ATTO I
Intrada
Scena Prima
(Gran piazza della città di Fera terminata dalla
facciata del Real palazzo, con gran porta, e sopra
di essa balcone praticabile. All'alzarsi della tenda
si vede tutta la piazza ingombrata da folto Popolo,
confusamente disposto. Tutti hanno in mano rami
di ulivo intrecciati di nastri, simbolo de' supplicanti,
e mostrano estrema afflizione. A destra ara su cui
bruciano de' profumi; a sinistra Evandro, Ismene,
e alcuni de' cittadini più distinti; indi sul balcone
del Real palazzo, preceduto da improvviso suono
di tromba, un Banditore)
BANDITORE
(affacciandosi al verone)
Popoli che dolenti
Della sorte d'Admeto,
in lui piangete più il padre
che il regnante, udite:
È giunto per lui l'ultimo dì,
non ha soccorso, speme non ha;
d'inesorabil morte
preda ugualmente sono
nel tugurio i pastori,
i re sul trono.
POPOLO
Ah, di questo afflitto regno,
giusti dei, che mai sarà?
ISMENE, EVANDRO
Giusti dei, che mai sarà?
Ah, per noi del ciel lo sdegno
Peggior fulmine non ha.
No! No! Peggior fulmine non ha.
POPOLO
Ah, di questo afflitto regno, ecc.
ISMENE
Infausta reggia
che immersa nel gemito
di voci flebili risuonerà!
Patria infelice che un denso turbine
D'armi straniere circonderà!
Patria infelice, infausta reggia!
POPOLO
Ah, di questo afflitto regno, ecc.
(Aria di pantomimo che esprime desolazione e lutto)
EVANDRO
Amorosi vassali, oggi riceve
di tante sue virtù nel commun lutto
un giusto premio il nostro re,
ma invano per lui si piange:
alle preghiere, a' voti
non son propizii i Numi.
Andiamo ai tempi
vittime e doni ad offrir;
si chieda un oracolo almeno,
almen si sappia in si grave periglio
se per noi v'è pietà, se v'è consiglio.
POPOLO, ISMENE, EVANDRO
Ah, di questo afflitto regno, ecc.
EVANDRO
Perché a' tiranni ride serena
l'adulatrice felicità,
e i giusti gemono nella catena
d'inseparabile avversità?
Perché? Perché?
POPOLO, ISMENE, EVANDRO
Ah, di questo afflitto regno, ecc.
EVANDRO
Tacete:
ah, della reggia s'apron le porte.
Oh Dio! Mi trema il cor:
mille funesti oggetti
mi dipinge il pensier.
Venite, andiamo la dolente regina
pietosi a consolar,
ma no, fermate, nel suo dolor oppressa
co' mesti figli suoi
viene ella stessa.
Scena Seconda
POPOLO
Misero Admeto, povera Alceste,
dolenti immagini, idee funeste
di duol, di lagrime e di pietà.
Chi fra gli amplessi
chi fra i lamenti
dei figli teneri, figli innocenti
l'afflitta madre consolerà?
ALCESTE
(esce dal palazzo tenendo per mano
i due suoi figli Eumelo ed Aspasia)
Popoli di Tessaglia,
ah mai più giusto fu il vostro pianto;
a voi non men che a questi
innocenti fanciulli Admeto è padre.
Io perdo il caro sposo,
e voi l'amato re.
La nostra sola speranza, il nostro amor,
c'invola questo caso crudel,
né so chi prima in si grave sciagura
a compianger m'appigli
del regno, di me stessa, o de' miei figli.
La pietà degli dei sola
ci resta d'implorare, a ottener:
verrò compagna alle vostre preghiere,
a' vostri sacrifizi avanti all'are
una misera madre, due bambini infelici,
tutto un popolo in pianto presenterò così.
Forse con questo spettacolo funesto,
in cui dolente gli affetti,
i voti suoi dichiara un regno,
placato alfin sarà del ciel lo sdegno.
Io non chiedo, eterni dei
tutto il ciel per me sereno.
Ma il mio duol consoli almeno,
qualche raggio di pietà.
Non comprende mali miei
né il terror che m'empie il petto,
chi di moglie il vivo affetto,
chi di madre il cor non ha.
ALCESTE
Misera, o Dio, che pena!
Cari figli, del diletto sposo mio
ritratti espressi,
ah, correte a dolci amplessi,
ah, stringetevi al mio sen!
Freddo ho il sangue ad ogni vena
se a voi penso, oh figli amati!
Ah, di me più sventurati
non vi renda il fato almen.
Non comprende i mali miei, ecc.
POPOLO
Miseri figli! Povera Alceste!
Dolenti immagini, idee funeste, ecc.
Chi? Chi?
L'afflitta madre consolerà?
ALCESTE
Non si perda, o miei fidi,
l'ora in dolersi.
Insieme la clemenza de' numi
corriamo ad implorar.
Già si prepara per cenno mio
il sacro rito; io stessa a voi darò
l'esempio d'umiltà, di rispetto.
POPOLO, ISMENE, EVANDRO
Al tempio! Al tempio!
Ah di questo afflitto regno, ecc.
Ah, per noi dal ciel lo sdegno, ecc.
Scena Terza
(Il tempio di Apollo, con ara e statua del Nume.
Il Gran sacerdote, sacerdoti e sacerdotesse intorno
all'ara. Il popolo si accalca nell'interno del tempio)
GRAN SECERDOTE
Dilegua il nero turbine
che freme al trono intorno.
CORO
Dilegua il nero turbine
che freme al trono intorno.
GRAN SECERDOTE
Oh, fa ritrato, Apolline,
col chiaro tuo splendor.
CORO
Sai che ramingo ed esule
t'accolse Admeto un giorno...
GRAN SECERDOTE
...che dell'Anfriso al margine
tu fosti il suo pastor.
CORO
Dilegua il nero turbine
col chiaro tuo splendor.
GRAN SECERDOTE
(avvicinandosi all'ara)
A te Nume del Giorno
a te del Cielo ornamento e splendor,
da noi svenate queste vittime sono,
a te consuma la sacra fiamma
arabo odore.
Ingombra colle nere ali sue
l'orrida morte il nostro amore,
il nostro re.
Risplenda un tuo raggio per lui,
tu rasserena la Tessaglia
infelice in pianto involta,
e d'un popolo amante i voti ascolta.
CORO
Dilegua il nero turbine
Che freme al trono intorno.
Oh fa ritrato Apolline,
col chiaro tuo splendor.
GRAN SECERDOTE
Sospendete, o ministri,
il sacrifizio e le preghiere;
al tempio la regina s'avanza:
alla dolente devota pompa
esser vorrà presente.
Scena Quarta
(Entra il seguito della Regina co' doni per il Nume, e
s'alloga il Popolo co' sacerdoti a dritta e a sinistra)
ALCESTE
(vicino all'ara)
Nume, eterno, immortal,
se col tuo sguardo
che de' nostri pensieri scopre i segreti,
in me finor trovasti puro cor,
caste voglie, innocenza e pietà:
se ogni mia sorte da te conobbi,
e se il tuo culto, e questa immagin tua
mai fu da me negletta,
l'offerte, i voti miei benigno accetta.
CORO
Dilegua il nero turbine, ecc.
Oh fa ritrato, ecc.
GRAN SECERDOTE
I tuoi prieghi, oh regina, i doni tuoi
propizio oltre l'usato Apollo accoglie.
A cento segni espressi
già presente io l'affermo.
Ecco che invaso dal suo sacro furor
quel che ragiono oltrepassa il mortale.
Ecco si spande odor celeste,
al simulacro intorno
arde un cerchio di luce.
Ah, già son pieni questi archi
e queste mura della mente del Nume,
i suoi decreti ei stesso detterà.
L'altare ondeggia,
il tripode vacilla,
si scuote il suol,
rimbomba il tempio!
Oh genti, in rispetto, in timore
tacete, udite, e tu deponi, Alceste,
l'orgoglio del diadema:
piega a terra la fronte,
ascolta e trema.
L'ORACOLO
(dalla bocca del Nume)
Il re morrà
s'altri per lui non more.
CORO
Che annunzio funesto
di nuovo terrore!
Fuggiamo, fuggiamo
da questo soggiorno d'orrore.
(Fuggono tutti dal tempio. Alceste
è rimasta sola con i figli)
Scena Quinta
ALCESTE
Ove son, che ascoltai?
Qual non oscuro oracolo fatale
il Nume pronunziò!
Che fiero istante questo è per me!
Quanti e diversi affetti
mi solleva nel cor!
Rispetto, amore, maraviglia,
spavento, debolezza e virtù:
tutti a vicenda, mi s'affollano in sen.
Son sì smarrita nel turbamento inusitato,
e nuovo, che in me cerco me stessa,
e me non trovo.
Questo dunque è il soccorso
che dal Cielo aspettai!
Morrà lo sposo
s'altri per lui non more!...
A chi proporlo!...
Da chi sperarlo!...
A qual crudel decreto
ciascun m'abbandonò.
De' miei fedeli alcun non veggo...
A tutti cara è la vita...
Il miglior dono è questo
che far possan gli Dei...
Misero Admeto! Prence infelice!
Ove trovar chi voglia
per prolungarti i giorni,
sé stesso e i giorni suoi porre in oblio?
V'è chi t'ami a tal segno?
Ah! Vi son io!
Già tutta alla mia mente luminosa
si mostra la grande idea.
Già di sublime ardire mi s'empie il cor.
Chi tanto di me, del mio volere
Signor si rende? Ah!
Lo conosco il nume,
il nume in me si muove.
Egli m'ispira il sacrifizio illustre.
Ei vuol che Alceste
un magnanimo esempio oggi assicuri
alle spose fedeli a' dì futuri.
Ombre, larve, compagne di morte,
non vi chiedo, non voglio pietà.
Se vi tolgo l'amato consorte,
v'abbandono una sposa fedel;
non mi lagno di questa mia sorte,
questo cambio non chiamo crudel.
Ombre, larve, compagne di morte,
non v'offenda si giusta pietà.
