderamente

dignos de un dios, no de .
El destino no quiere
que yo se
a tu esposo.
Existe un obstáculo insalvable.
Mi padre no lo conoce, ni puedo contárselo.
A ti te conviene evitar un rechazo de mi parte.
En lugar de que yo lo haga, ve, recházame tú.
Di que no te gusto; exagera,
todo lo perdonaré,
exalta mis deméritos
, despréciame,
y
así evita que yo tenga que perturbar
tu honor, mi paz y mi vida.
 
CREUSA  
¡Cómo!
 
TIMANTE  
No puedo
demorarme..


(a Cherinto, marchándose
)

Príncipe, queda a tu cargo llevarla al palacio.
 
CREUSA  
¡Ah! dime al menos...
 
TIMANTE  
Te dije lo que siento,
que más podía decirte
. Piensa en ello. ¡Adiós!
 
(
Sale)
 
E
scena Séptima


(Creusa y Cherinto)
 
CREUSA  
¡Dioses!
¿Semejante ultraje se le hace a
Creusa, heredera de
l cetro de Frigia?
Cherinto, ¿eres valiente?
 
CHERINTO  
Lo sería
, si tú no me hubieras quitado el coraje.
 
CREUSA  
¡Ah
, venga mi honor, si es que me amas!
Mi corazón, mi mano, mi virginidad,
el cetro, todo lo que poseo, es tuyo
.
No pongo ningún límite
a
tu recompensa.

 
CHERINTO  
Y ¿qué
debo hacer?
 
CREUSA  
¡La sangre del osado Timante!
 
CHERINTO  
¿De mi hermano?
 
CREUSA  
¿Te pones pálido? ¡Ah
, vil cobarde!
¡Vete!
Ya encontraré a otro
que quiera
optar a mi amor.
 
CHERINTO  
Pero, princesa...
 
CREUSA  
¡Basta ya! Desgraciados, lo sé, ambos
os habéis puesto de acuerdo para ultrajarme.
 
CHERINTO  
¡Yo! ¿
Acaso crees
que mi amor es poco sincero?
 
CREUSA  
De tu amor, verdadero o falso,
me avergüenzo.
 
No me interesa el afecto
de un amante tímido
que atesora en su pecho
tan poco valor.
Que tiembla

si debe hacer uso de la espada,
que
sólo es osado
cuando habla de amor.
 
(
Sale)
 

E
scena Octava


(Cherinto a solas)
 
CHERINTO  
¡Oh
, dioses! ¿Por qué tanto furor?
¿
Qué le habrá dicho mi hermano
?
Quiere que yo mismo mate a mi hermano...
¡Ah
, de sólo pensarlo me hiela el horror!
Pero
¡con cuánta autoridad lo dijo!
¡Con cuanto orgullo! Y, sin embargo, esa actitud,
y ese orgullo me atraen:
en ella encuentro una indecible grandeza,
que, en medio de su furor, me sorprende
y me hace languidecer de amor.
 
Su hermoso rostro
nunca perdió la belleza
.
Bella en la piedad,
bella en la ira.
Cuando sus labios sonríen,
parece la diosa del mar;
y me parece ver a Pallas Atenea,
cuando monta en cólera.
 
(
Sale)
 
Escena Novena


(Matusio furioso, llega con Dircea de la mano)
 
DIRCEA  
¿Adónde, adónde, señor?
 
MATUSIO  
Al lugar más desierto de Libia,
a los bosques de Ircania
entre las montañas escitas,
o en algún desconocido sitio rodeado de mar,
separado del mundo, en el confín de la tierra.
 
DIRCEA  
¡Ay de mí!
 
MATUSIO  
Esfuércense ¡oh
, padres!
en el cuidado de los hijos.
Este es el respeto
que el derecho natural
puede prometer a sus cuidados.
 
DIRCEA  
(Para sí)

¡Ah! Se ha descubierto el casamiento.
¡Muerta soy!


(A Matusio)

¡Oh, dioses! ¡Señor, ten piedad!
 
MATUSIO  
No hay piedad, ni confianza
.
¡Todo está perdido!
 
DIRCEA  
Aquí, a
tus pies...
 
MATUSIO  
¿Qué estás haciendo?
 
DIRCEA  
Quiero llorar...
 
MATUSIO  
Tu situación requiere algo más que llorar.
 
DIRCEA  
Lo sabes...
 
MATUSIO  
Espérame. Una nave voy a buscar
que nos
lleve lejos de aquí.
 
(parte)
 
E
scena Décima


(Dircea, luego Timante)
 
DIRCEA  
¿A dónde? ¡Ay, mísera de mí!
¡Ah! ¿Dónde me lleva
a morir?
Hijo inocente, adorado esposo
...
¡
Oh dioses, qué pena partir sin verlos!
 
TIMANTE  
¡Por fin te encuentro, Dircea, mi vida!
 
DIRCEA  
¡Ah
, querido esposo, adiós
y adiós para siempre
!
A tu paternal amor
encomiendo a mi hijo
;
abrázalo de mi parte,

dale un beso y cuéntale todo,
un día se compadecerá de mi destino.

 
TIMANTE  
¿Qué dices? ¡Ah!

¡
Mi sangre se congela en las venas!
 
DIRCEA  
Mi padre descubrió nuestro secreto.

Ebrio de ira, quiere llevarme lejos de aquí.
Bien lo conozco,
para mí no
queda esperanza.
 
TIMANTE  
¡Ah! Tranquiliza tu extraviado corazón,
amada esposa; estás a mi lado.
 
E
scena Décimoprimera


(Matusio, que regresa, y los anteriores)
 
MATUSIO  
¡Dircea, date prisa!
 
TIMANTE  
¡No, Dircea no se irá.
 
MATUSIO  
¿Quién lo impide?
 
TIMANTE  
Yo.
 
MATUSIO  
¡Qué!
 
DIRCEA  
¡Ay!
 
MATUSIO  
¡Defenderé el derecho paterno
con mi espada
!
 
(desenvaina la espada)
 
TIMANTE  
(Hace lo mismo)
¡También yo, a espada, la defenderé!
 
DIRCEA  
(se interpone entre ambos)
¡Príncipe! ¿Qué haces
? ¡Detente, oh padre!
 
MATUSIO  
¡Impío! ¿Vas a impedir
me que salve a una

inocente virgen del cruel sacrificio?
 
DIRCEA  
¡Oh
, dioses!
 
TIMANTE  
Pero
, entonces...
 
DIRCEA  

(por lo bajo, a Timante, fingiendo contenerlo)
¡
Oh, cállate, no sabe nada! ¡Me equivoqué!
 
MATUSIO  
¡Quieren detenerla!
 
DIRCEA  
(Para sí)

Por temor, casi me traiciono a mí misma.
 
TIMANTE  
Señor, perdóneme
ha sido un error.
Indignado corrí hacia ella,
pues lloraba.
No tuve tiempo
de pensar.

Creí que era una obra piadosa salvarla de su furia.
 
MATUSIO  
Entonces
, no impidas nuestra fuga.
Si ella se queda,

hoy la víctima será Dircea.
 
DIRCEA  
¡Cielos!
 
TIMANTE  
Pero
¿su nombre salió ya de la urna?
 
MATUSIO  
No
, pero el injusto rey quiere matar
a esta inocente aún sin
utilizar la urna.
 
TIMANTE  
¿Y por qué tanta ira contra ella?

 
MATUSIO  
Para castigarme a mí, es que quiere
que Dircea sea expuesta a la suerte
.
Porque yo denuncie su propio mal ejemplo.
Porque el amor paternal
me hizo olvidar que soy un
plebeyo.
 
DIRCEA  

(Para sí)

¡Oh
dioses, todo conspira
contra mí!
 
TIMANTE
Matusio no temas, el rey no es tan cruel.
En el repentino ímpetu del furor todo lo yerra;
pero entrando en razón,
enmienda los hechos los hechos sucedidos.

Escena Décimosegunda

(Adrasto con guardias, y los anteriores)

ADRASTO
 
¡Aquí! ¡Soldados, detened a Dircea!
 
(Los guardias la rodean)
 
MATUSIO  
¿No te lo dije, príncipe?
 
TIMANTE  
¿Qué?
 
DIRCEA  
¡
Ay, mísera de mí!
 
TIMANTE  
¿Por qué razón apres
áis a Dircea?
 
ADRASTO  
¡El rey lo ordena!


(a Dircea)


¡V
amos!
 
DIRCEA  
¡Ah! ¿Dónde?

 
ADRASTO  
En poco tiempo, desventurada
, lo sabrás.
 
DIRCEA  
¡Príncipe, padre, salvadme!
¡Tened piedad de mí!
 
