PROLOGO
ARLECCHINO
(parlato)
Nè per Dei nè fanciulli e quest'azione,
sol si rivolge al cuore che l'intende;
non ha bisogno d'una spiegazione
però che il meglio vi si sottintende.
I personaggi della tradizione
rivedrete con lor virtù e lor mende
in un vivace progredir di scene
all'antica tagliate e spesso amene.
Un uom tradito di sua sorte ignaro,
rivali in lotta per un bel vizino,
un duello cruento ed un somaro
che salva poi baracca e burattino,
parole argute e qualche detto amaro,
l'astuzia e la baldanza d'Arlecchino:
del picciol mondo e qui dipinto il volto.
Voi mi direte se l'ho bene colto.
(Al direttore d'orchestra)
Maestro?...
PRIMO TEMPO
1. Introduzione, Scena e Canzonetta
(A Bergamo: Una strada tortuosa e montuosa nella
parte alta della città. Più in fondo la strada si biforca
a guisa di un Y. Al punto di biforcazione una piazzola.
A sinistra sul davanti la casa di Ser Matteo, un poco
più in sù, a destra, una porta con l'insegna d'un'osteria.
Il tramonto illumina pittorescamente le finestre degli
ultimi piani e i tetti. Davanti alla sua casa Matteo si
è accomodato un tavolo trasportabile da lavoro. Sta
cocendo un mantello; ha davanti a sè aperta la
Divina Commedia, che legge ad alta voce per bene
assaporarne i versi. Da una finestra, proprio sopra
il suo capo, guardano furtivamente Arlecchino e la
giovine e bella moglie di Ser Matteo. Questi legge
gravemente, ma a poco a poco si rasserena, si
entusiasma, prorompe in esclamazioni. Il suo modo
di esprimersi contrasta col suo manifesto entusiasmo
per un che di stanco e di querulo)
MATTEO
O versi divini che al cor scendete:
«Questo che mai da me non fia diviso»
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse.»
(s'interrompe)
V'intendo, v'intendo: simboli siete!
Lussuria, lussuria,
tu sei il vero Galeotto!
T'attende dannazione qui!
(picchia col dito sul libro. Alla finestra Arlecchino
e la moglie di Matteo si baciano e ridono)
Leggendo questi versi
mi par d'udir
la melodia di un'opera...
Oh mio Mozart!
«La bocca mi baciò tutto tremante»
Dovrebber qui trillare i flauti,
sospirar le viole.
(È in estasi. Il lavoro gli cade di mano)
ARLECCHINO
(alla finestra)
Or come far?
La porta è chiusa
e il sarto tien la chiave.
Annodare è dolce cosa,
liberarsi cosa grave. Mio Dio!
MATTEO
(declama con entusiasmo)
«Questo che mai da me non fia diviso»
la bocca mi baciò tutto tremante.»
ARLECCHINO
(deciso)
Le donne giocano d'astuzia,
ma l'uomo ha la sua spada.
Addio!
MATTEO
Incalzan ora i bassi.
«Galeotto fu il libro»...
(Arlecchino è saltato giù dalla finestra in modo da
trovarsi proprio davanti al sarto, al quale chiude
il libro esclamando con sfrontatezza)
ARLECCHINO
«Quel giorno più non vi leggemmo avante.»
Basta per oggi, Ser Matteo.
MATTEO
Che c'è?
Donde venite? Cosa cercate?
Chi siete?
ARLECCHINO
Sappiate, Ser Matteo, mentre state mettendo
in musica la «Divina Commedia»,
il barbaro s'avvicina alle porte.
Fra poco è qui
e si prende le nostre donne.
In un baleno un di quei barbari
v'infilza sulla sua lancia.
MATTEO
(impaurito)
Mio Dio! Voi siete un barbaro?
ARLECCHINO
(estraendo la spada di legno)
Io sono l'arcangelo Gabriele e uccido il drago.
(afferra il sarto)
MATTEO
Cielo!
ARLECCHINO
Attento, orsù!
Io mi fingo il nemico.
Viva la Bibbia!
Abbasso la genia dei guelfi!
Or consegna il bel pugnale.
(Inforca le forbici del sarto alla propria cintura)
Attento, Ser Matteo.
Barbariche corna taurine
già vedo spuntarvi sul capo.
(Infila il mantello sulla spada di legno)
In alto l'insegna della fede!
(il sarto cade a terra; la chiave di
casa gli esce di tasca)
Vittoria, le chiavi della città!
«E caddi come corpo morto cade»
Così finisce il canto.
Ed ora presto in casa.
Attento! I barbari...
Non udite?
Tap, tap, bum, bum,
sangue, peste e stupri.
C'è poco da scherzare.
MATTEO
Siete il diavolo?
ARLECCHINO
Via, io chiudo l'uscio.
Pel vostro bene non fate chiasso, entrate, orsù!
(Ha spinto in casa Matteo che trema di paura.
Chiude dietro di lui la porta e intasca la chiave.
Ora si avvolge nel mantello conquistato)
Vittoria! Bottino! Un prigioniero!
(Baldanzoso, passa a poco a poco
con grazia dalla recitazione al canto)
Capricciosa sei, fortuna,
secondo il vento che spira.
Ma il soldato ti rincorre e aggioga.
(Si guarda intorno, e getta un bacio)
Già due occhi innamorati stan spiando.
Ritorno, cara, tosto a te.
La, la, la, la.
(Dietro la scena, allontanandosi. Matteo chiude le
imposte. Per qualche attimo la scena resta vuota)
2. Duetto
(L'Abbate e il dottore entrano conversando)
ABBATE
Debbo ancora ringraziarvi...
DOTTORE
Ma vi pare, di che?
ABBATE
Che per vostra maestria
m'inviate tanta gente
anzi tempo al Creatore.
DOTTORE
Che intendete con ciò?
ABBATE
Sol che usate troppa fretta,
non date il tempo
per prepararsi al viaggio!
DOTTORE
(maligno)
Già, già.
Se del vostro mestiere
esperto foste
quant’io lo sono del mio,
ora sareste cardinale a Roma.
Invece la porpora
vi brilla soltanto in faccia:
tendenza a congestione.
ABBATE
Male assai
sono i beni partiti quaggiù.
Conobbi cardinali
degni invero d'esser curati da Voi.
DOTTORE
Vi trovo un po' sanguigno,
per giunta un po' collerico:
gravate assai lo stomaco!
ABBATE
Non vi ho chiesto un consulto.
Le vostre tinture,
le fiale, le goccie,
buon dottore,
certamente non valgono
un solo fiasco di Chianti
gustato sotto il cielo di Toscana.
Toscana!
Qual virtù, qual vigore infonde
quel vino portentoso.
Ride la terra,
canta un inno
la natura.
Mi par di rinascer più degno, più felice.
Credete a me:
in questo vino io sento
la presenza del Signore!
DOTTORE
Vo insegnate che dovunque è Iddio.
ABBATE
No, lo dicono i irati e le clonnette
che Dio s'asconde anche in ogni rospo.
Che ci sarebbe in voi di divino?
DOTTORE
Frati e donne
son la vostra più nobile clientela.
ABBATE
(sottovoce)
Obliate i dottori...
Le donne poi...
DOTTORE
(brontolando)
Le donne, le donne...
ABBATE
Le donne abbelliscono la vita.
DOTTORE
Chi dice donna dice danno e malanno.
ABBATE
Son esse la nostra consolazione.
DOTTORE
Oibò!
ABBATE
(con serena bonarietà)
Proprio qui sta la bella
moglie di Ser Matteo.
Un giovin virgulto
cresciuto all'ombra,
ma che stende desioso
le sue rame al sol di primavera.
DOTTORE
Già, già!
ABBATE
(con voce mutata)
Guardate!
DOTTORE
Che cosa c'è?
ABBATE
Son chiuse tutte le imposte.
Qui c'e un mistero.
(chiama)
Ehi, Ser Matteo!
ABBATE, DOTTORE
Ser Matteo!
(Silenzio)
Siete morto?
Non è ancor notte.