Forza ignota che in petto mi sento,
m'avvalora, mi sprona al cimento,
di me stessa più grande mi fa.
Scena Sesta
(Alceste in atto di partire con Eumelo e Aspasia; indi
Evandro che frettoloso accorrendo s'incontra in lei;
indi Ismene da un'altra parte, e con fretta)
EVANDRO
Ah, t'affretta oh regina,
in brevi istanti Admeto non vivrà:
l'orror di morte già gli corre sul volto.
Almen rivegga la dolce sposa.
ISMENE
Alceste, ah corri, ah non tardar!
Di te richiede, ti chiama il re.
Morir si sente, e seco
la sua sposa non vede,
non trova i figli;
ha sempre sulle labbra il tuo nome
e gira intorno gli occhi gravi
e languenti di te cercando.
ALCESTE
Omai l'atto grande s'adempia!
EVANDRO
Da' numi, ah ben lo sai!
Non v'è più che sperar.
Vieni, t'abbracci l'infelice tuo sposo
un'altra volta ancor.
Vada alla tomba con quel dolce
conforto più lieto almen.
Che più gli resta in queste
Sue mortali agonie?
ALCESTE
(con maestà e risolutezza)
Gli resta Alceste.
(Parte in fretta co' figli)
Scena Settima
(Evandro, Ismene, e subito a uno, a due, a tre,
Ministri del tempio, Sacerdoti, cittadini, uomini,
e donne da diverse parti, i quali interrogando i
suddetti personaggi, che in atto di partire mostravano
di andar dietro ad Alceste, gli fermano sulla scena)
DUE CITTADINI
E non s'offerse alcuno?
... E alcuno ancora non si presenta?
ISMENE
È vana questa speranza.
EVANDRO
Ognuno ama se stesso...
ISMENE
... Ama la vita.
ALTRE VOCI
E come...
... i vecchi padri...
... e i figli...
... e i congiunti...
... e le spose...
... amati oggetti...
... amorosi così...
... teneri tanto...
TUTTI
In lutto abbandonar,
lasciare in pianto?
VOCI
Non ho cor...
... non mi sento tanta virtù.
Tremo in pensarlo.
Oh giorno infausto troppo!
E la regina?
E Alceste?
ISMENE
Corre al consorte...
EVANDRO
Partì. Ah non resiste
misera al suo dolore.
ISMENE
...anche per lei ci rimane a tremare.
VOCI
Oh Alceste!
Oh Admeto!
Giusto re!
Dolce padre!
Ah non lagnarti
d'un popolo fedel,...
...non incolparlo di finto amor,...
...di menzognera fede.
TUTTI
Troppo domanda il ciel.
Troppo ci chiede, troppo ci chiede.
Chi serve e chi regna
è nato alle pene;
il colmo del bene
il trono non è.
I pianti vi sono,
le cure gli affetti,
gli affanni e i sospetti
tiranni de' re.
(Partono tutti da diverse parti)
Atto II
Scena Prima
(Oscura e folta selva sacra agli Dei infernali,
coro e ballerini. Notte. Entra Alceste con Ismene)
ISMENE
Ferma. Perché abbandoni
il tuo sposo spirante,
i figli in pianto, la reggia in lutto?
In questi solitari ritiri d'avide belve,
il piede come ardisci inoltrar?
Con qual disegno? Per qual vana speranza?
E vuoi lasciarti tanto
in preda al dolor?
ALCESTE
T'accheta e parti.
ISMENE
Ma dove andrai? Già l'ombre sue
dispiega la cheta notte.
Ignote sono a noi queste selve:
un culto antico sacre le rende,
ognuno ne paventa l'accesso.
Ah! Se fra tanto che qui
senza consiglio errando vai,
che privo di te, del tuo soccorso
lasci lo sposo tuo, morte l'invola?
ALCESTE
Non parti?
ISMENE
Ubbidirò.
ALCESTE
Lasciami sola.
ISMENE
Parto, ma senti! Senti, oh Dio!
Di te che mai sarà!
Alceste, ah, per pietà,
parla, rispondi, parla!
Mi fa tremar il core,
quel che non sai celar,
ma più mi fa tremar
quel che m'ascondi.
ALCESTE
Non parti?
ISMENE
Parto, oh Dio!
Mi fa tremar il core, ecc.
(Parte)
Scena Seconda
ALCESTE
Partì, sola restai.
Teneri affetti,
magnanimi pensieri,
eccovi in libertà.
Ma dove sono,
in qual parte m'aggiro,
dove incauta m'inoltro?
Ah, qual paura spirano queste piante!
In qual profonda caliginosa notte
mi veggo immersa!
Un cheto, alto silenzio ingombra
la tenebrosa selva, ove non odo
vento alcun che sussurri,
fronda scossa che tremi,
eco che plori.
Sol questi muti orrori
interrompe talor lugubre suono
d'acqua che fra le rupi
urta e si frange,
o di notturno augel che rauco piange.
E fra tanti spaventi
io respiro infelice.
Ah, mentre in vita mi serba
Amor che vive in me,
s'affretti il glorioso cimento.
Assistetemi, oh numi,
ecco il momento.
Tu tiranno dell'ombre,
tu signor dell'abisso,
e voi di Lete
e voi di Flegetonte,
implacabili dei che avete il trono
in quelle ignote al sol
chiostre funeste,
chiamo voi, parlo a voi.
NUMI INFERNALI
Che chiedi, Alceste?
ALCESTE
Chi mi parla? Che rispondo?
(si veggiono comparire nel fondo del
bosco alcuni spettri luminosi)
Ah, che veggo? Ah, che spavento!
Ove fuggo? Ove m'ascondo,
ardo, gelo, e il core io sento
venir meno oppresso in seno
con un lento palpitar.
Non ho voce, non ho pianto
manco, moro, e in tanta pena
il vigor mi resta appena
per dolermi e per tremar.
NUMI INFERNALI
E vuoi morire, oh misera,
quando di gioventù
t'adorna il fiore?
Troppo ti lasci opprimere
in dura servitù da cieco amore.
ALCESTE
Stelle!... Chi mi risveglia da
quel forte letargo,
in cui mi strinse debolezza e terror!...
L'ardir primiero come ritrovo in me!
Come diversa tanto son da me stessa!...
O sia che morte quanto più s'avvicina
meno orribil diventi;
o che men si sgomenti nell'incontro crudel,
chi per sua scelta perde la vita;
all'alma mia non sono già tremende così,
già tanto atroci quell'ombre,
quelle larve, e quelle voci.
NUMI INFERNALI
Altro non puoi raccogliere
da questa tua virtù che un vano onore,
pensa o malcauta giovane
che mai risorge più,
mai più chi more.
ALCESTE
Lo so, numi, lo so,
ma forse intanto spira il mio ben,
forse fra' labri suoi cogli ultimi singulti
si confonde il mio nome.
Ah no, si salvi, viva l'amato Admeto,
e Alceste adempia i decreti del ciel,
vittima illustre d'amor, di fedeltà.
Numi d'Averno, udite
Il voto mio tremendo e sacro.
A voi, per il mio sposo,
io mi consacro.
NUMI INFERNALI
Dunque vieni, la morte t'accetta,
e di Lete ti mostra il sentier.
Già ti chiama, ti sgrida, t'affretta,
dalla sponda l'antico nocchier
Vieni, la morte t'accetta.
Già ti chiama, vieni, ti sgrida, t'affretta
Dalla sponda l'antico nocchier.
ALCESTE
Uditemi, fermate! Ah, troppo,
oh numi, siete pronti a' miei voti!
Il caso mio è degno di pietà.
Soffrite almeno che una moglie,
una madre, dal consorte, da' figli
abbia un amplesso,
prenda l'ultimo addio.
NUMI INFERNALI
Ti sia concesso.
ALCESTE
Non vi turbate, no,
pietosi dei,
se a voi m'involerò
qualche momento.
Anche senza il rigor
De' voti miei,
io morirò d'amor e di contento.
(Pantomimo de' Numi infernali)
Scena Terza
(Camera del palazzo. I cortigiani celebrano
l'inaspettato ristabilimento d'Admeto)
CORTIGIANI
Dal lieto soggiorno funesti pensieri
fuggite, volate, volate, fuggite.
Al trono d'intorno ridenti piaceri
venite, tornate, venite, tornate.
(Ballo)
EVANDRO
Or che morte il suo furore
porta altrove e il lutto e i pianti,
che più belle son le stelle
e per noi giran più liete:
voi che amico avete amore,
vaghe spose, accesi amanti,
d'odorose fresche rose
coronatevi e godete.
(Ballo)
CORTIGIANI
Dal lieto soggiorno
funesti pensieri, ecc.
Scena Quarta
EVANDRO
Signor, mai più sincero d'un popolo fedele
il giubilio non fu.
Quanto l'afflisse di perderti il timor!
Padre t'adora, ti rispetta regnante:
in te ripone la sua felicità.
No, non eccede il publico piacer,
quando fra tante di pianto,
e di dolor meste vicende, pietoso a' nostri voti,
il ciel ti rende.
ADMETO
Da qual letargo, Evandro,
mi risveglio in un punto;
e qual portento alla tomba m'invola!
Ancor ingombra d'immagini di morte
la mente mi vacilla: ad altri oggetti
rivolgersi non osa l'attonito pensier;
sospeso ancora in un dubbio molesto,
non so troppo se sogno o se son desto.
EVANDRO
Ah, respira, mio re. Giorni felici
ti promette la sorte.
Idee più liete nell'anima raccogli;
pensa a goder. Del nostro amore
è dono la vita che t'avanza;
il nostro pianto dal ciel l'ottenne;
alcun di tuoi più cari
l'oracolo adempi.
ADMETO
Come? Che Ascolto?
Che disse il nume?
EVANDRO
Il re morrà se un altro non muor per lui.
ADMETO
Barbara legge! E credi...
EVANDRO
Sì! Tu risorgi e in un momento.
Effetto non è questo del caso,
non d'umano soccorso;
opra è del ciel.