TIMANTE  
¡No, no lo consentiré!
 
(En actitud de ataque)

MATUSIO
No voy a tolerar que...

ADRASTO
Si os acercáis,
la atravesaré con esta daga

(empuña una daga)

TIMANTE

(Deteniéndose)
¡Impío!

MATUSIO  
¡Inhumano!
 
ADRASTO  
La orden del rey mucho me justifica.
 
DIRCEA  
Entonces...
 
ADRASTO  
Date prisa, Dircea, tus quejas son vanas.
 
DIRCEA  
(encaminándose)
Voy.
 
TIMANTE
, MATUSIO  
¡Ah
, cruel!
 
(En actitud de ataque)
 
ADRASTO  
(en actitud de herir a Dircea)
¡Alto ahí!
 
TIMANTE Y MATUSIO  
(deteniéndose)
¡Detente, cruel!
 
DIRCEA  
Padre, perdona...
¡Oh, qué pesar!
Príncipe, recuerda... ¡Oh
, dioses!

(Para sí)

¡Ya que debo morir,
al menos hablar
é!


(En voz alta)

¡Miserable! ¿
En qué he pecado?
¿Cómo es que de los dioses
he llegado a merecer su desdén

hasta este punto?

(Sale con Adrasto)
 
Escena Décimotercera

(Timante y Matusio)
 
TIMANTE  
¡Aconsejadme, oh dioses!
 
MATUSIO  
¿Y el suelo no se abre bajo mis pies
?
¿Y un rayo no castiga
tanta la maldad
e injusticia?
¿Así se preocupa Júpiter
por nosotros
?
 
TIMANTE  
Hagamos, amigo, un mejor uso del tiempo.
Tras ella ve tú, a ver dónde
la conducen.
Ante mi padre yo corro mientras tanto
a convencerlo para que cambie su orden.
 
MATUSIO  
No creo que puedas
conseguirlo...

 
TIMANTE  
¡Oh
, dioses! ¡Ve, corre!

Ya
encontraremos otra manera de salvarla
si no cambia la mala predisposición de mi padre.
 
MATUSIO
¡Oh
, eres el mejor hijo de tu padre!
 
(lo abraza y
sale)
 
TIMANTE  
Si valor y esperanza
del Cielo no me llega ,
decae mi constancia
ante tanto dolor.
Ver como me arrebatan
a mi dulce compañera,
oír como llora
al ser conducida a la muerta,
son desvaríos, son penas
que oprimen mi corazón.
 
(
Sale)

 
 
ACTO   SEGUNDO


Escena Primera


(Gabinete real. Demofonte y Creusa)
 
DEMOFONTE  
Pídeme lo que quieras, Creusa.
En este día voy a hacer todo por ti
,
pero no ruegues en favor de Dircea.
Quiero que el padre la vea morir.
El temerario,

demasiado ofende el real decoro.
¡En mi propia cara,

rumores sediciosos divulgó entre la plebe!
¡A mis decretos se opuso!
¡ comparó conmigo!

Mi trono no puede consentir tal afrenta.

CREUSA  
No vengo a pedir por otro, señor.
Mucho sé que es lo que puedo esperar.
Mis ruegos son para mí misma.
 
DEMOFONTE  
Y ¿qué quieres?
 
CREUSA  
Regresar a Frigia de inmediato.
Hace falta
vuestra autorización
para que del puerto pueda
zarpar el barco.

Eso es lo que os pido.
No me lo podéis negar
pues no sólo no soy una esclava...


(Para sí)

No le tengo ningún temor.

(A Demofonte)

... sino que tengo sangre real.

DEMOFONTE  
¿Qué dices, princesa! ¡Ah, qué sospecha!
¡Qu
é palabras son ésas!
¡Irte de aquí!
¿Y tu esposo? ¿Y la boda?
 
CREUSA  
¡Ah
, Creusa es muy poco para Timante!
Una belleza mortal

no es lo que él espera conseguir. Para él...
Pero
ése no es mi problema.
Deseo partir
, ¿puedo hacerlo señor?
 
DEMOFONTE  
Tú eres el árbitro de ti misma.
En Tracia no quiero retenerte por la fuerza.
Pero no esperaba
semejante injuria de tu parte.
 
CREUSA  
No sé qu
é razón tenéis para quejaros de mi,
y el príncipe... En definitiva
, ansío partir.
 
DEMOFONTE  
Pero, ¿lo viste?
 
CREUSA  
Lo vi.
 
DEMOFONTE  
¿Habló contigo?
 
CREUSA  
¡Es como si no lo hubiese hecho!
 
DEMOFONTE  
¿Qué dijo?
 
CREUSA  
Señor, es suficiente.
 
DEMOFONTE  
Creusa, comprendo.
Te parece que las palabras del príncipe

son demasiado rústicas.
Seguramente te recibió y te habló con frialdad.
Comprendo tu indignación
.

eres frigia y estás habituada
a costumbres más cortesanas.
La forma de ser de los tracios

te parecerá ruda y grosera.
Y Timante es así, no es extraño.
Nació entre armas y entre las armas se educó.
Los tiernos afectos son

palabras desconocidas para él.
A ti te está reservada la gloria de educarlo
en los misterios del amor.  
Poco, Creusa, te costará hacerlo.
¿Qu
é no pueden enseñar,

un rostro tan lleno de gracia
y dos ojos tan vivaces como los tuyos?
Se aprende rápidamente cualquier doctrina
bajo la tutela de tan doctos maestros.
 
CREUSA  
A la vergüenza de un rechazo
no puede exponerse una princesa como yo.
 
DEMOFONTE  
¡Rechazo!
¿Cómo puedes temer eso?
 
CREUSA  
¿
Seguro que no?
 
DEMOFONTE  
Su mano, si es que tú no la desprecias,
hoy mismo te dará mi hij
o.
Mi palabra real comprometo en ello.
Y si el audaz se atreviera a rechazarte,
invadido por mil furias yo sabría
...
¡Pero no
, esa posibilidad es muy remota!
 
CREUSA  
(Para sí)

¡Sí, sí! Que Timante se comprometa a la boda,
sin rechazarla.

(A Demofonte)

Pues bien, acepto,
señor, su palabra.
Que a
hora sea vuestra responsabilidad,

que luego…
 
DEMOFONTE  
Está bien así. Quédate tranquila.
 
CREUSA  
Vos sabéis quién soy
y lo que a mi honor conviene.
Pens
ad en ello y, si algo más sucede,
no lament
aros por mí.
Vos sois rey y padre;
y no deb
éis olvidar
como manda un padre
y como castiga un rey.
 
(
Sale)
 
E
scena Segunda


(Demofonte y luego Timante)
 
DEMOFONTE  
¡Cuánto orgullo!

Pero todo debo concederle.
Sin embargo
, conviene que Timante
acepte todo sin problemas.
Es necesario que yo lo advierta y lo reprenda,
para que, más sabiamente,
venza su repugnancia de ahora en
adelante.


(a los guardias)

¡Que venga Timante!
Pero... justamente allí llega él.
 
TIMANTE  
¡Mi rey, mi señor, gracia, perdón, piedad!
 
DEMOFONTE  
¿Para quién?
 
TIMANTE  
Para la infeliz hija del afligido Matusio.
 
DEMOFONTE  
Ya he decidido su destino.
No se revoca la orden

que sale de la boca de un rey.
Sólo es posible arrepentirse
cuando se ha cometido un error;
pero
un rey
no se equivoca jamás.
 
TIMANTE  
Si se adora en la tierra a los dioses,
es porque son
compasivos.
Es Destino es el mayor de todos los dioses;
y, solamente porque no cambia jamás un designio,
no existe nadie
que le levante un altar o un templo.
 
DEMOFONTE  
No sabes que el temor es quien custodia el trono.
 
TIMANTE  
Poco cierto.
 
DEMOFONTE  
¿
Ése es el respeto de un hijo?
 
TIMANTE  
Que trae consigo todas las dudas del padre.
 
DEMOFONTE  
Poco a poco se convierte en amor.
 
TIMANTE  
Pero simulado.
 
DEMOFONTE  
El tiempo te enseñará lo que ahora no sabes.
Por ahora, debemos hablar de otra cosa.
Dime:
¿qué le hiciste a Creusa?
¿En el mismo día en que deberá
convertirse tu esposa, la irritas?
 
TIMANTE  
Siento en mi corazón tal aversión por ella,
que no tengo el valor para superarla.
 
DEMOFONTE  
Y entonces conviene...
 
TIMANTE  
Ya lo discutiremos.
Ahora, por Dircea, señor,
Estoy a tus pies. Su inocente vida perdona,
ante el ruego de tu hijo.
 