Ser Matteo, olà,
in nome di Dio!
MATTEO
(apre cautamente mezza finestra)
Chi è? Monsignore?
ABBATE
Sì.
MATTEO
E voi, dottore?
DOTTORE
Sì.
MATTEO
Imprudenti, girate per la strada?
ABBATE
E che ci trovate di strano?
DOTTORE
Vorrei saperlo anch'io.
MATTEO
Non sapete che...
3. Terzetto
ABBATE, DOTTORE
Che cosa?
MATTEO
I barbari... i barbari circondan la città!
ABBATE, DOTTORE
I barbari?
MATTEO
Fra poche ore come valanga
piomberanno qua.
ABBATE, DOTTORE
Possibile? I barbari?
MATTEO
Sì, si, i barbari! I barbari, i barbari!
MATTEO
Han sul capo corna torte,
hanno il ghigno della morte
e si trovano alle porte.
ABBATE, DOTTORE
Alle porte?
MATTEO
La lor voce mette pena,
è il lamento d'una iena,
il lor sangue una cancrena.
Portan lutto e pestilenza,
sgozzano, squartano,
alle donne fan violenza.
ABBATE
(prorompendo)
Oh Rosina, Lucinda, Mariettina,
Agnese, Beatrice, Concettina,
Francesca, Vittorina,
povere figlie mie, c
he mai di voi sarà!
DOTTORE
Convien pensarci!
MATTEO
Convien pensarci! Si, pensiamo.
(Sprofondano in meditazione. L'Abbate si
scuote per primo e fa sobbalzare i compagni)
ABBATE
Dio misericorde,
Tu saprai proteggere le mie figliole care!
È dover dell'uomo per il ben degli altri
risparmiarsi!
MATTEO
Già!
ABBATE, DOTTORE
E mentre voi, Ser Matteo,
stendete il testamento...
MATTEO
Il testamento...?
ABBATE, DOTTORE
noi due ci recheremo
dal colendissimo borgomastro.
MATTEO
Vi recate dal borgomastro?
ABBATE, DOTTORE
Con nuove più certe ritorniamo qua,
poi si vedrà!
MATTEO
Va bene. Ritornate presto.
A casa me ne sto.
ABBATE
Coraggio, Ser Matteo!
DOTTORE
Dovreste prender un calmante.
Un buon salasso gioverà.
MATTEO
Uh! Perché mia moglie
ancor più si lamenti del mio debile sangue!
(chiude la finestra)
DOTTORE
(volgendosi, ridendo)
ah, ah, ah, ah,
ABBATE
(accennando la porta dell'osteria)
Che dite? Entriamo Solo un istante!
DOTTORE
V’accompagno.
ABBATE
Benone.
Diamo un esempio fecondo
di concordia perfetta alle discorde genti.
SECONDO TEMPO
4. Marcia e Scena
ARLECCHINO
Mi son fatto fare una seconda chiave.
Così da galantuomo restituisco la roba altrui.
«Suum cuique.»
Alla toppa la sua chiave.
(Batte alla porta con forza. Matteo sporge il capo,
ma si ritira subito gridando)
MATTEO
I barbari!
ARLECCHINO
(in tono di comalido)
Ehi, dico!
MATTEO
(facendosi piccolo)
Desiderate?
ARLECCHINO
Sei tu Ser Matteo del Sarto,
ammogliato e fuori di servizio?
MATTEO
Ma...
ARLECCHINO
Sì o no?
MATTEO
In nome di Dio.
ARLECCHINO
Io sono il capitano incaricato del reclutamento.
Il tuo nome spicca sulla mia lista.
Ringrazia per l'onore!
Porta teco tutti i tuoi schioppi, cannoni,
spade, cavalli, muli o elefanti.
Ti do' tre minuti di tempo per mettere a posto
la tua roba. E non fiatare. Spicciati!
MATTEO
(fra sè)
«Ora incomincian le dolenti note.»
(Si ritira)
ARLECCHINO
(rivolgendosi ai birri, con violenza)
Scemi,
vo' farvi circolar il pigro sangue.
Tartarughe, putride locuste.
Attenti!
Ora, assalto all'osteria!
Via! .
(i birri corrono)
Alt!
(s'arrestano davanti l'osteria)
(fra sè)
Se vi lasciassi entrare, so bene
che non sarebbe cosa facil farvi uscire!
Beoni!
(forte)
Ora ritirata strategica! Dietro front!
(I birri marciano rapidamente verso Arlecchino)
Alt!
(fra sè)
I tre minuti son passati.
MATTEO
Non trovo la chiave della porta.
ARLECCHINO
La chiave?
Chiudendo, l'hai lasciata nella toppa esterna,
acchiappanuvole.
Fatti innanzi.
(Appare Ser Matteo in pittoresca divisa
di guerra improvvisata)
MATTEO
Permettete che io porti meco il mio Dante?
(chiude con la porta)
ARLECCHINO
Non sarà detto mai
che un capitan
all'arte mosse guerra.
Segui questi intrepidi
dove ti guidano.
Io vigilo intanto la casa. Via!
MATTEO
(allontanandosi fra i birri)
«Per me si va nella città dolente,
per me si va fra la perduta gente.»
(scompare)
ARLECCHINO
Ed ora il resto.
Non bisogna mai fare le cose a metà.
Meglio non incominciare che interrompere.
(tenta di aprire)
La chiave è ancor nuova.
Chiave nuova e chiave arrugginita
lavoran male entrambe.
Ed ora...
TERZO TEMPO
5. Scena e Aria
(Cézanne: Arlecchino)
COLOMBINA
(entra in scena)
Capitano, perdonate...
ARLECCHINO
(le volge le spalle. Con voce alterata)
Madama?
(fra sè)
Che tosto
il ciel mi fulmini
se questa non è
la voce di mia moglie.
COLOMBINA
Capitano, una donna tradita proteggete.
ARLECCHINO
(come sopra)
Madama, sarebbe vano.
Proteggetevi voi stessa.
COLOMBINA
Ascoltate...
(Arlecchino si volge improvvisamente.
Colombina lo riconosce)
Ah, Sei ritornato,
avventuriero, infame, ingrato e menzognero.
Camuffato sei?
Qual nuova trama ordisci?
Dove sei stato ancora?
I giorni, le notti t'attendo in pianto.
(fra sè)
Sconvolta son certo.
(Estrae dalla borsetta lo specchietto
e il piumino e ritocca in fretta la faccia)
ARLECCHINO
Sei ben graziosa
COLOMBINA
Taci!
Mi soppianti lì per lì
per qualunque femmina.
Ogni gonna fa per te.
Ma non basta ancora.
Tu fai continue beghe,
gabelli gente onesta,
semini liti ognor,
combini mille guai.
Sì, traditore, tu tradisci tutti
e più degli altri tradisci me.
ARLECCHINO
Madama, la fedeltà è la frattura della gamba
al primo passo,
l'ingiustizia a danno di terzi,
l'arco che scocca una sola freccia,
la nave che si ancora in un solo porto,
il sole che illumina un solo pianeta.
Io non sono un suo amico e lo dimostro
con le parole e coi fatti a chiunque,
e alla luce del giorno. Per questo mi sento
con la coscienza a posto e dormo
il mio sonno innocente come un bambino.
Dormiste bene, Madama?
COLOMBINA
Parlare odioso il tuo!
ARLECCHINO
Fiorito eloquio, è una dote
che purtroppo mi manca.
COLOMBINA
(mutando sapientemente di tono)
il tuo ingegno sottile,
la tua prestanza e intelligenza,
l'aspetto tuo virile
dalle donne invidiata sono.
Le sciocche!
A che ti servono?
O mio Arlecchino caro,
lo sai, di tutto core t’amerò,
se resti a me fedele.
(Arlecchino da segni d'impazienza)
Io ballo, suono il tamburello e canto,
so prepararti i piatti più squisiti,
(gli si stringe contro)
ti so curar, ed assestare la casa...
Arlecchino! Arlecchino!