Vi fu, signor,
chi a morte per te s'offerse;
il dubitarne è vano.
ADMETO
Oh troppo ingiusto, oh strano
voler de' numi!
Oh sagrifizio illustre
d'un amico fedel!
Merita, Evandro,
più d'ogni altro la vita,
chi così ne fa dono.
E a chi son io di tanto debitor?
EVANDRO
Non è palese.
ADMETO
E Alceste? E la mia sposa?
Ov'è? Che fa?
Perché non viene ancor meco a goder
di queste contentezze improvvise?
EVANDRO
Eccoti Alceste.
Scena Quinta
(Alceste, Ismene, Seguito d'Alceste e detti)
ADMETO
Adorata consorte, e pur di nuovo
ti riveggo, son teco, son tuo,
ti stringo al sen.
Per te penoso m'era il morir;
per la diletta Alceste
amo tanto la vita.
I cari figli così mi serbi il ciel,
com'io sol bramo
nel nostro dolce laccio
passarne i giorni, e poi
morirti in braccio.
ALCESTE
(fra sé)
Misera! Che dirò?
ADMETO
Non mi rispondi!
Ma perché non mi parli!
Ah perché con quelle lagrime
m'avveleni il mio contento?
Perché? Perché?
Dunque io godo un sol momento
e poi sempre ho da soffrir.
Idol mio!
ALCESTE
Mancar mi sento.
ADMETO
Non rispondi.
ALCESTE
Ah che martir!
ADMETO
Uno sguardo...
ALCESTE
E senza piangere!
ADMETO
Un amplesso...
ALCESTE
Oh Dio, l'estremo!
ADMETO
Ah, m'ascolta...
ALCESTE
Io gelo, io tremo.
ADMETO
Parla almen...
ALCESTE
Che posso dir?
ADMETO
È mia pena il tuo tormento,
sei mia speme e mio tesoro.
ALCESTE
Mille volte io così moro
pria di giungere a morir.
ADMETO
Consorte! Alceste! E perché più palese
a me non è tutto il tuo core?
A parte perché più non son io
de' tuoi contenti, delle tue pene?
ALCESTE
Ah, la fedel sposa non affligger così!
Tu vivi! E al mondo altri non v'è
che più ne goda,
e v'abbia di me parte miglior.
ADMETO
Ma perché tanto dunque t'affanni?
ALCESTE
Oh Dio, non curar di saperlo.
ADMETO
Altri perigli minaccia il cielo?
Ah, mi conservi Alceste, e poi tutto
si sfoghi in me lo sdegno suo!
M'ami?
ALCESTE
Se t'amo?
Lo san gli dei, lo sa il mio cor.
T'adoro, t'adorerò.
La tomba il mio pudico affetto
estinguer non potrà. L'anima mia
seco trarrà nel fortunato Eliso
questo tenero amor.
Per la tua vita mille vite io darei.
ADMETO
E i cari figli?
ALCESTE
Non ti turbar, son salvi i figli.
ADMETO
E come, temer puoi che la sorte
che ci ride felice ancor si cangi?
Vivo; sei mia;
son salvi i figli, e piangi!
ALCESTE
Ma non sai?
Ma ti è ignoto, come Apollo parlò?
ADMETO
Lo so; t'intendo; v'è chi more per me.
Senti, io comprendo
del magnanime voto
la sublime virtù.
Tuo sposo apprese il prezzo della vita;
un sì gran dono avanza ogni mercé!
Ma se t'è noto questo eroe,
questo amico,
questo benefattor, scoprilo:
io giuro che eterno in questi lidi
il suo nome vivrà; che alla sua sposa,
a' genitori, a' figli,
padre, figlio, consorte sempre sarò:
che dopo te, mia vita, la miglior parte
avranno di tutti i miei pensieri
e del cor mio. Parla.
ALCESTE
Oh Dei!
ADMETO
Piangi?
ALCESTE
Ah sposo!
ADMETO
E ben!
ALCESTE
Son io.
ISMENE, EVANDRO
Santi numi del ciel!
ADMETO
Tu, come Alceste! Tu stessa!
Oh, colpo atroce!
Oh nero giorno!
Oh d'una cieca mente, misero error!
Tu m'ami e te non ami,
e a segno di morir, di lasciarmi,
di privarmi di te.
Che mai facesti!
Io quando mai ti chiesi
questa prova d'amor!
Quando? Rispondi, parla,
stracciami il cor!
Ma quando, oh Dio!
ALCESTE
Sposo, non v'è più tempo.
I voti miei son scritti in cielo.
Il tuo presente stato lo palesa abbastanza,
e mai più chiaro il dio parlò.
ADMETO
No; No crudel, non posso vivere,
tu lo sai senza di te.
Non mi salvi ma m'uccidi
Se da me così dividi
la più viva, la più tenera,
cara parte del mio cor.
E un sì barbaro abbandono,
e l'orror d'un tale addio,
virtù credi e chiami amor!
Nel tiranno affanno mio
Ogni morte, oh numi, è un dono:
d'una vita così misera
peggior sorte oh Dio non v'è!
No crudel, ecc.
(Parte e seco Evandro)
Scena Sesta
ALCESTE
Oh tenerezza! Oh amore!
Degni d'altra fortuna
e troppo presto estinti!
Ah, già s'avanza il momento fatale!
Ad ora, ad ora illanguidir mi sento,
mi sento indebolir.
M'abbaglia il giorno,
mi s'aggrava il respiro,
un fuoco interno consumandomi va.
Diletta Ismene, amorose compagne,
negli estremi momenti
assistetemi ancora.
A me togliete queste misere pompe:
a me recate le ghirlande, i profumi,
l'ultime offerte mie abbiano i numi.
ISMENE
Oh, come rapida nel suo bel fiore
La vita amabile per te fuggi!
CORTIGIANI
Oh, come rapida la vita amabile
per te fuggi!
ISMENE
Qual rosa tenera che in sull'albore
gelido borea inaridì.
CORTIGIANI
Oh, come rapida, ecc.
ISMENE
Così bella!
CORTIGIANI
Così giovane! Così casta! Così cara!
Crudel preda a morte avara,
giusti dei, perché sarà?
ISMENE
Quel bel volto e quel bel riso...
CORTIGIANI
Lo splendor di que' bei lumi...
Ah perché, ah perché, pietosi numi,
sempre a noi s'asconderà?
ALCESTE
(S'accosta all'ara, e brucia de' profumi)
Vesta, tu che fosti e sei
tutelar mio primo nume,
per tuoi figli i figli miei,
deh, ricevi in questo dì.
Ed in te trovino allora
ch'io sarò fredd'ombra errante,
una madre così amante
come quella che morì.
TUTTI
Oh, come rapida nel suo bel fiore, ecc.
ALCESTE
Oh casto, oh caro nuzial mio letto,
mia dolce cura, mio solo affetto,
finchè da queste stelle funeste
volle difendermi
pietoso il ciel,
se un'altra accogli sposa novella
sarà più cara, sarà più bella
della tua misera estinta Alceste:
ma non più tenera, né più fedel.
ISMENE
Così bella, così giovane,
dar se stessa in braccio a morte.
Fra i lamenti, fra le lagrime,
e de' figli e del consorte...
TUTTI
Non v'è sorte oh Dio più barbara,
non v'è affanno più crudel.
ISMENE
Regina, ecco i tuoi figli.
(prendendo i figli e conducendoli ad Alceste)
ALCESTE
Amati pegni del pudico amor mio,
teneri figli, abbracciate la madre!
Ah, forse questi i nostri
sono ultimi baci!
Invano mi lusingai d'esser felice
un giorno nel vedervi felici!
Arder le tede io non vedrò,
né vostri lieti imenei:
non udirò la Grecia vantar
le vostre glorie e le vostre virtù.
Che crudel sorte per una madre!
Il sen m'inonda il pianto,
l'impeto de' sospiri
mi soffoga gli accenti,
ed all'aspetto di sì fiero destin,
di tanti affanni, timorosa, smarrita,
par che l'anima mia fugga la vita.
EUMELO
Ah, mia diletta madre!
Oh Dio, mi baci e piangi!
E vuoi lasciarmi
e parli di morir.
ASPASIA
Ah, madre amata!
Oh Dio, m'abbracci,
cara madre, e sospiri!
E abbandonarmi vuoi.
EUMELO, ASPASIA
Miseri noi!
ALCESTE
Figli, diletti figli! Oh Dio!
Purtroppo ho da morire.
Invano v'affollate al mio seno
e mi stringete colle braccia amorose.
Oh come presto
questi nodi soavi sciolti saran!
Quella pietà, quel pianto
più giovarmi non può...
Venite, andiamo al genitore:
a lui vi fidi, a lui
la moribonda madre vi raccomandi
almen...
Ma... qual m'assale
nuovo atroce pensier
che in ogni vena un ribrezzo mortale
scorrer mi fa!
Piangete, ah sì,
piangete, innocenti fanciulli!
Io v'abbandono con incerte speranze
ad un amor ch'esser potrebbe spento
col volger degli anni...
eccovi servi a una madre -
ah, qual madre! - madre solo di nome.
Eccovi esposti all'invidia, a' sospetti,
agli odi, a tanti di regno, e gelosia
ciechi consigli.
Non avete più madre,
amati figli!
Ah, per questo già stanco mio core
sono, oh cari bambini amorosi,
tanti dardi que' languidi sguardi
che girate sì teneri a me!
Già vi sento turbarmi i riposi
quando afflitti, smarriti, dolenti,
voi direte; "Ah la madre dov'è,
ah la madre, ah la madre morì".
È il più fiero di tutti i tormenti,
lo staccarsi da' dolci suoi figli,
e lasciarli fra tanti perigli,
e lasciarli nel pianto così.
TUTTI
Oh, come rapida nel suo bel fiore
la vita amabile per te fuggi! ecc.
ATTO III
Scena Prima
(Vestibulo magnifico del palazzo)
ADMETO
Ah mio fido!
EVANDRO
Ah mio re!
ADMETO
D'Alceste il voto rivocarsi non può.