DEMOFONTE  
Y a pesar de todo me vuelves a habar de ella.
Si mi amor aprecias,
abandona tu intento de salvarla.
 
TIMANTE  
¡Ah! Querido padre,
no puedo obedecer.
¡Ah! Si alguna vez tu afecto paterno
yo he llegado a merecer; si, adornado
de honrosas heridas mi pecho,
a tus brazos vuelvo victoriosos;
si mis triunfos, no tardan en dar fruto
con su ejemplo, y provocan en tus ojos
alguna lágrima de placer;
libera y absuelve a la desdichada Dircea.
¡Pobre miserable! Sólo hablo por ella;
abandonada por todos;
no tiene otra esperanza que
yo.
Sería, ¡oh
, dioses!... mucha
falta de humanidad, verla agonizar,
sin culpa, en la flor de su edad,
agonizar sobre el atroz altar;
ver surgir ríos de tibia sangre
de su suave pecho;
oír de sus labios moribundos
las últimas palabras; ver la última mirada
de sus ojos... ¡Pero tú mírame, oh padre!
¡Empalideces! ¡Ah! Yo : es
éste
un gesto de misericordia.


(se arrodilla)


¡Ah
, no te arrepientas!
Secúndalo,
¡oh, señor! No, hasta que no des
la orden de que Dircea siga viva, padre,
no me marcharé jamás de tus pies.
 
DEMOFONTE  
Príncipe ¡oh
, sumos dioses!, levántate.
¿Qué debo pensar de ti?
Esa forma
tierna de mencionar a Dircea,
esa premura excesiva en tus ruegos...
¿
Qué quieren decir?  ¿Acaso la amas?
 
TIMANTE  
En vano podría esforzarme
en ocultarlo.
 
DEMOFONTE  
¡Ah! Esta es entonces la causa
de tu frialdad hacia Creusa.
Y ¿qué pretendes con ese amor?
¿Que yo te de por esposa a una
plebeya
?
O piensas en concretar
una boda a escondidas...
¡Ah!
No puedo ni imaginarme...
 
TIMANTE  
¿Que dudas te asaltan?
Ante todo
s los dioses lo juro:
¡no me casaré con Dircea!

Sólo quiero que viva.
Y si insistes en que muera;
no te ilusiones, tu hijo también morirá.

DEMOFONTE  
(Para sí)

Para vencerlo, cederé.

(A Timante)

Está bien,
Si tú lo quieres, tu amada vivirá.
Te la entrego a ti.
 
TIMANTE  
¡Querido padre!...
 
(quiere besarle la mano)
 
DEMOFONTE  
¡Espera!
La paternal condescendencia
exige una merced.
 
TIMANTE  
Mi vida, mi sangre...
 
DEMOFONTE  
No,
querido
hijo, no deseo eso de ti.
Respeta mi elección de la noble Creusa.
No te opongas a casarte con ella.
 
TIMANTE  
¡Oh
,  dioses!
 
DEMOFONTE  
Ya lo veo, te provoca disgusto y
repulsión.
Que esa pena desaparezca
en merito a la obediencia.
Yo tengo piedad por tu debilidad
,
ten entonces t
ú respeto por mi honor.
¿Qué se diría, Timante, si tu padre,
por culpa tuya se viera obligado
a traicionar sus promesas
?...

Pero yo sé que no eres tan ingrato.
Ve junto a tu prometida.
Llevémosla al templo
y frente a los dioses cumplamos,

¡oh, hijo mío! tus deberes y los míos.
 
TIMANTE  
Señor... No puedo.
 
DEMOFONTE  
Hasta ahora, príncipe, como un padre
te he hablado: no me obligues
a hablarte como rey.
 
TIMANTE  
Los mandatos del rey y del padre
son para mi igualmente venerables
;
pero, ya lo sabes,
el amor no puede ser violentado.
 
DEMOFONTE  
El
amor gobierna el casamiento de los plebeyos.

Tú y tus pares tienen una obligación  
mayor que el de una boda y esta es
siempre para el bien de nuestro pueblo.
 
TIMANTE  
Si el bien de los demás
ha de costar tal alto precio...
 
DEMOFONTE  
Príncipe, estoy cansado de discutir contigo.
No acepto más razones.
Yo lo quiero.
 
TIMANTE  
Y yo no puedo.
 
DEMOFONTE  
¡Audaz! No sabes...
 
TIMANTE  
Lo sé, quieres castigarme.
 
DEMOFONTE  
Y quiero que con Dircea
empiece tu castigo.
 
TIMANTE  
¡Ah, no!
 
DEMOFONTE  
Vete.
 
TIMANTE  
Pero escucha.
 
DEMOFONTE  
Ya lo oíste. Quiero que Dircea muera.
 
TIMANTE  
Y muriendo Dircea...
 
DEMOFONTE  
¿
Aún estás aquí?
 
TIMANTE  
, me voy; pero luego
...
           

(turbado)

no te lamentes...
 
DEMOFONTE  
¿Qué? ¡Temerario! ¡Oh
, dioses! ¿Me amenazas?
 
TIMANTE  
No puedo distinguir

si es una suplica o una amenaza.
Poco a poco la razón me abandona.
Padre, no me obligues

a tomar una medida extrema.
Haré... quién sabe qué...
 
DEMOFONTE  
Di
, ¿qué harás, ingrato?
 
TIMANTE  
¡Lo que haría un desesperado!
 
¿Prudencia me pides?
¿Me consideras
un niño?
Ten en cuenta que
todo depende de tí.
S
ólo pienso en el peligro

de aquella por la que sufro.
Tal deseo siento en mi pecho,
tal venda tengo sobre mis ojos,
que mi alma
no es capaz de contenerse.
 
(parte)
 
E
scena Tercera


(Demofonte a solas
)
 
DEMOFONTE  
¿Todos me insultan?
La nuera atrevida, el súbdito orgulloso,
el hijo audaz,
¿todos se rebelan?
¡Ah
, ya no lo soporto más!
¡Guardias! Que Dircea sea
conducida al sacrificio sin más demoras.
Ella es la causa de la
conducta osada

de su padre y de mi hijo.
Aún, cuando fuese inocente, no debe vivir.
 
Es necesario para
el reino

el casamiento de Creusa y mi hijo,
pero Timante nunca lo aceptará
mientras Dircea viva.
La muerte de un inocente

bien vale la tranquilidad del reino.
 
Al corta una rama, una flor,
el agricultor
busca

que la planta crezca
fuerte y hermosa.  
Sería un gran error 
dejarla que se agote,
por
sin podarla.
 
(Parte)
 
Escena Cuarta

(Pórticos. Matusio y Timante)
 
MATUSIO  
¿Es la única esperanza?...
 
TIMANTE  
, querido amigo, debes huir.
En lugar de aceptar mis súplicas,
el rey se irritó más.
Debes huir y
hacerlo ya mismo.
Consigue un ágil navío;
en él reúne cuanto puedas
de valor y más aprecies;
y allí dónde, entre los riscos,

a la derecha del puerto el mar se adentra,
permanece a la espera.
Dircea y yo nos reuniremos contigo.
 
MATUSIO  
Pero
¿y sus carceleros?...
 
TIMANTE  
Eludiré
a los guardianes.

Por un pasaje secreto llegaré hasta ella.
¡Date prisa, que el tiempo
es traicionero con quien abusa de él
!
 
MATUSIO  
Es un auxilio
inesperado
el afán que en tu alma se ha encendido.
Algún dios piadoso te lo ha inculcado.
Del ejemplo de un padre inhumano
,
no se aprende tan bella piedad.
 
(
Sale)
 
E
scena Quinta


(Timante y luego Dircea, con una túnica
blanca y coronada de flores entre los
guardias y los sacerdotes del templo
)
 
TIMANTE  
Mi fuga es una gran aventura.
Ella me hará pobre y desposeído.
El reino y todas las riquezas paternas perderé.
Pero mi esposa e hijo valen más.
Los bienes no poseen valor propio,

sólo los hace valiosos nuestra opinión.
Pero los dulces afectos
de padre y esposo tienen sus orígenes
en el principio de los tiempos.
Nos han sido inculcados

por la fuerza de la costumbre.
Son semillas que trae el alma al nacer.  
¡Huyamo
s!...
Pero,
¿quién se acerca?
¿Es tal vez el rey?
Veo guardias
...

¡Ah, no, son sacerdotes!
Entre ellos, con blancas vestiduras...
¡Ay de mi! ¡Mi esposa! ¡Oh, dioses!
¡Deteneos! Dircea, ¿qué pasó?
 
DIRCEA  
H
a llegado la hora fatal,
el último instante en que te veo.
¡Ah, príncipe!

¡Qué amargo paso! 
 