ARLECCHINO
(fra sè)
Una disputa franca fra uomini, sta bene,
ma queste moine m'attediano.
(dissimulando, a voce alta)
Mia Colombina, vedi tu quella stella?
Fissala belle, fissala a lungo.
Anche se fosse una cometa funesta,
non saprei salvarmi più in fretta di così.
(Mentre Colombina fissa il cielo, Arlecchino scappa)
COLOMBINA
Sì, Arlecchino
(Si volge e rimane di stucco)
È scappato. Gli uomini... che vigliacchi!
Certo in questa casa egli voleva carpire
qualche colombella, il ladro.
Altrimenti, che se ne stava a far davanti all'uscio?
Voglio sapere...
(Bussa prima a colpi misurati, poi con violenza.
Nessuno le risponde. Da una strada nascosta giunge
intanto una svenevole voce di tenore e un suon di liuto.
Colombina è rimasta dapprima indifferente, ma poi si
fa attenta e arretra un poco, per uscire al momento
buono nell'atteggiamento di chi si senta sopraffatto
dalla commozione)
6. Due / Trio
Romanza
VOCE
(interna)
Con il liuto, con la spada
va solingo il trovatore.
Gli rischiara la sua strada
il sorriso dell'amore.
Franco cuor, baldi pensieri
son le doti del cantor;
il doman somiglia al ieri
se fedel ei segue amor.
(Alle sultillle parole il cavaliere Leandro entra in
scena spavaldo e va verso Colombina. Non molto
snello, nè giovane, con berretto piumato, lo spadino
e il liuto, egli rappresenta il tipo del tenore d'opera
di vecchio stampo)
LEANDRO
O Colombina,
per te dischiusi l'aurato forziere
dei miei sogni innamorati,
e per te il fonte artesiano del mio cuore
sprizza al cielo
e stilla poi dolcezza sulle aiole
del tuo florido giardino.
(prende un accordo)
O Colombina.
COLOMBINA
Vi burlate d'un infelice?
LEANDRO
Io? Burlarmi?
COLOMBINA
Me triste! Son tradita!
LEANDRO
Oh; tradita?
Ah, ah, ah, ah!
Quel traditore dovrà saggiar
della mia lama l'implacabil punta.
Ei muoia!
COLOMBINA
(ride)
Ah, ah, ah, ah!
LEANDRO
(sguaina la spada e intona melodrammaticamente)
Contro l'empio traditore
la vendetta compirò,
gioia mia, per il tuo amore
il malvagio ucciderò.
COLOMBINA
Guai a voi se l'oltraggiate,
l'amo e sempre l'amerò.
Sì, ci furono scenate,
ma la colpa è mia, lo so!
LEANDRO
Di quel sangue traditore
la mia spada arrosserò.
(Sorridendo fa un inchino al pubblico
colla mano al cuore)
O Colombina,
già le labbra desiose
bruciar mi sento
d'un amoroso fuoco.
Io t'amo, sono ricco,
ti vo' protegger.
COLOMBINA
(misurandolo con occhio esperto)
Ah, potessi ancor
creder a un uomo.
LEANDRO
Avrai le gemelle
che portavano le mie ave,
sarai nobildama,
Donna Colombina!
COLOMBINA
Donna Colombina!
LEANDRO
Nell'antisala i servi,
e nelle scudieri i valletti
già pronti ad obbedir al vostro'cenno.
COLOMBINA
Ma dite proprio il vero?
LEANDRO
Lo giuro
sulla tomba d'un'ava
che morì assassinata!
(inorridisce)
COLOMBINA
(che e rimasta del tutto indifferente, fra sè)
Se così potessi indispettir Arlecchino.
LEANDRO
Parlate!
COLOMBINA
Qual fretta!
LEANDRO
Parlate!
COLOMBINA
(gli dà la mano)
E se trovaste poi che sono
un po' incostante?
LEANDRO
Ah, mia gioia immensa!
Dunque voi consentite?
La mia speranza
s'inciela al fine.
Amor, squillin le note
del tuo trionfo.
Sospirate, melodie dell’ebbrezza profonda.
Venere in ciel serena...
COLOMBINA
(fra sè)
Mio Dio, che buffa scena.
LEANDRO
Il suo fulgor c'invia...
COLOMBINA
Ma ciò vi sembra proprio di buon gusto?
LEANDRO
O sì, di gusto eletto
e sopraffino.
Amor, fanciullo capriccioso,
ferisce sorridendo il cuor.
COLOMBINA
(ride)
Gaglioffa assai
diventa questa arietta...
LEANDRO
Ora vien la stretta
con il do finale.
Mai laudato a sufficienza
sei tu, Amore,
dio immortale.
Fan due cuori d'una ardenza
un incendio celestial.
(spezza in chiusa la nota acuta)
COLOMBINA
Che vecchiume
qual scemenza.
(ride)
Basta, non ne posso più.
(Arlecchino nel suo solito costaule sotto il mantello
nero, sta da qualche tempo osservando con
l'occhialino la coppia. Ora s'avanza arditamente)
ARLECCHINO
Madama, mi accorgo che vi state educando
alla mia scuola.
I progressi dell'allieva sono l'orgoglio del maestro.
Mi congratulo con voi e con me.
LEANDRO
Chi osa portare la dissonanza
nell'amoroso accordo?
ARLECCHINO
Con te, mio nobile' musicofilo,
mi sbrigo subito in due parole.
Voi, madama, attendetemi in quella locanda
dove mi permetterete d'accompagnarvi.
(Le offre il braccio e la conduce davanti all'osteria.
Colombina entra e Arlecchino la lascia con un inchino)
(A Leandro)
Io sono il marito di quella... dama.
Fuori la spada!
LEANDRO
Siete un mio pari?
ARLECCHINO
Se rifiuti di batterti, ti batto io.
LEANDRO
Se non siete cavaliere, non dovrei.
ARLECCHINO
Potrei esser figlio d'un duca,
non si sa mai. In guardia
o t'infilo come un topo.
LEANDRO
Lo faccio per legittima difesa.
ARLECCHINO
(indicando il liuto)
La tua preziosa raganella
potrebbe venir danneggiata.
Levala.
(Leandro con nobile gesto getta il liuto lontano da sè)
ARLECCHINO
A noi!
(Al primo assalto Arlecchino fa cadere di mano la
spada al cavaliere e lo colpisce. Il cavaliere cade
come morto. Arlecchino grida con forza)
Aiuto!
(e fugge nella casa del sarto prima che
sopraggiunga qualcuno)
QUARTO TEMPO
7. Scena, Quartetto e Melodramma
(Subito dopo escono dall'osteria l'abbate e il dottore,
quest'ultimo visibilmente alticcio, poi i Colombina. Il
crepuscolo è sul finire)
DOTTORE
(incerto)
È già buio fitto.
Bevendo abbiamo tardato assai!
ABBATE
La luna c'e? No!
Meglio così.
La lampada del cielo
illumina spesso
le azioni malvagie dell'uomo.
(al dottore)
Procurate una lanterna.
COLOMBINA
Poc'anzi mi sembrò d'udir
chiamare aiuto ed io temo...
ABBATE
Temer non e d'uopo, se prima
il mal non sia palese.
Se io temessi d'essere un po' brillo
farei torto, per vero, a me stesso.
DOTTORE
(con la lanterna)
S'annuncia un cataclisma,
la terra oscilla.
Date il braccio,
così vedrò già meglio.
ABBATE
Il naviglio abbandona il porto,
io sono il lume di prua,
e la graziosa damina
sarà la stella mattutina.
(si mettono in moto)
DOTTORE
Andiamo dal borgomastro.
Già! I barbari!...
Nel vino han messo un tossico, per questo...
ABBATE
Fermi, uno scoglio. Virate!
DOTTORE
(incespica contro il corpo di Leandro e
gli cade sopra. Si rialza faticosamente)
Quest'uomo è morto.
(Colombina dà un grido e si getta sul corpo di
Leandro che non dà segno di vita. Tutte le finestre,
fuorché quella di Ser Matteo, vanno illuminandosi
e popolandosi di teste curiose)
ABBATE
La morte è un gran mistero.