EVANDRO
Non puoi tu stesso morir per lei.
ADMETO
Non lo consente il cielo.
EVANDRO
È muto il Nume.
O sorti per noi troppo funeste.
ADMETO
Alceste ha da morir!
EVANDRO
Perdiamo Alceste!
ADMETO
Misero! E che farò!
E come, e come e con qual cor
i figli abbraccerò;
che in tanto suo rigor
mi serba in vita ancor
la barbara pietà del ciel tiranno!
Misero! E con qual cor
io li consolerò,
che mai risponderò
quando, bagnati in lagrime,
la madre al genitor
rammenteranno!
La madre - ah, che dolor! -
mi chiederanno.
Scena Seconda
(Alceste sostenuta da Ismene, Eumelo, Aspasia,
seguito da Donzelle, indi Numi infernali)
ALCESTE
Sposo, Admeto, idol mio!
Ecco il momento che da te mi divide
e che le nostre amabili catene
scioglie per sempre.
Intorno a me sdegnosa
gira l'ombra di morte
che il ferro stringe, alza la destra,
e accenna a vibrare il fatal colpo.
In breve Alceste, gelida spoglia
In freddo marmo ascosa
Non sarà più madre, regina e sposa.
Vieni dunque, e ricevi
questi che a te confida, pegni diletti,
e prendi l'ultimo addio.
ADMETO
L'ultimo!
ALCESTE
Ah!... sì.
ADMETO
Mi sento da una piena d'affanni
Sconvolto il core!
ALCESTE
Aspasia, Eumelo,
oh care parti di questo seno!
Pensate a me, venite
sovente alla mia tomba,
ornatela di fiori.
(fra sé)
Ombra amorosa vi girerò d'intorno.
(in alta voce)
E della vostra povera madre
il memorabil voto, la fedeltà, l'amore
rammentate talvolta al genitore.
Cari figli, ah! Non piangete;
tutto il suo tenero affetto
vi promette il genitor.
ADMETO
Cari figli ah voi sarete
il conforto ed il diletto
soli voi di questo cor.
ALCESTE
Ti consola, oh sposo amato!
ADMETO
Troppo è barbaro il mio fato!
ALCESTE, ADMETO
Ah mio bene! In tal momento
Sol m'affanna il tuo dolor!
ADMETO
Che acerbo tormento
che strazio, che morte
la dolce consorte vedersi rapir.
L'esempio son io di quanto si possa
da un misero, oh Dio!
Vivendo soffrir.
Numi, amici, ah chi m'aiuta!
ALCESTE
Sposo, figli, ah mentre è in vita
Abbracciate Alceste ancor.
ADMETO, ISMENE, EVANDRO
Ma qual suono di voci tremende,
qual caligine involta di tenebre
ci sorprende, ci copre d'orror!
ADMETO
Quant'ombre di terribile aspetto!
Che avverrà! oh sposa!
EVANDRO
Quante larve di sembianza
feroce e minacciosa!
ISMENE
Che vorranno!
EUMELO, ASPASIA
Ah madre!
NUMI INFERNALI
Vieni Alceste, il tuo voto rammenta:
mai la Parca sospese sì lenta
il severo suo fiero rigor.
ALCESTE
Ahimè!
Chi mi riscuote!
Chi mi scioglie
da quella stupidezza di sensi
in cui languivo priva d'ogni dolor
tranquilla e muta.
Qual gente mi circonda!
Ah, son perduta!
NUMI INFERNALI
Perché ti trattieni!
Sei vittima a Dite.
ADMETO
Fermatevi: udite, saziatevi, oh dei,
e seco rapite un sposo amoroso,
che senza di lei, no più non vivrà.
NUMI INFERNALI
Non è più permesso,
non v'è più pietà.
ADMETO
Ma almeno un istante...
ALCESTE
Ma ancora un amplesso...
NUMI INFERNALI
Non è più permesso,
non v'è più pietà.
UN NUME
Vieni!
ADMETO
Ah barbari!
NUME
Affrena, temerario mortale,
lo sconsigliato ardir che ti trasporta.
ALCESTE
Figli addio,
sposo addio!
ADMETO
Moro.
ALCESTE
Son morta.
(Alceste è portata via dai Numi infernali. Admeto
cade tramortito ed è condotto dentro)
Scena Terza
UNA VOCE
Morì?
Non vive più?
EVANDRO
Fra quelle larve s'ascose, ci disparve.
ISMENE
Io gelo... di terror.
EVANDRO
Io tremo... di spavento.
ISMENE, EVANDRO
Oh noi dolenti!
Chi ci soccorrerà?
Chi ci conforta?
CORTIGIANI
Piangi, oh patria, oh Tessaglia.
è morta! Alceste. Alceste è morta!
ISMENE
Alceste è morta!
Ahimè!
Mai fine il pianto avrà
che queste bagnerà,
spiagge funeste!
CORTIGIANI
Piangi, o patria, ecc.
EVANDRO
Morte trionfa
e altera il vanto di beltà.
L'esempio di onestà.
Seco sen' porta.
CORTIGIANI
Piangi, oh patria ecc.
ISMENE, EVANDRO
Ogni virtù più bella
con lei da noi partì:
punirci, ah voi così
Numi, voleste!
CORTIGIANI
Piangi, oh patria ecc.
(Admeto entra con seguito di cortigiani
che lo circonda per disarmarlo)
Scena Quarta
ADMETO
Lasciatemi, crudeli,
invan sperate impedirmi il morir:
s'oppone invano a miei disegni il cielo.
È morta Alceste; e la vita
diventa un supplizio per me.
Come potrei di queste odiose mura
l'aspetto sopportar!
Girar lo sguardo, né più vederla!
Andar volgendo il passo,
e incontrar da per tutto
solitudine e lutto!...
Ah! Chi mi toglie di sottrarmi
morendo a un destino sì rio,
è il peggior dei viventi
e l'odio mio.
ISMENE
Ah signore!
EVANDRO
Ah mio re!
ADMETO
Scostati; taci;
lasciami, per pietà.
ISMENE
Ma questo regno...
EVANDRO
Ma questi figli...
ADMETO
Ismene, Evandro, oh Dio!
Di straziarmi cessate...
io non ho in mente,
non ho nel core altri che Alceste,
e voglio riunirmi con lei.
(comincia a vedersi lume in aria)
ISMENE
Ma qual fiammeggia improvviso balen?
EVANDRO
Qual ampio lume le nubi accende?
ADMETO
Ah, nella tomba istessa
coll'adorata sposa chiuso io sarò:
la seguirò fedele nel soggiorno felice
ch'a' giusti, ed agli eroi il ciel riserva.
EVANDRO
Ferma...
ISMENE
Aspetta...
ADMETO
Che fu?
EVANDRO
Rimira...
ISMENE
Osserva...
ADMETO
Che prodigi son questi?
ISMENE
Ah, un Nume!
EVANDRO
Un nume fra noi discende
e sembra che tutti i rai
del sol si tragga appresso.
ADMETO
Stupisco.
ISMENE, EVANDRO
Mi conforto.
ADMETO
È Apollo!
ISMENE, ADMETO
È desso!
Scena Ultima
(Apollo in nuvola luminosa preceduto dai suoi
Sacerdoti (ballerini). Alceste chiusa in un gruppo
di nuvole)
APOLLO
Admeto, in cielo ancora
il tuo misero affanno
destò pietà. Della fedel
tua sposa il magnanimo voto
piacque agli dei.
Son degni due sì teneri amanti
d'una sorte migliore.
In terra un giorno se m'accogliesti,
il maggior premio ottieni
che dal favor celeste
sperar possa un mortal: ti rendo Alceste.
ADMETO
Ah, mia vita!
ALCESTE
Ah, mio ben!
ADMETO
Vivi!
ALCESTE
T'abbraccio!
ADMETO
Oh portento!
ALCESTE
Oh stupore
ADMETO
Oh me felice!
ALCESTE
Oh cari figli! Oh diletto consorte!
E pur di nuovo tutti vi stringo al seno.
ADMETO
Oh ciel pietoso!
Oh benefico Nume! Oh fausto dì!
Festeggi l'inaspettato evento
il regno mio:
s'appresti solenne sacrifizio,
e i primi o cara, pensieri tuoi,
i primi voti miei,
in si lieta fortuna
abbian gli dei.
CORTIGIANI
Regna a noi con lieta sorte,
donna eccelsa, a cui sul trono
altra donna ugual non fu.
Bella e casta, e saggia e forte:
tutte in te congiunte sono
le bellezze e le virtù...
|
ACTO I
Introducción
Escena Primera
(Gran plaza de la ciudad de Fera, limitada
por el Palacio Real, con una gran puerta, y sobre
ella un balcón abierto. Al levantarse el telón se
ve toda la plaza repleta de gente vestida de luto,
con ramos de olivo entrelazados y muestras de
extrema aflicción. A la derecha un altar sobre
el que se queman ofrendas perfumadas; a la
izquierda Evandro, Ismene y algunos de los
ciudadanos más distinguidos; luego sobre el
balcón del Palacio Real, precedido por el
repentino sonar de trompetas, un heraldo)
HERALDO
(asomándose al balcón)
¡Pueblo que dolorido
por la suerte de Admeto,
lo lloráis más como padre
que como rey, escuchad!
¡Ha llegado para él el último día,
no hay auxilio, no quedan esperanzas!
¡De la inexorable muerte
presa son igualmente
los pastores en sus chozas,
y los reyes en sus tronos!
PUEBLO
¡Ah, dioses!
¿Qué será de este afligido reino?
ISMENE, EVANDRO
Dioses, ¿qué será del reino?
¡Ay, para nosotros el desdén del cielo
peor castigo no tiene!
¡No! ¡No! Peor castigo no tiene.
PUEBLO
¡Ay, de este afligido reino, etcétera.
ISMENE
¡Infausto reino,
que sumergido en el llanto
de voces lastimeras resonarás!
¡Patria infeliz, que un denso remolino
de armas extranjeras circundará!
¡Patria infeliz, infausto reino!