TIMANTE  
Pero
¿cómo mi padre...
 
DIRCEA  
Quier
e que yo muera lo antes posible.
 
TIMANTE  
(Queriendo desenvainar su espada)
Yo vivo aún...
 
DIRCEA  
Señor, ¿qué haces?
¿Tú solo contra tantos?
Me defendes en vano y te perderás.
 
TIMANTE  
Es cierto. Mejor busco otra solución.
 
(queriendo irse)
 
DIRCEA  
¿
Cuál?
 
TIMANTE  
Voy a buscar tantos amigos como pueda.
Estaré en el templo antes que tú.
 
(intenta irse nuevamente)
 
DIRCEA  
¡No! Piensa... ¡Oh
, dioses!
 
TIMANTE  
No hay nada más
que
pensar.
Mi piedad se
ha convertido en furor.
Que tiemble todo aquél que pretenda oponérseme
.
Aún si fuera mi padre, no ahorraré un crimen.
Las armas
y el fuego quiero que destruyan,
que consuman el palacio, el templo,
a los sacerdotes y a los dioses.
 
(
Sale)
 

Escena Sexta

(Dircea, luego Creusa)
 
DIRCEA  
¡Detente! ¡Ah
, no me escucha!.

¡Dioses eternos, protejedlo!
ji él muere, ¿quién se hará cargo del niño?
En esta situación sólo me faltaba el tormento
de tener que temblar por mi esposo.
Si tuviera al menos a quien pedir auxilio...
¡Ah, princesa! ¡Ah, Creusa, piedad!

¡No me la puedes negar!
Se la pide
, a tu noble corazón,
en la peor de las desgracias,
una condenada a muerte.
 
CREUSA  
¿Quién eres? ¿Qué deseas?
 
DIRCEA  
Mi situación ya pronto por todos la sabrás.
Soy Dircea
y voy a morir.
No he cometido ningún crimen.
Imploro piedad, pero no para mí.
¡Salva y protege al pobre Timante!
Él se perderá por el deseo de salvarme.
Que en ti encuentre, en su desesperación,
asistencia y perdón, si los ruegos
de quien va a morir no son vanos,..
 
CREUSA  
Y tú, próxima a la muerte,

¿cómo puedes pensar en su salvación?
 
DIRCEA  
¡Oh, dioses!

No preguntes. Él será tu esposo.
 
Si todos mis males
pudiera contarte,
te haría compartir
la ternura de mi corazón.
En esta amarga situación
,
tan grande es mi martirio
,
que aún si tú fueras una piedra
te compadecerías de mi.
 
(
Sale entre los guardias y sacerdotes
que la conducen al templo)
 
E
scena Séptima


(Creusa y luego Cherinto)
 
CREUSA  
¡Que belleza
tan encantadora
!
Si
en mi corazón,  produce esta mujer
esta mujer ha producido este efecto,

digno de excusa es Timante, que la ama.  
Apenas puedo contener el llanto.
Estos infelices se aman de verdad.
¿Y yo soy la causa de tan feroz tragedia
¡Ah, no, encontraré la manera de evitarla!
¡Cherinto, te necesito!
 
CHERINTO  
¿Me pedirás que mate a mi hermano?
 
CREUSA  
No
, ese deseo nació por la ira
y junto con la ira desapareció.
Ahora deseo salvarlo
Hacia el martirio se encamina Dircea;
Timante está desesperado
.
Tú ve a moderar su furor;
mientras y
o voy a implorar gracia para ella.
 
CHERINTO  
¡Qué digna preocupación de un alma noble!
¿Quién
podría no amarte, Creusa
¡Ah
,  si no fueras tan tirana conmigo...
 
CREUSA  
Pero ¿de dónde sacas que soy una tirana?
Mi corazón es diferente a
como tú piensas
.
Yo también... pero ve.
Quieres saber demasiado.
 
CHERINTO  
No, no pido, amadas estrellas,
si aún me s
eguís siendo adversas,
que sea justo
que yo no deba dudar.
Pero para quien no ha sido hasta ahora feliz,
quien a las angustias

tiene su alma acostumbrada,
el haber adquirido una duda
es el comienzo de una esperanza.
 
(Parte)
 
E
scena Octava


(Creusa sola)
 
CREUSA  
Si pudieras imaginar, Cherinto,
ídolo mío, cuánto me cuesta
este rigor simulado, que tanto te angustia
.
¡Ah! Tal vez no te parecería tan tirana.
A
ún no soy la esposa de Timante;
puedo
cambiar;
todo depende de mí.
Pero, destinada al heredero real,
¿he de ser plebeya
cuando vine a reinar?
No, que la pompa, la virtud y mi gloria
no consientan que sea tan débil.
 
¡Feliz época dorada
de la hermosa y antigua inocencia,
cuando la virtud
no era enemiga del placer!
Por la pompa y el decoro
nos encontramos oprimidos,
y nosotros mismos establecemos
nuestra propia esclavitud.
 
(parte)

E
scena Novena


(Atrio del templo de Apolo. Magnifica pero
corta escalinata, por la que se asciende al
propio templo, cuyo interior está a la vista de
los espectadores, salvo en los lugares en que
las columnas que sostienen la gran tribuna.
Se ve el altar caído, el fuego extinguido,
los vasos sagrados volcados, las flores,
los velos, el hacha y otros instrumentos para
el sacrificio dispersos en las escaleras
y en el suelo; los sacerdotes y guardias en
fuga perseguidos por los amigos de
Timante; todo es confusión y desorden.
Timante, que siguiendo desesperadamente
a los guardias por la escalinata, se pierde
detrás de la escena. Dircea, desde lo alto
de la escalinata
, lo llama
espantada.
Sigue en breve combate cuerpo a cuerpo,
con ventaja para los partidarios de Timante
que se dispersan
. Dircea, que ve a Timante,
corre a detenerlo, bajando del templo
)
 
DIRCEA  
¡Santos dioses del cielo,
protejedlo!

¡Timante, escucha!
¡Timante
, por piedad!...
 
TIMANTE  
(vuelve jadeando con una espada
en la mano)
¡Ven, mi vida, ven, estás a salvo!
 
DIRCEA  
¡Ah! ¿Q dices?
 
TIMANTE  
Hice lo que debía.
 
DIRCEA  
¡Qué miserable soy!

¡
Esposo, estás herido! ¡Oh, dioses!
¡Estás bañado en sangre!
 
TIMANTE  
No, Dircea, no te asustes.
Esta sangre no salió de mis venas,
del pecho de otros la hizo brotar mi furor.
 
DIRCEA  
Espera...
 
TIMANTE  
Esposa mía, no
lo dudes más... ¡Huyamos!
 
(la toma de la mano)
 
DIRCEA  
¿Y Olinto? ¿
Nuestro hijo?
¿Dónde está?
¿Quieres que huyamos sin él?
 
TIMANTE  
Regresaré por él cuando tú estés a salvo.
 
(va a salir por la izquierda)
 
DIRCEA  
¡Detente! Veo regresar por ese lado
a los guardianes reales.
 
TIMANTE  
¡Es verdad, huyamos
!

(Hacia la derecha)

Tomemos otro camino. Pero, también
por aquí avanzan hombres armados.
 
DIRCEA  
¡Ay de mí!
 
TIMANTE  
(Mirando a su alrededor)
Todos mis amigos me abandonaron.
 
DIRCEA  
¡Pobre de nosotros!

¿Y ahora, qué vamos a hacer?
 
TIMANTE  
Con la espada te abriré camino. ¡Sígueme!
 
(Dej
a a Dircea, y espada en mano

se encamina hacia la izquierda)
 
E
scena Décima

(
Demofonte llega con una espada en la mano.
Guardias desde todas partes; y los antedichos)
 
DEMOFONTE  
¡Indigno! ¡No huyas! ¡Detente!
 
TIMANTE  
¡Ah
, padre, ah! ¿También vienes tú?
 
DEMOFONTE  
¡Hijo pérfido!
 
TIMANTE  
(Ve aumentar el número de soldados
y se pode delante de su esposa)
¡Qué ninguno se aproxime a Dircea!
 
DIRCEA  
Príncipe, ¡ah! desiste
, piensa en tí.
 
DEMOFONTE  
¡No, guardias, no detengáis a ese rebelde!
Dejad que dé rienda suelta a su furor.
Veamos hasta dónde puede llegar.

(a Timante)

¡Vamos! ¡Anímate!
Cumple con tu ilustre cometido.
¡En este pecho hunde esa espada, traidor!
No debe temblar al matar a su padre
aquél que dentro de su propio templo
se animó a insultar a los dioses.
 
TIMANTE  
¡Oh
, dioses!
 