DOTTORE
Non so spiegarmi questo caso.
(si guardano l'un l'altro imbarazzati)
DOTTORE, ABBATE
Or che fare? Chiamar gente?
Intricato è questo affare!
Pronto agir e mente chiara
qui sol possono giovar.
DOTTORE
Qui c'è il prete!
ABBATE
Qui il dottore!
DOTTORE, ABBATE
(insieme)
Tutto è vano, tardi è già!
COLOMBINA
(pienamente padrona di sè)
Non è morto quest'uomo!
DOTTORE
(scimmiottando)
Non è morto quest'uomo!
È morto, sì.
COLOMBINA
Non credo.
DOTTORE
Più che morto.
COLOMBINA
No!
DOTTORE
Archimorto!
COLOMBINA
No!
DOTTORE
Ecco: «mors fulminans»!
ABBATE
Apoplessia.
(che intanto ha esaminato il finto morto)
Risurrezione.
Lodato sia il Signore!
COLOMBINA
Lo dicevo io!
DOTTORE
Non lo so spiegare.
Il diavolo è qui in gioco.
ABBATE
Orsù portate il cavalier risorto
nella casa del nostro sarto.
Ser Matteo, Ser Matteo.
Tutto tace.
(fra sè)
Perché nessun risponde?
(bussa a un uscio di fronte)
Amico, ascoltatemi!
Qui giace un ferito.
(La finestra sovrastante si chiude e un'ombra si ritira)
Ohimè!
(bussa a un altro uscio)
Padron, di grazia, aprite!
(ottiene lo stesso risultato. Fa il giro di tutte le
case, ma sempre gli si chiudono le finestre e le
persone spariscono con sacro sdegno)
Decisamente l'uomo
propende ad occultare
la sua innata bontà.
Ma in suo difetto
v'è la provvidenza.
Ed ecco, ch'essa arriva
in forma d'un asino.
(A una svolta comparisce un asino che
traina una carretta; a fianco un carrettiere)
Ci volete aiutar, buon uomo?
Dio è con voi.
E qui uno scudo. Ora udite:
Quartetto
ABBATE
Asinus providentialis,
tu sei la nostra buona stella.
Or riporta il cavaliere
all'amor della sua bella.
LEANDRO
Già morii, ma or son vivo,
ché fedele ella è rimasta,
son di spada e liuto privo,
ma il suo amore sol mi basta.
DOTTORE
Fede è il premio d'innocenza,
illusion dei sensi è amore.
Più profonda, più verace
è la scienza del dottore.
COLOMBINA
L'uom sia egli prode o vile,
è pur sempre un gran furfante.
Ma se l'uno m'ha tradita,
vo' beffar quest'altro amante.
TUTTI
Amen.
(Il carrettiere, aiutato dall'Abbate, adagia il cavaliere
sulla carretta, dove prendono posto anche gli altri, il
dottore, con il liuto a tracolla e la lanterna, L'Abbate
con le mani giunte e Colombina, premurosa accanto al
cavaliere)
DOTTORE
(con tono dottorale)
Al lazzaretto.
(La carretta parte)
ARLECCHINO
(dall'abbaino della casa di Ser Matteo)
Buon viaggio, felici nozze e figli maschi!
(si sporge innanzi)
Spero che non dimenticherete d'invitarmi a nozze.
(sale sul tetto)
Splendi, mia stella!
(allarga le braccia come per
abbracciare il mondo)
Il mondo è mio,
è giovine la terra,
l'amore è libero.
(Con gran disprezzo)
Voi arlecchini!
(Scivola giù agilmente per la grondaia, apre la porta,
dà il braccio alla bella che lo attendeva all'interno e si
allontana in fretta con lei)
8. Monologo
MATTEO
(entra in scena visibilmente disfatto)
Ora non so proprio più che dire.
Mi sembra di errar nella dantesca selva.
Fortuna che ho in casa il capitano
che mi vuol bene.
Gli altri due se ne sono andati.
Dove? Lo sa Iddio!
Questa Bergamo è vasta assai!
(È giunto alla sua porta e si guarda intorno nella
strada deserta e tranquilla)
Ho l'impressione che la pace sia tornata.
(Sospira, entra in casa, appare subito dopo ad una
finestra con una lucerna ad olio in una mano e un
biglietto nell'altra. Legge)
«Mi sono recata a udire i vespri.
Ritornerò appena potrò.
La tua Annunziata.»
Ora non capisco proprio niente... niente!
(Umilmente rassegnato)
Vo' aspettare qui giù il suo ritorno.
(si ritira dalla finestra; poco dopo riappare all'uscio
con la lucerna, gli arnesi da sarlo e il suo Dante e si
accomoda presso il suo tavolo trasportabile da lavoro.
S'è levata la luna)
Io non capisco... non capisco!
(sfogliando il libro)
A Galeotto m'ero pria fermato.
Molto non può tardare...
È il quinto canto. Qui:
«Galeotto fu il libro e chi lo scrisse.»
(Scende lento un tendalino)
Processione e Danza
(Due trombettieri nella tradizionale livrea da teatro
si appostano a destra e a sinistra del tendalino, danno
fiato alle trombe e si ritirano. Il cavaliere Leandro e
Colombina attraversano la scena, innanzi alla buca
del rammendatore si fermano per fare un inchino al
pubblico e si ritirano. Seguono allo stesso modo il
dottore accompagnato dall'abbate, la carretta con
l'asino che fa pure un inchino, i due birri e infine
Arlecchino che dà il braccio ad Annunziata. Arlecchino
si arresta nel mezzo della scena, si toglie la maschera
e dice)
ARLECCHINO
Signori e Signore, ho il grande piacere
di presentarvi la mia nuova sposa
che finora come moglie del sarto
non aveva certo il modo
di spiegare innanzi a voi i suoi fascini.
Ammiratela ora in tutta la sua bellezza.
Ella si sente molto onorata
di poter inchinarsi davanti
a questo spettabile e colto pubblico.
(Annunziata si inchina)
La sposa di prima mano ora ha contratto
a dovuta distanza una nuova unione.
Essa appartiene alla nobiltà più eletta
e tale rimarrà fino
a nuovi avvenimenti.
Ed ora lascio alle signore di stillarne la morale.
Ma che dico? Nuovi avvenimenti?
Non si ripete tutto nel giro eterno
ed immutabile della vita?
Chi vince? Chi soccombe?
Chi sa farsi valere alla fine?
Solo colui che con le proprie forze,
seguendo i suggerimenti del cuore
e con vigile mente sceglie la via diritta;
chi si accontenta di restare fedele a sè stesso;
chi anche in vesti rattoppate serba la sua interezza
e non si inchina a nessuno,
come ho potuto farne esperienza io stesso.
Lascio ora agli uomini di estrarne
la radice verità,
e specialmente ai critici,
miei giudici benevoli.
Signore e Signori, buona notte!
(Arlecchino recinge alla vita Annunziata; insieme a
lei svolge una breve danza vivace, slanciando in aria
braccia e gambe. Ballando s'allontanano in fretta)
(Quando, dopo l'applauso, si rialza il sipario, si
vede Ser Matteo presso alla lucerna, che cuce,
legge, attende)
|
PRÓLOGO
ARLEQUÍN
(hablado)
Ni para los dioses ni para los niños es esta obra,
pues se dirige al corazón de quien la entienda;
y no necesita explicación
porque lo mejor se sobreentiende.
Verán ustedes los personajes tradicionales
con sus virtudes y sus defectos,
en una vivaz sucesión de escenas con
los antiguos cortes y a menudo amenas frases.
Un hombre traicionado que ignora su suerte;
rivales que luchan por una cara bonita;
un duelo cruento;
un burro qué luego salvará la casa y el títere;
palabras agudas y algún dicho amargo;
la astucia y el coraje de Arlequín en el pequeño
mundo de quien se pinta el rostro.
Ustedes me dirán si lo he expresado bien.
(Al director de la orquesta)
¿Maestro?...