PUEBLO
¡Ay, de este afligido reino, etcétera.
(Todos dan muestras de pesar)
EVANDRO
Nuestro rey,
de sus amorosos vasallos recibe hoy el luto,
en justo premio por sus numerosas virtudes.
Pero, en vano por él lloramos;
a los ruegos y a las súplicas
no son propicios los dioses.
¡Vayamos al templo
a ofrecer sacrificios!
Al oráculo consultemos,
y así sabremos
si queda esperanza frente al peligro.
PUEBLO, ISMENE, EVANDRO
¡Ay, de este afligido reino, etcétera.
EVANDRO
¿Por qué a los tiranos sonríe complaciente
la halagadora felicidad,
y gimen los justos un castigo
de insuperable adversidad?
¿Por qué? ¿Por qué?
PUEBLO, ISMENE, EVANDRO
¡Ay, de este afligido reino, etcétera.
EVANDRO
¡Callad!
¡Ay, ya del palacio real se abren las puertas!
¡Oh, dioses! Tiembla mi corazón:
mil funestas imágenes
muestra mi pensamiento.
¡Venid, vayamos piadosamente a consolar
a la doliente reina!... ¡Pero no!... ¡Deteneos!...
Oprimida por su dolor
y acompañada de sus hijos
viene, hacia aquí, ella misma.
Escena Segunda
PUEBLO
¡Infeliz Admeto, pobre Alcestes!
Son las dolientes imágenes,
las funestas representaciones
de dolor, de lágrimas y de piedad.
¿Quién entre los abrazos,
quién entre los lamentos de los tiernos hijos,
a la afligida madre consolará?
ALCESTES
(sale del palacio llevando de la mano
a sus hijos Eumelo y Aspasia)
Pueblos de Tesalia,
¡ah, jamás fue más justo vuestro llanto!
De vosotros al igual que de estos inocentes niños
Admeto es el padre.
Yo pierdo a mi querido esposo
y vosotros al amado rey.
¡El destino cruel nos hurta
nuestra única esperanza, nuestro amor!
No sé, ante tan enorme desgracia,
de quién compadecerme primero...
Si del reino, de mí misma o de mis hijos.
Solamente, la piedad de los dioses
nos queda por suplicar, y obtener.
Iré, con vosotros,
a secundar vuestras plegarias
y vuestros sacrificios ante el altar.
Una pobre madre, dos niños infelices,
y todo un pueblo en llanto ofrendaremos.
Quizás con este funesto espectáculo,
con los dolientes afectos
y las súplicas que eleva todo el reino,
aplacado al fin sea el desdén del cielo.
Yo no pido, eternos dioses, el cielo para mí.
Pero mi dolor consiga al menos,
algún rayo de piedad.
No comprende mis penurias
ni el terror que llena mi pecho,
quien no lleva el profundo sentimiento de mujer
y de madre, el corazón.
ALCESTES
¡Qué angustia, oh dioses, qué pena!
¡Queridos hijos, sois la imagen de la tristeza,
por mi querido esposo!
¡Ah, venid a mis brazos!
¡Ah, apretaos contra mi pecho!
Se hiela la sangre en mis venas cuando pienso
en vuestro futuro, ¡ay, hijos amados!
¡Ah, que al menos, el destino no os vuelva,
más desdichados que yo!
No comprende mis penurias, etcétera.
PUEBLO
¡Pobres hijos! ¡Pobre Alcestes!
Dolientes imágenes, funestos pensamientos, etc.
¿Quién? ¿Quién?
¿A la afligida madre consolará?
ALCESTES
No perdamos ¡oh, fieles vasallos!
tiempo en condolencias.
Juntos, la clemencia de los dioses,
corramos a implorar.
Ya se prepara por orden mía
el sagrado ritual; yo misma daré ejemplo
de humildad y de respeto.
PUEBLO, ISMENE, EVANDRO
¡Al templo! ¡Al templo!
¡Ay, de este afligido reino, etcétera
¡Ah, para nosotros el desdén no tiene, etcétera
Escena Tercera
(Templo de Apolo, un altar y una estatua del dios.
El gran sacerdote y sus acólitos rodean el altar.
El pueblo se reúne en el interior del templo)
SUMO SACERDOTE
Disipa el negro torbellino
que ruge en torno al trono.
CORO
Disipa el negro torbellino
que ruge en torno al trono.
SUMO SACERDOTE
¡Oh, muéstrate, Apolo,
con tu claro esplendor!
CORO
Bien sabes que errabundo y desterrado
Admeto te acogió un día...
SUMO SACERDOTE
...que en las orillas del Anfriso
tú fuiste su pastor.
CORO
Disipa el negro torbellino
con tu claro esplendor.
SUMO SACERDOTE
(acercándose al altar)
Para ti dios del día;
para ti, del cielo ornamento y esplendor,
nosotros sacrificamos estas víctimas.
Ya consumen las sagradas llamas
perfumes arábigos.
Protege de las horrorosas y negras alas
de la muerte nuestra esperanza
y a nuestro amado rey.
Resplandezca tu rayo junto a él.
Conforta a la infeliz Tesalia
que está envuelta en llantos.
¡Escucha las súplicas de un pueblo amante!
CORO
Disipa el negro torbellino
que ruge en torno al trono.
¡Oh muéstrate Apolo,
con tu claro esplendor!
SUMO SACERDOTE
Suspended ¡oh, ministros!
el sacrificio y los ruegos.
Ya al templo la reina se acerca;
en la doliente y devota ceremonia
quiere estar presente.
Escena Cuarta
(Entra el séquito de la reina con ofrendas para el
dios y le abren paso el pueblo y los sacerdotes)
ALCESTES
(próxima al altar)
Dios, eterno e inmortal,
si con tu mirada,
con la que descubres los secretos pensamientos,
en mí encontraste hasta ahora un corazón puro,
castos deseos, inocencia y piedad;
si todo mi destino de ti procede,
y si tu culto y tu imagen
nunca por mí fueron descuidados,
las ofrendas y mis ruegos acepta benignamente.
CORO
Disipa el negro torbellino, etcétera
¡Oh, muéstrate, etcétera.
SUMO SACERDOTE
Tus plegarias ¡oh, reina! y tus dones
Apolo recibe satisfecho.
Cien señales expresas
ya se nos presentan, yo lo afirmo.
He aquí que estamos invadidos por su sagrado
halo mas allá de toda razón humana.
He aquí que se esparce un perfume celestial
y que en torno a la imagen
arde un círculo de luz.
¡Ah, estas arcadas y estas paredes
ya están invadidas por el espíritu del dios!
Él nos comunicará sus deseos.
¡El altar vibra,
el trípode vacila,
se sacude el suelo,
retumba el templo!
¡Oh ciudadanos, por respeto, por temor
callad y oíd!... Y tú depón, Alcestes,
el orgullo de tu rango.
Inclina hacia la tierra la frente,
escucha y tiembla.
ORÁCULO
(en nombre del dios)
El rey morirá
si otro por él no muere.
CORO
¡El anuncio funesto
renueva el terror!
¡Huyamos, huyamos
de este lugar de horror!
(Huyen todos del templo.
Alcestes queda sola con sus hijos)
Escena Quinta
ALCESTES
¿Dónde estoy, qué escuché?
¡Qué oráculo fatal
pronunció el dios!
¡Qué feroz instante es éste para mí!
¡Cuántos y cuan diferentes sentimientos
se arremolinan en mi corazón!
Respeto, amor, admiración,
espanto, debilidad y virtud...
Todos a la vez, se agolpan en mi pecho.
Estoy envuelta en una insólita
y nueva turbación. Me busco a mí misma,
y no me puedo hallar.
¡Éste es el auxilio
que esperaba del Cielo!
¡Morirá mi esposo
si otro por él no muere!...
¿A quién proponérselo?...
¿De quién esperar que lo haga?...
¡Ah, qué designio tan cruel,
todos me han abandonado!
De mis fieles súbditos a ninguno veo...
Todos aman la vida...
Éste es el mejor don
que podían hacer los dioses...
¡Pobre Admeto! ¡Príncipe infeliz!
¿Dónde encontrar a alguien que quiera,
para alargar tus días,
arrojar los propios al olvido?
¿Hay alguien que te ame hasta tal punto?
¡Ah!... ¡Ésa soy yo!
Ya ante mi mente, se muestra luminosa,
esta gran idea.
Ya de sublime ardor se llena mi corazón.
¿Quién me inspira este deseo?
¿Quién de mí se apodera? ¡Ah!
Yo reconozco al dios,
el dios se manifiesta dentro de mí.
Él me inspira el noble sacrificio.
Él quiere que hoy Alcestes
sea un magnánimo ejemplo
para las fieles esposas del futuro.
Sombras, espíritus, compañeros de la muerte,
no pido, no quiero piedad.
Si os quito al amado esposo,
os entrego una esposa fiel;
no me quejo de ésta mi suerte,
este cambio no lo considero cruel.
Sombras, espíritus, compañeros de la muerte,
que no os ofenda tan justa piedad.
La fuerza desconocida que siento en mi pecho,
me da valor, me incita a dar este paso,
siento crecer la fortaleza en mí misma.
Escena Sexta
(Alcestes dispuesta a partir con Eumelo y
Aspasia; luego Evandro que acude apresurado
a su encuentro; después Ismene con prisa)
EVANDRO
¡Ay, apresúrate, oh reina!
En breves instantes Admeto morirá.
El horror de la muerte ya le cubre el rostro.
Al menos, que vuelva a ver a su dulce esposa.
ISMENE
¡Alcestes!... ¡Ah, corre!... ¡Ah, no tardes!
¡Te requiere, te llama el rey!
Se siente morir y junto a él
a su esposa no ve,
ni tampoco a sus hijos.
Siempre tiene sobre los labios tu nombre
y gira en torno suyo los ojos,
cansados y desfallecidos, buscándote.
ALCESTES
¡Que se cumpla la voluntad divina!
EVANDRO
De los dioses ¡ah! bien lo sabes
nada se puede esperar.