DEMOFONTE  
¿Qué te detiene?

¿Tal vez el ver mi mano armada?
¡Aquí arrojo el arma al suelo!
¿Quieres más?

Indefenso te ofrezco a tu mayor enemigo.
Ahora tu odio escondido puedes satisfacer:
Cast
ígame
por haberte traído a este mundo.
Poco te falta par
a merecer

el mayor título de todos: ¡el de impío!
Con tu perversa mano
sólo te queda entregar
la humeneante sangre paterna
a tu bella enamorada.

TIMANTE  
¡Ah! ¡
Basta!
¡Padre, cállate, no hables más!
Con esas crueles palabras
me traspasas el alma.

(se arrodilla)

El hijo culpable, y su espada rebelde
se ponen a tus pies.

Castiga esta vida desdichada, si quieres;
pero no me hables más de ese modo.
Sé que me equivoqué, y siento
que no tengo coraje para pedir merced;
pero tal castigo excede cualquier delito.
 
DIRCEA  
(Para sí)

¡A qué situación ha llegado por mí causa!
 
DEMOFONTE  
(Para sí)

Si no tuviera pruebas tan evidentes
de su perfidia, me dejaría conmover.
¡Pero no! ¡No voy a escucharlo!


(A Timante)

¡Traidor, entrega tus manos rebeldes

a las cadenas!
 
TIMANTE  
¡Guardias!

 
(
Se levanta y va hacia los guardias)


¿Dónde están las cadenas?
¡Aquí están mis manos!

El hijo no se subleva contra su padre.

DIRCEA  

(Para sí)

¡A pesar de todo
, mi temor predijo la verdad!
 
DEMOFONTE  
¡Sacerdotes!
Sacrificad a la víctima

en honor del ultrajado dios.
 
TIMANTE  
¡Ah! ¡
No puedo defenderte, amor mío!
 
DIRCEA  
¿Cuántas veces deb
eré morir hoy?
 
TIMANTE  
Mi rey, mi señor...
 
DEMOFONTE  
¡Déjame en paz!
 
TIMANTE  
¡Misericordia!
 
DEMOFONTE  
En vano la pides.
 
TIMANTE  
No puedo creer que
ante mis propios ojos,
sea sacrificada Dircea
.
Que se postergue al menos su muerte.
¡Ministros del culto, oídme!
¡Óyeme padre!
No puede ser Dircea la víctima
propicia,
pues el sacrificio sería sacrílego.
 
DEMOFONTE  
¿Por qué razón?
 
TIMANTE  
Dime: ¿Qué es lo que exige el dios?
 
DEMOFONTE  
La sangre de una virgen.
 
TIMANTE  
Pues bien Dircea no puede ser sacrificada
.
Ella está casada, es madre,
¡
es mi esposa!
 
DEMOFONTE  
¡
Qué dices!
 
DIRCEA  

(Para sí)

¡Tiemblo por él!
 
DEMOFONTE  
Dios poderoso,
¿qué escucho?
¡Sacerdotes, suspended el rito!
Corresponde elegir una nueva víctima.
¡Pérfido hijo!

¿Son estas las bellas esperanzas
que albergaba en ti?
¿Así respetas las leyes humanas y divinas?
¿De esta manera eres el feliz apoyo de mi vejez?

¡Ah!...
 
DIRCEA  
No te enojes, mi señor, con él,
yo soy la
única culpable
de esta
desgraciada situación.
Yo fui quien lo sedujo
con lágrimas insidiosas
y lo conduje, mediante engaños,
hasta el prohibido himeneo.

TIMANTE  
¡Ah
, eso no es cierto!
No la creas, señor.

La dolorosa historia es diferente.
Yo soy el único culpable.
Ella me rechazó más de mil veces;
y mil veces yo regresé a ella.
Le rogué, le prometí, la obligué
y la amenacé.
Vencido y humillado, recurrí a un recurso extremo,
frente a ella, tome mi espada
y desesperadamente intenté suicidarme
.
Finalmente, la piedad se impuso...
 
DIRCEA  
Y sin embargo...
 

DEMOFONTE  
¡Cállate!


(Para sí)

Una ternura indefinida serpentea
en mi corazón
, que intenta debilitarme
en medio de mi furia.
¡Ah! demasiado grandes son sus ofensas
.
¡Debo dar ejemplo de virtud
y de justicia al mundo
!


(En voz alta)

¡
Ordeno que en distintas prisiones,
ambos esperen su castigo
!
 
TIMANTE  
Al menos juntos...
 
DIRCEA  
¡Juntos en la desgracia extrema!...
 
DEMOFONTE  
Estar
éis, almas culpables, estaréis juntas.
 
¡Pérfidos!
Puesto que en vida
os acompañó la suerte,
¡Pérfidos!
no, la muerte
no os separará.
Unidos estuv
ísteis en el
error;
unidos estaréis en el castigo.
Mi justo rigor,
no hará distingos.
 
(
Sale)
 
E
scena Décimoprimera


(Dircea y Timante)
 
DIRCEA  
¡Esposo!
 
TIMANTE  
¡Esposa!
 
DIRCEA  
¿
Por mí te has condenado?
 
TIMANTE  
¿Y tú mueres por mí?
 
DIRCEA  
¿Quién va a cuidar de nuestro Olinto?
 
TIMANTE  
¡Ah, qué
situación!
 
DIRCEA  
¡Ah qué...
pero... ¡Oh, príncipe!
¿
Tan vilmente vamos a rendirnos? ¡Vamos!
Mostrémonos dignos ante el dolor.
Que de un solo golpe

se rompa nuestro lazo.
Separémonos con valor y no lloremos.
 
TIMANTE  
¡, generosa! Apruebo tu valerosa actitud.
Que no se escuche
un suspiro entre nosotros.
 
DIRCEA  
Estoy dispuesta.
 
TIMANTE  
Estoy decidido.
 
DIRCEA  
¡Coraje!
 
TIMANTE  
¡Adiós, Dircea!
 
DIRCEA  
¡Príncipe, adiós!
 
(se separan con decisión, pero
regresan a la escena y quedan

mirándose)
 
TIMANTE  
¡Esposa!
 
DIRCEA  
¡Timante!
 
LOS DOS  
¡Oh
, dioses!
 
DIRCEA  
¿Por qué no te marchas?
 
TIMANTE  
¿Por qué vuelves a mirarme?
 
DIRCEA  
Sólo quería ver
como soportas tus tormentos.
 
TIMANTE  
¡Pero
sin embargo lloras!
 
DIRCEA  
¡Y suspiras!
 
TIMANTE  
¡Oh
,
dioses! ¡Qué diferente es la realidad
de lo que imaginamos!
 
DIRCEA  
¡Oh, cuánto más fuerte me creía!
Escond
eré al menos mi debilidad
a tu mirada.
 
TIMANTE  
¡Ah
, detente, mi amor! ¡Oye!
 
DIRCEA  
¿Qué deseas?
 
TIMANTE  
La mano te pido, mi dulce sostén,
como última prenda de amor y fidelidad.
 
DIRCEA  
¡Ah! Este fue el signo de nuestra felicidad;
pero siento que ahora ya no es lo mismo.
 
TIMANTE  
¡Mi vida, mi amor!
 
DIRCEA  
¡Adiós, amado esposo!
 
LOS DOS  
¡Es
te
adiós tan cruel!
¡Qué cruel destino!
¿Qué esperan para caer los rayos
de las funestas estrellas,
si est
e es el premio
que recibe un alma fiel?
 
(Salen, por separado, conducidos por
guardias hacia distintas prisiones)
 
 

ACTO  TERCERO



Escena Primera

(Patio interior de la prisión en la que está
recluido Timante. Timante y Adrasto
)
 
TIMANTE  
¡Cállate!

¿Esperas que yo viva,
cuando Dircea va a morir,
¿Y
que me case con otra mujer?

¿Cómo te atreves a darme tan vil consejo?
 
ADRASTO  
La propia Dircea lo propuso.
Ella te habla por mi boca. 
Dice que
éste
es el último favor que te pide.
 
TIMANTE  
Precisamente porque ella lo quiere,
no debo hacerlo.
 
ADRASTO  
Y entonces...
 
TIMANTE  
¡
Ya basta!
 
ADRASTO  
Piensa, señor...
 
TIMANTE  
Adrasto, no quiero otro consejo.
 
ADRASTO  
Yo
, me esfuerzo por salvarte...
 
TIMANTE  
¡Quién me aconseja
que viva, es mi enemigo!
 