PRIMER TIEMPO
1. Introducción, Escena y Cuplé
(Una calle tortuosa de Bérgamo en la parte alta
de la ciudad. Más al fondo la calle se bifurca. En
el punto de bifurcación un placita. A la izquierda
la casa del Sr. Mateo, algo más allá y a la
derecha, una puerta con el cartel de una hostería.
El ocaso ilumina las ventanas de los últimos pisos
y los techos de las casas. Delante de su casa. el
Sr. Mateo se ha sentado cómodamente en una
mesa plegable. Está cosiendo una capa; tiene
ante sí "La Divina Comedia", que lee en alta voz
para disfrutar mejor los versos. En una ventana,
justo sobre su cabeza, se ve furtivamente a
Arlequín y a la bella mujer del Sr. Mateo. Éste
lee gravemente, pero poco a poco se entusiasma
y desborda en exclamaciones. Su modo de
expresarse contrasta con algunas quejas y
expresiones de cansancio)
MATEO
¡Oh, versos divinos que llegáis al corazón!
"Éste, que de mí nunca ha de apartarse,
la boca me besó todo tembloroso.
Galeotto fue el libro y quien lo hizo;"
(se interrumpe)
Os entiendo, os entiendo: ¡símbolos sois!
¡Lujuria, lujuria,
tú eres el verdadero Galeotto!
¡Te espera aquí la condenación!
(golpea con el dedo sobre el libro. En la ventana
Arlequín y la mujer de Mateo se besan y ríen)
Leyendo estos versos
Me parece oír
la melodía de una ópera...
¡Ay, mi Mozart!
"La boca me besó todo tembloroso"
Deberían aquí trinar las flautas
y suspirar las violas.
(Queda en éxtasis. El trabajo se le cae al suelo)
ARLEQUÍN
(en la ventana)
¿Ahora que haré?
La puerta está cerrada
y el sastre tiene la llave.
Anudarse es una cosa dulce,
separarse es más difícil: ¡ídolo mío!
MATEO
(declama con entusiasmo)
"Éste, que de mí nunca ha de apartarse,
la boca me besó, todo tembloroso."
ARLEQUÍN
(decidido)
Las mujeres usan su astucia,
pero el hombre tiene su espada.
¡Adiós!
MATEO
Suenan ahora los bajos.
"Galeotto fue el libro"...
(Arlequín salta de la ventana cayendo
justo delante del sastre, al que cierra
el libro exclamando con descaro)
ARLEQUÍN
"No seguimos leyendo".
Basta por hoy, Sr. Mateo.
MATEO
¿Qué pasa?
¿De dónde viene usted? ¿Qué busca?
¿Quién es usted?
ARLEQUÍN
Sepa, señor Mateo, que mientras usted está
poniendo música a la "Divina Comedia",
Los bárbaros se acercan a las puertas de
la ciudad; dentro de poco estarán aquí
y secuestrarán a nuestras mujeres.
En un instante esos bárbaros
nos atravesarán con sus lanzas.
MATEO
(asustado)
¡Dios mío! ¿Es usted un bárbaro?
ARLEQUÍN
(extrayendo su espada de madera)
¡Yo soy el arcángel Gabriel y mataré al dragón!
(aferra al sastre)
MATEO
¡Cielos!
ARLEQUÍN
¡Atento, ahora!
Yo simulo ser el enemigo.
¡Viva la Biblia!
¡Abajo el linaje de los güelfos!
Y ahora entrégueme el hermoso puñal.
(Se coloca las tijeras del sastre en su cinturón)
Atento, Sr. Mateo.
Bárbaros cuernos taurinos
ya veo que brotan de su cabeza.
(Enhebra la capa en la espada)
¡Icemos la insignia de la fe!
(el sastre cae a tierra; la llave de
la casa se le cae del bolsillo)
¡Victoria, las llaves de la ciudad!
"Y cae como cuerpo muerto"
Así acaba el canto.
Y ahora, rápido, entre en su casa.
¡Atento! Los bárbaros...
¿No los oye?
¡Tap, tap, bum, bum,
sangre, peste y violaciones!
Hay poco para bromear.
MATEO
¿Usted, es el diablo?
ARLEQUÍN
Calle, yo cierro la puerta.
¡Por su bien no haga alboroto, entre, ya!
(Empuja a Mateo, que tiembla de miedo dentro
la casa. Cierra la puerta y se guarda la llave.
Luego se envuelve en la capa conquistada)
¡Victoria! ¡Botín! ¡Un prisionero!
(Envalentonado, pasa poco a poco,
elegantemente, del recitado al canto)
Caprichosa eres, suerte,
según el viento que te inspira.
Pero el soldado te persigue y te unce.
(Mira alrededor y lanza un beso)
Dos ojos enamorados están espiando.
¡Volveré, querida, pronto regresaré junto a ti!
¡La, la, la, la!
(Se aleja. Mateo cierra los postigos. Por
algunos instantes la escena queda vacía)
2. Dúo
(El abate y el médico entran conversando)
EL ABAD
Debo aún agradecerle...
EL MÉDICO
Pero ¿agradecerme qué?
EL ABAD
Que gracias a su maestría,
ha enviado a tanta gente
antes de tiempo al Creador.
EL MÉDICO
¿Qué quiere decir con eso?
EL ABAD
¡Sólo que con tanta prisa,
no da tiempo
a prepararlos para el viaje!
EL MÉDICO
(malicioso)
Ya, ya.
Si usted fuera tan experto
en su profesión
como yo en la mía,
sería cardenal en Roma.
En cambio,
la púrpura le brilla a usted solamente en la cara,
mostrando cierta tendencia a la congestión.
EL ABAD
Muchos males,
son bienes bien repartidos aquí.
Conocí cardenales
dignos de ser curados por usted.
EL MÉDICO
Lo encuentro hoy algo sanguíneo,
y por añadidura algo colérico:
¡muy cargado de estómago!
EL ABAD
No le he hecho a usted una consulta.
Sus tinturas,
sus ampollas, sus gotas,
mi querido doctor,
no valen ciertamente
un solo vaso de Chianti
degustado bajo el cielo de Toscana.
¡Toscana!
¡Qué virtud, qué vigor infunde
ese vino portentoso!
Ríe la tierra
y canta un himno
la naturaleza.
Me parece renacer más digno, más feliz.
Créame:
¡en este vino yo siento
la presencia del Señor!
EL MÉDICO
Usted enseña que Dios está en todas partes.
EL ABAD
No. Los iracundos y las mujerzuelas dicen que
Dios se esconde aún en cada sapo.
¿Qué habría en usted de divino?
EL MÉDICO
Frailes y mujeres
son vuestra más noble clientela.
EL ABAD
(en voz baja)
Olvida usted a los médicos...
Las mujeres en fin...
EL MÉDICO
(gruñendo)
Las mujeres, las mujeres...
EL ABAD
Las mujeres adornan la vida.
EL MÉDICO
Quien dice mujer, dice daño y enfermedad.
EL ABAD
Son ellas nuestro consuelo.
EL MÉDICO
¡Vaya!
EL ABAD
(con serena cordialidad)
Justo ahí está
la hermosa mujer del Sr. Mateo.
Una rama joven,
crecida en la sombra,
pero que tiende deseosa
sus ramas al sol de la primavera.
EL MÉDICO
¡Ya, ya!
EL ABAD
(cambiando de voz)
¡Mire usted!
EL MÉDICO
¿Qué cosa?
EL ABAD
Están cerrados todos los postigos.
Ahí pasa algo raro.
(llama)
¡Eh, Sr. Mateo!
EL ABAD, EL MÉDICO
¡Sr. Mateo!
(Silencio)
¿Está usted muerto?
No es de noche aún.
¡Sr. Mateo, eh!
¡En el nombre de Dios!
MATEO
(abre cautelosamente media ventana)
¿Quién es? ¿Monseñor?
EL ABAD
Sí.
MATEO
¿Y usted, doctor?
EL MÉDICO
Sí
MATEO
Imprudentes, ¿están caminando por la calle?