¡Ve, abraza a tu infeliz esposo
una vez más!
Que baje a la tumba un poco más feliz
con ese dulce consuelo.
¿Qué más le queda en esta
su mortal agonía?
ALCESTES
(con majestad y resolución)
Le queda Alcestes.
(Sale de prisa con sus hijos)
Escena Séptima
(Evandro, Ismene y enseguida, paulatinamente,
los ministros del templo, sacerdotes, ciudadanos,
hombres y mujeres que e interrogan a los
antedichos que intentan salir detrás de Alcestes
y sus hijos)
DOS CIUDADANOS
¿Alguno se ha ofrecido?
¿Todavía no se presentó nadie?
ISMENE
Es vana la esperanza.
EVANDRO
Cada uno se quiere a sí mismo...
ISMENE
Ama la vida.
OTRAS VOCES
Y como...
... a los padres ancianos...
... y a los hijos...
... y a los parientes...
... y a las novias...
... a personas queridas...
... se aman así...
... tan tiernos...
TODOS
En luto desisten,
y se abandonan al llanto.
VOCES
No tengo valor...
... no tengo tanta virtud.
Tiemblo de sólo pensarlo.
¡Oh, qué día tan desdichado!
¿Y la reina?
¿Y Alcestes?
ISMENE
Corre junto a su esposo...
EVANDRO
Se fue ¡ah, la pobre!
no resiste su dolor.
ISMENE
...También por ella debemos temer.
VOCES
¡Oh, Alcestes!
¡Oh, Admeto!
¡Justo rey!
¡Dulce padre!
¡Ah, no reproches
a tu pueblo fiel!...
...¡No lo culpes de falso amor!...
...¡Ni de mentirosa fidelidad!
TODOS
Demasiado exige el cielo.
Demasiado nos reclama, demasiado nos pide.
Tanto el súbdito como el rey
han nacido para penar;
el trono no es
el bien supremo.
Los afectos son,
nuestra causa de llanto,
las preocupaciones y las sospechas...
son los tiranos del rey.
(Salen todos en diversas direcciones)
Acto II
Escena Primera
(Espesa selva llena de espíritus infernales.
Es de noche. Alcestes entra con Ismene)
ISMENE
¡Detente!
¿Por qué abandonas a tu esposo moribundo,
a tus hijos en llanto y al palacio real enlutado?
¿Cómo te atreves a venir
a estos solitarios parajes repletos de fieras?
¿Con qué objetivo?... ¿Con cuál vana esperanza?
¿Tanto quieres abandonarte
en manos del dolor?
ALCESTES
¡Cállate y regresa!
ISMENE
Pero ¿dónde irás? Ya sus sombras
despliega la callada noche.
Desconocemos estos bosques:
un culto antiguo y sagrado los venera,
todos temen entrar en ellos.
¡Ah! ¿Y si mientras que tú permaneces aquí,
errante y sin amparo,
la muerte arrebata a tu esposo
sin tu presencia y consuelo?
ALCESTES
¿No te marchas?
ISMENE
Obedeceré.
ALCESTES
¡Déjame sola!
ISMENE
¡Me voy, pero óyeme! ¡Escucha, oh dioses!
¡Qué será de ti!
¡Alcestes, ah, por piedad,
habla, contesta, dime!
Me hace estremecer el corazón
lo que no puedes ocultar,
pero más me hace temblar
lo que me escondes.
ALCESTES
¿No te marchas?
ISMENE
¡Sí, me voy, oh dioses!
Me hace estremecer el corazón, etcétera
(Parte)
Escena Segunda
ALCESTES
Ya se marchó, sola he quedado.
Tiernos sentimientos,
magnánimos pensamientos,
heme aquí en libertad.
¿Pero dónde estoy?
¿En qué región camino?
¿Dónde incautamente me interno?
¡Ah, qué miedo me inspiran estas frondas!
¡En qué profunda y oscura noche
me encuentro inmersa!
Un denso y profundo silencio cubre
el tenebroso follaje, donde no oigo
viento alguno que susurre,
fronda que se sacuda y tiemble,
o eco que me responda.
Sólo estos mudos horrores
interrumpen los lúgubres sonidos
del agua que entre las peñas
corre y se estrella,
o la nocturna ave que roncamente gime.
Y en tal espanto
yo respiro infeliz.
¡Ah, mientras me mantiene con vida
el amor que vive en mí,
apresura el glorioso momento!
¡Asistidme, oh dioses,
ha llegado el momento!
A ti, tirano de las sombras,
a ti, señor del abismo,
y a vosotros los del Lete
y a vosotros los de Flegetonte,
implacables dioses,
que tenéis el trono en
aquellas regiones desconocidas al sol,
¡a vosotros os llamo, a vosotros os hablo!
DIOSES INFERNALES
¿Qué deseas, Alcestes?
ALCESTES
¿Quién me habla? ¿Qué debo decir?
(se ven aparecer desde el fondo del bosque
algunos espectros luminosos)
¿Ah, qué veo? ¡Ah, qué espanto!
¿Dónde podré huir? ¿Dónde esconderme?
Me afiebro, me hielo y siento que el corazón
pierde fuerzas en mi pecho
con un lento palpitar.
No tengo voz, no puedo llorar,
me desvanezco, muero, y ante esta penuria
sólo me queda vigor
para condolerme y para temblar.
DIOSES INFERNALES
¿Y quieres morir, pobre miserable,
cuándo te muestras
en la flor de la juventud?
Demasiado te dejas oprimir,
en dura servidumbre, por el ciego amor.
ALCESTES
¡Cielos!...
¿Quién me libera de la inmovilidad
que me imponen la debilidad y el terror?...
¿Cómo reencontraré mi antiguo valor?
¿Acaso he cambiado tanto?...
Pero la muerte, cuanto más cercana,
menos horrible parece.
El que menos se agobia con el cruel encuentro,
es el que por su elección, pierde la vida.
Para mi alma no son ya tan terribles,
ni tan atroces, esas sombras,
esos espíritus y esas voces.
DIOSES INFERNALES
Otra cosa no puedes recoger
de tu virtud que un vano honor.
Piensa ¡oh, incauta joven!
que quien muere,
nunca más regresa a la vida, nunca jamás.
ALCESTES
Lo sé, dioses, lo sé,
pero mientras mi amado expira,
quizás entre sus labios, como un último suspiro,
exclame mi nombre. ¡Ah no, que se salve!
Que viva mi amado Admeto y que Alcestes
cumpla los decretos del cielo.
Noble víctima del amor y de la fidelidad.
Dioses del averno, oíd
mi juramento terrible y sagrado.
"¡A vosotros, en lugar de mi esposo,
yo me consagro!"
DIOSES INFERNALES
Pues ven, la muerte te acepta,
y del río Lete te muestra el camino.
¡Ya te llama, te apremia, apresúrate!
Desde la otra orilla el anciano barquero viene,
la muerte te acepta.
¡Ya te llama, ven, apresúrate!
Te apremia desde la orilla el anciano barquero.
ALCESTES
¡Oídme, deteneos! ¡Ah, muy pronto,
oh dioses, recogéis mi promesa!
Mi caso es digno de piedad.
Aceptad al menos que una mujer,
una madre, de su cónyuge, de sus hijos
tenga un abrazo
y reciba el último adiós.
DIOSES INFERNALES
Que te sea concedido.
ALCESTES
No tengáis dudas, no,
piadosos dioses,
si de vosotros me alejo
por algún momento.
Aún sin el rigor de mi juramento,
yo moriré de amor
y de felicidad.
(Pantomima de númenes infernales)
Escena Tercera
(Cámara del palacio. Los cortesanos celebran el
inesperado restablecimiento de Admeto)
CORTESANOS
De esta feliz morada los pensamientos funestos
huyan, vuelen, vuelen y huyan.
En torno a este trono los alegres placeres
vengan, vuelvan, vengan y vuelvan.
(Danza)
EVANDRO
Ahora que el furor de la muerte
lleva a otro sitio el luto y el llanto,
las estrellas parecen mas hermosas
y para nosotros giran más felices.
Vosotros, amigos, que tenéis el amor
de las simpáticas novias y encendidas amantes,
de perfumadas y frescas rosas
coronadlas y gozad de ellas.
(Danza)
CORTESANOS
De esta feliz morada
los pensamientos funestos, huyan, etc.
Escena Cuarta
EVANDRO
Señor, de un pueblo fiel jamás
fue más sincero el júbilo.
¡Cuánto lo afligió el temor de perderte!
Como padre te adora y te respeta como rey;
en ti reposa su felicidad.
No, no es un exceso el popular gozo,
después de tanto llanto y dolor,
cuando aceptando nuestras plegarias,
el cielo te devuelve.
ADMETO
¿De qué sueño, Evandro, me despierto?
¿Qué milagro me ha arrebatado de la tumba?
Aún cargada de fúnebres imágenes
mi mente vacila.
A otros objetos no se atreve
a dirigir el pensamiento.
Suspendido aún en una cruel duda,
no sé bien si sueño o si estoy despierto.
EVANDRO
¡Ah, respira, rey mío!
Días felices te promete el destino.
Pensamientos más felices recoge en tu alma,
piensa en gozar.
La vida que te es dada es fruto de nuestro amor.
Nuestro llanto, del cielo la obtuvo.
Alguno de tus más queridos siervos
ha cumplido el oráculo de los dioses.
ADMETO
¿Cómo? ¿Qué escucho?
¿Qué dijo el dios?
EVANDRO
El rey morirá si otro no muere por él.
ADMETO
¡Qué ley cruel! Y crees...
EVANDRO
¡Sí! Tú te repusiste inopinadamente.
No fue a causa
de un auxilio humano;
es obra del cielo.
Hubo alguien, señor,
que por ti se ofreció a la muerte...
Sería vano dudar de ello.
ADMETO
¡Oh, demasiado injusto y extraño
es el deseo de los dioses!
¡Oh, noble sacrificio
de un fiel amigo!
Merece, Evandro,
más que cualquier otro la vida,
quien me hace tal regalo.