ADRASTO  
¿No escuchas consejos?
¿No quieres ayuda?
Quien ante el peligro,

no busca salvarse,
no tiene razón de lamentarse frente al destino
 
(
Sale)
 
E
scena Segunda


(Timante y luego Cherinto)
 
TIMANTE  
¿Por qué desear la vida?
¿
Qué placer se encuentra en ella?
El destino depara

pena y miseria en cada edad.
Tememos de niños,

ante una mirada amenazante;
siendo adultos somos juguetes de
Fortuna y Amor;
cuando pasa el tiempo gemimos, encanecidos,
bajo el peso de los años.
Ora nos atormenta el afán de conseguir algo;
ora nos traspasa el temor de perderlo.
Eterna lucha tienen los culpables consigo mismo
s;
los justos la tienen con la envidia y el fraude.
Sombras, delirios, sueños, locuras
son nuestras preocupaciones;

y cuando el vergonzoso engaño
comenzamos a descubrir... morimos.
¡Ah
, muramos de una vez!...
 
CHERINTO  
¡Príncipe amado, ven a mis brazos
!
 
(se abrazan)
 
TIMANTE  
¿
Con el rostro sereno
me das el último abrazo?
¿Y esas son las lágrimas fraternas
producto de mi próxima muerte?
 
CHERINTO  
¿De qué abrazo extremo hablas?
¿De qué lágrimas? De qu
é muerte
?
Eres el más feliz de todos los mortales.
Ya se ha aplacado
la ira tu padre.
Todo lo olvidó.

Te devuelve su afecto, tu esposa, tu hijo,
la libertad y la vida.
 
TIMANTE  
¡Poco a poco, Cherinto, por piedad
Son demasiadas, demasiadas alegrías
.
Me moriría de placer,
si pudiera creerlas en su totalidad.
 
CHERINTO  
No lo dudes, Timante.
 
TIMANTE  
¿Y cómo mi padre cambió de parecer?
Cuando salió Dircea del templo conmigo
,
él
ordenó nuestra muerte.
 
CHERINTO  
Efectivamente él lo dijo
y nada
podía aplacarlo.
Yo comenzaba a desesperarme
c
uando apareció Creusa
para socorrerte.
 
TIMANTE  
¿Para ayudarme Creusa, a la que yo ofendí?
 

CHERINTO  
Creusa. ¡Ah!
No sabes todos los ruegos

que hizo su noble alma.
¡Qué no habrá dicho y hecho por salvarte!
¡Cómo alabó y engrandeció tus méritos!
¡Cómo minimizó el horror de tu equivocación!
¡Cuánt
os corazones enterneció!
Hablando en tu favor, invocando
tus méritos, la gloria, la piedad...
A s
í misma se mostró como ejemplo
haciendo  llorar al rey.

Cuando
nuestro
padre ya vacilaba,
corrí, el Cielo me inspiró, y busqué a Dircea.
La encontré junto a Olinto.

Con ambos corrí hasta el trono

y le presenté al padre a la madre y al hijo,

en su penoso estado.
Este tierno cuadro determinó la victoria.
Sea porque la ira,
que ya había durado demasiado,

lo fatigaba,
o porque la razón inundó su sangre,
el rey cedió, levantó del suelo a su nuera,
estrechó contra su pecho al inocente niño,
calmó su desdén,

se enterneció  y lloró con nosotros.
 
TIMANTE  
¡Oh
, mi dulce hermano!
¡Oh
, mi querido padre!
¡Cherinto, vayamos con él!
 
CHERINTO  
No
. La noticia quiere dártela él mismo.
Se indignará si llega a saber
que yo me adelanté a hacerlo.
 
TIMANTE  
¿Y tanto amor y ternura tiene ahora por mí,

mientras que hasta hace poco
mostraba que no la merecía?
¡Oh, c
ómo resalta aún más mis errores su bondad!

¿Veo esto y no me avergüenzo?
¡Ah! Si al menos pudiera romper la promesa
que él le hizo al rey de Frigia.
Cherinto, ¡ah!
solo tú puedes salvar su honor.
Ofrece tu mano
como esposo a Creusa,

a cambio de la mía.
Salva de una pena infinita
los últimos días de nuestro padre.
 
CHERINTO  
¿Qué
te propones
, príncipe?
¡Ah! Debes saber por fin,

que yo por Creusa no tengo paz en mi corazón;

La amo tanto como es posible amar. Pero...
 
TIMANTE  
¿Qué?
 
CHERINTO  
No espero que ella me acepte.
Sabes que fue destinada como esposa
del heredero del trono y yo no lo soy.
 
TIMANTE  
¿Hay otro obstáculo?
 
CHERINTO  
Lo suficientemente grande me parece éste.
 
TIMANTE  
¡Ve y salva el compromiso de nuestro padre,
hermano
, tú eres el heredero
!
 
CHERINTO  
¿Yo?
 
TIMANTE  
A partir de ahora lo serás, pues vivo gracias a ti.
Te devuelvo, príncipe, s
ólo una parte del favor
que me hiciste, al cederte
mi derecho al trono.
 
CHERINTO  
Y nuestro padre...
 
TIMANTE  
Al menos no lo veremos avergonzarse.

¡Pobre padre!
¿Puedo hacer menos que esto por él?
¿Qué es un reino en comparación
con los muchos bienes que él me otorga?
 
CHERINTO  
¡Ah
, pierde mucho quien deja una corona!
 
TIMANTE  
Siempre gana más aquel que vive y la dona.
 
CHERINTO  
Con tu entrega veo muy bien
que te llevas la parte mayor:
Ningún trono envidiaría
como envidio tu corazón.
Mil palabras en un instante
despiertas en mi pecho,
de vergüenza, de respeto,
de alegría y de estupor.
 
(
Sale)
  
E
scena Tercera


(Timante
, luego Matusio con un papel en la mano)
 
TIMANTE  
¡Oh
, hijo! ¡Oh, esposa!

¡
Oh, queridas almas mías!
¡Pronto os abrazaré!

¿Será cierto que hasta el fin de nuestros días,
ya sin angustias , vivi
remos unidos?
Dioses,
¿qué alegría es ésta?
En m
í mismo experimento que tiene más

fuerza un solo placer que todos los tormentos.
 
MATUSIO  
¡Príncipe! ¡Señor!
 
TIMANTE  
¿Eres tú, Matusio?
¡Ah! Excúsame si en vano
hice que me esperaras en el mar.
 
MATUSIO  
Demasiado te excusa
el lugar donde te encuentro.
 
TIMANTE  
¿Y cómo pudiste entrar aquí?
 
MATUSIO  
Cherinto me facilitó el ingreso.
 
TIMANTE  
¿Te ha contado mi felicidad?
 
MATUSIO  
No
. Iba corriendo como un poseso.
 
TIMANTE  
¡Grandes cosas, amigo mío, te diré,
grandes cosas
!
 
MATUSIO  
Tal vez una m
ás grande escucharás de mí.

 
TIMANTE  
Debes saber que soy el ser
más feliz de este mundo.
 
MATUSIO  
Pero ahora voy a descubrirte un gran secreto.
 
TIMANTE  
¿Cuál?
 
MATUSIO  
Escucha qu
e historia tan extraña.
Dircea no es mi hija
... ¡ella es tu hermana!
 
TIMANTE  
¿Dircea mi hermana
?


(turbado)

¡Eh! ¿Estás bromeando?
 
MATUSIO  
No es broma, príncipe.
La cuna, la sangre, el padre, la madre
tienes tú en común con ella.
 
TIMANTE  
¡Cállate! ¿Qué dices?


(Para sí)

¡Ah, que no lo permita el cielo!
 
MATUSIO  
Este escrito da fe de ello.
 
TIMANTE  
(Impaciente)
¿Qué escrito es
éste?

¡Dámelo!
 
MATUSIO  
Escúchame primero.
Moribunda, me lo dio mi esposa cerrado;
y me hizo jurar que sólo si llegaba el caso
que Dircea estuviera en un grave peligro
,

debía abrirlo.
 
TIMANTE  
¿Por qué no lo hiciste cuando ella hoy,

fue condenada a muerte
por el rey?
 
MATUSIO  
Habían pasado ya tantos años,
que lo había olvidado.
 
TIMANTE  
¿Pero c
ómo
lo recordaste ahora?
 
MATUSIO  
Cuando me preparaba para huir hacia el mar
,
l
o encontré entre las cosas más preciadas
que me disponía a llevar conmigo.
 
TIMANTE  
(Impaciente)
Déjame que lo vea.
 
MATUSIO  
Espera.
 
TIMANTE  
¡Oh
, cielos!
 
MATUSIO  
¿Recuerdas que de tu madre la reina,
mi esposa fue amiga fiel, que la adoró
en vida y la acompañó hasta la muerte?
 
TIMANTE  
Lo sé.
 