EL ABAD
¿Y qué hay de extraño en eso?
EL MÉDICO
Yo también quisiera saberlo.
MATEO
No saben que...
3. Terceto
EL ABAD, EL MÉDICO
¿Qué?
MATEO
¡Los bárbaros!... ¡Los bárbaros rodean la ciudad!
EL ABAD, EL MÉDICO
¿Los bárbaros?
MATEO
En pocas horas caerán por aquí
¡como un alud!
EL ABAD, EL MÉDICO
¿Es posible? ¿Los bárbaros?
MATEO
¡Sí, sí, los bárbaros! ¡Los bárbaros, los bárbaros!
MATEO
Tienen en la cabeza cuernos retorcidos.
Traen la risa sarcástica de la muerte
y se encuentran a las puertas de la ciudad.
EL ABAD, EL MÉDICO
¿A las puertas?
MATEO
Sus voces acarrean el dolor,
es como el quejido de una hiena,
es su sangre una gangrena.
Portan luto y pestilencia,
degüellan, descuartizan,
y violan a las mujeres.
EL ABAD
(interrumpiéndolo)
¡Ay Rosina, Lucinda, Mariettina,
Agnese, Beatrice, Concettina,
Francesca, Vittorina!
¡Mi pobres hijas,
qué será de ellas!
EL MÉDICO
¡Conviene pensarlo!
MATEO
¡Conviene pensarlo! Sí, pensemos.
(Quedan pensativos. El abad se recupera
primero y hace sobresaltar a sus compañeros)
EL ABAD
¡Dios misericordioso,
Tú sabrás proteger a mis queridas hijitas!
¡Es deber de todo hombre
salvarse por el bien de los demás!
MATEO
¡Ya!
EL ABAD, EL MÉDICO
Y mientras usted, Sr. Mateo,
hace su testamento...
MATEO
¿El testamento?...
EL ABAD, EL MÉDICO
Nosotros dos iremos a ver
al muy respetable señor alcalde.
MATEO
¿Van a ver al alcalde?
EL ABAD, EL MÉDICO
Volveremos con noticias más precisas,
¡Luego se verá!
MATEO
¡Está bien! ¡Vuelvan pronto!
Permaneceré en mi casa.
EL ABAD
¡Coraje, Sr. Mateo!
EL MÉDICO
Debería tomar un calmante,
una buena sangría le haría bien.
MATEO
¡Uh! ¡Y mi mujer aún se queja
de mi sangre debilitada!
(cierra la ventana)
EL MÉDICO
(se vuelve, riendo)
¡Ja, ja, ja, ja!
EL ABAD
(señalando la puerta de la hostería)
¿Qué le parece? ¡Sólo entremos un instante!
EL MÉDICO
Lo acompaño.
EL ABAD
¡Requetebién!
Demos un ejemplo de perfecta concordia
a las personas malencaradas.
SEGUNDO TIEMPO
4. Marcha y Escena
ARLEQUÍN
Me hice hacer una copia de la llave.
Así que gentilmente devuelvo la cosa ajena.
"Suum cuique" (A cada uno lo suyo).
¡La llave original a la cerradura!
(Golpea la puerta con fuerza. Mateo asoma la
cabeza, pero vuelve a ocultarla gritando)
MATEO
¡Los bárbaros!
ARLEQUÍN
(en tono autoritario)
¡Eh, usted!
MATEO
(sumiso)
¿Qué desea señor?
ARLEQUÍN
¿Es usted el Sr. Mateo el Sastre,
casado y fuera de servicio?
MATEO
Pero...
ARLEQUÍN
¿Sí o no?
MATEO
¡En el nombre de Dios!
ARLEQUÍN
Soy el capitán encargado del reclutamiento.
Su nombre figura en mi lista.
¡Agradezca ese honor!
Traiga consigo todas tus escopetas, cañones,
espadas, caballos, mulas o elefantes.
Tiene tres minutos para poner en orden sus cosas.
Y no se demore. ¡En marcha!
MATEO
(para sí)
"Ahora comienzan las notas tristes"
(Se retira)
ARLEQUÍN
(dirigiéndose a los alguaciles, con energía)
¡Estúpidos!
Voy a hacerles circular la perezosa sangre.
¡Tortugas! ¡Podridas langostas!
¡Firmes!
¡Ahora, asalto a la hostería!
¡Vamos!
(los alguaciles corren)
¡Alto!
(se detiene ante la hostería)
(para sí)
Si los dejara entrar, lo sé bien
¡no sería cosa fácil hacerlos salir!
¡Borrachines!
(en voz alta)
¡Ahora retirada estratégica! ¡Retrocedan!
(Los alguaciles vuelven junto a Arlequín)
¡Alto!
(para sí)
Los tres minutos han pasado ya.
MATEO
No encuentro la llave de la puerta.
ARLEQUÍN
¿La llave?
Al cerrar, la ha dejado en la cerradura
del lado de afuera.
¡Papanatas! ¡Apúrese!
(El señor Mateo aparece con un pintoresco
uniforme militar improvisado)
MATEO
¿Me permite que lleve mi Dante conmigo?
(cierra con llave la puerta)
ARLEQUÍN
No se dirá
que un capitán
no hizo un arte de la guerra.
Siga usted a estos intrépidos
a donde quiera que lo conduzcan.
Yo vigilo mientras tanto la casa. ¡De frente!
MATEO
(alejándose entre los alguaciles)
"Por mí se va hasta la ciudad doliente,
Por mí se va a la gente condenada" (Dante)
(desaparece)
ARLEQUÍN
Y ahora, concluyamos nuestra tarea.
No hay que dejar las cosas a medio hacer.
Mejor no empezar que interrumpir.
(intenta abrir)
La llave es nueva.
Llave nueva y cerradura herrumbrada
no funcionan bien.
Y ahora...
TERCER TIEMPO
5. Escena y Aria
(Colombina y Arlequín)
COLOMBINA
(entra en escena)
Capitán, perdone...
ARLEQUÍN
(le vuelve la espalda y cambia la voz)
¿Señora?
(Para sí)
¡Qué problema!
Que el cielo me fulmine
si ésta no es la voz
de mi mujer.
COLOMBINA
Capitán, ¡proteja a una mujer traicionada!
ARLEQUÍN
(como antes)
Señora, sería en vano.
Protéjase usted misma.
COLOMBINA
Escuche...
(Arlequín se da la vuelta de improviso
y Colombina lo reconoce)
¡Ah, has vuelto!
¡Aventurero, infame, ingrato y mentiroso!
¿Estás disfrazado?
¿Qué nueva felonía estás tramando?
¿Dónde estuviste?
Los días, ¡las noches! que me paso llorando.
(Para sí)
Ciertamente estoy trastornada.
(Extrae del bolso un espejo
y retoca de prisa su rostro)
ARLEQUÍN
Estás muy linda.
COLOMBINA
¡Calla!
Me reemplazas por ahí
con cualquier mujerzuela.
Cualquier falda te viene bien.
Pero no te alcanza con eso.
Continuamente te metes en problemas.
Engañas a la gente honesta,
siembras discordia por todos lados,
realizas mil enredos.
Sí, traidor, traicionas a todos
y sobre todo a mí.
ARLEQUÍN
Señora, la fidelidad
es romperse una pierna al primer paso,
es una injusticia contra un tercero,
el arco que dispara una sola flecha,
el barco que atraca en un solo puerto,
el sol que ilumina un único planeta.
No soy amigo de ella y lo demuestro
con palabras y hechos a todos,
y plena luz del día.
Por eso me siento con la conciencia tranquila
y duermo mi sueño inocente como un niñito.
¿Durmió bien usted, señora?
COLOMBINA
¡Qué frases tan odiosas dices!
ARLEQUÍN
Hablar bellamente, es una cualidad
que desafortunadamente me falta.
COLOMBINA
(cambiando astutamente de tono)
Por tu ingenio tan sutil,
por tu prestancia e inteligencia,
por tu aspecto viril
yo soy la envidia de las mujeres.
¡Pobres tontas!
¿De qué te sirven?