¿Y de quién soy el deudor?
EVANDRO
No se sabe.
ADMETO
¿Y Alcestes? ¿Y mi esposa?
¿Dónde está? ¿Qué hace?
¿Por qué no viene junto a mí
para gozar de esta felicidad imprevista?
EVANDRO
¡Aquí llega Alcestes!
Escena Quinta
(Entra Alcestes con su séquito e Ismene)
ADMETO
Adorada esposa,
nuevamente te vuelvo a ver,
estoy contigo y puedo estrecharte en mi pecho.
Por ti me era penoso morir;
por mi adorable Alcestes
amo la vida.
Sólo deseo ver crecer
los queridos hijos con los que el cielo
ha bendecido nuestro dulce matrimonio,
y luego,
poder morir en tus brazos.
ALCESTES
(para sí)
¡Pobre de mí!... ¿Qué le diré?
ADMETO
¡No me contestas!
Pero ¿por qué no me hablas?
¡Ah! ¿Por qué con esas lágrimas
enturbias mi felicidad?
¿Por qué? ¿Por qué?
¿Por qué disfruto sólo un momento
y luego siempre tengo de sufrir?
¡Amor mío!
ALCESTES
Me siento morir.
ADMETO
No contestas.
ALCESTES
¡Ay, qué martirio!
ADMETO
Una mirada...
ALCESTES
¡No puedo llorar!
ADMETO
Un abrazo...
ALCESTES
¡Oh dioses, es el fin!
ADMETO
¡Ah, escúchame!...
ALCESTES
Me paralizo, tiemblo.
ADMETO
¡Háblame al menos!...
ALCESTES
¿Qué puedo decir?
ADMETO
Es mi pena tu tormento,
eres mi esperanza y mi tesoro.
ALCESTES
Mil veces muero así
antes de morir definitivamente.
ADMETO
¡Esposa! ¡Alcestes!
¿Por qué no me abres tu corazón?
¿Por qué ya no soy
parte de tu felicidad y de tus penas?
ALCESTES
¡Ay, a la fiel esposa no aflijas así!
¡Tú vives! Y en el mundo no hay otro
al que más ame,
y obtenga lo mejor de mí.
ADMETO
Pero ¿por qué tanta ansiedad?
ALCESTES
¡Ay dioses, no busques saberlo!
ADMETO
¿Con otro peligro nos amenaza el cielo?
¡Ah, que me conserve a Alcestes, y luego
descargue sobre mí todo su desdén!
¿Me quieres?
ALCESTES
¿Si te quiero?
Lo saben los dioses, lo sabe mi corazón.
¡Te adoro, te adoraré siempre!
La tumba no podrá extinguir mi púdico cariño.
Mi alma llevará consigo
hasta el dichoso Elíseo
este tierno amor.
¡Por tu vida, mil vidas yo daría!
ADMETO
¿Y mis amados hijos?
ALCESTES
No te preocupes, tus hijos están a salvo.
ADMETO
¿Y cómo puedes temer que cambie
la suerte que nos sonríe feliz?
Vivo, eres mía,
nuestros hijos están bien, ¡y lloras!
ALCESTES
Pero ¿tú no sabes?
Pero ¿desconoces lo que dijo Apolo?
ADMETO
Lo sé; te entiendo; alguien muere por mí.
Yo comprendo
del magnánimo juramento
la sublime virtud.
Tu esposo aprecia el valor de la vida;
¡un don tan valioso supera cualquier gracia!
Pero si conoces a ese héroe,
a ese amigo,
a ese benefactor, revélamelo:
yo juro que eternamente en este reino
su nombre vivirá; que a su esposa,
a sus padres, a sus hijos;
padres, hijos, cónyuge siempre cuidaré:
que después de ti, durante mi vida, tendrán
la mejor parte de todos mis pensamientos
y de mi corazón. Habla.
ALCESTES
¡Ay, dioses!
ADMETO
¿Lloras?
ALCESTES
¡Ay, esposo mío!
ADMETO
¡Y bien!
ALCESTES
Soy yo.
ISMENE, EVANDRO
¡Santos dioses del cielo!
ADMETO
¡Tú, Alcestes! ¡Tú misma!
¡Ay, qué golpe atroz!
¡Ay, qué negro día!
¡Ay, de una mente ciega, grave error!
Tú me amas y tú no te amas,
so pena de morir, de dejarme,
de privarme de ti.
¡Qué hiciste!
¿Cuándo te pedí
esa prueba de amor?
¿Cuándo?... ¡Contesta, habla,
desgárrame el corazón!
¡Cuando, oh dioses!
ALCESTES
Esposo mío, ya es tarde.
Mis promesas están registradas en el cielo.
Tu estado actual lo demuestra suficientemente,
y jamás el dios habló más claro.
ADMETO
¡No, no cruel, no puedo vivir,
bien lo sabes, sin ti!
Así no me salvas, al contrario, me matas
si de mí así separas
la más viva, la más tierna,
la más querida parte de mi corazón.
¡Y a tan cruel abandono,
a semejante adiós,
crees que es una virtud y le llamas amor!
Ante tan despiadada aflicción
toda muerte ¡oh dioses! es un regalo.
De una vida tan miserable
peor suerte ¡oh, dioses! no hay.
No cruel, etcétera.
(Sale y Evandro lo acompaña)
Escena Sexta
ALCESTES
¡Ah, ternura! ¡Oh, amor!
¡Dignos de otra suerte
y tan pronto extinguidos!
¡Ah, ya se aproxima el momento fatal!
Ahora, ahora me siento languidecer,
ya me siento desfallecer.
Me ciega la luz del día,
mi respiración se hace más pesada,
un fuego interior me empieza a consumir.
Querida Ismene, amorosa compañera,
en los momentos finales
asísteme aún.
Apuremos estas míseras pompas:
dadme las guirnaldas, los perfumes,
que mis últimas ofrendas sean para los dioses.
ISMENE
¡Ay, qué rápido de su hermosa flor
huye la amable vida!
CORTESANOS
¡Ay, qué rápido
la vida amable huye de ti!
ISMENE
Cual tierna rosa que en la alborada
el viento helado secó.
CORTESANOS
¡Ay, qué rápido, etcétera.
ISMENE
¡Tan bella!
CORTESANOS
¡Tan joven! ¡Tan casta! ¡Tan amada!
Cruelmente la muerte avara la arrebata,
justos dioses, ¿por qué será?
ISMENE
Ese hermoso rostro y esa hermosa sonrisa...
CORTESANOS
El esplendor de esos hermosos ojos...
¿Ay, por qué? ¿Ay, por qué, piadosos dioses,
siempre a nosotros se ha de ocultar?
ALCESTES
(Se acerca al altar y quema perfumes)
Vesta, tú que has sido y eres
mi primera diosa tutelar,
como a hijos tuyos,
recibe a mis hijos en este día.
Y que en ti encuentren,
ahora que yo seré una fría sombra errante,
una madre tan amante
como la que murió.
TODOS
¡Ay, qué rápido, etcétera
ALCESTES
¡Ay, casto! ¡Ay, amado lecho nupcial!
Mi dulce refugio, mi único cariño,
puesto que de este destino funesto
quiso defenderme
el piadoso el cielo,
si a otra nueva esposa acoges
ella podrá ser más amada y más hermosa
que tu mísera y difunta Alcestes:
¡pero nunca más tierna, ni más fiel!
ISMENE
Tan hermosa, tan joven,
entregarse en brazos de la muerte.
Entre los lamentos, entre las lágrimas,
de sus hijos y de su cónyuge...
TODOS
No hay destino ¡oh, dioses! más cruel,
no hay angustia más profunda.
ISMENE
Reina, he aquí a tus hijos.
(conduce a los niños junto a Alcestes)
ALCESTES
¡Amadas prendas de mi púdico amor,
tiernos hijos, abrazad a vuestra madre!
¡Ah, quizás estos sean
nuestros últimos besos!
¡En vano me ilusioné con ser feliz yo,
al veros felices a vosotros un día!
No podré presenciar la alegría
de vuestras futuras bodas:
no oiré a Grecia ensalzar vuestras glorias
y vuestras virtudes.
¡Qué destino tan cruel para una madre!
El llanto inunda mi pecho,
la fuerza de mis suspiros
ahoga mis palabras,
y a la espera de tan feroz destino,
por tantas angustias, temerosa, extraviada,
parece que de mi alma huye la vida.
EUMELO
¡Ah, madre querida!
¡Oh dioses, me besas y lloras!
Y quieres dejarme
y hablas de morir.
ASPASIA
¡Ay, madre amada!
¡Oh dioses, me abrazas,
querida madre, y suspiras!
Y abandonarme quieres.
EUMELO, ASPASIA
¡Pobre de nosotros!
ALCESTES
¡Hijos, queridos hijos! ¡Oh, dioses!
Desdichadamente tengo que morir.
En vano os apretáis contra mi seno
y me estrecháis con amorosos brazos.
¡Ay, cuán pronto estos dulces lazos
serán desatados!
Esta piedad y este llanto
no pueden ayudarme...
Venid, vamos con vuestro padre:
a él os confío, a él la moribunda madre
os encomienda
al menos...
Pero... ¿qué nuevo y atroz
pensamiento me asalta
y hace correr por mis venas
un terror mortal?
¡Llorad, ay sí,
llorad, inocentes niños!
Yo os abandono con inciertas esperanzas
a un amor que podría apagarse
con el correr de los años...
Quizás vosotros con otra madre...
¡ah, qué madre!... madre sólo de nombre.
Estaréis expuestos a la envidia,
a las sospechas, a los odios de los poderosos
y a los celos ciegos de sus consejeros.
¡Ya no tenéis una madre,
queridos hijos!
¡Ah, mi cansado corazón recibe,
oh queridos niños amorosos,
los dardos que vuestras lánguidas miradas
descargan tiernamente sobre mí!
Ya siento como turbaréis mi reposo
cuando afligidos, extraviados y doloridos digáis:
"¡Ay, madre! ¿Dónde estás?
¡Ay, mi madre, ya murió!"