MATUSIO  
¿Reconoces la veracidad de este escrito?
 
TIMANTE  
.
 
MATUSIO  
Observa que está escrito
por la propia mano de la reina
...
 
TIMANTE  
(Impaciente)
; no me atormentes más.
 
MATUSIO  
(le entrega el papel)
Léel
o.

 
TIMANTE  
(Para sí)
Mi corazón tiembla
.

(Lee)

"Dircea no es hija de Matusio,
sino que ha nacido de sangre real.
Demofonte es el padre; nació de m
í.

¿Por qué fue hecho este cambio de filiación?
en otro escrito se dirá
.
Bus
cad ese escrito en el templo,

al pie del dios, donde nadie más que el rey
se atreve a acercarse.
Mientras tanto, he aquí una prueba irrefutable:
la reina lo jura. Argia.”
 
MATUSIO  
¿Tiemblas, príncipe?
Esto es más que estupor.
¿Por qué te invade esa palidez mortal?
 
TIMANTE  
(Para sí)
Dioses omnipotentes, ¿qué golpe es éste?

MATUSIO  
Dime al menos que eres feliz.
 
TIMANTE  
Matusio, ¡ah
, márchate!
 
MATUSIO  
Pero
¿qué te aflige?
Una hermana conseguiste,
¿
Y eso para ti es causa de desdicha?
 
TIMANTE  
¡D
éjame
, por piedad! ¡Déjame en paz!
 
(se desploma en un asiento)
 
MATUSIO  
¡Qué distintas son las mentes humanas
!
El mismo evento que a unos da placer
,

a otros atormenta.
 
Incluso el verdadero mal
y el verdadero bien se da

de acuerdo a la calidad
de nuestros sentimientos.
Según nuestro corazón
esté en paz o en guerra,
cambian de color
todas las cosas.
 
(
Sale)
 
Escena Cuarta

(Timante solo
)
 
TIMANTE  
¡Ay de mí! ¡Qu
é río de hielo
cayó sobre mi corazón!

¡Qué negro aspecto tiene mi destino!
Finamente entiendo
el por
qué de tantas desgracias.
Perseguía el cielo un himeneo prohibido.
Siento que
desfallezco.
¿Suegro y padre es a la vez el rey para mí?
¿Mi hijo y sobrino, es por lo tanto, Olinto?
¿Dircea es mi esposa y mi hermana?
¡Ah, qué confusión fatal de nombres opuestos!
¡Huye, huye, Timante!
No te presentes nunca más
a los ojos de los otros.
Todos te señalarán con el dedo.
Serás la vergüenza de tu anciano padre;
y ¡cuánto, oh
dioses, se hablará de ti!
Tracia infeliz, aquí está tu Edipo.
Las furias de Argo y de Tebas
verás volar renovadas sobre mí.
¡Ah, Dircea,
ojalá no te hubiese conocido jamás!
Frases sangrientas
eran aquellas
que yo creí
a impulsos de la pasión.
¡Qué infausto día fue aquél en que te vi!
¡Nuestros afectos,
recuerdos horribles serán para nosotros!
¡En qué monstruoso objeto me he convertido
!
Odio la luz; cada brisa me espanta;
Bajo mis pies temblorosos me parece
que el suelo se abre
.
Siento caer cien rayos a mi alrededor;
y leo, ¡oh
, dioses!
tallado en cada piedra mi pecado.
 
E
scena Quinta
 
(Creusa, Demofonte, Adrasto con
Olinto de la mano, y Dircea, uno
tras otro, desde lados opuestos
)
 
CREUSA  
¡Timante!
 
TIMANTE  
¡Ah
, princesa, ah!
¿Por qué no me dejaste morir?
 
DEMOFONTE  
¡Amado hijo!
 
TIMANTE  
¡Ah
, no, no me llames nunca más

por ese nombre!

CREUSA  
Acaso no sabes...
 
TIMANTE  
¡Demasiado, demasiado he sabido!
 
DEMOFONTE  
Un fuerte abrazo,

como prueba de mi perdón...
Pero ¡cómo
!
¿Te apartas de los brazos paternos?
 
TIMANTE  
No tengo coraje para mirarte a la cara.
 
CREUSA  
Pero ¿por qué?
 
DEMOFONTE  
Pero, ¿qué pasó?
 
ADRASTO  
A
quí tienes a tu
hijo... ¡consuélate, señor!
 
TIMANTE  
Aparta de mi vista a ese niño.
 
DIRCEA  
¡Esposo amado!
 
TIMANTE  
¡Vete, vete, Dircea!
 
DIRCEA  
¿Me apartas de ti en un día tan dichoso
?
 
TIMANTE  
¿Dónde? ¡
Ay, miserable!
¿
Dónde me puedo
ocultar?
 
DIRCEA  
¡Detente!
 
DEMOFONTE  
¡
Escucha!

 
CREUSA  
¡Detente!
 
TIMANTE  
¡Ah!
Creéis que me consoláis,
crueles,
pero me estáis matando.
 
DEMOFONTE  
Pero
¿Por qué huyes?
 
TIMANTE  
Huyo de los hombres, de los dioses,
de todos
vosotros y de mí mismo.
 
DIRCEA  
Pero, ¿a dónde vas a ir?
 
TIMANTE  
Donde el sol no brille,
donde no haya vida, donde mi recuerdo
permanezca enterrado para siempre.
 
DEMOFONTE  
¿Y tu padre?
 
ADRASTO  
¿Y tu hijo?
 
DIRCEA  
¿Y tu esposa?
 
TIMANTE  
¡Oh
, dioses!
¡No habléis así! Padre, esposo, hijo, hermano
son dulces nombres para los demás
,
pero para mí son horrorosos.
 
CREUSA  
¿Por qué razón?
 
TIMANTE  
No busque
s saberla.
¡Olvídate de !
 
DIRCEA  
¡Ah!
Por aquellos dichosos momentos
de nuestro amor
 
TIMANTE  
¡Cállate, Dircea!
 
DIRCEA  
Por el dulce lazo que nos une...

 
TIMANTE  
¡
Calla,
por piedad!
Sin pretenderlo, me destrozas el alma.
 
DIRCEA  
Puesto que tan poco te preocupa tu esposa,
que al menos te
conmueva tu hijo.
¡Míralo!

En otor tiempo lo amabas
.
¡Míralo, es tu sangre!
 
TIMANTE  
¡Ojalá no lo fuera!
 
DIRCEA  
Pero
¿qué culpa tiene?
¿
Por qué
lo desprecias?
¿Por qué te niegas a mirarlo?
¡Mira, míralo!
Te extiende sus pequeñas manitas.
¡Cuánto quiere decirte,
con esa sonrisa inocente!
 
TIMANTE  
¡Ah! Si el infeliz niño supiera

aquello que algún día ha de saber
,

para su vergüenza,

no lo traeríais junto a mí.
 
Pequeño infeliz,
no sabes tu destino.
¡Ah! No se os ocurra decirle

quien fue su padre.
De repente ¡oh,
dioses!
todo ha cambiado
.
Tú fuiste mi amado hijo,
y ahora eres la causa de mi terror.
 
(
Sale)
 
E
scena Sexta


(Demofonte, Dircea, Creusa, Adrasto y Olinto)
 
DEMOFONTE  
¡Síguelo, Adrasto!


(Adrasto
sale después de haber entregado a

Olinto a un criado que lo lleva fuera de la escena)

¡Ah! ¿Quién me puede explicar
si Timante
es un desesperado o un loco?
Pero
¡vuestros rostros me miran y callan!

Debo saber
el problema
al que debo enfrentarme.
¡Dioses del cielo, aconsejadme!
¡Haced que al menos conozca 
el peligro que me amenaza
!
 
Oigo el sonido
de frases quejumbrosas;
veo el humo que enturbia el día
;
siento trepidar las llamas alrededor
y no entiendo dónde está el fuego.
El temor aumenta mis dudas
y mis dudas aumentan el temor,
de modo que por tanto miedo
pierdo cualquier posibilidad

de escapatoria.
 
(
Sale)
 
E
scena Séptima


(Dircea y Creusa)
 
CREUSA  
Y tú, Dircea, ¿qué haces?
De ti se trata
.
Se trata de tu cónyuge.

Corre tras él y trata de averiguar...
Pero ¿no me oyes?
¿Tus ojos atónitos no logras levantar del suelo?

¡Sal de tu letargo!
El peor consejo es no aceptar ninguno.
Desahoga el dolor que ocultas.
¡Llora, laméntate, habla, contesta!
 
DIRCEA  
¿Qué podría contestar?
¿Qué podría decirte?
Quisiera defenderme,
quisiera huir;
no sé qu
é rayo me hace temblar.
Me vuelvo estúpida
.
Con este golpe terrible
no tengo
lágrimas, no tengo voz.
No puedo llorar
.
No puedo hablar.
 