¡Oh, mi Arlequín querido, bien lo sabes,
te amaré con todo mi corazón,
si me eres fiel!
(Arlequín muestra signos de impaciencia)
Yo bailo, toco la pandereta y canto.
Sé prepararte los platos más exquisitos,
(se arrima a él)
sé cuidar y arreglarte la casa...
¡Arlequín! ¡Arlequín!
ARLEQUÍN
(para sí)
Una disputa franca entre hombres, la soporto,
pero estos melindres me aburren.
(disimulando, en voz alta)
Colombina, ¿ves aquella estrella?
Fíjate qué hermosa, fíjate un buen rato en ella.
Aunque se tratara de un cometa funesto,
no sabría salvarme más de prisa que así.
(Mientras ella observa el cielo, Arlequín escapa)
COLOMBINA
Sí, Arlequín...
(Se vuelve y queda admirada de la fuga)
Ha escapado. Los hombres... ¡qué cobardes!
Seguro que en esa casa quería atrapar
alguna palomita, ¡el muy ladrón!
Pues ¿qué hacía ronroneando ante la puerta?
Quiero saber...
(Golpea la puerta de la casa primero
mesuradamente, luego con violencia.
Nadie le contesta. Desde una calle
cercana llega la voz melodiosa de un
tenor oculto y el sonido de su laúd.
Colombina presta atención y retrocede
un poco)
6. Dúo / Trío
Romanza
VOZ (tenor)
(fuera de escena)
Con su laúd, con su espada
va solitario el trovador.
Alumbra su camino
la sonrisa del amor.
Franco corazón y audaces pensamientos
son las dotes del cantor.
El mañana se parece al ayer,
si fiel el sigue a su amor.
(Con estas sutiles palabras el caballero Leandro
entra en escena arrogante y va hacia Colombina.
No muy esbelto, ni joven, lleva gorra emplumada,
un espadín y un laúd; representa el tipo de tenor
de ópera de antigua estirpe)
LEANDRO
¡Oh, Colombina,
por ti he abierto el áureo cofre
de mis sueños de amor;
y por ti, el manantial de mi corazón
salpica el cielo
destilando dulces gotas
sobre las hierbas de tu florido jardín!
(realiza un acorde con el laúd)
¡Oh, Colombina!
COLUMBINA
¿Se burla usted de una infeliz mujer?
LEANDRO
¿Yo? ¿Burlarme?
COLOMBINA
¡Estoy triste! ¡He sido traicionada!
LEANDRO
¡Ay! ¿Traicionada?
¡Ay, ay, ay, ay!
Ese traidor deberá probar
la implacable hoja de mi espada.
¡Que muera!
COLOMBINA
(ríe)
¡Ja, ja, ja, ja!
LEANDRO
(desenvainando la espada y melodramático)
¡Contra el impío traidor
la venganza ejecutaré!
¡Dicha mía, y por tu amor
al malvado mataré!
COLOMBINA
¡Ay de ti, si lo ultrajas!
Lo amo y siempre lo amaré.
¡Sí, reñimos,
pero la culpa es mía, lo sé!
LEANDRO
¡Con esa sangre traidora
enrojeceré mi espada!
(Sonriendo hace una reverencia al
público con la mano sobre el corazón)
¡Oh, Colombina,
ya los deseosos labios
siento que me queman
con un fuego de ardiente amor!
Te amo, soy rico
y deseo protegerte.
COLOMBINA
(midiéndolo a la luz de su experiencia)
¡Ay, si todavía pudiera
creer en un hombre!
LEANDRO
Llevarás las joyas
que lucían mis antepasados,
serás una noble dama.
¡Doña Colombina!
COLOMBINA
¡Doña Colombina!
LEANDRO
En la antesala tendrás a los sirvientes,
y en los aposentos a los mayordomos
dispuestos a obedecer de inmediato tus órdenes.
COLOMBINA
Pero ¿estás diciendo la verdad?
LEANDRO
¡Lo juro
sobre la tumba de una antepasada
que murió asesinada!
(se horroriza)
COLOMBINA
(para sí, completamente indiferente)
Si así pudiera molestar a Arlequín.
LEANDRO
¡Habla!
COLOMBINA
¡Qué apuro!
LEANDRO
¡Habla!
COLOMBINA
(le toma las manos)
¿Y si luego descubrieras
que soy algo inconstante?
LEANDRO
¡Ay, qué inmensa alegría!
¿Entonces, aceptas?
Mi esperanza
finalmente se cumple.
¡Amor, haz resonar
las notas de tu triunfo!
¡Suspira, Venus, en el cielo,
melodías de profunda embriaguez!...
COLOMBINA
(para sí)
¡Dios mío, qué escena tan bufa!
LEANDRO
Su fulgor nos envía...
COLOMBINA
Pero ¿te parece eso de buen gusto?
LEANDRO
¡Oh sí, de gusto selecto
y muy refinado!
¡Amor, niño caprichoso,
hiere sonriendo los corazones!
COLOMBINA
(ríe)
¡Gran bribón
cómo transformas la arietta!...
LEANDRO
Ahora viene la stretta
con el do final.
¡Nunca suficientemente
alabado eres tú, Amor,
dios inmortal!
¡Dos corazones hacen, de una fogata,
un incendio celestial!
(quiebra la voz al cerrar la nota aguda)
COLOMBINA
¡Qué antiguo!
¡Qué ridículo!
(ríe)
¡Basta ya, no lo soporto más!
(Arlequín con su usual vestimenta, bajo una capa
negra, estuvo durante algún tiempo observando
a la pareja, ahora avanza resueltamente)
ARLEQUÍN
Señora, me percato que usted ha sido educada
en mi escuela. Sus progresos como alumna
son el orgullo del maestro.
Me felicito por usted y por mí.
LEANDRO
¿Quién osa aportar la disonancia
en el amoroso acorde?
ARLEQUÍN
Contigo, mi noble musicólogo,
terminaré enseguida con dos palabras.
Y usted, señora, espéreme en aquella posada
donde me permitirá que la acompañe.
(Le ofrece el brazo y la conduce delante de la
hostería. Arlequín la despide con una reverencia)
(a Leandro)
Soy el marido de esa... dama.
¡Desenvaina la espada!
LEANDRO
¿Es usted un par mío?
ARLEQUÍN
Si rehúsas batirte, yo te atacaré de todas formas.
LEANDRO
Pero si no es usted un caballero, yo no debería...
ARLEQUÍN
Podría ser hijo de un duque,
nunca se sabe. En guardia
o te traspaso como a un ratón.
LEANDRO
Lo hago en legítima defensa.
ARLEQUÍN
(señalando el laúd)
Tu preciosa ranita
podría salir dañada.
Quítatela.
(Leandro con noble gesto arroja se quita el laúd)
ARLEQUÍN
¡Adelante!
(Al primer asalto Arlequín hace caer la espada
de la mano del juglar y lo hiere. El caballero cae
como muerto. Arlequín grita con fuerza)
¡Ayuda!
(Arlequín huye ocultándose en la casa
del sastre antes de que alguien llegue)
CUARTO TIEMPO
7. Escena, Cuarteto y Melodrama
(Poco después salen de la hostería el Abate y el
Médico, este último visiblemente ebrio, luego sale
Colombina. Cae la noche)
EL MÉDICO
(indeciso)
Ya oscureció.
¡Hemos estado bebiendo mucho!
EL ABAD
¿Hay luna? ¡No!
Mejor así.
La lámpara del cielo
a menudo ilumina
las malas acciones del hombre.
(al médico)
¡Busque usted una linterna!
COLOMBINA
Hace un instante me pareció oír
que alguien pedía ayuda, temo que...
EL ABAD
No es necesario temer de antemano
si el mal no es evidente.
Si yo tuviese miedo de estar un poco borracho,
me haría mal en verdad a mí mismo.
EL MÉDICO
(con una linterna)
Se anuncia un cataclismo,
la tierra oscila.
¡Déme el brazo,
así veré mejor!