Sufro el más feroz de todos los tormentos:
el apartarse de los amados hijos,
y dejarlos envueltos en llanto
entre tantos peligros.
TODOS
¡Ay, qué rápido huye la amable
vida de su hermosa flor! etcétera.
ACTO III
Escena Prima
(Magnifico vestíbulo del palacio)
ADMETO
¡Ah, mi fiel vasallo!
EVANDRO
¡Ah, mi rey!
ADMETO
La promesa de Alcestes no puede revocarse.
EVANDRO
¿No puedes tú mismo morir por ella?
ADMETO
No lo permite el cielo.
EVANDRO
El dios permanece callado.
¡Oh, qué destino tan funesto el nuestro!
ADMETO
¡Alcestes tiene que morir!
EVANDRO
¡Perdemos a Alcestes!
ADMETO
¡Pobre de mí!... ¿Qué hacer?
¿Cómo, y con qué corazón
abrazaré a mis hijos?
Tanto más, todavía, de su rigor,
me reserva, en esta vida,
la cruel piedad del cielo tirano.
¡Pobre de mí!
¿Con qué valor los consolaré?
¿Qué responderé cuando,
bañados en lágrimas,
me pregunten
por su madre?
Por su madre ¡ay, qué dolor!
me preguntarán.
Escena Segunda
(Alcestes sostenida por Ismene, Eumelo, Aspasia,
y séquito; luego, los dioses infernales)
ALCESTES
¡Esposo, Admeto, amor mío!
He aquí el instante que de ti me separa
y que nuestras dulces cadenas
desata para siempre.
Alrededor de mí, desdeñosa,
gira la sombra de la muerte,
que empuña la guadaña, levanta su diestra
y se dispone a dar el golpe fatal.
Dentro de poco, Alcestes, será un frío despojo
reposando en el gélido mármol;
ya no será la madre, la reina ni la esposa.
Ven pues y recibe a estos niños,
prendas queridas que a ti confío,
y acepta el último adiós.
ADMETO
¡Él último!
ALCESTES
¡Ay!... sí.
ADMETO
¡Siento mi corazón colmado
por un cúmulo de angustias.
ALCESTES
¡Aspasia, Eumelo,
queridos hijos,
apartaos de mi pecho!
Pensad a menudo en mí,
engalanad mi tumba con flores.
(Para sí)
Como una sombra amorosa estaré a vuestro lado.
(En voz alta)
Y de vuestra pobre madre,
el memorable juramento, la fidelidad y el amor,
recordad de vez en cuando a vuestro padre.
¡Queridos hijos, ah, no lloréis!
Todo su tierno cariño
os promete vuestro padre.
ADMETO
Queridos hijos ¡ah! vosotros seréis
el consuelo y la alegría,
solamente vosotros, de este corazón.
ALCESTES
¡Consuélate, oh amado esposo!
ADMETO
¡Demasiado cruel es mi destino!
ALCESTES, ADMETO
¡Ah, mi bien! ¡En este momento
sólo me aflige tu dolor!
ADMETO
¡Qué amargo tormento qué suplicio,
qué muerte es ver a la dulce cónyuge arrebatada!
Yo soy el ejemplo
de lo que se considera un miserable.
¡oh dioses, vivir en perpetuo sufrimiento!
¡Dioses, amigos... ah!
¿Quién puede ayudarme?
ALCESTES
¡Esposo, hijos, ah, mientras todavía esté viva,
abrazad a Alcestes!
ADMETO, ISMENE, EVANDRO
Pero ¿qué sonido de voces terribles se oyen?
¿Qué torbellino nos envuelve en tinieblas,
nos sorprende y nos cubre de horror?
ADMETO
¡Cuántas sombras de terrible aspecto!
¿Qué ocurrirá, oh esposa?
EVANDRO
¡Cuántos espíritus de semblante
feroz y amenazador!
ISMENE
¿Qué querrán?
EUMELO, ASPASIA
¡Ay, madre!
DIOSES INFERNALES
Alcestes, recuerda tu promesa: ¡ven!
Jamás la Parca ha suspendido
su implacable y severo rigor.
ALCESTES
¡Ay de mí!
¿Quién puede rescatarme?
¿Quién me quita el embotamiento
de mis sentidos, en el que languidezco
privada de todo dolor
tranquila y muda?
¿Qué gente me circunda?
¡Ay, estoy perdida!
DIOSES INFERNALES
¿Por qué te detienes?
Eres la víctima elegida.
ADMETO
¡Deteneos y oíd! Saciaros ¡oh, dioses!
y llevaros con vosotros a un esposo amante,
que sin ella, ya no podrá vivir.
DIOSES INFERNALES
No está permitido,
no hay piedad.
ADMETO
Pero al menos un instante...
ALCESTES
Al menos un último abrazo...
DIOSES INFERNALES
No está permitido,
no hay piedad.
UN DIOS
¡Ven!
ADMETO
¡Ah, crueles!
UN DIOS
Refrena, temerario mortal,
el insensato furor que te arrebata.
ALCESTES
¡Hijos, adiós!
¡Esposo, adiós!
ADMETO
Muero.
ALCESTES
Estoy muerta.
(Alcestes es llevada por los dioses
infernales. Admeto cae desmayado)
Escena Tercera
UNA VOZ
¿Murió?
¿Ya no vive?
EVANDRO
Entre aquellos espíritus desaparece.
ISMENE
Me congelo... de terror.
EVANDRO
Tiemblo... de espanto.
ISMENE, EVANDRO
¡Ay de nosotros, dolientes!
¿Quién nos socorrerá?
¿Quién nos confortará?
CORTESANOS
¡Llora, oh patria! ¡Oh, Tesalia!
¡Ha muerto Alcestes!
¡Alcestes ha muerto!
ISMENE
¡Alcestes ha muerto!
¡Ay de mí!
¡Nunca tendrá fin el llanto
que baña,
estas playas funestas!
CORTESANOS
¡Llora, oh patria, etcétera
EVANDRO
La muerte triunfa
y altera la supremacía de la belleza.
El ejemplo de honestidad
consigo se lo lleva.
CORTESANOS
¡Llora, oh patria etcétera
ISMENE, EVANDRO
Todas las virtudes más bellas
con ella se alejan de nosotros.
¡Ah, castigarnos así,
dioses, vosotros quisisteis!
CORTESANOS
¡Lloras, ay patria etcétera.
(Admeto entra con un séquito de cortesanos
que lo circunda y procuran desarmarlo)
Escena Cuarta
ADMETO
¡Dejadme, crueles,
en vano esperáis impedirme que muera!
Se opone en vano a mis deseos el cielo.
Alcestes ha muerto; y la vida
se convierte en un suplicio para mí.
¿Cómo podría soportar el aspecto
de estos odiosos muros?
¡Girar la mirada y no verla nunca más!
¡Arrastrar mis pasos
y encontrar por doquier
soledad y luto!...
¡Ay! Aquél que me impide liberarme muriendo,
de un destino tan cruel,
es el peor de los vivientes
y el destinatario de mi odio.
ISMENE
¡Ay, señor!
EVANDRO
¡Ay, mi rey!
ADMETO
¡Apartados! ¡Callad!
¡Dejadme, por piedad!
ISMENE
Pero este reino...
EVANDRO
Pero estos hijos...
ADMETO
¡Ismene, Evandro!... ¡Ay, dioses!
¡Dejad de torturarme!...
No tengo en mi mente ni en mi corazón,
otra cosa que a Alcestes
y quiero reunirme con ella.
(empieza a verse una luz en el cielo)
ISMENE
¿Pero qué es lo que resplandece allí?
EVANDRO
¿Qué gran luz ilumina las nubes?
ADMETO
¡Ah, en la tumba de mi esposa seré enterrado!
La seguiré en su morada y hasta el cielo
que a los justos y a los héroes
les está reservado.
EVANDRO
¡Detente!...
ISMENE
¡Espera!...
ADMETO
¿Qué sucede?
EVANDRO
¡Mira!...
ISMENE
¡Observa!...
ADMETO
¿Qué prodigios son éstos?
ISMENE
¡Ah, un dios!
EVANDRO
¡Un dios desciende entre nosotros
y parece que todos los rayos
del sol lo acompañen!
ADMETO
¡Qué maravilla!.
ISMENE, EVANDRO
Me consuelo.
ADMETO
¡Es Apolo!
ISMENE, ADMETO
¡Es él!
Escena Última
(Llega Apolo en una nube luminosa precedido
por sus sacerdotes (bailarines); también Alcestes
rodeada de nubes)
APOLO
Admeto, el cielo nuevamente
de tu mísera angustia tuvo piedad.
El magnánimo juramento de tu fiel esposa
complació a los dioses.
Tan tiernos amantes son dignos
de un mejor destino.
En la tierra un día tú me acogiste.
La mayor recompensa
que un mortal puede esperar de los dioses,
has obtenido:
¡te devuelvo a Alcestes!
ADMETO
¡Ah, mi vida!
ALCESTES
¡Ah, mi bien!
ADMETO
¡Vives!
ALCESTES
¡Te abrazo!
ADMETO
¡Oh, qué portento!
ALCESTES
¡Oh, qué estupor!
ADMETO
¡Ah, soy feliz!
ALCESTES
¡Ay, queridos hijos! ¡Ay, querido esposo!
De nuevo a todos os estrecho contra mi pecho.
ADMETO
¡Oh, piadoso cielo!
¡Oh, benéfico dios! ¡Oh, día afortunado!
Que mi reino celebre
el inesperado acontecimiento.
Preparad solemnes sacrificios y,
¡oh, querida! tus primeros pensamientos
y mis primeras ofrendas,
por tan feliz destino,
sean para los dioses.
CORTESANOS
Reina sobre nosotros con feliz suerte,
excelsa mujer, a la cual sobre el trono
ninguna otra mujer fue igual.
Bella y casta, y sabia y fuerte:
en ti se reúnen al mismo tiempo
la belleza y la virtud...
Escaneado y Traducido por:
José Luis Roviaro 2006
|