(
Sale)
 
E
scena Octava


(Creusa a solas)
 
CREUSA  
¿Qué país es
éste?

¿Por qué vine a compartir la miseria de los demás?
¡Cuántas cosas en un día,

a cuántas situaciones nos vemos sometidos!
Conflicto entre el hijo y el padre;

víctimas humanas; templos contaminados;
himeneos infelices.
Lo único que me falt
a es temblar sin saber por qué.
Pero
¡oh, destino! demasiado violento es tu furor.

En esta cruel desventura
tener una pequeña esperanza
es mejor que no tener ninguna.
 
No dura una desventura
cuando hasta es
te punto llega.
Un principio de esperanza
es el exceso de temor.
Todo ha cambiado rápidamente;
y nuestro estado es tal,
que si algo tiene que cambiar,
lo que ocurra siempre será mejor.
 
(
Sale)
 
E
scena Novena


(Hermoso sitio del palacio festivamente
decorado para la boda de Creusa.
Timante y Cherinto
)
 
TIMANTE  
¿A dónde, cruel? ¿A dónde me guías? ¡Ah!
Estas alegres pompas
son desdichas para un desesperado
.
 
CHERINTO  
¡No reconozco a mi hermano
!
¿Qué debilidad es ésta, tan indigna de ti?
Erraste sin saberlo.
Eres infeliz, es cierto, pero no eres culpable.
Cualquier pecado es leve,
donde no existe culpa.
 
TIMANTE  
El mundo regula el juicio de sus obras;
y la razón, cuando la obra
es pecadora,
en vano la absuelve.
Soy culpable, demasiado culpable;

y si hasta hoy no lo fui,
ahora lo soy por seguir vivo.
No puedo olvidarme de Dircea. 
Siento que la amo;
sé que no debo hacerlo.
Pero
¿cómo romper en pocos minutos el lazo
que un verdadero amor, que un himeneo,
que un hijo
, anudaron de esa manera?
¡Las propias desdichas lo han hecho más fuerte?

¿Tanta fidelidad? 
¿Tan dulces recuerdos?
¡Ay, dioses! ¡Cherinto, déjame, por piedad!
Deja que muera, mientras soy inocente.
 
E
scena Décima


(Adrasto y luego Matusio, después

Dircea con Olinto; y los anteriores)
 
ADRASTO  
¡Timante, el rey te busca!
Hace un momento,con Matusio,
lo vi salir del templo
.
Ambos muestran rostros felices
y requieren tu presencia
.
 
TIMANTE  
No, iré a su encuentro.

Temo
encontrarme con mi padre.
 
MATUSIO  
(abrazándolo)
¡Hijo mío! ¡
Querido hijo!
 
TIMANTE  
¿Me llamas hijo! ¿Cómo? ¿
Por qué?
 
MATUSIO  
Por qué eres mi hijo, porque yo soy tu padre.
 
TIMANTE  
Sueñas... ¡Oh
cielos, allí viene Dircea!
 
DIRCEA  
¡No, no me dejes, no huyas!
¡Oh esposo, yo no soy tu hermana!
 
TIMANTE  
Me engañas
para tratar de calmar mi alma.
 
E
scena Décimoprimera


(Demofonte con su séquito y los anteriores)
 
DEMOFONTE  
¡No te engaña, Timante es cierto, es cierto!
 
TIMANTE  
Si me
estás engañando, sería una crueldad.
 
DEMOFONTE  
Tranquilízate; no, tú no eres mi hijo.
Fuiste intercambiado con Dircea en la cuna.
Ella es mi hija,
y tú lo eres de Matusio.
A
su esposa, mi consorte te pidió como obsequio.

Creyó que era útil para el reino
hacer este intercambio
y darme un heredero varón.
Después, cuando nació Cherinto,
se dio cuenta que a su propio hijo
le había arrebatado el trono,
pero ya no se atrevió a revelarme el secreto
,
pues veía que yo

de ti me había encariñado demasiado.
En su hora extrema confesó todo
en dos escritos que dejó
.
Uno a su amiga,
que es el que Matusio te mostró.
El segundo escrito lo escondió
y es el que ahora puedes ver
.

 
TIMANTE  
¿Y por qué no explicó todo en el primero?
 
DEMOFONTE  
El primero es la prueba

de que Dircea era hija del rey.
Fue suficiente para ello jurar
que ella era su hija.
El gran secreto de tu verdadero origen

era un misterio que sólo podía revelármelo a mí,
porque llegado el caso

yo debería decidir si lo revelaba
o lo mantenía en secreto.
Por tal motivo ocultó el segundo escrito
 
en un lugar solo accesible para
.
 
TIMANTE  
Tan extraños sucesos me hacen dudar.
 
DEMOFONTE  
Demasiado evidentes son las pruebas
.
Aquí
se narra todo lo que te he dicho.

Velo por ti mismo.
 
TIMANTE  
¡No me decepciones de nuevo, oh destino!
 
(Toma el papel y lee para sí)
 
E
scena Última


(Creusa y refranes)
 
CREUSA  
Señor
¿son verdaderas las buenas noticias
que se esparcen por todo el palacio?
 
DEMOFONTE  
, princesa, aquí está tu esposo.
El heredero, el hijo que te prometí
.
En Cherinto te ofrezco
a mi hijo y heredero.
 
CHERINTO  
El cambio
, quizá, disguste a Creusa.
 
CREUSA  
En vano  presentaría reparos
por aquel a quien el cielo me destina.
 
CHERINTO  
¿Aún te niegas a decir que me amas?
 
CREUSA  
El tiempo
lo dirá.
 
TIMANTE  
¿Así que yo soy e
l usurpador inocente
del que el oráculo habló?
 
DEMOFONTE  
. Mira como todas las nubes han desaparecido.

El reino ha sido liberado
de hacer el sacrificio anual.
El verdadero heredero retoma la corona.  
Yo cumplo la promesa que hice al rey de Frigia,

sin usar ninguna artimaña.  
Cherinto
consigue a Creusa y ella un cetro.
¡Abraza pues a Dircea!
Ya no existe una causa de dolor
.
Un sólo escrito ha disuelto los problemas.
 
TIMANTE  
¡Oh
, querido escrito! ¡Qué feliz soy! ¡Oh, dioses!
¡Me siento aliviado del peso terrible!
Hijo, esposa, v
olved a mis brazos.
No puedo abrazaros
sin dejar de temblar.
 
DIRCEA  
¡Qué momento tan dichoso!

 
CREUSA  
¡Qu
é tiernos sentimientos!
 
TIMANTE  
(se arrodilla)
A tus pies estoy de nuevo,
mi justísimo rey.
Excusa los excesos de un amor desesperado.
Yo, te lo juro, voy a ser mejor plebeyo
que hijo tuyo fui.
 
DEMOFONTE  
¡Levántate, sigues siendo mi hijo!
Llámame padre
, pues quiero serlo mientras viva.
Nuestro afecto hasta ahora era obligatorio,
a partir de hoy, lo será por voluntad propia.
Será un fuerte lazo fabricado

por nosotros y no por el destino.
 
CORO  
Parece mayor que cualquier otro deleite,
el que en un alma se
libere
cuando ella está oprimida por el temor.
¿El placer
perfecto,

para
que sea grande,
deberá nacer del dolor?
 
Despedida
 
Qué las desgracias, los equívocos,
la crueldad y violencia
ajenas
se presenten como

un espectáculo divertido ante tus ojos,
no es extraño, señor.
La contraposición de los hechos  
hace más nítida la comparación.
P
odemos captar mejor,
ante el dolor de los oprimidos,
el bien
del que gozamos
gracias a ti
.
Cuando el inhumano tracio
envía a la muerte a
la inocente víctima,
todos pensamos en
tu justicia.
Tiemblan y se irritan los miserables al suplicar;
y todos acuden a tu piedad.
Bárbaro
es aquél que no se muestra con su hijo
como un tierno padre.
Cualquier exceso
representado en el escenario
nos descubre en ti la virtud opuesta.

El ingenioso pincel del autor,

alterna lo oscuro con lo claro
.
Así pues, como artífice industrioso,
recoge la brillante gema de oro
y la recubre con un oscuro color;
y ella
, por contraste,
luce entonces mucho más hermosa.
Aspira a una gloria fácil
aquel que en la profunda sombra
tu resplandor desea encontrar.
Así
pues, la antigüedad,
no tiene una luz
tan clara
que al lado de
tu luz
sombra no sea.
 



Digitalizado y traducido por
:

José Luís Roviaro  2019