EL ABAD
El buque abandona el puerto,
yo soy el candil de proa,
y la graciosa damisela
será la estrella matutina.
(se ponen en marcha)
EL MÉDICO
Vamos a ver al alcalde.
¡Ja! ¡Los bárbaros!...
En el vino han puesto un tóxico, por eso...
EL ABAD
¡Alto, un risco! ¡Virad!
EL MÉDICO
(tropieza con el cuerpo de Leandro y cae
sobre él levantándose fatigosamente)
Este hombre está muerto.
(Colombina da un grito y se arroja sobre el
cuerpo de Leandro que no da señales de vida.
Todas las ventanas, salvo la del Sr. Mateo, se van
iluminando y poblándose de cabezas curiosas)
EL ABAD
La muerte es un gran misterio.
EL MÉDICO
No sé explicarme este caso.
(se miran unos a otros avergonzados)
EL MÉDICO, EL ABAD
¿Y qué haremos ahora? ¿Llamar a la gente?
¡Este asunto es un embrollo!
Es necesario que actuemos
con mente clara.
EL MÉDICO
¡Aquí está el cura!
EL ABAD
¡Y aquí el médico!
EL MÉDICO, EL ABAD
(juntos)
¡Todo es en vano, ya es tarde!
COLOMBINA
(plenamente en sus cabales)
¡Este hombre no está muerto!
EL MÉDICO
(burlándose)
¿Este hombre no está muerto?
¡Está muerto, sí!
COLOMBINA
No lo creo.
EL MÉDICO
Más que muerto.
COLOMBINA
¡No!
EL MÉDICO
¡Requetemuerto!
COLOMBINA
¡No!
EL MÉDICO
He aquí una : "¡mors fulminans!"
EL ABAD
¡Apoplejía!
(examina al presunto cadáver)
¡Resurrección!
¡Alabado sea Dios!
COLOMBINA
¡Lo dije!
EL MÉDICO
No lo puedo explicar.
Aquí ha intervenido el diablo.
EL ABAD
Llevemos al caballero resucitado
a la casa de nuestro sastre.
¡Sr. Mateo, Sr. Mateo!
Todo está en silencio.
(para sí)
¿Por qué nadie contesta?
(golpea la puerta de la casa de en frente)
¡Amigo, escúcheme!
¡Aquí yace un herido!
(La ventana se cierra y una sombra se aparta)
¡Ay de mí!
(golpea otra puerta)
¡Patrón, por favor, abra la puerta!
(consigue el mismo resultado al recorrer todas
las casas, pero siempre se cierran las ventanas
y las personas desaparecen con desdén)
Decididamente el hombre
tiende a ocultar
su innata bondad.
Pero para suplirla
viene la providencia.
¡Mírela ahí arriba
en forma de burro!
(Entra en escena un burro que remolca
una carreta; a su lado viene el carretero)
¿Nos queréis ayudar, buen hombre?
¡Dios esté contigo!
Tomad un ducado... Y ahora oídme:
Cuarteto
EL ABAD
Asinus providentialis, (Asno providencial)
tú eres nuestra buena estrella.
Conduce al caballero
junto al amor de su enamorada.
LEANDRO
Ya morí, pero ahora estoy vivo.
¡Qué fiel ha permanecido ella!
Aunque privado de la espada y el laúd
me basta sólo con su amor.
EL MÉDICO
La Fe es el premio de la inocencia,
el Amor es una ilusión de los sentidos.
Más profunda y más veraz
es la ciencia médica.
COLOMBINA
Los hombres sean valientes o viles,
siempre son grandes bribones.
Pero si uno me ha traicionado,
me vengaré en este otro amante.
TODOS
¡Amén!
(El carretero, ayudado por el Abate, acomoda al
caballero sobre la carreta, donde también suben
el Médico, con el laúd en bandolera y la linterna,
el Abate con las manos juntas y Colombina, junto
al caballero)
EL MÉDICO
(con tono doctoral)
¡Al lazareto!
(La carreta parte)
ARLEQUÍN
(en el tragaluz de la casa del Sr. Mateo)
¡Buen viaje, feliz boda e hijos varones!
(se asoma un poco)
Espero que no se olviden de invitarme a la boda.
(salta sobre el techo)
¡Resplandece, mi estrella!
(extiende sus brazos como
para abrazar al mundo)
El mundo es mío,
es joven la tierra,
el amor es libre.
(Con gran desprecio)
¡Ustedes arlequines!
(Ágilmente baja por los caños de desagüe, abre
la puerta, ofrece su brazo a la bella dama que lo
estuvo esperando en el interior y se aleja con ella)
8. Monólogo
MATEO
(entra en escena visiblemente abatido)
No sé ahora exactamente qué decir.
Me parece estar vagando por la dantesca selva.
Suerte que no está en mi casa
el capitán que me buscaba.
Los otros dos se han ido.
¿A dónde? ¡Sólo Dios lo sabe!
¡Bérgamo es muy grande!
(Llega ante su puerta y mira alrededor
la calle desierta y tranquila)
Tengo la impresión de que la paz ha regresado.
(Suspira, entra a casa, aparece poco después en
una ventana con un candil de aceite en una mano
y una nota en la otra. Lee la nota)
"He ido a escuchar las vísperas.
Volveré en cuanto pueda.
Tuya, Annunziata."
Ahora sí que no entiendo a nada... ¡nada!
(Humildemente resignado)
Voy a esperar su regreso ahí abajo.
(se retira de la ventana; poco después reaparece
en la puerta con el candil, las herramientas de
trabajo y su Dante. Se acomoda junto a la mesa
portátil. Sale la luna)
¡No entiendo!... ¡No entiendo!
(hojeando el libro)
En Galeote me había detenido.
Mucho no puede tardar...
Es el quinto canto. Aquí:
"Galeote fue el libro y quien lo hizo."
(Baja lentamente un pequeño telón)
Procesión y Danza
(Dos trompetistas con la tradicional librea de
teatro se ubican a la derecha y a la izquierda
del pequeño telón, hacen sonar sus trompetas
y se retiran. El caballero Leandro y Colombina
atraviesan la escena, delante del foso del
apuntador se detienen para hacer una reverencia
al público y se retiran. Siguen del mismo modo
el Médico acompañado por el Abate, la carreta
tirada por el burro que hace también una
reverencia, los dos alguaciles y por fin Arlequín
del brazo de Annunziata)
ARLEQUÍN
Señores y señoras, tengo el gran placer
de presentarles a mi nueva esposa
que hasta ahora, como mujer del sastre,
no tuvo en verdad posibilidad alguna
de desplegar ante ustedes sus atractivos.
¡Admírenla en toda su belleza!
Ella se siente muy honrada
de poder presentarse ante
tan distinguido y culto público.
(Annunziata hace una reverencia)
Mi anterior esposa
ha logrado una nueva unión.
Ella pertenece a la nobleza más selecta
y en ella permanecerá hasta
que se produzcan nuevos acontecimientos.
Y ahora dejo a las señoras juzgar mi moral.
Pero ¿qué digo? ¿Nuevos acontecimientos?
¿Acaso no se repite todo en las vueltas eternas
e inmutables de la vida?
¿Quién vence? ¿Quién sucumbe?
¿Quién sabe imponerse al final?
Sólo aquel que con sus propias fuerzas,
siguiendo las sugerencias del corazón,
y con la mente atenta, elige el recto camino;
quien se contenta con ser fiel a si mismo;
quien aún vestido de harapos guarda su entereza
y no se inclina ante nadie,
como he podido experimentarlo yo mismo.
Ahora dejo a los hombres la tarea de extraer
la verdadera esencia de todo esto,
y especialmente a los críticos,
mis jueces benévolos.
¡Señoras y señores, buenas noches!
(Arlequín y Annunziata desarrollan una breve
y alegre danza, agitando en el aire brazos y piernas.
Ambos bailando salen de escena )
(Cuando, después del aplauso, se alza el telón,
se ve a Sr. Mateo junto al candil, que cose, lee,
espera)
Digitalizado y Traducido por:
José Luis Roviaro 2011.
|